N. 69 - Settembre 2013
(C)
ORIGINE E CADUTA DELLO SHOGUNATO
IL PAESE CHIUSO - PARTE III
di Christian Vannozzi
Morto
nel
1616
Tokugawa
Ieyasu,
deificato
come
manifestazione
del
Buddha
della
guarigione
per
essere
riuscito
a
guarire
il
paese
da
guerre
intestine
e a
unificarlo
sotto
la
guida
della
sua
famiglia,
il
potere
passò
al
figlio
Hidetada
che
puntò
come
il
padre
al
mantenimento
dello
status
quo
e
della
tradizione
a
ogni
costo.
Come
per
il
padre
anche
per
Hidetada
il
cambiamento
era
malvisto,
perché
avrebbe
reso
impossibile
il
mantenimento
del
potere
e
quindi
della
pace
nella
nazione.
I
Tokugawa
controllavano
i
loro
sudditi
in
ogni
aspetto
della
loro
esistenza,
scegliendo
il
tipo
di
vestito,
le
occupazioni
che
potevano
svolgere
in
base
alla
loro
classe
sociale,
l’alimentazione,
i
regali
che
dovevano
scambiarsi
e
persino
in
quale
parte
della
casa
questi
dovevano
costruire
il
bagno.
Il
controllo
da
parte
dello
Shogun
era
così
capillare
che
non
discostava
di
molto
dal
controllo
di
un
padre
verso
un
figlio
non
ancora
maturo.
Le
classi
principali
erano
quella
dei
guerrieri,
dei
contadini,
degli
artigiani
e
dei
commercianti,
tutte
rispettosamente
in
ordine
gerarchico,
in
quanto
i
contadini
essendo
essenziali
per
l’economia
erano
più
importanti
degli
artigiani
e
dei
commercianti
che
senza
i
contadini
non
avrebbero
potuto
esistere.
Più
importanti
di
tutti
erano
però
i
guerrieri,
tra
cui
i
samurai,
che
portavano
le
armi
e
difendevano
le
altre
classi.
Al
di
fuori
di
queste
4
classi
vi
erano
i
nobili
e i
sacerdoti,
superiori
ai
guerrieri,
e i
burakumin,
gente
inferiore
ai
commercianti
e
agli
artigiani
perché
facevano
dei
lavori
considerati
impuri,
come
la
macellazione,
la
sepoltura
dei
defunti,
la
lavorazione
del
cuoio,
e la
recitazione.
Rientravano
in
questa
categoria
anche
i
venditori
ambulanti,
che
erano
mal
visti
dal
resto
della
popolazione
e
considerati
alla
stregua
di
vagabondi.
Lo
Shogun
governava
direttamente
diverse
città
chiave
e
porti
strategico-commerciali,
nonché
un
quarto
delle
terre
coltivate.
Le
restanti
città
e
terre
furono
divise
tra
i
275
daimyo.
Il
problema
più
grande
per
la
dinastia
Tokugawa
fu
rappresentato
dagli
occidentali,
i
quali
non
potevano
che
essere
un
elemento
deviante
nella
società
chiusa
del
Giappone
del
XVII
secolo.
Questi
parlavano
infatti
una
lingua
diversa,
avevano
idee
diverse,
il
che
poteva
essere
molto
pericoloso
se
l’obiettivo
era
quello
del
mantenimento
dello
status
quo,
e
inoltre
avevano
un
Dio
diverso,
un
Signore
celeste
che
stabiliva
dall’alto
l’autorità
regale
e
che
era
estraneo
alla
popolazione
giapponese.
Le
denunce
morali
contro
le
pratiche
tradizionali
che
gli
Shogun
avevano
imposto
e la
loro
caparbietà
nel
predicare
il
vangelo
a
ogni
costo
non
poterono
che
generare
inimicizia
tra
gli
occidentali
e i
Tokugawa,
che
si
manifestò
in
una
tremenda
persecuzione
contro
i
cristiani,
visti
come
nemici
letali
capaci
di
minare
le
fondamenta
stesse
della
cultura
giapponese.
Più
dei
protestanti
furono
perseguitati
i
cattolici,
per
vari
motivi
politici,
in
quanto
essi
erano
sudditi
di
potenze
imperialiste
che
puntavano
alla
presa
del
potere
anche
sul
territorio
giapponese
come
avevano
fatto
in
altre
parti
dell’Asia,
e
poi
perché
ubbidivano
a un
sovrano
che
era
anche
rappresentante
di
Dio
sulla
terra,
e
aveva
su
essa
un
vero
e
proprio
stato
teocratico
che
mai
si
sarebbe
potuto
conciliare
con
lo
stato
giapponese.
Per
coloro
che
trasgredivano
le
regole
dettate
dallo
Shogun
le
punizioni
potevano
essere
tremende,
soprattutto
per
i
sudditi
che
le
infrangevano
nelle
città
principali
dell'Impero,
cioè
in
quei
territori
che
venivano
controllati
direttamente
dal
clan
Tokugawa.
La
pena
di
morte
era
frequentissima,
tanto
che
si
poteva
essere
uccisi
anche
per
piccole
negligenze
o
furti.
Se
involontariamente,
per
negligenza
un
contadino
avesse
lasciato
che
la
sua
casa
prendesse
fuoco,
poteva
incorrere
nella
pena
capitale.
Potevano
incorrere
in
punizioni
del
genere
anche
i
familiari
e i
vicini
del
reo,
questo
in
virtù
della
colpa
collettiva,
e
del
fatto
che
se
avessero
cooperato
e si
fossero
controllati
a
vicenda
non
sarebbe
accaduto
nulla.
Grazie
a
questa
pratica
i
Tokugawa
riuscirono
a
mantenere
per
secoli
il
loro
dominio
sull'Impero,
mostrando
a
tutti
i
daymio
che
era
inutile
ribellarsi
a
loro,
in
quanto
ormai
rappresentavano
il
Giappone,
e
schierarsi
contro
lo
Shogun
non
poteva
che
significare
schierarsi
contro
il
Giappone.
Le
punizioni
e le
torture
erano
così
crudeli
da
scioccare
i
visitatori
europei,
che
seppur
erano
abituati
a
vedere
torture
e
decapitazioni,
non
rimasero
senza
batter
ciglio
nel
vedere
crocifissioni
per
semplici
furtarelli
di
verdura
che
non
risparmiavano
neanche
le
giovani
donne
costrette
a
rubare
per
dar
da
mangiare
qualcosa
al
proprio
figlio.
In
casi
del
genere
sia
la
mamma
che
il
bambino
venivano
entrambi
crocifissi,
in
modo
che
potessero
morire
insieme
di
fame
dopo
una
lenta
agonia.
Per
i
samurai
e i
nobili
ribelli
era
invece
prevista
la
pratica
del
seppuku,
che
consisteva
nel
taglio
del
ventre,
luogo
dove
si
credeva
risiedesse
l'anima,
da
parte
del
samurai
reo.
In
questo
modo
l'onore
del
colpevole
rimaneva
intatto
e la
sua
famiglia
poteva
continuare
a
vivere
senza
perdere
la
rispettabilità.
Questa
chiusura
ermetica
sia
all'interno
per
quanto
riguarda
lo
stile
di
vita
e la
immobilità
sociale,
sia
verso
l'esterno
con
la
chiusura
ai
contatti,
specialmente
quelli
religiosi,
stranieri,
creò
un
lungo
periodo
di
pace
e di
stabilità,
che
rese
quasi
superflua
la
permanenza
dei
samurai
e
dei
guerrieri.
I
samurai
si
trasformarono
gradualmente
in
burocrati
e in
scrittori.
È
infatti
in
questo
periodo
che
vennero
scritti
i
libri
sul
bushido
e
sulla
via
del
guerriero,
che
miravano
a
idealizzare
la
figura
del
samurai
facendolo
diventare
una
sorta
di
eroe
che
rappresentava
l'unica
fonte
di
purezza
in
un
mondo
corrotto.
Numerosissime
sono
infatti
i
racconti
che
narrano
le
azioni
eroiche
di
questi
guerrieri,
rimasti
a
volte
senza
padrone
ma
con
il
desiderio,
quasi
innato,
di
giustizia.
Questi
uomini
diventavano
un
esempio
da
seguire
per
i
giovani,
che
ne
dovevano
seguire
gli
insegnamenti.
Il
livello
di
scolarizzazione
era
altissimo,
grazie
alla
cultura
confuciana,
che
dava
molto
risalto
all'istruzione
e
alle
opere
di
monaci
e
samurai
possidenti
che
mettevano
a
disposizione,
gratuitamente,
luoghi
per
insegnare
le
conoscenze.
L'unione
di
questi
samurai
mecenati
e
dei
monaci
istruiti
resero
possibile
l'alfabetizzazione
della
maggior
parte
della
popolazione.
Questa
pratica
è
viva
in
Giappone
anche
oggi,
dove
il
tasso
di
alfabetizzazione
è il
più
alto
a
livello
mondiale,
e
dove
è
veramente
difficile
trovare
persone
analfabete.
Il
Paese
progredì
nel
suo
isolamento,
ma
non
poté
far
niente
contro
l'avanzata
imperialista
delle
potenze
occidentali
Inghilterra,
Stati
Uniti
e
Russia
che
nel
corso
del
XIX
secolo
cercarono,
più
volte,
di
penetrare
nel
Giappone
strappando
dei
privilegi
commerciali
come
avevano
fatto
in
Cina.
Proprio
però
quello
che
stava
accadendo
in
Cina,
dove
gli
occidentali
agivano
come
padroni
su
un
territorio
che
non
era
il
loro,
spinse
gli
Shogun
Tokugawa
a
serrare
i
ranghi,
specialmente
con
l'aiuto
della
fazione
nazionalista
dei
funzionari
di
corte
e
dei
nobili
del
Paese.
Gli
unici
occidentali
tollerati
erano
gli
olandesi,
che
avevano
un
porto
franco
a
Nagasaki
dove
potevano
commerciare
i
loro
prodotti,
ma
anche
per
loro
era
proibito
muoversi
dall'area
che
gli
era
stata
affidata
e di
parlare
contro
lo
Shogunato
o
contro
le
tradizioni
confuciane.
Lo
Shogun
aveva
iniziato
a
rendersi
conto
che
non
avrebbe
potuto
mantenere
il
paese
isolato
dagli
avvenimenti
esterni
ancora
per
molto
tempo.
Le
grandi
potenze
occidentali
avrebbero
continuato
sempre
con
più
insistenza
a
cercare
porti
franchi
o
monopoli
commerciali
in
Giappone,
e se
questo
non
sarebbe
stato
accomodante
sarebbero
esplosi
i
cannoni.
Russia
e
Inghilterra
non
erano
nuovi
a
simili
escamotage
per
convincere
una
paese
restio,
e la
potenza
di
fuoco
occidentale
era
troppo
più
grande
di
quella
giapponese.
Inoltre
negli
anni
33-37
del
XIV
secolo
vi
fu
una
carestia
a
cui
il
governo
militare
dello
Shogun
non
riuscì
a
porre
rimedio,
generando
molto
malcontento
specialmente
nelle
alte
gerarchie
militari.
Nel
1837
ci
fu
una
grossa
insurrezione
guidata
dal
funzionario
confuciano
di
Osaka
Oshio
Heihachiro,
indignato
dall'inefficienza
e
dalla
corruzione
che
regnava
nelle
alte
gerarchia
governative.
La
rivolta
fu
sedata,
anche
se
con
notevoli
difficoltà,
e
questo
generò
ulteriori
dubbi
sull'autorità
dello
Shogun,
che
iniziava
a
vacillare.
Un
colpo
letale
arrivò
nel
1853
per
opera
del
Commodoro
statunitense
Matthew
Perry
che
raggiunse
la
baia
di
Edo
con
4
navi
a
vapore
con
il
preciso
obiettivo
di
costringere
il
Giappone
all'apertura
dei
suoi
porti,
specialmente
per
i
rifornimenti
delle
navi
e
per
la
possibilità
di
commerciare
con
il
Paese.
Inoltre
il
Commodoro
obbligava
lo
Shogun
a
trattare
con
il
dovuto
rispetto
i
naufraghi
che,
non
per
loro
volere,
erano
costretti
ad
approdare
sull'isola.
Il
Commodoro
aveva
l'autorità
per
trattare
che
gli
aveva
concesso
il
presidente
della
Repubblica
Federale
degli
Stati
Uniti.
Diede
all'Imperatore
un
ultimatum
di
un
anno,
finito
il
quale
sarebbe
tornato
per
avere
una
risposta
sulle
richieste
che
gli
erano
state
fatte.
Il
comandante
americano
era
un
tipo
molto
determinato,
e
pronto
anche
ad
aprire
il
fuoco
in
caso
di
mancato
rispetto
da
parte
dei
samurai
e
dello
Shogun
per
il
protocollo
diplomatico.
Il
dibattito
in
Giappone
fu
grande,
e lo
Shogun
si
interrogò
con
i
vari
daimyo
a
lui
fedeli.
Tutte
le
parole
e le
discussioni
finirono
però
quando
il
Commodoro
torno,
nel
febbraio
del
1854
con
9
navi
da
guerra
che
avrebbero
persuaso
anche
il
nemico
più
acerrimo.
Tutte
le
richieste
del
presidente
americano
furono
così
accettate,
e
gli
Stati
Uniti
furono
il
primo
paese
ad
avere
un
rappresentante
diplomatico
in
Giappone.
Il
1854
segnò
la
fine
della
chiusura
al
mondo
dell’Impero
del
Sol
Levante.
Negli
anni
che
seguirono
pretesero
trattamenti
simili
anche
altre
potenze
occidentali,
come
la
Russia,
la
Gran
Bretagna,
la
Francia
e
l'Olanda.
Agli
stranieri,
sia
ai
diplomatici
che
ai
commercianti,
veniva
inoltre
concessa
la
extraterritorialità,
e
quindi
ogni
reato
che
questi
commettevano
in
terra
Giapponese
non
poteva
essere
giudicato
dalla
magistratura
locale
ma
dal
proprio
consolato,
a
seconda
della
nazionalità
del
reo.
Questo
fatto
indebolì
tantissimo
il
potere
dello
Shogun
e il
suo
rispetto
sia
internazionale
che
nazionale,
tanto
che
anche
i
nazionalisti
iniziarono
a
non
vedere
più
di
buon
grado
l'autorità
militare.
Alcune
province
che
erano
governate
da
nazionalisti
si
ribellarono
ai
trattati
che
lo
Shogun
aveva
stipulato
con
le
potenze
straniere,
arrivando
a
bruciare
le
navi
britanniche
nelle
province
di
Satsuma,
Kyushu
e
Choshu.
L'esercito
dello
Shogun
fu
costretto
ad
intervenire
per
sedare
la
rivolta,
ma
trovò
nelle
tre
province
unite
dal
desiderio
di
caciare
gli
occidentali,
una
resistenza
accanitissima,
dovuta
al
fatto
che
molti
samurai
si
schierarono
dalla
loro
parte
per
contrastare
l'esercito
Shogunale.
Nel
gennaio
del
1867
fu
nominato
Shogun
Yoshinobu,
chiamato
anche
Keiki,
che
era
un
sovrano
intelligente
e
soprattutto
illuminato.
Con
una
serie
di
riforme
radicali
iniziò
ad
aggraziarsi
il
popolo,
e
tentò
un
riavvicinamento
con
la
corte
imperiale
di
Kyoto,
che
era
stata
tenuta
dagli
altri
Shogun
isolata
come
se
fosse
una
torre
iridata.
Purtroppo
il
movimento
di
opposizione
allo
Shogunato
non
si
arrese,
e le
province
di
Satzume,
Kyusho
e
Choshu
nel
1868
riuscirono
a
far
ratificare
dall'Imperatore,
il
quindicenne
Mutsuhito,
un
documento
che
prevedeva
la
caduta
dello
Shogunato.
Keiki
resistette
per
qualche
mese
prima
di
decidere
di
arrendersi
andando
in
esilio
a
Shizuoka,
dove
trascorse
in
pace
e il
resto
della
sua
vita.
Mutsuhito,
che
prese
il
nome
di
Meiji,
illuminato,
passerà
alla
storia
come
l'Imperatore
della
rinascita
del
Giappone,
riuscendo
a
fondere
insieme
la
tradizione
e
l'industrializzazione
nell’arcaico
Giappone
e
creando
uno
Stato
forte
che
non
aveva
niente
da
invidiare
alle
potenze
europee
e
americane.