Manuali, cataloghi, testi scolastici, enciclopedie: cosa
hanno in comune queste tipologie librarie? Sono tutte
quante opere compilative.
L’opera compilativa è quella che riunisce e raccoglie
tutte le informazioni (i dati insomma) e li espone nel
modo più chiaro ed ordinato possibile.
Come contraltare delle opere compilative, vi sono poi
quelle che potremo definire “innovative” quali saggi e
monografie (ma non tutte) nel quale l’autore cerca di
innovare nella materia, aggiungendo nuove teorie,
migliorando o innovando teorie già esistenti e ritenute
corrette e negando teorie che, invece, non vengono
ritenute esatte. Quello che in questo breve articolo, si
vuole analizzare è l’importanza delle opere di
compilazione, spesso sottovalutate.
Intanto prendiamo in analisi la funzione delle opere
compilative, che si rivela essere duplice. In prima
battuta si tratta essenzialmente di riordinare,
organizzare, catalogare appunto, ciò che prima era
disorganizzato, disordinato e sparso tra varie fonti e
varie opere oppure mai descritte analiticamente in
un’opera “cartacea”.
Su questa funzione di base, già di per sé fondamentale,
si delinea poi la seconda, importante, funzione
dell’opera compilativa.
Essa, infatti, altro non è se non un libro per studiare.
Potrebbe sembrare una provocazione fare un’affermazione
del genere, e facilmente si potrebbe controbattere che
anche l’opera innovativa è funzionale allo studio.
Sicuramente vero. Analizziamo però, per un momento,
l’oggetto delle due tipologie librarie. Per quanto
riguarda le opere innovative si tratta di idee,
concetti, teorie e teoremi, nel secondo caso, si parla
di dati, elementi, date, nomi, caratteristiche e leggi.
Risulta evidente come, mentre l’opera innovativa
richiede necessariamente la presenza di una o più opere
compilative a fondamento e quindi come sia impossibile
studiare o comprendere le idee ed i concetti presenti
nell’opera innovativa senza gli elementi ed i dati in
essa presenti, non è necessariamente vero il contrario.
Vale bene qui fare qualche esempio. Come fare, infatti,
a comprendere le varie teorie riguardanti il fascismo se
non si conoscono le date, i luoghi e gli eventi del
fascismo stesso? E come fare altresì a comprendere la
fusione nucleare se non si conoscono tutte le leggi
chimiche e fisiche che ne sono alla base?
Si tratta in definitiva di due livelli di conoscenza, in
cui il dato e l’opera compilativa rappresentano, con
metafora “edilizia”, le fondamenta, mentre il concetto,
la teoria e l’idea rappresentano i piani superiori.
Il secondo non può fare a meno del primo, ma
quest’ultimo si delinea precisamente e si sviluppa
compiutamente con il secondo. È un rapporto strettissimo
e necessario.
Sembra un concetto semplice, un’idea per la quale molti
taccerebbero lo scrivente di “scopritore dell’acqua
calda” eppure a volte le cose più ovvie sono le meno
sentite e seguite. Questo appare evidente alla luce di
quanto sta succedendo nel mondo culturale contemporaneo.
Come affermato molto recentemente dal Prof. Antonino
Zichichi, nella sua prolusione all’inaugurazione
dell’Anno Accademico 2008/2009 dell’Accademia Militare
di Modena, chiunque, ormai, si applica nel parlare e
scrivere di un qualche argomento, spesso non possedendo
le capacità e le conoscenze specifiche e necessarie per
farlo - il professore, nella fattispecie, si riferiva
alla scienza, ma il discorso è adeguabile a qualsiasi
disciplina.
E quale tipologia di opere andrà a redigere un autore
improvvisato? Forse un’opera di compilazione, che lo
obbligherebbe ad analizzare, organizzare e studiare dati
precisi? O non invece, un’opera “innovativa” in cui - ad
una visione superficiale - basterebbe esprimere un’idea,
per quanto strampalata, e cercare di darle una qualche
base probatoria - fatta di dati non studiati ed
analizzati.
Si vuole, ritornando alla metafora “edilizia” di poco
fa, costruire un palazzo senza prima prepararne le
fondamenta.
Appare evidente come una cosa del genere non possa che
nuocere non solo al lettore medio, il quale prenderà
come “oro colato” ciò che ha trovato scritto, facendone
la “sua” verità, ma anche all’intero mondo della
cultura. Infatti, per un autore che scrive basandosi su
dati oggettivi e non distorti, ve ne sono almeno venti
che non compiono tale lavoro preparatorio.
È evidente che “combattere” un tale fenomeno sia
piuttosto difficile, soprattutto quando chi scrive
riesce ad utilizzare stile o argomentazioni che possono
attirare l’attenzione del lettore.
Una maggiore attenzione alle fonti compilative ed una
loro diffusione più capillare e più organica, potrebbe
se non altro affievolire il problema.
La presenza di un numero consistente di opere
compilative, infatti, potrebbe invogliare chi si dovesse
accingere a redigere uno scritto a informarsi, a
prendere i dati oggettivi che gli servono e, perché no,
anche a fermarsi, denotando delle evidenti antinomie tra
ciò che è sicuramente stato - o sicuramente è - e ciò
che egli crede che sia.