N. 94 - Ottobre 2015
(CXXV)
Rolling Thunder
Lyndon Johnson e il Vietnam
di Giovanni De Notaris
Dopo l’assassinio di John F. Kennedy il 22 novembre 1963 a Dallas gli successe il suo vice Lyndon Johnson che come prima patata bollente dovette occuparsi della questione del Vietnam.
Il
movimento
vietcong
– i
guerriglieri
comunisti
– si
mostrava
infatti
sempre
più
potente
e
ramificato.
I
guerriglieri
scavavano
trappole
lungo
i
sentieri
e le
strade,
oltre
a
gallerie
lunghe
chilometri,
grazie
alle
quali
scomparivano
nel
nulla
per
poi
riapparire
alle
spalle
degli
americani.
L’esercito
del
Vietnam
del
Sud
era
allo
stremo
così
il
presidente
decise
un
di
mandare
più
soldati.
In
realtà
Johnson
era
dubbioso
sul
conflitto.
Non
sapeva
se
era
il
caso
di
inviare
truppe
o
disimpegnarsi.
Nel
1964
però
la
CIA
avvertì
il
presidente
che
i
vietcong
ricevevano
sostegni
dal
Vietnam
del
Nord
e
quindi
propose
di
iniziare
delle
incursioni
per
costringere
il
governo
di
Hanoi,
capitale
del
Vietnam
del
Nord,
a
non
sostenere
più
i
vietcong.
Nel
1964
il
contingente
americano
salì
a
quota
24.000
unità
per
poi
crescere
di
anno
in
anno
fino
a
raggiungere
nel
1967
la
quota
di
450.000
soldati.
Utili
agli
attacchi
furono
poi
i
famosi
bombardieri
B52,
le
“fortezze
volanti”,
che
dalla
base
dell’isola
di
Guam
nell’Oceano
Pacifico,
partivano
per
bombardare
il
Vietnam
del
Nord.
La
7°
flotta
pattugliava
invece
la
costa
vietnamita
mantenendosi
in
acque
internazionali.
Fu
però
il
1964
l’anno
dell’inizio
del
vero
e
proprio
conflitto.
Il 4
agosto
infatti
la
7°
flotta
attaccò
tre
motovedette
vietnamite,
nel
golfo
di
Tonchino,
uccidendo
alcuni
membri
dell’equipaggio.
Il
governo
americano
definì
la
cosa
come
un
contrattacco
causato
da
un’aggressione
delle
forze
navali
nord-vietnamite,
cosa
che
poi
si
sarebbe
rivelata
falsa.
Tutto
ebbe
inizio
il
1°
agosto
quando
il
cacciatorpediniere
USS
Maddox,
che
aveva
ordine
di
restare
a 8
miglia
nautiche
dalla
terraferma
e a
4
dalle
isole
costiere
del
golfo
di
Tonchino,
nel
Vietnam
del
Nord,
durante
la
notte
monitorò
un
attacco
contro
l’isola
di
Hon
Me
nel
golfo
di
Tonchino.
Il 2
agosto
individuò
poi
tre
motovedette
in
avvicinamento
e
avvertì
il
comando
della
7°
flotta
che
se
non
si
fossero
allontanate
avrebbe
aperto
il
fuoco.
In
appoggio
furono
inviati
i
cacciatorpediniere
Turner
Joy
e
Ticonderoga.
Verso
le
15.00
del
2
agosto
il
Maddox
aprì
il
fuoco
contro
le
motovedette.
Contemporaneamente
quattro
aerei
F-8E
attaccarono
anch’essi
le
motovedette
uccidendo
alcuni
marinai
e
danneggiando
le
imbarcazioni.
Il 3
agosto
Johnson
annunciò
che
il
pattugliamento
nel
golfo
sarebbe
continuato
e
gli
Stati
Uniti
inviarono
una
nota
di
protesta
al
governo
di
Hanoi.
Nella
notte
del
4
agosto
però
le
tre
motovedette
ritornarono
alla
carica.
I
cacciatorpediniere
americani
inviarono
un
messaggio
affermando
di
essere
sotto
attacco.
I
comandanti
della
Maddox
e
del
Turner
Joy
aprirono
il
fuoco.
Quella
stessa
notte
Johnson
ordinò
un
attacco
aereo
contro
le
basi
navali
nord-vietnamite.
In
realtà
il
messaggio
era
stato
frainteso
perché
si
riferiva
al
primo
scontro
tra
le
navi
non
all’ultimo.
E su
questo
equivoco
scoppiò
la
guerra,
che
venne
autorizzata
il 7
agosto
dal
Congresso.
Solo
al
termine
del
suo
mandato
Johnson
avrebbe
capito
quello
che
realmente
era
accaduto.
A
capo
delle
operazioni
fu
posto
il
generale
William
Westmoreland.
La
CIA
intanto
aveva
provato
a
addestrare
delle
pattuglie
paramilitari
per
dare
la
caccia
ai
vietcong
che
terrorizzavano
gli
abitanti
dei
villaggi
e
che
per
questo
venivano
aiutati
e
protetti.
Nel
1964
compirono
un
attentato
al
segretario
alla
Difesa
Robert
McNamara
a
Saigon,
capitale
del
Vietnam
del
Sud,
che
fallì.
Il 7
febbraio
1965
i
vietcong
attaccarono
poi
una
base
americana
a
Pleiku,
nel
Vietnam
del
Sud,
e
Johnson
reagì
con
durezza
orinando
bombardamenti
sul
Vietnam
del
Nord,
con
bombe
convenzionali
e
napalm,
dando
il
via
all’operazione
“Rolling
Thunder”.
Il
30
marzo
fu
colpito
il
quartier
generale
della
CIA
a
Saigon
vicino
all’ambasciata
americana
provocando
morti
e
feriti
anche
all’esterno.
Negli
Stati
Uniti
intanto
cominciavano
le
manifestazioni
contro
la
guerra,
anche
perché
i
bombardamenti
con
il
napalm
non
avevano
sortito
alcun
effetto.
Così
nel
1965
ci
fu
un
escalation
nei
bombardamenti.
Non
era
possibile
infatti
sconfiggere
un
nemico
impossibile
da
vedere.
Inoltre
la
Russia,
la
Cina
ma
anche
alcuni
paesi
europei,
come
la
Germania
Est
e la
Cecoslovacchia,
supportavano
lo
sforzo
nordvietnamita.
Le
spese
di
guerra
americane
erano
salite
a
quota
30.000.000.000
di
dollari
l’anno.
I
soldati
dispiegati
erano
184.000.
Il
problema
in
realtà
era
fermare
i
rifornimenti
di
uomini
e
mezzi
che
dal
Laos,
tramite
il
sentiero
di
Ho
Chi
Minh,
giungevano
in
Vietnam.
Così
l’aeronautica
cominciò
a
bombardare
la
giungla
del
Laos
con
i
bombardieri
B52.
Nel
1966
McNamara
cominciò
però
a
convincersi
che
bisognasse
smettere
i
bombardamenti
sul
Nord
perché
si
era
capito
che
tra
soldati
regolari
e
irregolari
il
numero
di
unità
nord-vietnamite
dopo
due
anni
di
attacchi
era
invariato
e
quindi
non
era
possibile
vincere
la
guerra.
Intanto
le
proteste
in
America
continuavano
con
la
famosa
marcia
a
Washington
dell’ottobre
1967.
Il
1968
fu
l’anno
più
duro,
in
particolare
per
la
famosa
offensiva
del
Tet,
il
capodanno
buddista,
che
si
festeggia
alla
fine
di
gennaio.
Il
presidente
del
Vietnam
del
Sud,
Nguyen
Van
Thieu,
aveva
annunciato
una
tregua
di
48
ore.
Il
27
gennaio
pure
il
Fronte
di
Liberazione
Nazionale
aveva
stabilito
una
tregua
di
una
settimana.
Il
31
gennaio
però,
in
piena
violazione
della
tregua,
i
vietcong
e
l’armata
nordvietnamita
-400.000
uomini-
attaccarono,
mentre
buona
parte
dei
soldati
americani
erano
impegnati
ai
confini
con
Laos
e
Cambogia
per
interrompere
i
rifornimenti
che
dai
quei
paesi
giungevano
ai
guerriglieri.
I
vietcong
e i
soldati
regolari
attaccarono
dunque
varie
località
tra
cui
il
quartier
generale
dell’esercito
del
Sud
a
Saigon,
oltre
a
vari
capoluoghi
di
provincia
e
basi
aeree.
Una
parte
di
Saigon
cadde
nelle
mani
del
nemico
che
instaurò
un
governo
provvisorio
mentre
un
attacco
all’ambasciata
americana
fu
respinto
con
gravissime
perdite.
Dopo
un
mese
di
guerra
e
100.000
tonnellate
di
bombe,
gli
americani
liberarono
Saigon.
Seppur
riconquistassero
tutte
le
postazioni
perdute
questo
fece
loro
capire
che
un
vittoria
era
ormai
impossibile.
E fu
in
questo
clima
che
il
16
marzo
1968
si
verificò
pure
l’orrendo
massacro
di
My
Lai,
un
villaggio
dove
la
Compagnia
“Charlie”
dell’11°
brigata
massacrò
347
persone,
tutti
civili
innocenti
scatenando
un’ondata
di
risentimento
in
tutti
gli
Stati
Uniti.
Cosicché,
nello
stesso
mese,
quando
ormai
si
era
percepito
che
non
vi
sarebbe
stata
alcuna
vittoria,
e
che
il
prestigio
degli
Stati
Uniti
era
rovinato,
Johnson
annunciò
la
fine
dei
bombardamenti
e la
sua
rinuncia
a
correre
per
un
altro
mandato.