[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

178 / OTTOBRE 2022 (CCIX)


contemporanea

I padri costituenti e l'articolo 9
S
ulla tutela del petrimonio

di Mauro Luciano Malo

 

È stato recentemente osservato che l’Assemblea Costituente non si sia resa interprete in materia di tutela del patrimonio culturale dei più elevati e profondi profili dicultura costituzionale, a differenza di altre discipline, oggi parimenti costituzionalizzate nella Legge fondamentale dello Stato.

 

Marini ha sostenuto a tal proposito che il dibattito svoltosi fra i Padri costituenti fu«sottoproporzionato rispetto al rilievo storico che la materia [dei beni culturali e ambientali] aveva assunto nella legislazione precostituzionale»; un’affermazione che tuttavia parrebbe contrastare con l’abilità, l’acume politico, dei Costituenti di elevare a principio costituzionale proprio la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione, inserendola per di più tra i “Principi fondamentali”: una decisione brillante e lungimirante – in particolare figlia delle idee di Moro, Togliatti, La Pira, Bianchi Bandinelli e (soprattutto) Marchesi –, confermata ulteriormente dal fatto che nel 1948 nessuna Costituzione europea coeva aveva mai incluso tra i princìpi fondamentali dello Stato né la tutela dei beni culturali né, tantomeno, la tutela dell’ambiente. Proprio per questi motivi, l’impostazione della Costituzione italiana trovò grande seguito negli anni successivi, nelle Carte fondative delle diverse realtà statuali del continente.

 

Una innovazione costituzionale straordinaria, quella dell’art. 9, che può essere, inoltre, evidenziata se riflettiamo sulla stretta relazione tra il primo e il secondo comma, che procede a riformare e “modernizzare” la concezione statico-conservativa del patrimonio culturale verso una concezione dinamica della cultura, ossia una concezione orientata al pubblico godimento con fini di ricerca e di promozione, sia pur dichiaratamente con esigenze di tutela.

 

I Costituenti (o meglio, parte di essi) intuirono quindi le potenzialità della cultura e della sua promozione come luogo di identità, democrazia e pluralismo: la tutela del patrimonio artistico divenne così una delle colonne portanti dell’ordinamento giuridico repubblicano, uno dei pilastri, o meglio dei principi fondativi, su cui poggia ancora la nostra società.

 

In questa fondamentale operazione di costituzionalizzazione del patrimonio culturale occorre rammentare l’intenso e determinante lavoro prodotto da Marchesi in seno al Consesso costituente. Nominato membro della Commissione dei 75 – con il compito di redigere un primo progetto di Costituzione – Marchesi venne incluso nella Prima sottocommissione, competente nelle materie afferenti alla “scuola” e alla “cultura”, nonché deputata ad affrontare il tema dei diritti e dei doveri dei cittadini.

 

L’intenso lavoro dell’accademico si concretizzò nella Relazione Marchesi (tecnicamente: Relazione del deputato Concetto Marchesi sui principii costituzionali riguardanti la cultura e la scuola) che definiva, all’art. 6, i monumenti artistici, storici e naturali del Paese come tesoro nazionale, e posti sotto la vigilanza dello Stato: in sostanza quello che diventerà il secondo comma dell’art. 9 della Costituzione.

 

Un testo, quello prodotto dall’intellettuale comunista, che si ispirava esplicitamente – come riportò lo stesso Marchesi nella sua Relazione – alla Costituzione della Repubblica di Weimar del 1919. Così spiega Leone: «L’articolo che trattava la tutela era posto alla fine della sezione sulla scuola, nel testo di Weimar, al numero 150: “I monumenti artistici, storici e naturali, e le vedute panoramiche godono della protezione e della cura dello Stato. Spetta al Reich di prevenire l’esportazione del patrimonio artistico tedesco all’estero”. Le due formule sono talmente vicine da confermare che si tratta del testo su cui si basò Marchesi per creare l’articolo».

 

Tuttavia, le iniziali impressioni dei colleghi della Prima sottocommissione sul testo Marchesi non furono positive (impressioni di forte scetticismo, se non di decisa contrarietà, traspaiono infatti dai verbali della riunione della sottocommissione del 29 ottobre 1946).

 

Fra tutti fu l’avvocato e Presidente della Prima sottocommissione, Tupini, a distinguersi: giunse a esprimere il suo forte scetticismo in merito alla presenza di una disposizione sul patrimonio culturale, la quale a suo parere non avrebbe dovutotrovare spazio nel testo della (futura) Costituzione. A breve distanza si unirono alle perplessità di Tupini pure quelle del socialista Lombardi e del democristiano Clerici.

 

Ma se Lombardi, nell’aprile del 1947, intervenne sulla questione con toni apertamente in disaccordo con l’art. 9, ritenendo che l’aggiuntadelle “libertà culturali” al catalogo dei diritti fondamentali avrebbe comportato «una codificazione di piccole cose […] intollerabili in un progetto di Costituzione», Clerici si distinse per toni ben più radicali e provocatori, giungendo a definire l’art. 9 così ideato dal Marchesi come «superfluo, inutile, ed alquanto ridicolo, tale da essere annoverato fra quelli che non danno prestigio alla Costituente ed a questa nostra fatica. […]».

 

Opinioni piuttosto nette che sancirono la totale rimozione – intervenuta già nel dicembre del 1946 – del controversoart. 6 della Relazione Marchesi, dal nuovo quadro costituzionale, in quanto ritenuto pleonastico tra i “Principi supremi” della nuova Repubblica.

 

Marchesi però non cedette; con lo spirito che lo aveva contraddistinto durante gli anni della Resistenza, l’ex Rettore dell’Università di Padova ribadì l’importanza di reinserire – e quindi di costituzionalizzare – il patrimonio culturale della nazione, consegnandone le chiavi della tutela allo Stato: nello specifico, l’accademico si contrappose ai lavori della Seconda sottocommissione, la quale avevacontemporaneamente individuato fra le competenze delle Regioni – e su proposta di Mortati – materie quali il turismo e la tutela del paesaggio.

 

In Assemblea Costituente si aprì, pertanto, un ulteriore serrato confronto fra i sostenitori di uno Stato a impronta culturale regionalista (on. Micheli e Lussu), e chi, al contrario, si espresse a favore di una decisa limitazione dei poteri delle Regioni in materia di tutela dei beni culturali e ambientali (on. Marchesi, Gronchi e Benedettini).

 

Inizialmente, riporta l’amministrativista Merusi, i costituenti avevano inteso attribuire la competenza allo Stato, con lo specifico intento di sottrarla agli enti autonomi locali e in particolare alle regioni. L’articolo era stato infatti così formulato: «Il patrimonio artistico e storico della nazione è sotto tutela dello Stato». Dopo gli interventi degli on. Micheli e Lussu, intesi a contrastare le diffidenze emerse nei confronti dell’autonomia regionale, alla parola «Stato» fu sostituita, su proposta dell’onorevole Lussu, la parola «Repubblica» per «lasciare impregiudicata» la questione dell’autonomia regionale.

 

Questa soluzione di compromesso venne individuata al fine di trovare un assetto giuridico che consentisse a Stato e Regioni di esercitare armonicamente il comune compito di tutela. E, ancora, un compromesso che, con buona probabilità, scaturiva dalle avvincenti parole pronunciate dall’on. Micheli, il quale si era speso al fine di precisare che la competenza regionale in materia di beni culturali non avrebbe compromesso l’efficienza della tutela, ma – al contrario – ne avrebbe migliorato i profili di gestione (in un contesto disciplinato, comunque,a livello centrale-statale). Le Regioni erano infatti individuate dall’onorevole (secondo quanto poi reciterà l’art. 118 Cost.) come più efficienti in senso amministrativo, grazie alla loro maggiore “vicinanza” al cittadino (si veda, a proposito,il principio di sussidiarietà).

 

Eppure, il 1° gennaio 1948 entrò in vigore un testo costituzionale indubbiamente proiettato in senso statalista per la tutela del patrimonio culturale, e che rifletteva i dubbi ancora presenti di buona parte dei Costituenti in meritoall’affidabilità degli enti regionali (che, è bene ricordarlo, vennero istituiti politicamente solo nel 1970).

 

Il legislatore costituente si limitò a conferire, in definitiva, il potere legislativo alle Regioni solo in materia di musei e biblioteche di enti locali (come recitava il vecchio art. 117 Cost., in vigore prima di essere novellato dalla riforma costituzionale intervenuta con legge costituzionale n. 3/2001).

 

Merita quindi, in conclusione, riflettere sull’iter di approvazione dell’art. 9: un percorso tutt’altro che lineare, che stimolò accesi dibattiti già tra i nostri Padri costituenti e che costituisce – sotto molti punti di vista – l’essenza stessa della nostra Nazione. Un articolo che, seppur possa attualmente apparire pacifico, celò invece scontri politici e sensibilità decisamente contrapposte.

 

Sensibilità divergenti e divisive che si possono rintracciare, a una lettura attenta, in tutti gli articoli della Legge fondamentale dello Stato, e che – necessariamente – comportano una riflessione profonda sull’accurato lavoro e sulla straordinaria attenzione che i Costituenti dimostrarono per ogni articolo. Insegnamenti, questi, che debbono esortarci oggi a fare opera di rigorosa e fedele applicazione dei principi costituzionali.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

G. Cerrina Feroni, Il paesaggio nel costituzionalismo contemporaneo. Profili comparati europei, Federalismi.it, Rivista di diritto Pubblico italiano, comparato, europeo, n. 8/2019.

F. Gargallo di Castel Lentini, Evoluzione storica e giuridica della tutela dei beni culturali dall’unità d’Italia al Codice Urbani. Cenni sulla tutela paesistica, in Diritto dell’ambiente, rivista online, 2006.

A. Leone, Come nacque l’articolo 9, in A. Leone, P. Maddalena, T. Montanari, S. Settis, Costituzione incompiuta. Arte, paesaggio, ambiente, Einaudi, Torino, 2013.

S. Mabellini, Tutela dei beni culturali nel costituzionalismo multilivello, Giappichelli Editore, Torino, 2016.

F. S. Marini, Lo statuto costituzionale dei beni culturali,Giuffrè, Milano, 2002.

T. Montanari, L’articolo 9: una rivoluzione (promessa) per la storia dell’arte, in A. Leone, P. Maddalena, T. Montanari, S. Settis, Costituzione incompiuta. Arte, paesaggio, ambiente, Einaudi, Torino, 2013.

T. Montanari, Costituzione italiana: Art. 9, Carocci, Roma, 2018.

F. Rimoli, Profili costituzionali della tutela del patrimonio culturale, in E. Battelli, B. Cortese, A. Gemma, A. Massaro, (a cura di), Patrimonio culturale. Profili giuridici e tecniche di tutela,RomaTre-Press, Roma, 2017.

S. Settis, Paesaggio, Costituzione, cemento. La battaglia dell’ambiente contro il degrado civile, Einaudi, Torino, 2010.  

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]