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N. 67 - Luglio 2013 (XCVIII)

ORIGINE E CADUTA DELLO SHOGUNATO
LO STATO GUERRIERO - Parte I

di Christian Vannozzi

 

Il termine Shogun (将軍, “comandante dell'esercito”) è un titolo militare che veniva attribuito ai comandanti a capo dell'esercito che ressero sia militarmente sia politicamente il Giappone tra il 1192 e il 1868. Rappresenta il generale supremo e il titolo originale era sei-i taishōgun (征夷大将軍 sei-i taishōgun, "grande generale dell'esercito che sottomette i barbari"). In passato i comandanti giapponesi che si distinsero nelle guerre con grande onore venivano premiati con questo titolo onorifico che veniva conferito direttamente dall'Imperatore, il quale, seppur non avesse in Giappone un potere diretto, rappresentava a livello ideologico e religioso la più alta carica del Paese e l’unica che legittimasse tutte le altre.

 

A corte l'Imperatore, che risiedeva a Heian, l'odierna Kyoto, non si preoccupava minimamente delle province lontane dalla capitale, che venivano così controllate effettivamente, anche se non nominalmente, dai signori della guerra locali. In pratica chi ne aveva la forza faceva rispettare le sue regole, all'insaputa del potere centrale che viveva una vita parallela al di fuori di queste lotte intestine tra i vari signori locali che rivaleggiavano tra loro per la supremazia.

 

Da un punto di vista legale i territori venivano affidati dall'Imperatore ai nobili della corte, che dovevano amministrare la giustizia in sua vece, ma questo non accadeva, in quanto i nobili erano perpetuamente a corte e spesso neanche conoscevano il territorio che gli era stato affidato; esso rimaneva in mano di loro funzionari, perlopiù guerrieri o signori militari che effettivamente amministravano la giustizia in nome del nobile che risiedeva a Kyoto.

 

Il mondo formato dalla corte rappresentava un universo parallelo a quello reale. Davanti all'Imperatore c'erano letterati, intellettuali, filosofi, cantori e musicisti, forse le menti più eccelse dell'estremo Oriente, ma la realtà del Giappone non era quella della capitale imperiale, bensì quella rappresentata dalle campagne e dai poveri contadini che venivano sfruttati nelle terre dai signorotti locali.

 

Le famiglie nobiliari principali, che erano rappresentate dai Fujiwara, dagli Hojo e dai Minamoto, non ambivano al titolo imperiale, troppo legato ai protocolli e all'etichetta di corte, ma preferivano gettare le basi per esercitare una forte influenza sul sovrano, magari offrendo le proprie figlie a nozze. I Fujiwara furono i più abili in questo, detenendo il maggior numero di componenti della loro famiglia che sono diventate mogli di imperatori. In questo modo si controllava l'Impero, anche se solo nominalmente, senza rimanere intrappolati nei ruoli e nelle consuetudini, si poteva così rimanere liberi di agire come meglio si credeva, naturalmente per il proprio tornaconto e non per l’interesse della popolazione.

 

La famiglia Minamoto, da sempre nemica di quella Fujiwara, che era più vicina all'Imperatore, si alleò allora con la famiglia Taira, potente ma estromessa dalla corte di Kyoto proprio per volere dei Fujiwara, per prendere l'effettivo controllo dell'Impero.

 

Correva l'anno 1156, e i Taira, relegati nelle province, avevano ben imparato l'arte della guerra e avevano al loro servizio bushi e samurai, gli equivalenti dei cavalieri occidentali.

Con questa forza militare, Taira no Kiyomori iniziò la sua marcia contro la corte, arrivando addirittura allo scontro armato con i Minamoto che furono sconfitti. Una volta rimasta l'unica forza militare nei pressi della capitale, Taira no Kiyomori entrò a Kyoto per assumere il titolo di governante supremo, eliminando senza pietà tutti gli oppositori, compreso Yoshitomo no Minamoto, figlio di Tameyoshi che si era opposto alla conquista dei Taira.

 

Yoshitomo era un abile condottiero, e Kiyomori aveva potuto vincere in battaglia grazie alla sua abilità. Ciò non servì però a risparmiargli la vita quando iniziarono i primi sospetti e contrasti tra i due grandi artefici del colpo di stato nella capitale. Furono però risparmiati la sua concubina, la bellissima Tokiwa, e i suoi tre figli, a patto però che questa si concedesse a Kiyomori.

 

Questo è considerato dagli storici che si sono occupati del Giappone medievale un atto di incredibile umanità, da parte di un sovrano che è sempre stato spietato e crudele.

 

Ciò causò però la fine della sua famiglia, visto che proprio uno di questi figli che furono risparmiati attaccò e sconfisse Kiyomori nel periodo del suo maggior splendore.

 

Dopo circa 20 anni di governo e dopo aver fatto salire al soglio imperiale il piccolo nipote Antoku, di soli 2 anni, il figlio di Tokiwa, Yorimoto, godendo dell'appoggio di alcuni nobili esautorati dalla corte, e dal fatto che i vent’anni passati nei fasti della capitale avevano indebolito l'esercito e la forza militare di Kiyomori, attaccò e sconfisse le forze militari del rivale e si insediò a corte.

 

Non intendeva minimamente assumere il ruolo di imperatore, anche se effettivamente ne aveva la forza, sia militare che politica. Quello che a lui interessava era l'effettivo controllo del Paese e la legittimazione da parte della nobiltà. Per questa ragione prese il titolo di Shogun, confermato dalla corte e dall'Imperatore, che lo rendeva comandante in capo di tutte le forze militari imperiali, nonché governatore dell'intero territorio giapponese.

 

Ottenne questo titolo con decreto dell'Imperatore Go-Toba nel 1192, titolo che divenne poi ereditario, e cioè legato indissolubilmente alla sua famiglia. Yoritomo voleva si mantenesse una certa continuità con il passato, e per rendere possibile tutto questo occorreva far coesistere il nuovo e il vecchio sistema, sfruttando, per l’appunto, la legittimazione da parte dell’Imperatore e della corte di Kyoto.

 

Il governo di Yoritomo, che mescolava i due sistemi, prese il nome di Bakufu, che indicava il quartier generale dei comandanti sul campo durante le battaglie. Questo a significare il carattere militare del nuovo regime.

 

Le cariche amministrative rimasero così intatte, come la corte che risiedeva nella capitale, ma ora avevano una funzione ben specificata ed erano sotto il controllo dello Shogun che pretendeva l’efficienza dello Stato.

 

La burocrazia e la casta religiosa rappresentata dai sacerdoti Shintoisti e i monaci buddisti, fu molto attiva in questo periodo, e sia i religiosi che i funzionari pubblici cooperarono con il nuovo governo, tanto che gli storici che si sono occupati delle faccende giapponesi parlano di “periodo di cooperazione”.

 

Il periodo prese il nome di Kamakura, dal nome della fortezza e quartier generale di Yoritomo, ove risiedeva lo Shogun, appunto per tenersi lontano dagli intrighi e le cospirazioni del palazzo e della corte imperiale. Inoltre non voleva cadere nello stesso tranello del suo predecessore, che finì per adagiarsi nella piacevole vita del cortigiano a scapito dello spirito guerriero, essenziale per chi prende il potere con la forza delle armi.

 

Il territorio giapponese era suddiviso in province amministrate dai jitò, i governatori locali, che ricevevano terre e poteri in base ai servigi resi allo Shogun. Questi furono nominati da Yoritomi in persona e amministravano la giustizia secondo le consuetudini locali e le istituzioni militari.

Non vi era quindi una legge unica per tutto l’Impero, bensì c’erano tanti piccoli stati, dipendenti dallo Shogunato ma con ampie autonomie legislative e tributarie. Naturalmente ogni provincia doveva fornire tributi all’Imperatore e fornire soldati allo Shogun.

 

Per non correre rischi di essere spodestato, Yoritomo eliminò tutti i possibili avversari, tra cui Yoshitzune, fratello dello Shogun, generale e stratega dell’esercito e principale artefice della sua vittoria in battaglia.

 

Alla morte di questi, l’Imperatore Go-Toba, che aveva nominalmente riconosciuto il titolo di Shogun, tentò di restaurare il potere imperiale, ma ormai la famiglia Minamoto era troppo potente e l’imperatore fu esiliato.

 

La famiglia della moglie di Yoritomo, gli Hojo, aveva ora intenzione di gettare le mani sullo shogunato, visto che gli unici esponenti forti della famiglia shogunale erano proprio loro. Lo shogunato passò quindi dai Minamoto agli Hoja, che riuscirono a respingere i tentativi di invasione mongola che si protrassero dal 1275 al 1294.

 

I guerrieri giapponesi, inferiori in numero e per armamento e tattiche militari ai Mongoli, riuscirono a respingere eserciti anche di 140000 uomini, grazie alla poca organizzazione dei Mongoli, che contavano tra le loro fila guerrieri coreani e cinesi, che erano stati di recente sottomessi. Inoltre non mancò l’aiuto dei kamikaze, i venti terribili che spazzarono via gran parte della flotta mongola che fu così costretta a ritirarsi con parte dell’esercito.

 

La resistenza del Giappone contro i suoi invasori fu dovuta anche al fatto della conformazione del territorio, che non permetteva alle navi provenienti dal continente di poter attraccare agevolmente e di scagliare un attacco deciso contro l’isola. Inoltre la coesione dei guerrieri giapponesi, quando si trovavano a combattere contro invasori stranieri, ha dell’incredibile, in quanto ogni divisione veniva messa da parte quando gli stranieri mettevano piede sul suolo nipponico. La guerra contro gli invasori teneva infatti unito il Paese, anche se il malcontento verso la famiglia degli Shogun Hojo cresceva sempre di più.

 

Le finanze dello Stato infatti pian piano si prosciugarono e i guerrieri non ricevettero i benefici economici che lo Shogun aveva promesso loro; per questa ragione le forze militari iniziarono a a divenire ostili agli Hojo. I proprietari terrieri però beneficiarono del periodo di pace per arricchirsi e commerciare con il continente il riso. Questo favorì un arricchimento dei privati, e il formarsi di una certa agiatezza nelle classi possidenti.

 

L’ascesa al trono imperiale del nuovo sovrano Go-Daigo nel 1318 segnò l’inizio di un conflitto di poteri tra Imperatore e Shogun. Il nuovo sovrano era infatti intenzionato a ristabilire il potere imperiale diretto senza dover più dipendere dallo Shogun. Nel 1324 e nel 1331 l’Imperatore provò a sfidare lo Shogun, ma senza successo. Go-Daigo fu mandato in esilio alle isole Oki, da dove però riuscì a fuggire e organizzare una controffensiva. Nel 1333 lo Shogun inviò contro l’Imperatore il più abile dei sui generali, Ashikaga Takauji, che però gli si rivoltò contro e attaccò i possedimenti Shogunali a Kyoto. L’era degli Hojo stava per terminare.

 

Con l’aiuto di Ashikaga Takauji Go-Daigo ritornò a Kyoto, ma ben presto tra i due si instaurò un conflitto di potere. L’Imperatore puntava infatti a ristabilire il potere imperiale diretto, mentre il generale puntava allo shogunato. Takauji si stabilì quindi nella fortezza di Kamakura, dove si trovava per sedare una rivolta organizzata dagli Hojo che tentarono nuovamente la presa del potere.

 

La guerra tra Go-Daigo e Takauji terminò con la vittoria di quest’ultimo, che raggiunse con le sue armate anche la capitale Kyoto, dove spodestò l’Imperatore sostituendolo con uno di sua fiducia, un certo Komio, discendente da una famiglia imperiale rivale a quella di Go-Daigo. Il nuovo Imperatore nominò Shogun Takauji, che vide così finalmente riconosciuto il suo ruolo istituzionale.

 

La corte di Go-Daigo si trasferì al sud, generando un dualismo politico che vedeva da un lato la corte legittima in esilio e dall’altro lo Shogun con il suo Imperatore “fantoccio”. L’accordo fu trovato sotto lo Shogun Yoshimitzu, terzo della famiglia Ashikaga che stabilì un’alternanza al governo imperiale tra le due famiglie. L’alternanza non fu però rispettata e i discendenti di Go-Daigo non tornarono più sul trono.

 

L’opportunismo dei samurai medievali stabiliva così onori e privilegi, un po’ come accadeva con i feudatari europei. Il samurai era assai diverso da quello che credeva l’immaginario comune, in quanto come i cavalieri occidentali anche il samurai era perlopiù un opportunista in caccia di ricchezze e privilegi.

 

La dinastia iniziata con Takauji stabilì il quartier generale dello Shogun a Kyoto, nella capitale imperiale, in modo da poter sempre controllare l’Imperatore “fantoccio” che governava per loro volontà. Purtroppo il potere economico della famiglia shogunale era limitato e non poteva offrire terre e oro ai propri samurai come la famiglia Hojo. Questo generò numerose defezioni militari creando sacche di potere ribelle in tutta l’isola.

 

L’incapacità di mantenere il potere da parte dello Shogun fu attenuata da Yoshimitzu, che grazie alla sua abilità diplomatica rese possibile la permanenza degli Ashikaga a Kyoto forse più del dovuto. Yoshimitzu riuscì persino a farsi riconoscere dall’Imperatore cinese come re del Giappone, stabilendo così l’esistenza a carattere internazionale dello shogunato.



 

 

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