N. 70 - Ottobre 2013
(CI)
ORIGINE E CADUTA DELLO SHOGUNATO
LA RIVOLUZIONE MEIJI - PARTE IV
di Christian Vannozzi
La
maggior
parte
degli
storici
che
si
occupano
di
Giappone
identificano
la
restaurazione
del
potere
imperiale
con
il
termine
di
Restaurazione
Meiji,
in
realtà
questo
termine
è
riduttivo,
in
quanto
non
si
trattò
di
un
ritorno
all'antico,
e
cioè
a un
epoca
in
cui
l'effettivo
governo
dell'Impero
era
nelle
mani
dell'Imperatore
e
non
dello
Shogun,
ma
di
una
vera
e
propria
rivoluzione
sul
campo
politico,
economico
e
sociale
che
sarebbe
più
giusto
chiamare
Rivoluzione
Meiji.
A
livello
politico
il
potere
a
corte
fu
esercitato
dai
daimyo
che
si
impegnarono
in
prima
persona
a
decretare
la
fine
dello
Shogunato,
e
cioè
i
governatori
di
Choshu,
Satsuma,
Tosa
e
Hizen,
ma
lo
Stato
che
si
formò
non
fu
più
agricolo,
ma
commerciale
e
borghese,
a
dimostrazione
di
come
mezzo
secolo
a
contatto
con
gli
occidentali
aveva
cambiato
radicalmente
la
mentalità
dei
giapponesi
da
secoli
ancorati
alle
rigide
posizioni
sociali
dettate
dal
filosofo
Confucio.
I
nuovi
politici
erano
tutti
giovani
e di
idee
progressiste,
l’età
media
era
di
poco
superiore
ai
30
anni
e lo
stesso
Imperatore
Meiji
non
era
che
un
fanciullo
di
15
anni,
appunto
sostenuto
da
uomini
illuminati
che
iniziarono
a
pensare
alla
grandezza
del
Giappone.
Le
loro
origini
erano
umili,
provenivano
infatti
tutti
da
famiglie
di
samurai
di
basso
rango.
Tra
questi
spiccava
la
figura
di
Ito
Irobumi,
nato
da
una
famiglia
di
contadini
e
adottato
da
una
famiglia
di
samurai
di
basso
rango.
Il
giovane
si
distinse
subito
per
il
suo
patriottismo
dando
alle
fiamme
la
legazione
britannica
nel
1863
e
dopo
aver
ricoperto
la
carica
di
Primo
Ministro
per
ben
3
volte
venne
nominato
principe
dall’Imperatore.
Le
truppe
leali
allo
Shogun
rimanevano
asserragliate
nel
quartier
generale
rappresentato
dal
castello
dei
Tokugawa
a
Edo.
Addirittura
l’ufficiale
dello
Shogun
Enomoto
Takeaki
creò
una
sorta
di
repubblica
sull’isola
di
Hokkaido,
che
ebbe
il
riconoscimento
degli
Stati
Uniti.
Le
truppe
imperiali
però
dopo
neanche
un
anno
di
esistenza
della
repubblica
di
Hokkaido
posero
fine
al
regime
personale
di
Enomoto
e
sconfissero
la
resistenza
ancora
presente
a
Edo,
rendendo
il
potere
di
Meiji
effettivo
sull’intero
Giappone.
I
giovani
governanti
avevano
ben
chiaro
in
mente
che
la
grandezza
del
loro
Paese
avrebbe
rappresentato
anche
la
loro
grandezza
personale,
e
furono
per
questa
ragione
spinti
sia
dal
patriottismo
che
dall’opportunismo.
Il
regime
immobile
creato
dagli
Shogun
aveva
tagliato
le
ali
ha
molti
giovani
capaci,
ma
ora
grazie
alla
rivoluzione
Meiji
era
possibile
per
le
menti
eccelse
emergere.
Il
loro
obiettivo
primario
era
quello
di
creare
uno
Stato
ricco
con
un
esercito
forte,
recuperando
il
terreno
sulle
potenze
occidentali.
Occorreva
in
tempi
brevi,
una
modernizzazione
e
una
industrializzazione
radicale.
Il
primo
passo
fu
quello
di
smantellare
i
residui
del
vecchio
potere
feudale,
il
bakuhan,
in
modo
da
creare
uno
stabile
potere
centrale
che
aveva
il
suo
cuore
nell’Imperatore,
nei
sui
ministri
e
nei
funzionari
di
corte.
I
daimyo
iniziarono
così
a
restituire
le
terre
e
l’amministrazione
della
giustizia
all’Imperatore.
In
cambio
ricevettero
l’amministrazione
delle
nuove
Province
e
Distretti,
in
modo
da
non
perdere
completamente
i
loro
privilegi.
Nel
1872
ci
fu
una
radicale
riforma
agraria
che
si
basò
sulla
distribuite
le
terre
a
chi
ne
aveva
regolarmente
pagato
le
tasse
durante
il
periodo
Edo
e le
aveva
lavorate.
Prima
di
quella
data
le
terre
erano
in
concessione
da
parte
dell’imperatore
e il
concetto
di
proprietà
privata
era
sconosciuto.
Nel
1873
fu
stabilito
che
la
frode
fiscale,
cioè
il
non
pagare
il
dovuto
allo
Stato
diveniva
un
reato
imputabile
al
diretto
interessato
e
non
più
collettivo.
Per
garantire
l’intera
lealtà
dei
sudditi
i
Tokugawa
avevano
stabilito
un
sistema
tributario
che
in
caso
di
frode
di
uno
la
pena
sarebbe
ricaduta
su
tutti.
Viene
ora
invece
introdotta
la
responsabilità
individuale
e
non
solo
collettiva.
Venne
anche
sostituito
il
pagamento
delle
imposte
in
riso
con
il
pagamento
in
denaro.
La
moneta
iniziava
così
finalmente
a
circolare
in
una
società
che
si
basa
sul
baratto.
Purtroppo
solo
coloro
che
potevano
contare
su
riserve
monetarie
si
trovarono
nella
condizione
di
poter
pagare
le
tasse,
mentre
per
i
contadini
la
situazione
era
più
complicata,
perché
non
sempre
riuscivano
a
vendere
i
loro
prodotti
prima
della
data
prevista
per
il
pagamento
delle
imposte.
Ne
conseguì
un
progressivo
indebitamento
dei
piccoli
proprietari
terrieri
che
furono
costretti
a
vendere
la
loro
terra.
Obiettivo
del
nuovo
Impero
era
quello
di
dimostrare
all’Occidente
che
il
Giappone
si
stava
avviando
verso
un
processo
di
democratizzazione
e
mobilità
sociale
sulla
scia
di
quello
europeo
e
statunitense,
con
lo
scopo
di
creare
una
società
aperta
al
talento
e
dove
non
c’era
una
sola
classe
che
combatteva
ma
un
moderno
esercito
di
coscritti
come
tutte
le
potenze
occidentali.
L'abolizione
delle
classi
sociali
provocò
anche
l'abolizione
della
classe
militare,
bushi,
che
venne
smantellata.
La
stessa
sorte
toccò
ai
samurai,
che
all'inizio
avevano
continuato
a
godere
di
certi
privilegi
e
prestigio
nel
periodo
Meiji,
ma
che
poi
iniziarono
a
essere
considerati
superflui
tanto
che
il
vitalizio
che
l'Imperatore
gli
aveva
concesso
fu
sostituito
con
una
sorta
di
‘liquidazione’
che
doveva
essere
riutilizzata
da
questi
per
potersi
lanciare
in
una
qualche
sorta
di
attività
imprenditoriale
che
gli
avrebbe
dato
di
che
vivere.
Quest'ultimo
passo
fu
molto
difficile
da
realizzare,
in
quanto
i
samurai
non
avevano
spirito
imprenditoriale,
e
disprezzavano
la
classe
dei
mercanti,
essendo
ancora
ancorati
agli
ideali
confuciani
della
divisione
in
classi
sociali.
Anche
il
sistema
scolastico
fu
riformato
e
assegnato
allo
Stato.
Prima
della
riforma
del
1879
le
scuole
erano
private,
e
messe
in
piedi
da
signori
locali
benevolenti
e da
monaci
shintoisti
e
buddhisti
che
si
adoperarono
per
istruire
i
ragazzi.
Dopo
il
1879
si
istituirono
delle
scuole
pubbliche,
dove
notevole
importanza
fu
attribuita
all'etica
confuciana
e
shintoista,
che
fu
studiata
dai
ragazzi
fin
delle
prime
scuole,
in
modo
da
poter
essere
cittadini
esemplari.
Per
contrastare
i
desideri
di
rivincita
dei
samurai,
che
vedevano
ormai
ridimensionata
la
loro
fama
e il
loro
onore
di
guerrieri,
i
ministri
Saigo
Takamori
e
Itagaki
Taisuki
sostennero
la
necessità
di
lanciarsi
in
un'impresa
militare,
che
poteva
essere
rappresentata
dalla
Corea.
L'esercito
giapponese
continuavo
però
a
essere
inferiore
a
quello
degli
europei
e
degli
statunitensi,
tanto
da
far
desistere
la
maggior
parte
di
ministri
dall'idea
di
invadere
la
Corea.
Questo
causò
l'uscita
dal
governo
del
ministro
Saigo.
Fu
però
portato
avanti
con
successo
il
progetto
di
invasione
dell'isola
di
Taiwan,
che
fu
invasa
nel
1874
e
divenne
la
prima
colonia
giapponese,
mentre
fu
conquistato
il
regno
delle
libere
isole
Ryukyu,
che
furono
annesse
alla
provincia
di
Okinawa.
Per
venire
incontro
alle
esigenze
di
grosse
fette
della
popolazione
e
per
dare
un
senso
di
riformismo
politico
alle
potenze
dell'Occidente,
l'Imperatore
Mutsuhito
promise
una
più
ampia
partecipazione
della
popolazione
al
Governo
e la
promulgazione
di
una
costituzione.
Ufficialmente,
in
quello
che
passò
alla
storia
come
il
'Giuramento
dei
Cinque
Articoli',
Mutsuhito
si
impegnava
a
discute
pubblicamente
le
questioni,
a
far
partecipare
tutte
le
classi
all'amministrazione
del
Paese,
a
concedere
a
ognuno
la
libertà
di
scegliere
la
propria
occupazione,
ad
abbandonare
le
cattive
abitudini
del
passato
e a
ricercare
il
sapere
anche
negli
stati
stranieri
Nel
1888
fu
creata
una
commissione,
chiamata
Sumitsuin,
che
avrebbe
dovuto
redigere
la
nuova
costituzione
che
fu
promulgata
l'11
febbraio
del
1889
e
presentata
al
popolo
come
un
dono
dell'Imperatore.
Punto
centrale
della
costituzione
del
1889
era
l'inviolabilità
dell'Imperatore
che
rimaneva
il
comandante
supremo
delle
forze
armate,
e
aveva
nelle
sue
mani
sia
il
potere
legislativo
che
quello
esecutivo.
Il
Parlamento
era
diviso
in
due
camere,
una
alta
e
non
elettiva
in
cui
risiedeva
la
nobiltà,
la
Camera
dei
pari,
sull'esempio
della
camera
dei
Lord
britannica,
e
una
bassa,
la
Camera
dei
Rappresentanti,
eletta
a
suffragio
universale
ristretto
e
che
aveva
il
diritto
di
veto
sulle
leggi
di
bilancio
e
potere
legislativo
ridotto.
Il
potere
legislativo
primario
era
infatti
nelle
mani
di
Mutsuhito
e
dei
suoi
ministri
che
venivano
da
lui
stesso
nominati.
Tipiche
del
periodo
Meiji
sono
gli
zaibatsu,
cioè
le
concentrazioni
industriali
e
finanziarie
che
iniziarono
a
svilupparsi
in
Giappone
grazie
alla
veloce
crescita
economica
e
alla
cessione
di
industrie
statali
a
imprenditori
privati
che
avevano
tutto
l'interesse
per
arricchirsi
e di
conseguenza
far
arricchire
il
proprio
paese.
Al
Giappone
mancavano
però
le
materie
prime
e la
possibilità
di
aprire
nuovi
mercati,
come
avevano
fatto
le
potenze
occidentali.
Da
lì
l'idea
del
Governo
di
una
guerra
contro
la
Cina,
fortemente
voluta
dagli
Zaibatsu
e
che
scoppiò
nel
luglio
del
1894
e si
concluse
nel
1895
con
la
schiacciante
vittoria
nipponica
che
con
il
trattato
di
pace
di
Shimonoseki
obbligò
la
Cina
ad
aprire
4
porti
commerciali
nei
quali
il
Giappone
doveva
essere
l'interlocutore
principale
dell'impero
Cinese,
l'indipendenza
della
Corea,
la
cessione
delle
isole
Pescadores,
di
Taiwan
(ponendo
fine
alle
rivendicazioni
su
quest'isola)
e
della
penisola
dello
Liaodong
e un
risarcimento
di
200
milioni
di
tael
d’argento.
L'intervento
diplomatico
di
Russia,
Francia
e
Germania
indussero
però
la
nuova
potenza
asiatica
a
rinunciare
alla
penisola
di
Liaodong
in
cambio
di
30
milioni
di
tael.
Nonostante
questo
ridimensionamento
il
Giappone
dimostrò
ai
suoi
vicini
asiatici
che
era
la
potenza
non
europea
più
importante.
L'occasione
per
misurarsi
con
una
potenza
europea
arrivò
nel
1904,
quando
il
Governo
di
Tokyo
dichiarò
guerra
alla
Russia.
Questa
aveva
infatti
un
contingente
armato
in
Manciuria
e
uno
in
Afghanistan,
e
rappresentava
un
pericolo
visibile
sia
per
Tokyo
che
per
Londra,
che
aveva
forti
interessi
in
India.
Per
questa
ragione
fu
stipulata
il
30
gennaio
del
1902
un
all'alleanza
nippo-britannica
con
lo
scopo
di
contenere
l'influenza
russa
nell'area.
Il
trattato
di
alleanza
prevedeva
anche
il
riconoscimento
degli
interessi
giapponesi
nella
Cina
orientale
e in
Corea,
e di
quelli
britannici
in
Cina,
inoltre
poneva
fine
ai
'trattati
ineguali'
stipulati
durante
lo
Shogunato
Tokugawa
e
impegnava
le
due
potenze
alla
neutralità
in
caso
di
guerra
contro
la
Russia
e
all'intervento
a
fianco
dell'alleato
se
il
conflitto
si
fosse
allargato.
Le
forze
armate
giapponesi,
che
iniziarono
le
operazioni
nel
febbraio
del
1904,
sconfissero
facilmente
le
truppe
dello
Zar
nella
battaglia
di
Port
Arthur
e
affondarono
la
flotta
europea
nella
battaglia
navale
di
Tsushima,
dove
l'ammiraglio
Togo
Heihachiro
diede
una
lezione
di
tattica
militare
marittima
agli
ammiragli
zaristi.
Con
il
trattato
di
Porsmouth
venne
riconosciuta
alla
Corea
lo
status
di
protettorato
giapponese,
inoltre
l'Imperatore
Mutsuhito
ottenne
il
possesso
della
ferrovia
sud-manciuriana
e di
parte
dell’isola
di
Sakhalin.
La
vittoria
contro
una
delle
potenze
dello
scacchiere
europeo
da
parte
di
una
potenza
asiatica
ebbe
un
forte
eco
sull'opinione
pubblica
e
sui
governi
occidentali,
tanto
che
in
Europa
e
negli
Stati
Uniti
si
iniziò
a
guardare
il
Giappone
con
profondo
rispetto.