N. 50 - Febbraio 2012
(LXXXI)
un lungo viaggio
le origini dei fratelli musulmani
di Federico Donelli
I
Fratelli
Musulmani
sono
nati
in
un
periodo
di
turbolenze
e di
smarrimento
per
tutto
il
mondo
arabo,
ora,
in
un
altro
momento
caratterizzato
da
cambiamenti
radicali
per
tutto
l’Egitto
provano
a
fare
il
definitivo
salto
di
qualità
in
termini
politici,
sociali
e
culturali.
Nati
nel
1928
in
Egitto
grazie
agli
ampi
spazi
di
libertà
successivi
alla
fine
del
protettorato
britannico,
furono
figli
di
una
geniale
intuizione
di
un
professore:
Hassan
al-Banna.
Nell’ultimo
decennio
le
popolazioni
di
tutta
la
regione
erano
state
attraversate
da
un
senso
di
profondo
smarrimento
dovuto
da
una
parte
all’
espansione
coloniale
a
seguito
della
Prima
Guerra
Mondiale
(Francia
e
Gran
Bretagna)
e
dall’altra
al
crollo
dell’Impero
Ottomano
che
per
i
musulmani
consisteva
nel
ben
più
importante
califfato
della
comunità
(ummah)
abolito
ufficialmente
da
Ataturk
nel
1924.
La
nascita
dell’associazione
risulta
quindi
una
naturale
reazione
allo
smarrimento
ma
anche
alle
molte
e
influenti
correnti
liberali
che
invocavano
una
modernizzazione
di
stampo
occidentale
e
laica
per
tutto
il
mondo
arabo.
I
Fratelli
Musulmani
diventarono
il
primo
movimento
di
massa
a
promuovere
dei
principi
islamici
in
alternativa
a
quelli
secolari
provenienti
dalle
capitali
europee.
Consideravano
il
ritorno
all’Islam
tradizionale
come
la
molla
che
avrebbe
consentito
alla
comunità
musulmana
di
reagire
e
riprendersi
dal
periodo
più
oscuro
della
propria
storia.
Il
loro
motto
era
“l’
Islam
è la
soluzione”,
idea
che
tornerà
in
primo
piano
a
partire
dagli
anni
settanta
con
l’emergere
del
fondamentalismo
islamico.
Oltre
ad
al-Banna
l’altro
ideologo
fondamentale
per
la
crescita
e la
diffusione
del
movimento,
non
solo
all’interno
dei
confini
egiziani,
fu
Sayyed
Qutb
le
cui
rivendicazioni
di
stampo
fortemente
rivoluzionario
inneggianti
un
ritorno
alle
radici
islamiche
e il
rifiuto
dei
valori
occidentali
saranno
alla
base
dei
successivi
movimenti
islamisti.
La
grande
capacità
di
Qutb
nonché
principale
innovazione
all’interno
del
discorso
islamico
fu
di
riuscire
a
comunicare
attraverso
uno
stile
di
scrittura
islamico
semplice
arrivando
alla
gente
comune,
soprattutto
ai
giovani,
tematiche
che
fino
ad
allora
erano
trattate
solo
da
ulema.
Riuscì
a
togliere
al
pensiero
islamico
la
percezione
di
essere
un’ideologia
troppo
lontana
dalla
modernità,
portando
avanti
un
discorso
iniziato
già
dai
Fratelli
Musulmani
di
politicizzazione
della
religione.
(Kepel
G.,
Jihad.
Expansion
et
dèclin
de
l’islamisme,
Fr./2000).
I
Fratelli
Musulmani
dopo
essere
stati
prima
banditi
e
poi
perseguitati
dal
regime
di
Nasser
hanno
goduto,
come
tutti
i
movimenti
islamisti
più
o
meno
radicali,
della
progressiva
perdita
di
influenza
da
parte
dei
regimi
nazionalisti
e
dei
partiti
laico
socialisti
seguita
alla
durissima
sconfitta
nella
guerra
dei
sei
giorni
del
1967.
La
sconfitta
venne
giustificata
come
un’eccessiva
lontananza
dall’Islam
e
divenne
simbolo
del
fallimento
di
qualsiasi
progetto
secolare
di
Stato.
Tra
gli
effetti
a
medio
lungo
termine
vi
fu
il
sempre
maggiore
richiamo
da
parte
dei
movimenti
islamici
e di
una
parte
della
popolazione
araba,
in
particolare
la
borghesia
religiosa,
al
retaggio
del
passato
(turath).
Gli
anni
settanta
videro
la
crescita
dei
movimenti
islamici
favoriti
dall’egemonia
saudita
che
offrì
finanziamenti
e
appoggi
logistici
in
cambio
di
un’opera
di
generale
proselitismo
della
corrente
wahhabita.
In
questo
lungo
processo
fatto
di
momenti
difficili,
per
la
Fratellanza
è
risultata
decisiva
la
propria
capacità
di
creare
e
mantenere
intatta
una
fitta
rete
all’interno
della
società,
non
solo
egiziana,
offrendo
aiuti
e
servizi
alle
fasce
povere
della
popolazione
( un
welfare
vero
e
proprio).
Inoltre
i
Fratelli
Musulmani
hanno
saputo
nel
corso
degli
anni
costruirsi
anche
la
reputazione
di
movimento
politicamente
affidabile
e
maturo
in
grado
di
offrire
una
concreta
alternativa
politica
al
futuro
del
Paese.
I
risultati
del
fitto
lavoro
sottotraccia
stanno
iniziando
ad
emergere
con
le
elezioni
del
nuovo
Egitto,
dove
il
partito
della
Fratellanza,
“Partito
della
Liberta
e
della
Giustizia”,
ha
ottenuto
la
maggioranza
dei
seggi.
Frutto
questo
di
una
capacità
organizzativa
che
non
ha
eguali
nel
contesto
egiziano
ma
forse
anche
in
tutta
la
regione.
Se
uno
degli
fattori
decisivi
nelle
rivolte
è
stata
la
rete
internet
che
ha
dato
dinamismo
alla
capacità
di
comunicare
tra
i
giovani
la
Fratellanza
ha
saputo
sfruttare
al
meglio
anche
questo
canale.
Infatti
lo
sceicco
Yusuf
al-Qaradawi,
considerato
il
leader
spirituale
dei
Fratelli
Musulmani
e
rientrato
in
Egitto
in
gennaio
dopo
quasi
trent’anni
di
esilio
in
Qatar,
ha
continuato
a
comunicare
i
propri
sermoni
e le
diverse
fatwa
attraverso
il
proprio
sito
che
rimane
uno
dei
più
visitati
dalla
popolazione
egiziana.
(Ehrenfeld
R.,
The
Muslim
Brotherhood
Evolution,
UK/2011).
I
suoi
discorsi,
durante
i
giorni
delle
manifestazioni
in
piazza
Tahir,
sono
stati
tra
i
più
acclamati.
Altro
esempio
di
organizzazione
della
Fratellanza
è
stata
la
c.d.
“ruralizzazione”
del
voto,
ovvero
il
gruppo
ha
organizzato
una
rete
di
minivan
gratuiti
che
portassero
intere
famiglie
dalla
campagne
ai
seggi.
Al
Ahram
ha
parlato
di
“famiglia
alternativa”
una
comunità
chiusa,
sul
modello
del
clan
ma
organizzata
in
un
piccolo
villaggio,
risposta
concreta
in
un
periodo
di
totale
disintegrazione
delle
strutture
orizzontali
tradizionali.
È un
netto
cambio
di
strategia
per
i
Fratelli
Musulmani
che
cinquant’anni
fa
reclutavano
soprattutto
tra
i
figli
degli
impiegati,
i
colletti
bianchi,
oggi
invece,
anche
e
soprattutto
grazie
al
messaggio
sempre
più
caratterizzato
dall’
islamismo,
conquistano
voti
nel
grande
proletariato
egiziano.
Durante
i
mesi
che
hanno
portato
al
crollo
del
regime
di
Mubarak,
la
Fratellanza
ha
mostrato
una
maturità
politica
inaspettata
ai
molti
osservatori
internazionali.
Hanno
avuto
la
capacità
rimanere
nell’ombra
evitando
di
dare
alle
rivolte
una
qualsiasi
interpretazione
in
chiave
islamica
con
la
consapevolezza
che
un
eventuale
voto
li
avrebbe
favoriti.
Una
maturità
che
è
cresciuta
sempre
più
negli
ultimi
due
decenni
anche
grazie
all’ingente
appoggio
finanziario
delle
monarche
del
Golfo
che
hanno
avuto
un
ruolo
fondamentale
nel
sostenere
ed
incrementare
la
propaganda
della
Fratellanza.
La
trasformazione
in
corso
ha
portato
a
seguire
modelli
nuovi
nel
contesto
islamico,
su
tutti
il
partito
di
governo
turco
(Akp)
guidato
da
Erdogan.
Un
partito
che
fino
a
poco
tempo
fa
era
considerato
eccessivamente
secolarizzato
e
troppo
poco
attento
ai
valori
islamici,
ma
l’accoglienza
e
l’affetto
manifestata
dalla
piazza
egiziana,
da
quella
che
la
Fratellanza
considera
la
‘sua’
piazza,
alla
prima
visita
ufficiale
di
Erdogan
nel
nuovo
Egitto
ha
rapidamente
fatto
cambiare
idea
agli
ideologi
del
movimento.
Saper
cogliere
gli
umori,
le
paure,
le
aspettative
e i
desideri
della
popolazione
è
stata
fin
dall’inizio
una
delle
caratteristiche
principali
del
movimento
che,
anche
in
questo
caso,
ha
capito
di
poter
sfruttare
a
proprio
vantaggio
il
modello
Akp.
Non
è
quindi
un
caso
che
il
partito
dei
Fratelli
Musulmani
che
ha
ottenuto
la
maggioranza
dei
seggi
si
chiami
“Partito
della
Libertà
e
Giustizia”
sulla
falsa
riga
di
quello
turco
“Partito
Giustizia
e
Progresso”
(Akp).
La
giustizia
in
particolare
ricopre
un
ruolo
chiave
nell’etica
musulmana
dove
a
contare
prima
ancora
del
‘bene’
è
appunto
il
‘giusto’.
Il
modello
Akp
quindi,
se
fino
ad
un
anno
fa
era
ignorato
e
considerato
alla
stregua
di
un
qualsiasi
partito
laico,
ora
è
visto
dai
Fratelli
Musulmani
come
un
esempio
da
imitare.
La
Fratellanza
ha
infatti
appreso
da
Erdogan
una
importante
lezione,
ovvero
che
una
forte
crescita
economica
e
conseguente
aumento
del
benessere
rende
per
qualsiasi
partito
di
governo
più
facile
introdurre
riforme
politiche
anche
radicali.
(Hamid
S.,
The
Muslim
Brotherhood's
New
Power
in
Egypt's
Parliament,
UK/2011).
Per
questo,
se i
Fratelli
Musulmani
si
dovessero
dimostrare
in
grado
di
aumentare
il
tenore
di
vita
medio
della
popolazione
egiziana,
allora
verrebbero
facilmente
ascoltati
anche
su
molte
altri
argomenti
(shari’ah?).
L’ambizione
della
Fratellanza
è di
legare
qualsiasi
futuro
successo
economico
al
proprio
nome,
e
più
precisamente
al
proprio
progetto
islamico.
Si
deve
tuttavia
notare
una
carenza
all’interno
del
movimento
che
da
almeno
quindici
anni
non
riesce
più
a
far
emergere
alcuna
figura
carismatica
a
livello
nazionale,
in
grado
di
poter
svolgere
un
reale
ruolo
di
guida
politica
antagonista
al
potere
dell’establishment
militare
come
per
esempio
fu
Erdogan
per
la
Turchia.
Una
carenza
che
la
Fratellanza
è
riuscita
comunque
da
tempo
a
sopperire
attraverso
la
propria
organizzazione
che,
come
dimostrano
questi
mesi,
gode
di
una
struttura
altamente
istituzionalizzata.
Da
sempre
il
movimento
predilige
l’organizzazione
all’individualità,
però
il
momento
storico,
forse,
necessiterebbe
di
un
leader
incontrastato
anche
in
ambito
politico
e
non
solo
spirituale.
Un
problema
maggiore
in
vista
potrebbe
essere
il
difficile
rapporto
con
l’ala
islamica
radicale
rappresentata
dal
partito
salafiti
(El
Nour)
che
ha
ottenuto
inaspettatamente
il
(25%).
I
salafiti
(salaf
in
arabo
“antichi”)
si
sono
assentati
dal
discorso
politico
per
lungo
tempo
dando
giustificazioni
di
stampo
teologico
e
pratico,
anche
per
questo
sono
considerati
dei
novizi
politici
ed è
difficile
per
gli
stessi
Fratelli
Musulmani
immaginare
le
loro
future
mosse
politiche.
Molti
dei
loro
voti
provenivano
da
simpatizzanti
della
Fratellanza
che
non
hanno
apprezzato
del
tutto
le
trasformazioni
in
senso
moderato
degli
ultimi
anni.
Infatti,
per
quanto
la
Fratellanza
sia
un
movimento
islamico,
l’Islam
è
stato
inteso
negli
ultimi
dieci
anni
come
motivazione
delle
proprie
azioni
piuttosto
che
come
il
fine,
il
prodotto
della
loro
opera
politica.
I
dubbi
ora
sono
relativi
alle
prossime
mosse
della
Fratellanza
che
nonostante
l’ampio
successo
sarà
costretta
a
scegliere
delle
alleanze.
Essenzialmente
le
possibili
mosse
sono
due:
una
consisterebbe
nello
spostamento
politico
verso
il
centro
avvicinandosi
ai
partiti
liberali
da
sempre
scettici
sulla
Fratellanza;
oppure
avvicinarsi
ai
Salafiti
rischiando
però
una
deriva
eccessivamente
islamista.
Rilevante
risulta
valutare
le
possibili
ripercussioni
che
una
mossa
del
genere
comporterebbe
sul
piano
internazionale
allarmando
Israele
e
Stati
Uniti
oltre
allo
stesso
establishment
militare
egiziano
che
conserva
ancora
molto
potere
e
soprattutto
una
vastissima
disponibilità
economica.
Più
probabile
quindi
qualche
concessione
ai
partiti
liberali
con
i
quali
potrebbero
instaurare
un
dialogo
costruttivo
per
il
futuro
dell’Egitto.
Da
considerare
che
una
mossa
del
genere
porterebbe
consensi
sempre
maggiori
da
parte
dell’opinione
pubblica
e
diplomatica
internazionale,
aprendo
ad
un
ampio
credito,
economico
e
politico,
nei
loro
confronti.