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filosofia & religione


N. 86 - Febbraio 2015 (CXVII)

Ontologia divina e conoscenza umana
modernità di Origene d’Alessandria

di Riccardo Piazza

 

A fronte dei nuovi grandi sconvolgimenti geopolitici, religiosi e di fede che oggi iniettano di veleno tanto l’occidente quanto l’oriente, non si può fare a meno di domandarsi qualcosa di più specifico circa la natura di Dio.

 

Quale ente supremo permetterebbe mai gli odierni massacri perpetrati a danno delle minoranze etniche?

 

La più che mai attuale vicenda dei cristiani yazidi in territorio siriano e del panislamismo truculento dell’Isis è soltanto un esempio di tali questioni d’ordine morale, prima ancora che civile e politico.

 

Come possiamo renderci conto di una relazione diretta tra questo fantomatico Rector universalis e le nostre azioni umane?

 

Siamo soltanto noi a dipanare le sorti dell’esistenza oppure c’è quantomeno un ponte possibile tra noi e ciò che anche il più ateo degli atei ha, almeno una volta, in cuor suo, avuto la curiosità vaga di comprendere più da vicino?

 

Può venirci in soccorso la straordinaria modernità di un apologeta cristiano vissuto a cavallo tra il II ed il III secolo dopo Cristo, tale Origene d’Alessandria.

 

Nella storiografia latina postuma è conosciuto come Adamanzio, a Scoto Eriugena ed Eusebio di Cesarea si debbono i primi preziosissimi commentari sulla patristica filosofica d’Origene che influenzeranno a dovere tutto il pensiero scolastico medievale.

 

Padre apologeta della prima teologia cristiana ed esegeta delle sacre scritture, Origene appartenne alla categoria dei primissimi strenui difensori del pensiero cristiano contro il paganesimo ellenico e le sette gnostiche eretiche d’epoca imperiale.

 

Insegnò presso Alessandria e si fece portatore di un pensiero suddivisibile in tre grandi categorie d’opere, quelle apologetiche, le omelie o commentari e quelle esegetiche. Nelle prime si impegnò con logica e raziocinio nella confutazione di alcune posizioni avverse al logos cristiano, nelle seconde affrontò alcune significative frasi estrapolate dalle sacre scritture e nelle ultime ne definì l’ermeneutica.

 

Nel compendio generale di questo sforzo abnorme di pensiero, così come nelle confutazioni del Contra Celsum e nel De principiis, dove peraltro si fa riferimento all’eternità della creazione e dunque alla presenza di più mondi, oltre a quello in cui viviamo, creati da Dio in perfetta unità ed armonia con se stesso e le sue istanze durante momenti differenti della successione temporale, mostrando in tal modo una completa comunione d’intenti di Origene con Plotino ed Ammonio Sacca, vi è l’esplicazione schietta e fresca della rivelazione divina secondo dei canoni originali e, per abnegazione nella riflessione, degni di nota.

 

Grazie alle interpretazioni della sostanza divina, attraverso un’ermeneutica non meramente allegorica, ma di gnosi reale nel senso biblico del termine “conoscere”, secondo Origene, possiamo tentare di arguire quantomeno un ponte ideale, un segno consolatorio a tratti chiaroscuri della presenza di colui da cui tutto discende.

 

Per il padre apologeta d’Alessandria il Verbo, consustanziale al Padre, in accordo con i dettami che verranno sanciti qualche anno più tardi, nel 325 d.C. dal concilio di Nicea, ha creato il mondo in cui viviamo declinandosi all’interno delle categorie prettamente umane senza tuttavia assumerne fattezze materiali.

 

A noi uomini egli ha però lasciato il libero arbitrio e la facoltà di corrompere quanto di buono ci ha proposto.

 

Nell’interpretazione storica di ragione unita alla fede e alla gnosi spirituale e non nel senso letterale o indegno della mente dell’uomo, sta dunque la chiave moderna dell’approccio di Origene al testo sacro.

 

Non tutti riescono in tale catarsi di ragione. Assistiamo oggi, grazie alla velocità d’informazione del web, a continue proposizioni di aberranti e violente ermeneutiche delle leggi religiose dei sacri testi, specie nel travagliato Medio Oriente.

 

Ritornare ad Origene d’Alessandria, finanche con mentalità laica e analitica, è più che mai auspicabile.



 

 

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