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N. 89 - Maggio 2015 (CXX)

OPERAZIONE GOODWOOD
UNA PAGINA CONTROVERSA DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

di Riccardo De Rosa

 

Agli inizi del luglio 1944, i comandanti alleati in Normandia si trovarono di fronte a un grosso dilemma: come fare per uscire dalla Normandia, sfondare le linee tedesche ed occupare il più rapidamente possibile Parigi?

 

Anche senza tenere conto dell’enorme rientro propagandistico che un successo in tal senso avrebbe rappresentato, in termini politico–militari non si poteva trascurare la brillante offensiva dell’alleato russo in Ucraina che stava letteralmente spazzando via il Gruppo di Armate Centro Tedesco. Un importante risultato a quel punto si imponeva ai responsabili delle operazioni militari, considerata anche la necessità di spezzare definitivamente l’ostinata e tenace resistenza opposta dalle truppe tedesche che, dopo lo sbarco, avevano conteso il terreno agli alleati metro per metro.

 

Ed è in questo contesto che va inquadrata l’operazione Godwood originata, quindi, da un duplice ordine di cause: una strettamente militare, accelerare l’avanzata che dopo lo sbarco era stata, per opinione generale, troppo lenta, aiutando così anche lo sfondamento americano; l’altra più personale e umana, derivante dalle continue frizioni tra il Generale B. L. Montgomery (Comandante del 21° Gruppo D’Armate) ed il Generale Dempsey (Comandante della 2ª Armata Britannica), sempre più irritato dalle pressanti interferenze di Montgomery sulla sua azione di comando, situazione che si oggettivò in una crescente polemica tra i due generali inglesi. Dempsey mordeva il freno per dimostrare le sue capacità al di fuori del ristretto campo di battaglia normanno, Monty procedeva con la sua abituale prudenza, giudicata da molti eccessiva.

 

Con questo piano d’attacco i britannici si proponevano di operare uno sfondamento risolutivo delle linee nemiche e costringere i tedeschi ad abbandonare la zona di Bourguèbus, resistenza che impediva il pieno sviluppo della potenza alleata, pur numericamente superiore, nella piana di Falaise (adatta anche per la costruzione di aeroporti), spiegamento che per il Comandante della Tactical Air Force, l’Air Chief Coningham, aveva invece priorità assoluta e per la quale stava mettendo Montgomery sotto pressione da vari giorni.

 

Con un telegramma del 13 luglio 1944, Montgomery informò Eisenhower del piano, chiarendo che era sua intenzione scatenare un attacco contro le difese germaniche al di là del fiume Orne avvalendosi di 3 divisioni corazzate, trovando la piena approvazione del generale americano.

 

Per cercare di ridurre al minimo le incertezze degli ufficiali al suo comando, Montgomery inviò il giorno seguente il tenente colonnello Dawney, suo aiutante, ad illustrare le sue intenzioni: eliminare il maggior numero di truppe nemiche ed impegnare in combattimento i reparti corazzati avversari, causando loro i maggiori danni possibili.

 

A questo punto Dempsey, in un colloquio privato che ebbe con Montgomery, precisò le sue perplessità: come trasportare 750 carri armati in una testa di ponte di 5 miglia senza che i tedeschi se ne accorgessero; come avere la certezza della completa bonifica dei campi minati; come ottenere l’effetto sorpresa considerando la presenza degli osservatori tedeschi sulle torri del villaggio di Colombelles; come e dove posizionare l’artiglieria di supporto, 700 cannoni. Nel complesso però il generale si mostrò abbastanza favorevole al piano, suggerendo a Montgomery che con le sue forze corazzate avrebbe potuto tentare il final breakout, cioè quello sfondamento decisivo che avrebbe eliminato la maggior parte delle forze nemiche e reso forse inutili ulteriori operazioni americane. Proposta che Montgomery rifiutò recisamente, trincerandosi dietro quello che per lui era l’elemento più rilevante dell’operazione, l’eliminazione del Bourguèbus plateau, dove gli alleati contavano di installare un importante campo d’aviazione.

 

La posizione di Dempsey (come avrebbe chiarito a Sir B. Lidell Hart in un memoriale nel 1951) è solo apparentemente contraddittoria, dato che, in caso di collasso delle difese nemiche, egli aveva un piano ben preciso in mente: utilizzare tutti i passaggi sull’Orne per colpire il nemico su tutto il fronte che si estendeva sino a Caen, in modo da far crollare in un colpo solo l’apparato difensivo tedesco. Le sue ambizioni furono invece molto ostacolate da Montgomery, che evidentemente non accettava l’idea di non apparire l’unico regista dell’intera operazione.

 

Il territorio su cui si sarebbe svolta l’operazione si trovava al limite estremo orientale della linea del fronte in Normandia, dove i britannici avevano costituito una piccola testa di ponte di 5 miglia, appena al di là del fiume Orne e l’elemento di maggior attrattiva – forse più nelle intenzioni di Dempsey – era che, una volta operato uno sfondamento in profondità, si sarebbe aperto un vasto pianoro favorevole al pieno dispiegarsi dei mezzi corazzati alleati numericamente superiori. Ma la strategia alleata non aveva tenuto conto che la zona era intensamente coltivata a vigneti, costellata di piccoli villaggi con costruzioni in pietra e che questi borghi erano stati muniti dai tedeschi di fortini ben mimetizzati, che sfruttavano la solidità delle case in pietra, mentre il Bouguèbus aveva un dislivello verso il fiume di ben 60 metri, prima di ricadere verso la pianura e ciò costituiva un serio handicap per i carri armati dell’attaccante, problema di cui i tedeschi si erano perfettamente resi conto, infatti avevano concentrato gran parte delle batterie anticarro da 88mm proprio lì.

 

L’ordine di battaglia di Montgomery per l’operazione prevedeva lo schieramento di nomi di grande prestigio dell’esercito inglese, anche per far risaltare il più possibile la sua posizione (sin dal tempo della campagna in Africa Settentrionale era noto quanto curasse le relazioni con la stampa e l’opinione pubblica). Nell’organigramma compaiono infatti nomi come 11ª Divisione Corazzata, 7ª Brigata Corazzata Guardie, 11ª Divisione Corazzata, 5ª Brigata Corazzata Guardia, 32° Gruppo da Combattimento Guardie e 2° Corpo Canadese. Più nel dettaglio, obiettivo iniziale era il raggiungimento della linea Grentheville–Cagny, arduo compito che spettava all’11ª, mentre i reparti delle Guardie avrebbero dovuto assicurare i fianchi dell’attacco su Cagny e stabilire una testa di ponte nella zona di Vimont.

 

Per quel che riguarda invece lo schieramento difensivo tedesco, esso comprendeva la 16ª Divisione da campo della Luftwaffe, la 21ª Divisione Corazzata, mentre le Divisioni Corazzate SS 1ª e 12ª si trovavano in immediata riserva. Le altre truppe germaniche schierate erano il Kampfgruppe Wunsche (forte di 13 Panther V, 18 Panzer IV, 10 Jagdpanther IV e 4 Wespe SP da 105 mm), con l’aggiunta di 78 pezzi da 88 mm del 3° Flak Korps.

 

La 12ª Divisione Corazzata può essere considerata più alla stregua di un Kampf Gruppe, avendo perso più di 3000 uomini nei combattimenti precedenti (il suo Reggimento Corazzato aveva perso il 25% delle proprie forze, il 25° Reggimento Granatieri Corazzato il 25%, il 26° Reggimento Granatieri Corazzato più del 30%). In una posizione leggermente migliore era il cosiddetto KampfGruppe Wunsche, composto da 13 Panzer V, 18 Panzer IV, 10 Jagdpanzer IV, 4 Wespe con cannone da 105mm. Delle due divisioni SS, la più forte era la prima, che poteva contare sul 501° SS Tigre (17 Panzer VI), oltre al 1° SS Reggimento Corazzato con 59 Panzer V Panther, 46 Panther IV.

 

È stato fatto un paragone tra l’operazione Goodwood e la battaglia di Kursk dell’anno precedente, similitudine forse non appropriata a causa del diverso contesto strategico: a Kursk i tedeschi, demoralizzati dopo il disastro di Stalingrado, si trovarono di fronte un nemico numericamente superiore, con il morale molto alto e che aveva avuto molto tempo a disposizione per organizzare le proprie difese. Per Hitler, Kursk fu il vero e proprio least attempt per rovesciare una situazione definitivamente compromessa.

 

I tedeschi che fronteggiarono gli inglesi a Goodwood, per quanto disciplinati e tenaci, erano reduci da quasi un mese e mezzo di estenuanti combattimenti dal giorno del D – Day, le loro formazioni si erano già dissanguate per il “dogma” hitleriano di non cedere un pollice di terreno al nemico (non a caso la divisione più malconcia all’inizio dell’operazione era una Panzer delle SS). Ciononostante esse resistettero con energia e grande professionalità all’attacco britannico, riuscendo più di una volta a mettere in seria crisi l’offensiva nemica.

 

Goodwood fu preceduta da intensi attacchi aerei, nella convinzione che questi fossero sufficienti a fiaccare il morale e le risorse del nemico, ma Montgomery non aveva considerato il fatto che i suoi soldati si sarebbero trovati di fronte una difesa tedesca sparsa su un fitto reticolo di fattorie e piccoli villaggi, usati come veri e propri strong points, per frantumare la continuità della linea d’attacco in una serie di piccoli duelli, esperienza che le formazioni tedesche ben conoscevano dalla campagna di Russia.

 

Alle 05.45 del 18 luglio iniziarono le operazioni di preparazione all’attacco: 1056 Halifax e Lancaster tempestarono le linee tedesche (sganciando 7000 tonnellate di esplosivo), nella stessa giornata RAF e USAAF compirono 1700 sortite operative, annotate con crescente tensione anche dal generale tedesco Von Luttwitz (comandante della 2ª Divisione Panzer), che scrisse nelle sue memorie che per appoggiare un semplice attacco di due compagnie di fanteria, i britannici giunsero al punto di sparare qualcosa come 3500 colpi in due ore.

 

I primi tedeschi catturati dalle pattuglie d’avanguardia apparvero disorientati e spaventati, il che forse contribuì ad ingenerare negli attaccanti la falsa speranza che l’offensiva si sarebbe risolta presto, aspettativa rafforzata anche dall’inaspettata resa di 400 elementi della 16ª Luftwaffe Division.

 

Nella fase iniziale vennero occupati, seppur con qualche difficoltà, i villaggi di Cuverville e Demouville, mentre la seconda fase iniziò alle 08.50, a sud-est del fiume Orne.

 

Le prime sgradite sorprese gli alleati le ebbero quando, dopo le 09.00, si trovarono di fronte un nutrito numero di carri tedeschi ben mimetizzati che misero fuori combattimento più di 20 carri inglesi. Ciò significava che i tedeschi avevano superato l’iniziale disorientamento causato dal fuoco di preparazione e si avviavano a reagire in maniera organizzata.

 

Infatti da questo momento le cose per l’attaccante cambiarono drasticamente e quella che sulle prime sembrava un’operazione da risolvere in tempi relativamente brevi si stava trasformando in una battaglia difficile e sanguinosa. Le due formazioni più avanzate, il 3° Reale Reggimento Carri e il 2° Fife and Forfar Yeomanry si trovarono in seria difficoltà, mentre la Divisione Guardie (su cui Montgomery aveva fatto molto affidamento) era in forte ritardo sulla tabella di marcia. A ciò si aggiunga che l’artiglieria di supporto era rimasta molto indietro, rendendo gran parte del tiro inefficace, e che il fumo causato dagli incendi e la polvere sollevata dai mezzi in movimento ostacolavano il tiro degli aerei (circa il 25% dei lanci risultò inefficace).

 

I tedeschi a partire dal tardo pomeriggio scatenarono una serie di mirati contrattacchi che contribuirono a rallentare ulteriormente l’avanzata inglese. Le forze corazzate britanniche raggiunsero la collina Bourgebous solo verso l’imbrunire, dopo essersi lasciate alle spalle sacche di resistenza nemiche che impegnarono seriamente e a lungo la fanteria. Inoltre l’artiglieria tedesca, che sulla collina aveva subito perdite limitate, bloccò sul nascere ogni tentativo inglese di occupare il prezioso avamposto, importante punto di osservazione su gran parte del campo di battaglia.

 

Il 19 luglio le truppe inglesi ripresero l’attacco con modesti progressi, dato che la Divisione Guardie Corazzate riuscì con molta fatica a prendere Le Poirer, mentre la 3ª Divisione Fanteria prese Emièville e Troarn. Il primo significativo risultato lo ottennero le truppe canadesi che si impossessarono di Fleury-Sur-Orne, cioè conquistarono la Quota 67, altro importante punto di osservazione per gli artiglieri germanici.

 

Ciononostante la resistenza germanica rimaneva forte e ostinata e il Bourgebous, obiettivo principale dell’operazione, era ancora in mano ai tedeschi, che vi inviarono anche una formazione di Tiger a supporto della difesa.

 

Un battaglione della 21ª Panzer riuscì a bloccare vari tentativi offensivi del Fife and Forfar Yeomanry, infliggendo a questo reparto notevoli perdite e costringendolo a un parziale ripiegamento. Le perdite dell’unità, 29 carri, furono a un certo punto talmente gravi, da costringere il Comando Britannico ad unificarla con il 23° Hussars che, sempre il 19, tentò un nuovo attacco contro la collina, difesa anche da vari carri Panther, fallendo e perdendo nel combattimento 16 carri.

 

Il fuoco tedesco fu devastante, si pensi che i mezzi corazzati inglesi persi a causa delle mine anticarro non furono tanti, la maggior parte fu distrutta o seriamente danneggiata dalla micidiale precisione di tiro anticarro dei cannoni e dei panzer tedeschi, anche se dati precisi sono noti solo per la 11ª Divisione, che perse per le mine solo 5 degli 286 mezzi operativi distrutti o danneggiati, in una percentuale dell’1,75%.

 

Altro errore degli inglesi fu la pianificazione del transito dei mezzi, dato che per far passare circa 8000 veicoli erano disponibili solo 6 piccoli ponti sull’Orne, con la conseguenza che sovente le formazioni corazzate furono costrette a fronteggiare i tedeschi senza adeguato supporto di fanteria.

 

Ciò accadde anche all’11ª Corazzata, che attaccò in maniera scoordinata, dividendo le forze di fanteria che si dovettero attardare a eliminare vari centri di resistenza nemici a Cuverville e Demouville, mentre i reparti corazzati attaccarono da soli il Bourgebous, forse confidando in una difesa tedesca affievolita dagli attacchi aerei e dal precedente sbarramento di artiglieria, al contrario vennero accolti da un nutrito fuoco di difesa di cannoni e carri armati, che inflissero loro notevoli perdite: gli inglesi continuavano a commettere l’errore, già fatto a più riprese in Nord Africa, di far attaccare singole unità corazzate senza un adeguato supporto, senza riunirle in gruppi multi-arma.

 

I contrattacchi tedeschi continuarono per tutto il 19 e il 20, mentre il 21 luglio Dempsey, considerato l’esaurirsi della spinta offensiva delle sue forze – che in effetti non erano andate molto oltre i risultati acquisiti nella prima giornata dell’attacco – decise di fermare le operazioni, sostituendo la fanteria ai reparti corazzati.

 

Le perdite anglo-canadesi erano state molto alte (quasi 5500 uomini), soprattutto se le si rapporta all’estrema modestia dei risultati ottenuti, consistenti nell’acquisizione delle poche località francesi citate, in una limitata testa di ponte oltre il fiume Orne mentre il grosso cuneo nelle linee tedesche, la vera speranza e l’obiettivo reale di Goodwood, non erano stati raggiunti.

 

Ben poco si può eccepire sullo sforzo che la RAF e l’USAAF fecero per appoggiare le truppe a terra, dato che nel corso dell’operazione si poterono annoverare, tra 2ª RAF e 9ª USAAF, un totale di 12787 sortite di appoggio aereo. Gravi invece furono le perdite britanniche dei mezzi corazzati (l’11ª Divisione Corazzata ebbe il 34% delle perdite), quasi 400 carri tra distrutti o gravemente danneggiati a fronte di 109 tedeschi.

 

I tedeschi, pur avendo subito anche loro notevoli perdite di truppe e materiali (è stato calcolato che le perdite del personale delle sole divisioni corazzate SS ammontarono a quasi 3500 uomini), erano riusciti non solo a sostenere l’impeto nemico, ma in più occasioni avevano opposto efficaci contrattacchi che misero il comando britannico in seria difficoltà.

 

L’operazione Goodwood ebbe almeno il merito di aver contribuito a convincere i generali tedeschi che le forze anglo-canadesi costituissero per loro il pericolo maggiore, di modo che, quando gli americani lanciarono la loro offensiva denominata in codice Cobra, operando un decisivo sfondamento delle linee tedesche, essi si trovarono di fronte all’equivalente di due divisioni corazzate nemiche, contro le sei che ancora fronteggiavano inglesi e canadesi.



 

 

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