N. 58 - Ottobre 2012
(LXXXIX)
sULLE ORIGINI DEGLI ETRUSCHI
SPUNTI PER UNA RIFLESSIONE
di Massimo Manzo
Un
dibattito
storiografico
che
appassiona
ancora
oggi
a
distanza
di
più
di
duemila
anni
dal
suo
sorgere,
coinvolgendo
trasversalmente
ambienti
accademici
e
semplici
amatori
della
materia,
è
quello
sulla
provenienza
del
popolo
etrusco.
Senza
dubbio
l’interesse
verso
tale
tematica
deriva
dal
fascino
emanato
da
questa
antica
popolazione,
dotata
di
caratteristiche
del
tutto
peculiari
rispetto
agli
altri
popoli
dell’antichità.
A
rendere
più
tortuosa
la
ricerca
di
una
risposta
plausibile
all’
interrogativo
stanno
poi
alcune
circostanze
particolari,
come
ad
esempio
la
confluenza
totale
della
cultura
etrusca
in
quella
romana,
conseguenza
diretta
della
prepotente
affermazione
dell’Urbe
sui
suoi
vicini,
nonché
la
scarsa
conoscenza
della
lingua
degli
etruschi,
che
gli
archeologi
sono
in
grado
di
leggere,
ma
non
di
comprendere
a
pieno.
Nel
corso
dei
secoli
un
gran
numero
di
storici
si
sono
occupati
della
civiltà
etrusca
facendone
oggetto
di
interminabili
ricerche.
Persino
l’imperatore
Claudio,
forse
tra
i
più
eruditi
cesari
che
Roma
abbia
conosciuto,
nel
I
secolo
a.C.
vi
dedicò
un’opera
colossale
in
greco
intitolata
Τυρρηνικά
(ovvero
Tyrrhenikà,
dall’antico
nome
con
cui
i
greci
indicavano
gli
etruschi)
sfortunatamente
perduta,
nella
quale
presumibilmente
prendeva
posizione
anche
sul
problema
della
provenienza.
Volendo
ripercorrere
a
grandi
linee
i
termini
della
controversia,
lasciando
agli
esperti
l’approfondimento
della
materia,
possiamo
individuare
tre
grandi
ipotesi
che
si
sono
contrapposte
nel
tempo:
la
prima
è
quella
di
Erodoto,
confermata
con
qualche
distinguo
dagli
storici
successivi,
la
quale
afferma
la
provenienza
orientale
degli
etruschi;
la
seconda
ipotesi
è
sostenuta
principalmente
da
Dionigi
di
Alicarnasso
e
asserisce
l’autoctonia
del
popolo
etrusco;
la
terza,
infine,
attraverso
l’analisi
di
alcune
fonti
antiche,
parla
di
una
possibile
“calata”
di
popolazioni
transalpine
che
stanziandosi
in
Etruria
avrebbero
costituito
il
nucleo
etnico
principale
dei
futuri
etruschi.
Tra
le
suddette
teorie
solo
quella
che
postula
la
provenienza
nordica
è
stata
esclusa
in
modo
netto
dalla
maggioranza
degli
studiosi,
perché
priva
non
solo
di
indizi
archeologici
ma
anche
di
una
solido
appiglio
nelle
fonti.
Le
altre
due,
invece,
meritano
quantomeno
un
accenno
poiché
costituiscono
la
base
da
cui
partire
per
poter
meglio
comprendere
l’infinità
di
varianti
a
cui
sono
state
sottoposte
in
tempi
recenti.
In
tal
senso
il
racconto
erodoteo
è
quello
che
fin
dall’epoca
romana
ha
raccolto
più
consensi.
Esso
appare
particolarmente
interessante,
anche
se,
come
sua
abitudine,
lo
storiografo
greco
ammanta
la
narrazione
di
un
alone
leggendario.
Secondo
Erodoto
gli
etruschi,
o
meglio
i
tirreni
secondo
la
denominazione
greca,
sarebbero
originari
della
Lidia,
antica
regione
sita
in
Anatolia
occidentale,
e la
loro
migrazione
in
Italia
troverebbe
giustificazione
in
una
gravissima
carestia
che
avrebbe
costretto
parte
dei
Lidi
a
lasciare
il
loro
paese.
Con
questa
motivazione,
a
detta
dello
storico
“quelli
di
loro
che
ebbero
in
sorte
di
partire
dal
paese
scesero
a
Smirne
e
costruirono
navi
e,
posti
su
di
esse
tutti
gli
oggetti
che
erano
loro
utili,
si
misero
in
mare
alla
ricerca
di
mezzi
di
sostentamento
e di
terra,
finché,
oltrepassati
molti
popoli,
giunsero
al
paese
degli
Umbri,
ove
costruirono
città
e
abitano
tuttora.
Ma
in
luogo
di
Lidi
mutarono
il
nome,
prendendolo
da
quello
del
figlio
del
re
che
li
guidava,
e si
chiamarono
Tirreni”(Storie,
I,
94).
Erodoto
è
dunque
il
primo
ad
identificare
gli
etruschi
con
i
Lidi,
e
dalla
sua
testimonianza
ne
derivano
molte
altre,
come
quella
di
Anticlide
di
Atene
citata
da
Strabone
(Geografia,V,2)
secondo
cui
i
Lidi,
durante
le
loro
peregrinazioni
per
raggiungere
le
coste
italiane,
avrebbero
accolto
nelle
loro
fila
anche
dei
gruppi
di
Pelasgi,
popolazione
pre-ellenica
stanziata
nel
nord
della
Grecia.
Secondo
alcuni
studiosi
moderni,
l’origine
orientale
degli
etruschi
troverebbe
inoltre
una
suggestiva
conferma
nelle
recenti
ricerche
portati
avanti,
tra
gli
altri,
dall’equipe
del
Professor
Guido
Barbujani,
dell’Università
di
Ferrara,
sulla
genetica
delle
popolazioni.
In
base
agli
studi
scientifici
prodotti
infatti,
il
DNA
dei
resti
umani
provenienti
dalle
necropoli
dell’antica
Etruria
risulterebbe
molto
simile
a
quello
degli
attuali
abitanti
dell’Anatolia,
cioè
della
zona
corrispondente
alla
Lidia.
Parallelamente,
l’analisi
del
DNA
di
coloro
che
oggi
risiedono
in
alcune
zone
etrusche
somiglia
molto
di
più
a
quello
delle
popolazioni
dell’Asia
minore
che
a
quello
degli
altri
italiani.
Si
tratta
di
risultati
curiosi
ed
estremamente
importanti,
ma
naturalmente
lontani
dal
dare
al
problema
una
soluzione
definitiva.
Se
dall’ipotesi
“orientale”
di
matrice
erodotea
passiamo
a
quella
dell’autoctonia,
noteremo
che
anche
quest’ultima
è
declinata
in
modi
estremamente
differenti,
soprattutto
nelle
sue
evoluzioni
moderne.
Anche
in
questo
caso,
il
“capofila”
è un
autore
antico,
Dionigi
di
Alicarnasso,
vissuto
nel
I
secolo
a.C.
Nella
sua
maggiore
opera,
“Antichità
romane”,
lo
storico
smentisce
nettamente
l’identificazione
degli
etruschi
sia
con
i
Lidi
che
con
i
Pelasgi,
poiché
ritiene
le
relative
culture
troppo
distanti
tra
loro:
“Io
sono
convinto
della
diversità
etnica
esistente
tra
Tirreni
e
Pelasgi
e
non
penso
neppure
che
i
Tirreni
siano
coloni
dei
Lidi:
non
presentano
infatti
lo
stesso
linguaggio,
né
si
può
dire
che,
pur
non
essendo
più
di
lingua
affine,
conservino
almeno
qualche
ricordo
della
madrepatria.
Non
venerano
neppure
le
stesse
divinità
dei
Lidi,
né
osservano
leggi
e
costumanze
simili…”;
di
conseguenza
“sono
forse
più
vicini
alla
verità
quelli
che
sostengono
che
i
Tirreni
non
sono
emigrati
da
nessun
luogo,
ma
sono
invece
un
popolo
indigeno,
poiché
in
ogni
sua
manifestazione
presenta
molti
caratteri
di
arcaicità;
sia
per
linguaggio
che
per
modo
di
vivere
non
lo
si
ritrova
affine
ad
alcun
altro
popolo”(Antichità
romane,
I,
30).
In
altri
termini
le
caratteristiche
proprie
del
popolo
e
della
cultura
etrusca
non
lo
renderebbero,
secondo
Dionigi,
assimilabile
a
nessun’altra
popolazione
orientale.
Tra
Erodoto
e
Dionigi
vi è
una
difformità
di
vedute
non
conciliabile,
tuttavia
entrambi
potrebbero
essere
custodi
di
un
pizzico
di
verità
se
si
ammettesse
la
circostanza,
di
per
sé
probabile,
di
una
commistione
tra
ondate
migratorie
e
cultura
indigena
già
presente
sul
luogo.
Alcuni,
sulla
base
di
tale
impostazione
e
supportati
da
una
serie
di
prove
linguistiche,
hanno
per
esempio
individuato
negli
etruschi
il
“prodotto”
di
un
mélange
tra
etnie
autoctone
e
civiltà
nuragica,
insinuatasi
in
tempi
molto
remoti
nei
territori
dell’Etruria.
In
questo
caso
la
colonizzazione
sarebbe
avvenuta
dalla
Sardegna
(e
quindi
da
ovest)
invece
che
dall’Asia
minore.
Verrebbe
dunque
creato
un
ponte
non
privo
di
fascino
in
cui
l’isola
diverrebbe
la
terra
“madre”
della
civiltà
etrusca.
Nonostante
si
sia
solo
accennato
ad
alcune
delle
ipotesi
più
note
riguardo
alla
provenienza
degli
etruschi,
appare
chiaro
come
ancora
la
domanda
iniziale
appaia
priva
di
una
risposta
definitiva.
Se
però
guardiamo
al
tema
da
una
diversa
prospettiva,
potremmo
ridimensionare
la
questione
attraverso
una
chiave
di
lettura
del
tutto
differente.
Per
far
ciò
è
fondamentale
citare
l’opinione
del
più
grande
etruscologo
italiano,
Massimo
Pallottino,
il
quale
soleva
parlare
non
tanto
di
“origine”
ma
di
“formazione”
degli
etruschi.
In
altre
parole
sarebbe
inutile
aggrapparsi
al
concetto
di
provenienza
di
un
popolo
per
spiegarne
la
natura;
tale
metodo,
utilizzato
dalla
storiografia
antica,
nella
nuova
visione
dello
studioso
appare
obsoleto.
Al
contrario
i
popoli
si
“formano”
attraverso
un
processo
lento
e
graduale
che
porta
al
loro
sviluppo:
solo
così
la
loro
natura
può
essere
indagata.
D’altronde,
che
senso
avrebbe,
ad
esempio,
chiedersi
da
dove
provengano
gli
italiani?
La
risposta
a
tale
interrogativo
sarebbe
futile,
poiché
sappiamo
che
il
“popolo
italiano”
è in
realtà
il
prodotto
di
una
millenaria
stratificazione
sul
territorio
di
culture,
etnie
e
civiltà
differenti.
È
comunque
innegabile
un
dato:
a
prescindere
da
quale
teoria
ognuno
si
senta
di
condividere,
la
civiltà
degli
etruschi
rimane
un
universo
solo
in
parte
esplorato,
che
nel
futuro
non
smetterà
di
riservare
sorprese.