N. 96 - Dicembre 2015
(CXXVII)
SUL
Capodanno
origine
e
significato
di Andrea Filippini
Da
millenni
il
periodo
del
solstizio
invernale
è
celebrato
in
tutto
il
mondo
come
fosse
una
grande
festa.
Alle
nostre
latitudini
le
ricorrenze
più
attese
sono
il
Natale,
il
Capodanno
e
l’Epifania
perché
portano
in
dote
un
grande
carico
di
usanze
legate
alla
baldoria,
al
divertimento
e
agli
eccessi.
Le
costumanze
solstiziali
hanno
un’origine
antichissima
e
sono
indissolubilmente
legate
al
paganesimo
con
il
suo
culto
astrale
e
agrario,
i
suoi
rituali
purificatori
e
apotropaici.
Poiché
la
cristianità
ha
accolto sincretisticamente festività preesistenti, si può oggi ben parlare di una «straordinaria commistione di cristiano e di pagano» (Baldini & Bellosi).
A
proposito
del
Capodanno
va
osservato
innanzitutto
che
il
termine
alla
lettera
significa
semplicemente
“capo
d’anno”,
il
primo
giorno
dell’anno.
A
seconda
del
tipo
di
calendario
utilizzato,
si
può
parlare
di
capodanno
babilonese,
celtico,
cinese,
ebraico,
ecc.
Spesso
nel
Medioevo,
ma
anche
in
epoche
più
recenti,
una
variabile
che
determinava
la
data
del
capodanno
era
lo
“stile”
o
sistema
di
computo
prescelto:
lo
stile
della
Natività
stabiliva
che
l’anno
iniziasse
il
25
dicembre,
lo
stile
dell’Incarnazione
poneva
l’inizio
dell’anno
al
25
marzo,
lo
stile
della
Pasqua
datava
il
capodanno
alla
domenica
di
Risurrezione,
lo
stile
veneto
al
1°
marzo,
lo
stile
bizantino
al
1°
settembre
e lo
stile
della
Circoncisione,
al
1°
gennaio.
Fino
al
1797,
anno
della
caduta
della
Serenissima,
a
Venezia
il
capodanno
ricorreva
secondo
lo
stile
veneto
(Cattabiani).
Oggi
nella
maggior
parte
del
mondo
il
capodanno
legale
è
fissato
al
1°
gennaio.
La
scelta
di
questa
data
richiama
direttamente
il
calendario
dell’antica
Roma.
Una
cospicua
tradizione
letteraria
antica,
seppur
non
di
prima
mano,
attribuisce
a
Numa
Pompilio
(VIII-VII
secolo
a.C.),
secondo
“mitico”
re
di
Roma,
una
prima
riforma
calendariale
che,
seguita
poi
da
quella
giuliana
(46
a.C)
e
gregoriana
(1582
d.C.),
sarebbe
alla
base
dell’attuale
suddivisione
dell’anno
solare
in
dodici
mesi.
Tito
Livio,
storico
romano
vissuto
a
cavallo
tra
il I
secolo
a.C.
e il
I
d.C.,
scrisse
che
Numa,
realizzando
un
modello
di
calendario
lunisolare,
«divise
l’anno
in
dodici
mesi
seguendo
prima
di
tutto
il
ciclo
della
Luna;
e
poiché
la
Luna
non
lo
completa
con
i
singoli
mesi
di
trenta
giorni,
ma
avanzano
sei
giorni
per
un
anno
intero
che
completi
il
ciclo
dei
solstizi,
stabilì
di
interporre
mesi
intercalari
in
modo
che
nel
giro
di
19
anni
i
giorni,
tornando
alla
stessa
posizione
del
sole
dal
quale
erano
partiti,
collimassero
in
pieno
con
gli
anni»
(Ab
Urbe
condita,
I,
19).
A
proposito
della
seguenza
esatta
dei
mesi
nel
calendario
riformato
da
Numa,
il
famoso
biografo
Plutarco,
attivo
nel
I-II
secolo
d.C.,
aggiunse
precise
e
interessanti
informazioni.
Cito
da
una
traduzione
in
volgare
fiorentino
del
Cinquecento.
«[Numa]
mutò
anchora
l’ordine
de’
mesi.
Percioche
il
Marzo,
ch’era
il
primo,
lo
fece
il
terzo;
et
il
Gennaio
il
primo,
ch’era
lo
vndecimo
sotto
Romulo;
e il
Febraio
ch’era
il
duodecimo
et
ultimo,
il
secondo
per
ordine.
Molti
ci
sono
anchora,
i
quali
dicono
che
questi
due
mesi
vi
furono
aggiunti
da
Numa,
cioè
Gennaio
et
Febraio;
percioche
da
principio
l’anno
s’vsaua
di
dieci
mesi…
Ora
che
i
Romani
ordinassero
l’anno
di
dieci
mesi,
et
non
dodici,
ne
fa
congiettura
l’ultimo
mese,
il
quale
essi
chiamano
anchor
hoggi
Dicembre»
(Vita
di
Numa).
Dunque
a un
certo
punto
il
primordiale
calendario
dei
Latini,
basato
su
un
sistema
decimale,
divenne
dodicesimale,
e
gennaio
fu
eletto
primo
mese
dell’anno.
«Le
prime
notizie
certe»
dell’avvenuto
passaggio
di
calendario
«risalgono
al
191
a.C.,
quando
i
pontefici
fissarono
l’inizio
dell’anno
al
1°
gennaio
con
la
lex
Acilia
de
intercalatione»
(Cattabiani).
Il
professor
Rüpke
precisa
che
«one
of
the
most
clearly
attested
elements
of
the
history
of
the
Republican
calendar
is
the
existenze
of a
law
that
governed
intercalation
in
191
BCE,
and
was
associated
with
the
name
of
Manlius
Acilius
(Glabrio),
a
consul
for
that
year»
(cnf.
Macrobio,
Saturnalia
I,
13,
21).
E,
con
la
già
accennata
riforma
calendariale
varata
da
Giulio
Cesare
nel
46
a.C.,
l’attuale
divisione
dell’anno
in
dodici
mesi
con
gennaio
quale
primo
mese
divenne
definitiva.
Da
dove
deriva
il
nome
del
prescelto
primo
mese
e
qual
è il
suo
collegamento
con
le
festività
capodannesche?
A
rispondere
è
nuovamente
Plutarco:
«Gennaio
poi,
ch’è
il
primo,
così
si
chiama
da
Giano…
[che]
appresso
a
quegli
antichißimi
popoli,
o
Dio,
o Re
ch’egli
si
fusse…
fingono,
ch’egli
hauesse
due
fronti».
(Vita
di
Numa).
Il
poeta
latino
Ovidio,
che
ebbe
il
proprio
floruit
verso
la
fine
del
I
secolo
a.C.,
recitava:
«Giano
bifronte,
inizio
dell’anno
che
scorre
silenziosamente»
(Fasti,
I,
64).
Il
capo
bifronte
rappresentava
la
facoltà
di
guardare
avanti
e
indietro,
di
vedere
sia
il
passato
che
il
presente
(il
futuro
incipiente).
Giano
era
quindi
il
dio
degli
inizi,
degli
incominciamenti,
delle
soglie
e
delle
porte.
James
G.
Frazer
propone
una
verosimile
congettura
sul
passaggio
Giano/porta/inizio.
Originariamente
un’immagine
del
dio
Giano
(Janus)
sarebbe
forse
stata
innalzata
«all’ingresso
principale
della
casa,
per
metterla
sotto
la
protezione
del
possente
dio.
E
quella
porta,
così
custodita,
veniva
chiamata
janua
foris,
vale
a
dire
porta
di
Giano».
L’etimo
della
sostantivo
latino
janua
(porta),
sarebbe
proprio
il
nome
del
dio
Giano.
«Quando
invalse
l’uso
di
custodire
l’accesso
di
case
e
città
con
un’effigie
di
Giano,
probabilmente
si
ritenne
necessario
che
il
divino
guardiano
controllasse
entrambe
le
direzioni,
di
fronte
e
alle
spalle,
così
che
nulla
sfuggisse
al
suo
occhio
vigile».
I
Romani
decisero
così
di
dedicare
il
primo
giorno
del
primo
mese
a
una
divinità
che,
per
le
sue
caratteristiche
morfologiche
e
mitologiche,
potesse
ben
segnalare
il
passaggio
dall’anno
vecchio
a
quello
nuovo,
il
passato
e il
divenire.
Anche
se
le
attuali
usanze
connesse
con
le
celebrazioni
del
Capodanno
variano
da
una
località
all’altra,
pressoché
tutte
ricalcano
usi
in
auge
nelle
antiche
feste
in
onore
di
Giano,
Saturno
e
delle
altre
divinità
“solstiziali”.
In
generale,
oggi
come
millenni
addietro,
spesso
i
festeggiamenti
includono
eccessi
e
smoderatezze.
Non
sorprende
punto
se
l’apologista
cristiano
Tertulliano
espresse
esecrazione
per
festività
non
cristiane
come
il
Capodanno.
Egli
chiese
retoricamente:
«Noi
a
cui
sono
estranei
i
Sabati
giudaici,
i
noviluni
e i
giorni
festivi,
pure
una
volta
cari
a
Dio,
frequenteremo
poi
i
Saturnali,
le
feste
alle
Calende
di
Gennaio
[il
Capodanno],
all’inizio
dell’inverno
e le
Matronali?»
Poi
rimbrottò
i
sedicenti
cristiani
che
talora
s’immischiavano
nelle
festività
pagane,
dicendo:
«Oh!
Migliore
assai
il
senso
di
fede
dei
pagani
di
quella
che
non
dimostrino
i
cristiani
in
ogni
cerimonia
solenne:
per
quanto
i
pagani
conoscano
queste
nostre
feste,
non
si
unirebbero
con
noi
né
nelle
Domeniche
né
nella
Pentecoste:
essi
temerebbero
di
essere
scambiati
per
cristiani
e
noi
invece
non
temiamo
d’esser
presi
per
pagani»
(Tertulliano,
De
Idolatria,
XIV).
Riferimenti
Bibliografici
Baldini
E. &
Bellosi
G.,
Tenebroso
Natale.
Il
lato
oscuro
della
Grande
Festa,
Editori
Laterza,
Roma-Bari,
2012,
p.
20
Cattabiani
A.,
Calendario.
Le
feste,
i
miti,
le
leggende
e i
riti
dell’anno,
Mondadori,
Milano,
2011,
pp.
19,
110
Frazer
J.G.,
Il
ramo
d’oro.
Studio
sulla
magia
e
sulla
religione,
Newton
Compton
Editori,
Roma,
2013,
pp.
201-202
Macrobio,
Saturnalia,
citazioni
reperibili
online
Ovidio,
Fasti,
citazioni
reperibili
online
Plutarco,
La
Vita
di
Numa,
in
Vite
di
Plvtarco
cheroneo
de
gli
hvomini
illvstri
Greci
et
Romani,
Nuouamente
tradotte
per
M.
Lodovico
Domenichi
&
altri.
Et
diligentemente
confrontate
co
testi
Greci
per
M.
Lionardo
Ghini.
In
Venetia.
Appresso
Felice
Valgrisio.
MDLXXXII,
[pp.
77-100]
pp.
92-93
Rüpke
J.,
The
Roman
Calendar
from
Numa
to
Constantine.
Time,
History
and
the
“Fasti”,
Wiley-Blackwell.
A
John
Wiley
&
Sons,
Ltd.,
Publication,
United
Kingdom,
2011,
p.
68
Tertulliano,
De
Idolatria,
testo
reperibile
online
Tito
Livio,
Ab
Urbe
condita,
citazioni
reperibili
online