N. 36 - Dicembre 2010
(LXVII)
ASSALTO A PADOVA
Migliaia di studenti contro il ddl Gelmini
di Federica Caputo
Martedì
30
Novembre
2010:
mi
sveglio
come
sempre
di
buon
mattino
per
recarmi
all’università.
Ma
so
già
che
non
sarà
una
giornata
come
le
altre:
oggi
è
previsto
il
voto
alla
Camera
sul
disegno
di
legge
Gelmini,
è
dunque
stato
annunciato
il
blocco
della
didattica
in
molte
facoltà
dell’ateneo
patavino
per
consentire
agli
studenti
di
partecipare
alle
iniziative
di
protesta.
Cammino
per
Padova
con
l’ipod
alle
orecchie,
ma
nonostante
questo
riesco
a
sentire
un
forte
vociare,
aguzzo
la
vista,
e
tra
la
nebbia
del
grigio
mattino
novembrino,
scorgo
decine
e
decine
di
studenti
appostati
davanti
alla
mia
facoltà.
Ci
sono
anche
i
miei
compagni
di
corso.
“Lettere
Occupata!”,
“Noi
la
crisi
non
la
paghiamo!”:
questo
recitano
i
colorati
striscioni
che
tappezzano
l’atrio
del
Liviano,
sede
della
facoltà
di
Lettere
e
Filosofia.
Sono
le
8.30,
fra
circa
due
ore
da
qui
partirà
un
corteo
di
protesta
che
si
riverserà
per
le
strade
di
Padova.
Guardo
i
miei
amici:
stanotte
hanno
dormito
rannicchiati
nei
banchi
del
Liviano,
quei
banchi
nei
quali
ci
affanniamo
ogni
giorno
a
prendere
appunti.
Si
sono
scomodamente
accasciati
sulle
panchine
dell’atrio,
quelle
stesse
panchine
sulle
quali
aspettiamo
trepidanti
di
sostenere
un
esame.
Sono
stanchi,
ma
mi
sembra
che
a
tanta
stanchezza
corrisponda
altrettanto
entusiasmo.
Sorseggio
un
caffè
e
leggo
uno
dei
tanti
cartelloni
affissi
alle
porte
del
Liviano,
che
recita
queste
parole
di
Antonio
Gramsci:
“Istruitevi
perché
avremo
bisogno
di
tutta
la
vostra
intelligenza.
Agitatevi,
perché
avremo
bisogno
di
tutto
il
vostro
entusiasmo.
Organizzatevi,
perché
avremo
bisogno
di
tutta
la
vostra
forza.”
Parteciperò
a
quel
corteo
perché
sono
istruita
e
organizzata.
Non
sarò
violenta
e
facinorosa,
ma
entusiasta.
Ore
11.00:
moltissimi
studenti
della
facoltà
di
Lettere
e
Filosofia
si
incontrano
in
Piazza
Capitaniato.
Attendiamo
che
arrivino
gli
studenti
di
Scienze
Politiche,
partiti
dalla
loro
facoltà
numerosissimi.
Ci
informano
che
nel
frattempo
un
altro
corteo
si è
formato
nella
parte
opposta
della
città,
in
Via
Marzolo:
è
composto
da
studenti
di
Psicologia,
Ingegneria
e
Scienze:
iniziano
subito
la
loro
marcia
e a
breve
manderanno
in
tilt
la
Stanga.
Il
corteo
di
Lettere
e
Scienze
Politiche
si
dirige
invece
verso
Corso
Milano:
per
un’ora
tutta
la
circonvallazione
interna
sarà
bloccata
Arriviamo
a
Prato
della
Valle.
E’
una
giornata
uggiosa,
è
umido
e
ogni
tanto
pioviggina.
Ma
non
ci
importa.
Urliamo
a
squarciagola
che
se
ci
bloccano
il
futuro
noi
blocchiamo
le
città.
Qualcuno
per
strada
ci
insulta:
ci
dicono
di
andare
a
lavorare,
di
toglierci
di
mezzo.
Andare
a
lavorare!
E’
per
questo
che
protestiamo:
per
non
essere
dei
disoccupati
o
dei
precari
a
vita.
C’è
anche
un
anziano
signore
che
si
affaccia
dal
terrazzo
di
casa
sua:
alza
verso
di
noi
la
sua
stampella
in
segno
di
approvazione.
Rispondiamo
con
un
applauso.
Abbiamo
vent’anni,
ma
ci
commuoviamo
ancora
di
fronte
a
questo
singolare
gesto
d’affetto
e
solidarietà.
Sono
le
12.58:
i
primi
studenti
dell’altro
corteo
stanno
entrando
in
stazione.
Si
precipitano
rabbiosi
e
determinati
a
occupare
il
binario
1 e
2.
Non
appena
la
notizia
giunge
ai
leader
del
corteo
di
Lettere
e
Scienze
Politiche,
iniziamo
la
nostra
marcia
verso
la
stazione.
Vogliamo
unirci
agli
altri:
dicono
che
in
tutto
siamo
più
di
cinquemila,
vogliamo
gridare
assieme
che
noi
amiamo
studiare,
che
chiediamo
che
la
nostra
università
abbia
i
fondi
per
competere
a
livello
mondiale,
che
stiamo
bloccando
la
città
per
far
capire
che
desideriamo
ricostruire
il
nostro
futuro.
Attraversiamo
il
cuore
di
Padova:
siamo
come
una
valanga
che
travolge
tutto.
Molte
facce
fanno
capolino
dai
tram
bloccati
e ci
osservano:
qualcuno
è
seccato,
qualcuno
solidarizza
con
noi.
Arriviamo
alla
stazione.
Vi
sono
studenti
ovunque:
cantano,
scherzano,
esibiscono
striscioni.
Qualcuno
ne
approfitta
per
mangiare
qualcosa.
Il
treno
con
destinazione
“Venezia
Santa
Lucia”
è
fermo
e ha
accumulato
un’ora
di
ritardo.
I
ricercatori
ottengono
il
permesso
di
leggere
un
comunicato
dall’altoparlante
della
stazione:
“La
stazione
è
occupata,
ci
scusiamo
per
il
disagio.
Meglio
un
ritardo
di
qualche
ora
che
il
nostro
futuro
fermo
per
sempre”.
Fino
alle
15.00
circa
la
stazione
resta
occupata,
poi
si
riparte
alla
volta
del
Bo,
sede
del
Rettorato.
Trenitalia
è
ormai
nel
caos:
i
disagi
continueranno
fino
a
tarda
serata,
per
un
bilancio
complessivo
di
50
treni
fermati.
Dopo
aver
percorso
Corso
del
Popolo
il
corteo
fa
il
suo
ingresso
sul
listòn.
Sotto
il
rettorato
blindato
alcuni
studenti
chiedono
le
dimissioni
del
Magnifico
Giuseppe
Zaccaria,
accusato
di
aver
assunto
una
posizione
ambigua
nei
confronti
dei
ricercatori
e
degli
studenti
in
protesta.
Alle
15.45
il
corteo
si
scioglie:
il
prossimo
appuntamento
è
alle
18.
Ciascuna
facoltà
si
troverà
nella
propria
sede
per
seguire
in
diretta
la
votazione
del
ddl
alla
Camera.
Bilancio
del
corteo:
nessun
ferito,
nessun
denunciato,
nessun
scontro
con
le
forze
dell’ordine.
Cominciamo
a
sentire
la
stanchezza.
Ci
rendiamo
conto
solo
ora
di
non
aver
pranzato.
Guardo
i
miei
amici,
compagni
di
corteo
e di
grandi
speranze
per
il
futuro.
Siamo
giovani,
intelligenti,
impegnati,
amiamo
davvero
quello
che
facciamo.
Uno
di
loro,
riprendendo
uno
dei
tanti
refrain
della
mattinata,
ci
guarda
e
esclama:
“La
gente
come
noi
non
molla
mai!”
Ha
ragione.
Comunque
vada
noi
siamo
fieri
di
averci
provato.