N. 139 - Luglio 2019
(CLXX)
Operazione Valchiria
storia
di
un’operazione
militare
di
Salvatore
Ferla
Il
20
luglio
1944,
nel
quartier
generale
tedesco
di
Berghof,
sulle
Alpi
Bavaresi,
una
bomba
ad
alto
potenziale
esplose,
devastando
l’intera
sala
delle
conferenze
e
seminando
terrore
e
morte
fra
i
presenti.
Hitler,
contro
cui
l’attentato
era
diretto,
si
salvò
miracolosamente,
riportando
solo
lievi
ferite.
Intorno
ad
Adolf
Hitler
aleggia
una
specie
di
leggenda
che
lo
identifica
come
un
uomo
capace
di
sfuggire
alla
morte.
Sbrigativamente
definito
nei
libri
di
storia
come
“mito
di
incolumità”,
garantiva
ai
commilitoni
una
certa
tranquillità,
era
infatti
noto
che,
durante
la
Prima
Guerra
Mondiale,
nei
campi
di
battaglia,
pur
combattendo
in
prima
linea,
il
Führer
riuscì
sempre
a
sottrarsi,
forse
con
la
complicità
del
destino,
ai
massacri
della
guerra.
Un
destino
benevolo
che
lo
preservò
anche
la
mattina
del
20
luglio
1944
alle
ore
12:42
nel
quartier
generale
di
Hastenberg,
in
sala
riunioni,
quando
esplose
un
ordigno:
le
fiamme
inghiottono
la
stanza
ma
il
Führer
si
salva,
miracolosamente.
L’operazione
Valchiria
prevedeva
un
colpo
di
Stato
e
l’instaurazione
di
un
nuovo
governo
che
negoziasse
una
pace
separata
con
gli
Alleati.
Eliminare
Hitler
era
la
condizione
imprescindibile
e un
gruppo
di
ufficiali,
guidati
dal
Tenente-Colonnello
Klaus
Von
Stauffenberg,
cercò
di
attuare
il
progetto.
Tornato
nel
1944
in
Germania
dalla
campagna
d’Africa,
durante
la
quale
fu
ferito
gravemente,
Von
Stauffenberg
che
aveva
già
maturato
una
profonda
avversione
verso
i
metodi
hitleriani,
si
unì
alla
Resistenza
ed
entrò
a
far
parte
dell’Operazione
Valchiria.
Egli
assumerà
un
ruolo
centrale
nel
piano:
sarà
proprio
lui
ad
assumersi
l’incarico
di
uccidere
di
sua
mano
il
dittatore.
A
capo
della
congiura
vi
furono
alti
ufficiali
e
borghesi,
di
orientamento
sia
conservatore
che
socialista,
uniti
dalla
convinzione
che
il
regime
nazista
stesse
portando
la
Germania
alla
rovina.
Sfruttando
la
possibilità
che
offriva
il
piano
Valchiria
ossia
la
mobilitazione
della
milizia
territoriale,
opportunatamente
modificata
da
Von
Stauffenberg,
venne
allora
pianificato
l’attentato
a
Hitler.
Non
tutti
i
tedeschi
erano
nazisti
e
fedeli
a
Hitler:
esistevano
infatti
molto
gruppi
che,
più
o
meno
segretamente
si
opponevano
al
regime
sin
dal
1933.
C’erano
gruppi
di
studenti
come
i
membri
della
Rosa
Bianca,
che
sacrificarono
la
loro
vita
per
distribuire
volantini
in
cui
condannavano
il
governo
nazista
e
chiedevano
che
fosse
rovesciato.
C’erano
gruppi
religiosi
e
tanti
gruppi
politici,
come
i
socialisti
e i
comunisti,
che
resistettero
all’ascesa
del
Nazismo,
andando
in
contro
al
carcere
e
alle
condanne
a
morte
Quando
l’ambizione
di
Hitler
di
espandere
la
Germania
e il
suo
apocalittico
progetto
dell’Olocausto
vennero
messi
in
atto,
alcuni
coraggiosi
resistettero
e si
opposero,
nascondendo
e
aiutando
gli
Ebrei
nella
fuga,
fornendo
informazioni
agli
Alleati
oppure
rifiutandosi
di
cooperare
con
i
Nazisti.
Uomini
come
Oskar
Schindler
e
Pastor
Niemoller
sono
diventati
eroi.
La
congiura
del
20
luglio
contro
il
Führer
rappresenta
il
culmine
e il
simbolo
della
resistenza
militare
fallita.
L’idea
di
un
attentato
ai
danni
del
Führer
nacque
durante
un
incontro
avvenuto
nel
settembre
del
1943
tra
il
feldmaresciallo
Günter
Von
Kluge,
il
generale
a
riposo
Ludwige
Beck,
il
dottor
Carl
Friedrich
Goerdeler
e il
generale
Olbricht,
riunitisi
presso
l’appartamento
di
quest’ultimo.
Goerdeler
fu
sindaco
di
Lipsia
e fu
uno
dei
maggiori
oppositori
alla
politica
del
Führer
nonché
promotore
di
una
nuova
forma
di
governo
nella
quale
egli
stesso
avrebbe
dovuto
ricoprire
il
ruolo
di
cancelliere.
Il
generale
Beck,
ex
Capo
di
Stato
Maggiore
dell’esercito,
che
non
condivideva
la
politica
aggressiva
di
Hitler
dai
tempi
dell’annessione
dell’Austria,
sarebbe
dovuto
diventare
il
nuovo
Capo
di
Stato.
La
riunione
nasceva
dalla
richiesta
del
Feldmaresciallo
Von
Kluge,
comandante
sul
fronte
orientale,
di
un
incontro
con
il
generale
Beck
per
esprimere
la
sua
preoccupazione
sull’andamento
della
guerra,
sull’impossibilità
di
proseguirla
su
due
fronti,
e
sulla
necessità
di
prendere
una
decisione
per
eliminare
Hitler
dalla
scena
politica
e
militare,
ritenendo
che
questo
avrebbe
impedito
la
distruzione
del
paese
e
l’invasione
sovietica
della
Germania.
Le
condizioni
per
la
realizzazione
di
un
attentato
peggioravano
sempre
di
più
poiché
Hitler
non
appariva
quasi
più
in
pubblico
e
raramente
si
recava
a
Berlino.
Egli
infatti
dopo
due
soli
giorni
dall’inizio
dell’Operazione
Barbarossa
aveva
spostato
il
suo
quartier
generale
a
Rastenburg,
allontanandosi
solo
occasionalmente
nella
sua
residenza
estiva.
La
Gestapo
di
Himmler
inoltre
nutriva
sospetti
sulla
possibilità
di
un
complotto
contro
Hitler,
temendo
un
coinvolgimento
degli
ufficiali
dello
Stato
Maggiore.
Nel
1943,
Tresckow
incontrò
per
la
prima
volta
il
giovane
ufficiale
Claus
Schenk
von
Stauffenberg,
con
cui
condivise
il
pensiero
largamente
diffuso
fra
gli
ufficiali
dell’esercito
che
il
proseguimento
della
guerra
avrebbe
portato
la
Germania
al
disastro
e
che
Hitler
avrebbe
dovuto
essere
rimosso
dal
potere.
Così,
dopo
avere
ricevuto
la
nomina
di
capo
di
Stato
Maggiore
dell’esercito
territoriale
sotto
il
diretto
comando
del
generale
Olbricht,
rielaborò
insieme
a
Tresckow
e al
maggiore
Hans
la
strategia
del
colpo
di
Stato.
La
scelta
di
chi
dovesse
compiere
l’attentato
cadde
proprio
sul
Colonnello
Stauffenberg
in
virtù
dell’opportunità
che
questi
aveva
di
avvicinare
il
Führer
durante
le
riunioni
alla
“Tana
del
Lupo”
nome
in
codice
del
covo
segreto
di
Hitler.
Il
mattino
del
20
luglio
1944
Von
Stauffenberg
si
recò
alla
Tana
del
Lupo
dove
era
stato
convocato
allo
scopo
di
riferire
sulle
divisioni
che
la
milizia
territoriale
stava
creando
in
previsione
dell’avanzata
sovietica
e
avrebbe
dovuto
presentare
il
suo
rapporto
a
Hitler
durante
la
riunione
quotidiana
che
egli
teneva
insieme
all’Alto
Comando.
In
compagnia
del
Colonnello
c’erano
il
generale
Stieff
e il
tenente
Von
Haften,
che,
insieme
a
Staunfebberg,
portavano
una
bomba
nelle
rispettive
borse.
Ognuno
dei
due
ordigni
era
composto
da
circa
un
chilogrammo
di
esplosivo
al
plastico,
avvolto
in
una
carta
di
colore
marrone,
e
avrebbero
dovuto
essere
innescati
a
tempo
attraverso
un
detonatore
formato
da
una
sottile
molla
di
rame,
che
sarebbe
stata
progressivamente
corrosa
da
un
acido.
Giunti
a
destinazione,
gli
ufficiali
furono
ostacolati
durante
la
preparazione
degli
inneschi
dell’esplosivo.
Hitler
infatti
anticipò
di
trenta
minuti
la
riunione
poiché,
di
lì a
poco,
si
sarebbe
dovuto
incontrare
con
Mussolini,
che
era
stato
convocato
dallo
stesso
Führer.
Per
questo
motivo,
i
due
congiurati
riuscirono
a
preparare
solo
uno
dei
due
chilogrammi
di
esplosivo
preparati
per
l’attentato.
La
fretta
nella
preparazione
fu
fatale:
l’ordigno,
di
potenza
dimezzata
rispetto
al
previsto,
non
riuscì
neanche
a
ferire
gravemente
Hitler,
il
quale
si
trovava
distante
dall’esplosione
e fu
protetto
dal
massiccio
tavolo
da
conferenza
in
legno
di
quercia;
inoltre,
a
causa
dell’intenso
caldo,
la
riunione
era
stata
spostata
dall’abituale
bunker,
quindi
l’esplosione
risultò
meno
devastante
del
previsto.
Rimasero
uccise
quattro
persone,
tutti
i
presenti
riportarono
ferite
ma
Hitler
ne
uscì
quasi
illeso.
Stauffenberg
apprese
del
fallimento
solo
in
seguito,
a
Berlino,
dove
era
riuscito
a
fuggire
per
via
aerea
grazie
ai
complici
all’interno
del
Ministero
della
Guerra
del
Reich.
Dopo
il
fallimento
del
colpo
di
Stato,
la
notte
stessa,
il
colonnello
Klaus
Von
Stauffenberg,
il
generale
Olbricht,
il
colonnello
Mertz
e il
tenente
Von
Haften
vennero
catturati
e
fucilati.
La
famiglia
di
Von
Stauffenberg
venne
smembrata:
i
suoi
quattro
figli
furono
messi
sotto
falso
nome
in
un
orfanotrofio,
la
moglie
Nina
fu
tenuta
prigioniera
in
provincia
di
Bolzano
e il
fratello
maggiore
del
Colonnello
venne
giustiziato.
Solo
all’arrivo
delle
truppe
alleate
furono
liberati
e
poterono
riunirsi
dopo
la
fine
della
guerra.