N. 68 - Agosto 2013
(XCIX)
ORIGINE E CADUTA DELLO SHOGUNATO
LO STATO GUERRIERO - PARTE II
di Christian Vannozzi
L'epoca
Sengoko,
anche
definita
“epoca
degli
stati
in
guerra”,
è un
periodo
storico
di
grande
instabilità
politica
e
anarchia
che
interessò
il
Giappone
dal
1478
al
1605.
A
seguito
del
vuoto
di
potere
lasciato
da
uno
shogunato
privo
di
carisma
e di
ricchezze
da
offrire
ai
guerrieri,
e da
un
Imperatore
che
era
nominato
e
protetto
dallo
stesso
Shogun,
il
Giappone
vide
uno
dei
periodo
più
brutti
della
propria
storia,
in
cui
le
varie
fazioni
politiche,
rappresentate
dai
diversi
damyo
locali,
signori
feudali,
combattevano
perpetuamente
tra
loro
sperando
di
sopraffare
più
avversari
possibili,
allargando
i
propri
territori
e la
propria
influenza
politica.
Ufficialmente
i
Daymio,
i
governatori
locali
con
incarichi
militari,
dipendevano
dallo
Shogun
che
a
suo
volta
era
nominato
dall'Imperatore
tra
i
Generali
più
forti
dell'Impero.
Con
l'indebolirsi
del
potere
centrale
amministrato
dalla
capitale
Kyoto,
i
vari
feudi
diventarono
dei
veri
e
propri
centri
di
potere
autonomo,
un
po’
come
successe
in
Italia
nel
Medioevo
all'epoca
dei
comuni
che,
dato
l'indebolirsi
del
potere
Sacro
Romano
Impero,
si
generò
un
vuoto
di
potere
che
fu
colmato
dalle
istituzioni
cittadine
che
si
affrancarono
dai
messi
imperiali
creando
per
l'appunto
i
comuni.
Questi
feudi
sorti
in
Giappone
avevano
delle
proprie
leggi
e
riscuotevano
i
tributi
sul
loro
territorio.
Erano
dotati
di
una
loro
forza
armata
che
garantiva
la
difesa
del
feudo
contro
possibili
invasori
sia
interni
che
esterni.
Gli
Ashikaga,
che
detenevano
lo
shogunato
fin
dalla
caduta
degli
Hojo,
non
riuscirono
a
mantenere
il
controllo
di
questi
signori
locali
come
riuscì
ai
loro
predecessori
che
scatenarono
una
forza
centripeta
di
isolamento
e
distacco
dal
potere
centrale
da
parte
dei
signori
locali.
L'inizio
ufficiale
del
periodo
Sengoku
si
ebbe
con
lo
scoppio
della
guerra
di
Onin
nel
1467,
durante
la
quale
i
daimyo
minarono
le
fondamenta
stesse
del
potere
dello
shogunato
Ashikaga.
Ogni
daimyo
fondò
infatti
un
proprio
esercito,
composto
spesso
da
contadini
locali,
ed
era
formalmente
in
guerra
con
tutti
gli
altri
daimyo.
Da
più
di
300
daimyo
che
erano
stati
nominati
dallo
Shogun
nel
XVI
secolo
in
Giappone
non
ne
sopravvissero
più
di
20,
a
causa
delle
devastanti
guerre
di
predominio
che
dilaniarono
il
Paese.
In
pratica
in
Giappone
ci
fu
per
secoli
una
guerra
perpetua,
e a
farne
le
spese
furono
soprattutto
i
contadini
e le
loro
famiglie,
che
non
ebbero
il
diritto
ne
la
possibilità
di
vivere
in
pace
e
spesso
venivano
trucidati
dagli
eserciti
dei
signori
rivali.
L'economia
giapponese
si
arrestò
in
questa
fase
storica
e
non
riprese
fino
all'entrata
in
scena
di
tre
grandissimi
personaggi
che
portarono
il
Paese
verso
la
pacificazione:
Oda
Nobunaga,
Ieyasu
Tokugawa
e
Hideyoshi
Toyotomi.
L'unificazione
del
Paese
ebbe
infatti
inizio
sotto
il
genio
del
generale
Oda
Nobunaga,
sicuramente
abilissimo
militarmente
ma
anche
famoso
per
la
sua
inaudita
crudeltà
e
per
il
suo
egocentrismo
sconfinato.
Gli
occidentali
che
si
recavano
in
Giappone
non
mancavano
infatti
di
soffermarsi
sulle
atrocità
e
sulle
stragi
perpetuate
da
questo
personaggio,
che
è
tutt'ora
considerato
uno
degli
eroi
dell'unificazione
giapponese.
Aprì
il
Paese
ai
missionari
cattolici,
instaurando
buoni
rapporti
con
il
papato
che
iniziò
anche
in
questo
luogo
il
suo
processo
di
proselitismo
e di
sincretismo
tra
usanze
locali
e
usanze
della
cristianità.
Eresse
un
tempio
a
lui
dedicato
e
stabilì
che
il
giorno
della
sua
nascita
fosse
festa
nazionale.
Non
prese
mai
titoli
altisonanti,
non
gli
interessava
essere
chiamato
Shogun
o
Daimyo,
l'importante
per
lui
era
l'effettività
del
potere,
e in
quanto
a
quella
nessuno
era
in
grado
di
contrastarlo.
Da
un
punto
di
vista
amministrativo
creò
una
amministrazione
efficiente,
introdusse
le
armi
da
fuoco
nell'esercito,
eliminò
le
milizie
contadine
sequestrando
tutte
le
armi
che
i
vari
signori
della
guerra
locali
avevano
distribuito
agli
agricoltori
e
ridistribuì
le
terre
agricole
alla
cittadinanza.
Il
desiderio
di
Nobunaga
era
quello
di
creare
un
solido
Stato
militarizzato,
dove
le
forze
armate
avrebbero
difeso
e
amministrato
il
complesso
organismo
burocratico-amministrativo.
Dopo
la
morte
di
Nobunaga,
assassinato
per
mano
di
un
sicario,
Akechi
Mitsuhide,
generale
ribelle
che
lo
accoltellò
durante
una
spedizione
militare
contro
la
famiglia
Mori,
gli
altri
due
uomini
potenti
del
Giappone,
Toyotomy
e
Tokugawa,
iniziarono
a
spartirsi
le
province
che
componevano
l'Impero,
generando
l'inizio
del
futuro
conflitto
tra
le
due
famiglie.
Il
sogno
di
Nobunaga
fu
continuato
dal
suo
fedelissimo
luogotenente,
il
generale
Hideyoshi
Toyotomy.
Il
giovane
Hideyoshi
era
un
semplice
soldato
di
fanteria,
proveniente
dal
ramo
dei
contadini
armati,
cioè
quei
figli
dei
coltivatori
che
avevano
preso
la
spada
per
difendere
e
combattere
per
il
proprio
signore.
Dotato
di
una
notevole
bravura
strategica
fu
immediatamente
notato
da
Nobunaga,
che
decise
di
tenerlo
vicino
a sé
e
fargli
fare
carriera,
fino
a
nominarlo
generale
supremo
delle
sue
armate.
Toyotomy,
che
era
di
umili
origini,
non
aveva
l'ambizione
di
governare
l'intero
Impero,
e
non
si
ricoprì
neanche
di
titoli
altisonanti
come
quelli
di
Shogun
o
Tenno,
decise
di
chiamarsi
semplicemente
Kanpaku,
ossia
“reggente
dell'Imperatore”.
Ufficialmente
Hideyoshi
governava
in
nome
del
nipote
di
Nobunaga
Hidenobu,
primogenito
del
primo
figlio
di
Nobutada,
morto
in
battaglia
con
il
padre
Nobunaga.
Il
bambino
non
poteva
regnare
direttamente,
e
quindi
Toyotomy
prese
l’occasione
propizia
per
governare
al
posto
di
Nobunaga.
Non
si
sa
bene
se
l’azione
di
Hideyoshi
fu
dovuta
alla
lealtà
o
all’opportunismo,
ma
quel
che
è
certo
è
che
gli
zii
del
giovane
principe
Hidenobu
furono
immediatamente
uccisi,
in
modo
che
non
potessero
rappresentare
una
minaccia.
Dopo
la
vittoriosa
campagna
contro
la
famiglia
Shimazu,
iniziò
il
Katanagari,
cioè
la
caccia
alla
spada
dei
contadini,
che
dovevano
tornare
a
coltivare
i
campi
e
non
dovevano
più
rappresentare
contadini-soldato,
in
grado
di
sollevarsi
contro
o a
favore
dei
propri
daymio.
In
virtù
della
sua
ascesa
al
trono
Hodeyoshi
non
si
fidava
dei
contadini
armati,
e
stabilì
rigide
leggi
sulle
classi,
le
quali
dovevano
rimanere
chiuse
di
generazione
in
generazione,
stabilendo
una
forte
separazione
tra
i
soldati
e i
coltivatori.
Anche
i
cristiani,
che
Nobunaga
aveva
favorito
per
combattere
l’ostilità
dei
buddhisti,
furono
perseguitati,
accusati
di
essere
spie
delle
potenze
occidentali
che
cercavano
con
ogni
mezzo
di
raccogliere
privilegi
anche
in
Giappone
come
già
avevano
fatto
in
Cina.
Nel
1597
fece
crocifiggere
ben
26
cristiani,
tra
cui
9
europei,
accusati
di
essere
spie
delle
potenze
straniere.
Negli
ultimi
anni
del
suo
dominio
Hideyoshi
raggiunse
gradi
di
maniacale
persecuzione
che
neanche
Nobunaga
in
tutta
la
sua
crudeltà
raggiunse.
Iniziò
infatti
a
diffidare
di
tutti,
e
costrinse
al
seppuku
(suicidio
rituale
dei
samurai)
diversi
funzionari
e
parenti
che
secondo
lui
l’avevano
tradito.
Degna
di
nota
fu
la
spedizione
organizzata
per
conquistare
il
territorio
cinese
della
Corea.
All'inizio
i
samurai
giapponesi,
sfruttando
l'effetto
sorpresa,
ebbero
la
meglio
sulle
truppe
continentali,
ma
una
volta
che
la
Cina
entrò
in
campo
con
tutto
il
suo
potente
esercito
riuscì
facilmente
a
ricacciare
in
mare
gli
invasori,
che
dovettero
tornare
in
Giappone
con
un
nulla
di
fatto.
L'obiettivo
di
Toyotomy
non
era
però
quello
di
annettere
la
Corea,
bensì
quello
di
distogliere
l'attenzione
dei
vari
daimyo
dal
Giappone
alla
Cina,
in
modo
da
poter
creare
una
pacificazione
interna,
che
senza
dubbio
riuscì.
Alla
morte
di
Hideyoshi
si
formò
un
organo
di
governo
transitorio
che
prese
il
nome
di
Consiglio
dei
Cinque
Reggenti,
che
doveva
preservare
il
potere
in
attesa
della
maggiore
età
dell'erede
legittimo
della
famiglia
Toyotomy.
Questi
cinque
reggenti
erano
tutti
daimyo
di
altissimo
livello
che
non
avrebbero
mai
abbandonato
la
causa
Toyotomy,
non
perché
fossero
estremamente
fedeli
al
proprio
signore,
ma
perché
nessuno
dei
cinque
avrebbe
mai
voluto
vedersi
sopraffare
dall'altro.
I
calcoli
di
Hideyoshi
non
avevano
però
preso
bene
in
considerazione
Ieyasu
Tokugawa,
che
tramava
ormai
da
anni
nell'ombra
la
presa
del
potere.
Nella
battaglia
di
Sekigahara
del
1600
Tokugawa,
con
i
suoi
80.000
samurai
sfidò
Ishida
Mitzunari,
membro
del
Consiglio
e
comandante
in
capo
di
ben
110.000
uomini.
L'esito
della
battaglia,
che
sembrava
essere
scontato
in
favore
di
Mitsunari,
vide
la
vittoria
di
Tokugawa
che
a
quel
punto
si
mostrò
come
il
vero
rappresentante
del
potere
politico
e
militare
giapponese.
L’unico
problema
era
rappresentato
dall’erede
legittimo
dei
Toyotomy,
Hideyori,
che
da
Osaka
poteva,
anche
se
ancora
troppo
giovane,
rappresentare
un
problema
per
il
suo
potere.
Tokugawa
puntava
però
a
trarre
il
maggior
beneficio
possibile
dalla
vittoria
di
Sekigahara,
e
non
voleva
quindi
incorrere
in
nessun
problema
rappresentato
da
Hideyori
e da
tutti
coloro
che
potevano
nascondersi
dietro
di
lui
per
opporsi
al
potere
del
nuovo
reggente.
Il
suo
primo
passo
fu
quello
di
erigere
il
suo
quartier
generale
nella
città
di
Edo,
che
divenne
così
il
simbolo
del
potere
centrale
Tokugawa.
Ufficialmente
Ieyasu
non
aveva
più
nessuna
famiglia
nobiliare
che
poteva
opporsi
al
suo
potere.
Nel
1603
all’età
di
61
anni
si
fece
assegnare
dall’Imperatore
Go-Yozei
il
titolo
di
Shogun,
che
era
rimasto
vacante
dal
1588.
L’unico
nemico
rimaneva
quindi
Hideyori,
che
nel
frattempo
cresceva,
tanto
da
rendere
inevitabile
lo
scontro
armato
che
avvenne
il
19
novembre
del
1614.
L’azione
militare
fu
resa
inevitabile
per
il
fatto
che
dietro
Hideyori
si
schierarono
tutti
i
daimyo
che
non
volevano
sottomettersi
alla
famiglia
Tokugawa
e
quindi
al
nuovo
shogunato.
Hideyori
poteva
contare
da
un
esercito
formato
in
prevalenza
da
ronin,
samurai
che
ormai
non
servivano
più
nessun
daimyo
ma
che
erano
pronti
ad
osteggiare
un
forte
potere
centrale
rappresentato
dai
Tokugawa,
che
scesero
in
campo
con
un
esercito
immenso,
che
arrivò
a
contare
ben
164.000
tra
samurai
e
archibugieri.
Nel
mese
di
dicembre
del
1614
l’esercito
dello
Shogun
aveva
già
raggiunto
il
palazzo
di
Osaka,
dove
era
ubicato
il
quartier
generale
di
Hideyori.
Tutto
sembrava
volgere
per
il
meglio
e
Osaka
poteva
essere
facilmente
assediata,
quando
entrarono
in
campo
il
generale
Sanada
con
i
sui
samurai
e
soprattutto
i
suoi
ninja,
che
rappresentavano
le
truppe
d’avanguardia
dell’esercito
dei
Toyotomi.
Sanada
e i
suoi
uomini
riuscirono
a
respingere
l’armata
dello
Shogun,
che
nonostante
l’impiego
di
ben
300
cannoni
non
riuscì
a
conquistare
Osaka,
ma
fu
costretto
a
ritirarsi
ad
Edo,
per
non
vedere
distrutto
il
suo
intero
esercito.
La
situazione
rimase
quindi
in
stallo,
e vi
furono
due
nuclei
di
potere,
uno
rappresentato
da
Edo
e
l’altro
da
Osaka.
Spinto
dall’impulso
datogli
dall’incredibile
vittoria
che
il
generale
Sanada
aveva
avuto
sullo
Shogun
Hideyori
attaccò
tutte
le
roccaforti
dei
Tokugawa
che
erano
nei
pressi
dei
suoi
territori,
ma
lo
Shogun
non
rimase
a
guardare,
e
organizzò
una
nuova
spedizione.
Nel
giugno
del
1615
giugno,
nei
pressi
di
Domyoji,
2.600
uomini
di
Toyotomi
affrontarono
23.000
uomini
dello
Shogun
che
questa
volta
riuscì
a
vincere.
Il
generale
Sanada
fu
costretto
a
ripiegare
lasciando
sguarnita
la
strada
per
Osaka,
che
però
poteva
ancora
contare
su
circa
60.000
difensori.
Lo
Shogun
radunò
155.000
uomini
per
infrangere
la
resistenza
di
Osaka,
ma
la
resistenza
di
Hideyori
fu
molto
dura
da
superare,
e
solo
a
causa
dei
ronin
che
ruppero
le
righe
e
non
seguirono
attentamente
i
suoi
pieni
non
riuscì
a
respingere
nuovamente
l’invasore.
Si
combatté
fino
all’ultimo
uomo,
casa
per
casa,
fino
alle
stanze
di
Hideyori
che,
vista
ormai
l’impossibilità
di
difendere
il
suo
regno,
decise
di
suicidarsi
con
il
suo
wakizashi,
la
spada
corta
rituale
per
il
seppuku.
La
morte
di
Hideyori
segnò
il
dominio
dei
Tokugawa
sul
Giappone
fino
alla
restaurazione
del
potere
imperiale
da
parte
dell’Imperatore
Meiji
Tenno.