RICORDANDO LA TRISTE VICENDA DI
KESAGAKE
L'ORSO "terrore" DEl Giappone
di Lorenzo Bruni
Nel corso degli ultimi anni in
Giappone si sta assistendo a un
incremento del numero di attacchi
perpetrati da orsi selvatici ai
danni di esseri umani: tra l’aprile
e il novembre 2023 le aggressioni
sono state centonovantatre, il
numero più alto mai registrato dal
2006, ovvero da quando si è iniziato
a tenerne il conto. Le persone
coinvolte sono state duecentododici,
delle quali sei hanno perso la vita:
numero particolare, dato che, a
condizioni normali, si tratterebbe
della media annuale di vittime
globali causate da attacchi di orsi.
Il perché di questo aumento di
pericolosità sarebbe da legarsi al
cambiamento climatico e
all’incremento della temperatura
media giapponese, che avrebbe avuto
come conseguenza una diminuzione
nella fioritura di alberi da ghianda
e noce; riscontrando maggiori
difficoltà nel procacciarsi il cibo,
i plantigradi si sarebbero
gradualmente avvicinati agli
insediamenti umani, cibandosi dei
rifiuti ed entrando in contatto con
la popolazione.
Se in Italia tale argomento è
diventato di interesse pubblico lo
scorso aprile 2023, e ha sollevato
numerose discussioni e dibattiti in
materia soprattutto per la crudeltà
con la quale le autorità hanno
gestito il fatto, per via della
vicenda legata all’orsa JJ4, a causa
della quale Andrea Papi ha avuto la
sventura di divenire l’unico decesso
mai avvenuto nel nostro Paese, in un
totale di sette aggressioni negli
ultimi centocinquanta anni, in
Giappone la storia insegna che
questi episodi sono molto più
frequenti: un po’ per la massiccia
presenza di orsi allo stato
selvaggio, un po’ per il continuo
espandersi delle foreste e delle
attività di escursionismo, un po’
perché tali animali sono sempre
stati centrali nelle varie religioni
locali, sia come animali sacri che
come prede di caccia sacrificale.
In molti di questi casi le
conseguenze per gli orsi sono state
brutali e spesso sono state risolte
con violenza ingiustificata: è stato
così in Italia, come già accennato,
per l’orsa JJ4, abbattuta dalle
autorità competenti, ed è
attualmente così in Giappone, dove è
stata posta una ricompensa per quei
cacciatori che prevengano attacchi
di plantigradi, con il rischio che
quest’ultima possa portare a un
aumento della caccia e, di
conseguenze, delle vittime, sia
umane che animali.
Un esempio emblematico, da questo
punto di vista, si è registrato lo
scorso secolo nella costa Ovest
dell’isola Hokkaido, la più
settentrionale dell’arcipelago
nipponico: tra il novembre e il
dicembre 1915 un plantigrado di
dimensioni superiori alla media
avrebbe assalito i villaggi di
Sankebetsu, Tomamae, Rumoi e
Rokusen-sawa e ucciso sette persone.
Le informazioni in nostro possesso,
tramandate inizialmente solo per via
orale, sono state raccolte nel 1961
dall’ufficiale forestale Kimura
Moritake, grazie allo studio da lui
effettuato sui registri dell’epoca e
alla raccolta di testimonianze
dirette dei sopravvissuti.
L’orso in questione, probabilmente
svegliatosi in anticipo dal letargo
e reso feroce dall’assenza di cibo,
causata da un autunno
particolarmente rigido, in un primo
momento venne avvistato per due
volte nei pressi della casa della
famiglia Ikeda: spaventati, il
capofamiglia e alcuni amici diedero
la caccia all’animale e lo ferirono
con un colpo di fucile, ma ne
persero le tracce lungo il monte
Onishika. Questo riapparve in cerca
di cibo alla porta della famiglia
Ota, uccidendo una donna e un
bambino.
Una nuova battuta di caccia,
stavolta composta da più
partecipanti, non riuscì a uccidere
l’animale, che fuggì nel profondo
della foresta. Il panico si
impossessò degli abitanti della
zona, che organizzarono un
appostamento a guardia della casa
degli Ota. L’espediente fallì,
poiché l’animale cambiò obiettivo,
fiutando odore di cucina e
dirigendosi verso l’abitazione di
Miyouke Yasutaro. Mentre stava
preparando da mangiare, Yayo
Yasutaro venne infatti distratta da
alcuni rumori esterni. L’orso fece
irruzione dalla finestra, attaccando
la donna, che venne salvata
dall’intervento di Odo, l’uomo
rimasto a guardia dell’abitazione.
Quest’ultimo venne ucciso, assieme a
uno dei figli di Yayo, oltre al
figlio della famiglia Saito e alla
moglie di costui, all’epoca incinta.
La donna riuscì a fuggire e a
richiamare i cacciatori, che si
precipitarono alla casa nel mentre
il plantigrado si dava alla fuga:
all’interno dell’abitazione vennero
rinvenuti due figli di Yayo, feriti
ma ancora in vita.
Mentre gli abitanti abbandonavano il
villaggio la notte stessa, Miyouke
Yasutaro, contattò un famoso
cacciatore di orsi, Yamamoto
Heikichi, che si recò sul posto. In
base alle descrizioni fornite dai
testimoni, affermò che l’animale era
Kesagake, traducibile con “lo
sfregio diagonale sulla spalla”, un
orso feroce che in passato aveva già
ucciso tre donne. Yamamoto rifiutò
il contratto, dato che aveva
barattato il suo fucile per
dell’alcool, ma alla fine decise di
restare. Nei due giorni successivi
Kesagake tornò a visitare alcune
case dell’area, ormai abbandonate, e
a cibarsi delle provviste, finché il
14 dicembre le orme dell’orso
vennero rinvenute in prossimità di
un fiume.
Deciso a finire la caccia prima che
sopraggiungesse una nuova tempesta
di neve, Yamamoto, assieme a due
accompagnatori, seguì le impronte e
lo trovò nei pressi di una grossa
quercia. Avvicinatosi fino a venti
metri di distanza, lo uccise
colpendolo con due proiettili: uno
alla testa e uno al cuore. La
bestia, dal colore marrone scuro, a
parte una striatura bianca sul
petto, era alta due metri e settanta
centimetri e pesava trecentoquaranta
chilogrammi. La popolazione
inferocita, però, non si limitò a
scuoiarlo e a inveire sulla
carcassa: il suo teschio e la sua
pelliccia vennero conservati e
utilizzati per alcuni anni in un
macabro spettacolo circense, il cui
incasso veniva devoluto in
beneficenza ai familiari delle
vittime; in seguito questi sono
spariti e a oggi non se ne ha alcuna
traccia.
Terminata la vicenda, negli anni il
villaggio di Rokusen-sawa,
abbandonato nel pieno del terrore
per Kesegake, divenne un villaggio
fantasma, dato che i precedenti
abitanti si rifiutavano di tornare e
nessun altro intendeva trasferirsi
lì per timore che fosse teatro di un
altro massacro. In tempi recenti è
stato realizzato un santuario vicino
al ponte Uchidome, il cui scopo, più
che commemorare le vittime di
allora, sembra quello di
intrattenere i curiosi: tra le
“attrazioni”, infatti, vi sono una
casa restaurata secondo lo stile
dell’epoca, nella quale è
raffigurato un attacco di Kesagake,
che spunta da una parete squarciata,
pronto a gettarsi su due vittime
innocenti; una statua in scala
dell’orso, intento a ruggire e
pronto ad attaccare un edificio,
sotto la quale i turisti sono soliti
scattare delle foto, anche di
famiglie intere; infine si trova
un’insegna lignea sulla quale sono
raccontati i crudi avvenimenti della
caccia a Kesagake.