N. 101 - Maggio 2016
(CXXXII)
Ricordando Marco Pannella
Leader
carismatico,
evangelista
laico
di
Monica
Vargiu
Se
dovessimo
utilizzare
un
solo
termine
per
tratteggiare
in
modo
esaustivo
la
parabola
politica
e
umana
di
Marco
Pannella,
quello
più
indicato
sarebbe
senza
dubbio
passione,
quella
sconfinata,
totale
e
senza
secondi
fini,
quella
che
porta
inevitabilmente
a
mettere
tutto
in
secondo
piano
quando
lotti
per
qualcosa
in
cui
credi,
per
spenderti
per
una
causa
o
per
affermare
la
verità
e,
soprattutto,
per
dar
voce
a
chi
non
ne
ha
più
o a
chi
non
ne
ha
mai
avuto.
Pur
non
avendo
il
dono
della
concinnitas,
forse
per
vezzo
intellettuale,
forse
per
il
flusso
incessante
dei
pensieri,
Pannella
sapeva
regalare
all'interlocutore
di
turno,
frasi
incisive,
brevi,
come
massime
di
grande
effetto,
che
rappresentano
in
qualche
modo
il
manifesto
di
fede
laica,
la
sintesi
compiuta
della
sua
grande
visione
e
del
suo
progetto
di
vita.
"Il
crimine
più
grave
è
stare
con
le
mani
in
mano"
ha
sentenziato
più
volte
senza
mezzi
termini,
facendolo
diventare
nei
fatti
il
suo
mantra,
il
suo
DNA
spirituale,
quell'ineludibile
e
inossidabile
filosofia
esecutiva
che
ha
caratterizzato
e
alimentato
il
suo
impegno
politico
e
tutte
le
sue
battaglie
civili.
Una
grande
persona
capace
di
grandi
gesti
di
lealtà
e
generosità
prima
di
essere
un
grande
personaggio
mediatico,
straordinario
comunicatore,
pervicace
e
anticonvenzionale,
spesso
scomodo,
è
sempre
stato,
forte
di
una
formazione
culturale
di
ampio
respiro,
all'avanguardia
del
pensiero,
diventando
forse
il
più
grande
interprete
dell'antipolitica
istituzionale
dell'ultimo
cinquantennio.
Fondatore
di
Radio
Radicale
nel
1977,
come
strumento
fattivo
di
servizio
pubblico,
antiproibizionista
per
antonomasia
e
per
coerenza,
antimilitarista
e
ambientalista
convinto,
vocato
al
Referendum,
ha
giocato
sempre
la
sua
partita
all'attacco,
svincolandosi
dalle
ideologie
codificate
e
dai
dogmi
precostituiti,
facendosi
nel
tempo,
promotore
di
tantissime
battaglie
in
nome
dei
diritti
civili
sin
dai
roventi
anni
settanta,
da
quella
per
il
divorzio
a
quella
per
la
legalizzazione
dell'aborto,
da
quella
per
la
pluralità
dell'informazione
a
quelle
più
recenti
per
la
libertà
di
cura,
l'eutanasia
e
per
il
miglioramento
del
regime
carcerario.
Sempre
protagonista
e
mai
comprimario
pur
appartenendo
ad
una
compagine
minoritaria,
non
si è
mai
fatto
"imbavagliare"
da
manovre
di
Palazzo
precostituite,
ma
lo
ha
fatto
in
modo
figurato
e
volutamente
plateale
per
attirare
l'attenzione
su
di
sé e
sulle
sue
campagne
per
la
libertà
e
responsabilità
di
scelta.
Marco
Pannella
è
stato
e
sempre
sarà
nella
memoria
collettiva,
colui
che
ha
saputo
leggere,
meglio
di
chiunque
altro
il
momento
storico
e le
esigenze
di
una
realtà
sociale
che
stava
cambiando,
che
voleva
mutare
pelle,
ma
che,
allo
stesso
tempo
non
aveva
a
disposizione
gli
strumenti
legislativi
per
farlo;
un
antropologo
insomma
prima
che
un
politico,
in
nome
di
quella
libertà
troppo
spesso
formalmente
proclamata,
ma
nei
fatti,
ben
poco
reale.
Lo
si
potrebbe
considerare
un
uomo
fortunato
perché
il
coraggio,
la
profonda
integrità
morale
e la
forza
delle
sue
idee
non
sono
mai
venuti
meno,
neanche
nel
periodo
delicato
della
malattia,
quando
la
forza
fisica
era
latente,
nemmeno
quando
la
consapevolezza
della
fine
imminente
ci
ha
consegnato,
negli
scatti
del
suo
ottantaseiesimo
compleanno,
il
ritratto
di
un
uomo
dal
volto
splendente
nella
sua
verità
e
serenità,
un
volto
che
già
lo
proiettava
oltre
il
momento
presente,
permeato
dalla
luce
morbida
di
una
coscienza
appagata,
quella
di
chi
ha
speso
tutto
se
stesso
in
nome
di
ciò
in
cui
credeva.
Pannella
era
vicino
alla
gente
comune,
ai
deboli,
agli
invisibili
e
sempre
ben
lontano
dai
salotti
dorati
della
politica,
è
stato
un
visionario
nel
senso
più
nobile
del
termine,
un
illuminato
laico
e
liberale,
ma,
allo
stesso
tempo
un
pragmatico
che
ha
fatto
della
dialettica
pungente
e
degli
scioperi
della
fame
e
della
sete
i
suoi
veri
strumenti
di
lotta,
attirando
l'attenzione
dell'opinione
pubblica
su
di
sé
in
maniera
eclatante
e
spettacolare,
per
poi
spostarla
di
conseguenza
su
quei
problemi
reali
che
erano
per
lui
drammaticamente
evidenti.
Se
il
nostro
Paese
ha
fatto
dei
progressi
in
questi
ultimi
decenni,
molti
dei
meriti
sono
senza
dubbio
suoi,
poiché
con
il
suo
indomito
impegno
ha
fatto
da
catalizzatore
delle
coscienze
e
nel
bene
e
nel
male
ha
sempre
provocato
un
dibattito,
un
confronto,
a
volte
doloroso,
ma
pur
sempre
efficace
e
soprattutto
necessario.
Le
sue
alleanze
in
Parlamento,
spesso
tumultuose
e
sovente
interrotte
in
modo
brusco,
erano
sempre
funzionali
alle
sue
crociate;
è
sempre
stato
rispettato
e
stimato
in
maniera
trasversale
da
tutte
le
compagini
politiche,
poiché
era
evidente
e
dai
più
ammirata
la
sua
autenticità,
il
suo
trasporto,
il
suo
impegno
senza
calcoli
o
secondi
fini,
sia
personali
che
di
partito.
Simpatico,
spesso
irriverente
e
teatrale
nei
suoi
innumerevoli
gesti
plateali,
non
si è
sottratto
al
confronto
nemmeno
con
interlocutori
di
peso
del
mondo
clericale
che,
pur
non
condividendone
per
ovvie
ragioni
molte
delle
sue
posizioni,
ne
hanno
valorizzato
e
apprezzato
l'onestà
intellettuale,
l'impegno
generoso
e la
buonafede
del
suo
pensiero.
Lottando
per
valori
universali
come
la
misericordia,
la
libertà,
il
bene
e la
pace,
non
poteva
non
incontrare
l'affetto
e la
stima
di
due
grandi
pontefici
come
Giovanni
Paolo
secondo
e
l'attuale
Papa
Francesco,
che
ne
hanno
riconosciuto
la
grande
statura
politica
e
soprattutto,
umana.
La
storica
amicizia
fra
Pannella
e il
Dalai
Lama
e il
suo
impegno
contro
la
pena
di
morte
e la
fame
nel
mondo
ne
hanno
fatto
un
leader
inossidabile
di
caratura
internazionale,
un
teorico
molto
concreto
che
ha
saputo
varcare
i
confini
italiani
e
che
in
nome
di
quella
modernità
a
lui
congeniale
ha
saputo
cogliere
fattivamente,
prima
di
tanti
altri,
la
forza
positiva
della
globalizzazione.
All'indomani
della
sua
scomparsa,
leggera
e
silenziosa
quanto
la
sua
vita
è
stata
energica
ed
impetuosa,
quando
i
riflettori
della
retorica
istituzionale
di
prassi
si
saranno
spenti,
con
il
dubbio,
che
forse,
nominarlo
Senatore
a
vita,
sarebbe
stato
un
passaggio
lecito
se
non
obbligato,
rimane
il
peso
lieve
e
consistente
al
contempo
di
un
testamento
spirituale
e di
un'eredità
pesante,
quella
di
una
figura
nobile
e
positivamente
ingombrante
della
quale
è
doveroso
atto
di
responsabilità
e
coscienza
raccoglierne
il
testimone.
Aleggerà
sempre
sullo
sfondo
dei
ricordi
e
delle
pagine
di
storia
contemporanea
consegnate
ai
posteri,
il
ritratto
carico
di
pathos
michelangiolesco
nelle
fattezze
e
nei
colori
di
un
uomo
che
"ha
saputo
lottare
per
quel
che
doveva
e
per
quel
che
credeva",
sempre
lontano
dai
compromessi
e
ostinatamente
fedele
a se
stesso.