N. 101 - Maggio 2016
(CXXXII)
rappresentazione
del
paesaggio
tra
Arte
e
Scienza
Natura
eterna
musa
nell’opera
di
Leonardo
di
Monica
Vargiu
Acclamato
universalmente
come
il
genio
eclettico
per
eccellenza,
il
raffinato
artista
cosmopolita,
il
manifesto
vivente
del
più
sublime
spirito
del
Rinascimento,
a
distanza
di
secoli,
Leonardo,
non
smette
di
affascinare
intere
generazioni
di
studiosi
che
continuano
a
indagare
il
segreto
della
sua
arte
e
delle
sue
scoperte
scientifiche.
Un’immensa
sete
di
conoscenza,
una
vivacità
intellettuale
senza
eguali,
unite
a un
metodo
di
lavoro
rigorosamente
scientifico
e a
un
intuito
straordinario,
furono
le
coordinate
principali
della
sua
opera,
che
spazia
dal
mondo
dell’Arte
ai
più
diversi
campi
dello
scibile,
in
nome
di
quella
complementarietà
dei
saperi
che
fece
di
Leonardo
un
personaggio
singolare,
brillante,
ricco
di
appeal
e di
mistero,
un
vero
e
proprio
demiurgo
e
precursore
di
molte
conquiste
a
noi
contemporanee.
In
realtà,
la
matrice
del
suo
stupefacente
talento
potrebbe
essere
di
un’immediatezza
disarmante:
una
smisurata
e
assoluta
passione
per
la
natura
e
per
le
sue
intrinseche
dinamiche,
unita
a un
pervicace
e
minuzioso
studio
dei
processi
evolutivi
ad
essa
connessi.
Giorgio
Vasari
lo
descrive
come
“uomo
di
grande
ampiezza
di
mente,
dotato
di
notevoli
talenti
e
grazia
infinita”
che
seppe
elevarsi
su
tutti
i
suoi
contemporanei,
un
“it
man”
insomma,
che
rappresenta
ancora
oggi
un
costante
punto
di
riferimento
e un
vanto
dell’eccellenza
creativa
tutta
italiana.
Probabilmente,
la
radice
di
tanta
geniale
originalità
è da
ricercarsi
nella
sua
infanzia
singolare
e
nella
sua
educazione
ben
poco
convenzionale
per
lo
spirito
dei
tempi,
poiché
egli,
figlio
naturale
ma
illegittimo
di
un
notaio,
fu
allevato
in
modo
amorevole,
ma
in
quasi
totale
indipendenza,
libero
soprattutto
da
quei
vincoli
educativi
legati
all’istruzione
che
la
sua
condizione
sociale
di
figlio
“irregolare”
gli
permisero
di
eludere.
Infatti,
l’artista
non
ebbe
accesso
all’approfondimento
degli
studi
umanistici
tradizionali,
ma
di
contro,
quello
che
in
qualche
modo
poteva
rivelarsi
un
limite,
divenne
con
il
tempo
un
vantaggio,
permettendogli
di
conservare
intatta
per
tutta
la
vita
quella
spontanea
curiosità
tipica
dell’infanzia
e di
affrontare
in
modo
amplificato
i
propri
interrogativi
in
quanto
privo,
di
quei
diaframmi
accademici,
che
ne
avrebbero
alterato
e
condizionato
la
purezza
e
l’immediatezza
del
ragionamento.
Crescendo
nel
borgo
rurale
di
Vinci,
ebbe
l’opportunità
di
osservare
la
natura
in
tutte
le
sue
forme
e
manifestazioni
e
ciò
lo
spinse
a
sviluppare
un
interesse
assoluto
e
incondizionato
per
essa,
che
traspare
in
maniera
evidente
nella
sua
pittura,
sempre
così
poetica
e
sognante,
animata
di
vita
propria
e
sempre
così
fedele
e
aderente
al
vero.
La
precisione
dei
suoi
appunti,
ricchi
di
particolareggiati
disegni,
era
stupefacente
sin
dalla
più
tenera
età,
egli
era
profondamente
stimolato
dalla
vita
in
tutte
le
sue
sfaccettature
e si
impegnava
a
cercare
di
conoscere
ogni
più
remoto
perché,
quindi
osservava
ogni
più
piccolo
dettaglio,
con
lo
sguardo
attento
dello
scienziato,
per
poi
evincerne
le
leggi
che
ne
erano
alla
base;
ogni
dettaglio
concorreva
a
formare
un
enorme
e
perfetto
mosaico
che
si
componeva
dinnanzi
ai
suoi
occhi
e
dove,
ogni
più
piccola
tessera
era
importante
perché
aiutava
in
maniera
determinante
a
spiegare
il
tutto.
Leonardo
era
dunque
affascinato
da
qualcosa
che
intuiva
ma
che
aveva
l’urgenza
e la
necessità
di
comprendere
in
profondità
e,
questa
sua
esigenza
era
animata
da
un’ossessione
quasi
febbrile
che
annullava
il
tempo
e lo
spazio.
Quando
nel
1469
fece
il
suo
ingresso
come
apprendista
nella
prestigiosa
bottega
del
Verrocchio
a
Firenze,
era
poco
più
che
un
adolescente,
ma
già
possedeva
quel
tocco
inconfondibile
che
con
il
tempo
e
con
gli
insegnamenti
del
maestro,
lo
avrebbero
portato
a
considerare
la
pittura
come
una
vera
e
propria
“vocazione”,
come
la
rappresentazione
estetica
per
antonomasia
e
non
solo
come
un
mero
e
decorativo
esercizio
di
virtuosismo
stilistico;
attraverso
la
raffigurazione
infatti
si
potevano
enucleare,
tutti
quei
principi
che
erano
alla
base
della
creazione
naturale
nella
sua
totalità.
La
pittura
è
per
Leonardo
principalmente
“verità”,
una
verità
assoluta,
ma
non
dogmatica
né
tantomeno
metafisica,
essa
è
reale
e la
sua
trasposizione
sulla
tela,
nasce
inevitabilmente
dalla
fruizione
diretta
dell’immagine
che
non
è
mai
statica,
ma
animata
sempre
da
un
dinamismo
interiore
che
può
a
tratti
essere
impercettibile,
ma
che
è
alla
base
di
ogni
fenomeno
naturale,
una
legge
universale
quindi
aleggia
sullo
sfondo
e
comprende
e
collega
fra
loro
tutte
le
cose.
L’indagine
scrupolosa
e
quasi
maniacale
del
reale
offre
a
Leonardo
lo
strumento
per
conoscere
e
comprendere
a
fondo,
mentre
l’esperienza
stimola
vigorosamente
la
sua
creatività,
e,
la
sua
dedizione,
lo
spinge
a
sperimentare
in
continuazione
nuove
idee
e ad
aprirsi
a
nuovi
orizzonti
di
conoscenza;
ogni
intuizione
deve
essere
vagliata
alla
luce
della
razionalità
ma,
inevitabilmente,
tutto
ciò
lo
assorbe
in
modo
notevole
e
totalizzante,
dilatando
di
conseguenza
enormemente
i
tempi
di
esecuzione
di
tutti
i
suoi
lavori.
Il
Paesaggio
con
fiume
del
1473,
conservato
presso
il
Gabinetto
delle
stampe
e
dei
disegni
del
museo
degli
Uffizi
a
Firenze
è la
prima
opera
certa
di
Leonardo
e
raffigura
in
maniera
fedele
una
rappresentazione
del
mondo
naturale,
incarna
quel
principio
esecutivo
fondamentale
che
animerà
lo
stile
dell’artista
in
maniera
totalizzante
e
assoluta.
Per
Frank
Zöllnerr,
autore
di
un
interessante
saggio
che
disserta
sul
connubio
fra
scienza
e
simbolismo
religioso
nel
paesaggio
leonardesco,
egli
fu
l’unico
pittore
che
ebbe
la
capacità
di
“trasfigurare
le
mistiche
atmosfere
della
natura”
e di
servirsi
del
paesaggio
come
punto
di
raccordo
fra
riflessione
artistica
e
analisi
scientifica.
Tutto
ciò
è
sicuramente
il
risultato
della
mirabile
applicazione
della
tecnica
pittorica
dello
sfumato,
utilizzata
con
perizia
magistrale
in
tutti
i
suoi
dipinti,
che
ha
la
caratteristica
principale
di
addolcire
i
contorni
attraverso
pennellate
quasi
impercettibili
e
velate,
è
capace
di
passaggi
tonali
che
si
sovrappongono
al
disegno
con
efficace
morbidezza,
eludendo
e
annullando
stacchi
e
durezze,
consegnandoci
alla
vista
un’immagine
certamente
reale,
ma,
allo
stesso
tempo
sognante,
quasi
permeata
di
poetico
misticismo.
Anche
la
presenza
della
luce
è
addolcita
per
non
alterare
e
compromettere
i
rapporti
volumetrici
fra
le
parti
e,
l’uso
certosino
delle
sovrapposizioni
lievi
dei
colori,
sviluppa
quella
prospettiva
cromatica
e
aerea,
che
ben
si
differenzia
da
quella
canonica
fiorentina,
molto
pulita
e
diretta
nella
sua
concezione.
La
profondità
di
campo
è
quindi
resa
da
un
ton
sur
ton
che
conferisce
al’intera
composizione,
pur
attenendosi
fedelmente
al
vero,
una
soavità
quasi
surreale
ed è
proprio
questa
la
vera
cifra
stilistica
dell’approccio
figurativo
di
Leonardo,
quello
che
ancor
oggi
rapisce
e
incanta
l’osservatore
in
estatica
contemplazione
davanti
ai
suoi
dipinti.
Anche
nei
quadri
dove
sono
presenti
soggetti
umani,
pensiamo
alla
prima
redazione
della
Vergine
delle
Rocce,
tutto
concorre
a
creare
una
rappresentazione
unitaria,
non
vi è
alcun
elemento
che
prevale
o
“prevarica”
alterando
l’armonia
della
composizione,
ogni
singola
parte
risulta
funzionale
a
essa,
viene
privilegiata
ed
evidenziata
la
reciproca
interdipendenza
e
accettazione
fra
i
vari
elementi
dell’impianto
esecutivo.
Le
figure
umane
si
relazionano
tacitamente
con
il
paesaggio,
che
spesso,
trasfigurando
il
dato
reale,
diventa
metafora
conoscitiva
per
meglio
caratterizzare
i
soggetti
rappresentati;
l’uomo,
come
nella
concezione
orientale,
si
fonde
e si
identifica
con
l’ambiente
pur
conservando
la
centralità
del
suo
ruolo,
conferendo
a
esso
pari
dignità
rappresentativa,
senza
mai,
tuttavia,
annullarsi
in
esso.
Nel
celebre
dipinto
della
Gioconda,
forse
il
quadro
più
conosciuto
al
mondo,
e
ancor
oggi
fucina
inesauribile
di
ipotesi
e
rappresentazioni,
il
paesaggio
sullo
sfondo
diviene
spartito
narrativo,
esso
non
è
mai
subalterno,
ma
diventa
imprescindibile
per
meglio
intuire
la
natura
e lo
spirito
enigmatico
di
Monna
Lisa;
una
spiegazione
“aperta”,
affascinante,
che
probabilmente
non
troverà
mai
una
soluzione
definitiva
e
che
forse,
come
tutti
i
misteri
arcani,
non
smetterà
mai
di
appassionarci.