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N. 13 - Gennaio 2009 (XLIV)

Sull’importanza delle opere di compilazione
Piccole osservazioni

di Ferdinando Angeletti

 

Manuali, cataloghi, testi scolastici, enciclopedie: cosa hanno in comune queste tipologie librarie? Sono tutte quante opere compilative.


L’opera compilativa è quella che riunisce e raccoglie tutte le informazioni (i dati insomma) e li espone nel modo più chiaro ed ordinato possibile.


Come contraltare delle opere compilative, vi sono poi quelle che potremo definire “innovative” quali saggi e monografie (ma non tutte) nel quale l’autore cerca di innovare nella materia, aggiungendo nuove teorie, migliorando o innovando teorie già esistenti e ritenute corrette e negando teorie che, invece, non vengono ritenute esatte. Quello che in questo breve articolo, si vuole analizzare è l’importanza delle opere di compilazione, spesso sottovalutate.


Intanto prendiamo in analisi la funzione delle opere compilative, che si rivela essere duplice. In prima battuta si tratta essenzialmente di riordinare, organizzare, catalogare appunto, ciò che prima era disorganizzato, disordinato e sparso tra varie fonti e varie opere oppure mai descritte analiticamente in un’opera “cartacea”.
Su questa funzione di base, già di per sé fondamentale, si delinea poi la seconda, importante, funzione dell’opera compilativa.


Essa, infatti, altro non è se non un libro per studiare. Potrebbe sembrare una provocazione fare un’affermazione del genere, e facilmente si potrebbe controbattere che anche l’opera innovativa è funzionale allo studio. Sicuramente vero. Analizziamo però, per un momento, l’oggetto delle due tipologie librarie. Per quanto riguarda le opere innovative si tratta di idee, concetti, teorie e teoremi, nel secondo caso, si parla di dati, elementi, date, nomi, caratteristiche e leggi.


Risulta evidente come, mentre l’opera innovativa richiede necessariamente la presenza di una o più opere compilative a fondamento e quindi come sia impossibile studiare o comprendere le idee ed i concetti presenti nell’opera innovativa senza gli elementi ed i dati in essa presenti, non è necessariamente vero il contrario.


Vale bene qui fare qualche esempio. Come fare, infatti, a comprendere le varie teorie riguardanti il fascismo se non si conoscono le date, i luoghi e gli eventi del fascismo stesso? E come fare altresì a comprendere la fusione nucleare se non si conoscono tutte le leggi chimiche e fisiche che ne sono alla base?


Si tratta in definitiva di due livelli di conoscenza, in cui il dato e l’opera compilativa rappresentano, con metafora “edilizia”, le fondamenta, mentre il concetto, la teoria e l’idea rappresentano i piani superiori.


Il secondo non può fare a meno del primo, ma quest’ultimo si delinea precisamente e si sviluppa compiutamente con il secondo. È un rapporto strettissimo e necessario.


Sembra un concetto semplice, un’idea per la quale molti taccerebbero lo scrivente di “scopritore dell’acqua calda” eppure a volte le cose più ovvie sono le meno sentite e seguite. Questo appare evidente alla luce di quanto sta succedendo nel mondo culturale contemporaneo. Come affermato molto recentemente dal Prof. Antonino Zichichi, nella sua prolusione all’inaugurazione dell’Anno Accademico 2008/2009 dell’Accademia Militare di Modena, chiunque, ormai, si applica nel parlare e scrivere di un qualche argomento, spesso non possedendo le capacità e le conoscenze specifiche e necessarie per farlo - il professore, nella fattispecie, si riferiva alla scienza, ma il discorso è adeguabile a qualsiasi disciplina.


E quale tipologia di opere andrà a redigere un autore improvvisato? Forse un’opera di compilazione, che lo obbligherebbe ad analizzare, organizzare e studiare dati precisi? O non invece, un’opera “innovativa” in cui - ad una visione superficiale - basterebbe esprimere un’idea, per quanto strampalata, e cercare di darle una qualche base probatoria - fatta di dati non studiati ed analizzati.


Si vuole, ritornando alla metafora “edilizia” di poco fa, costruire un palazzo senza prima prepararne le fondamenta.


Appare evidente come una cosa del genere non possa che nuocere non solo al lettore medio, il quale prenderà come “oro colato” ciò che ha trovato scritto, facendone la “sua” verità, ma anche all’intero mondo della cultura. Infatti, per un autore che scrive basandosi su dati oggettivi e non distorti, ve ne sono almeno venti che non compiono tale lavoro preparatorio.

 

È evidente che “combattere” un tale fenomeno sia piuttosto difficile, soprattutto quando chi scrive riesce ad utilizzare stile o argomentazioni che possono attirare l’attenzione del lettore.


Una maggiore attenzione alle fonti compilative ed una loro diffusione più capillare e più organica, potrebbe se non altro affievolire il problema.

 

La presenza di un numero consistente di opere compilative, infatti, potrebbe invogliare chi si dovesse accingere a redigere uno scritto a informarsi, a prendere i dati oggettivi che gli servono e, perché no, anche a fermarsi, denotando delle evidenti antinomie tra ciò che è sicuramente stato - o sicuramente è - e ciò che egli crede che sia.

 

 

 

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