L’ONU TRA GUERRE E ARMI NUCLEARI
QUALCHE UTILE RIFLESSIONE
di Giovanna D’Arbitrio
La guerra in Ucraina ha rinnovato e
incrementato in modo drammatico la
paura dell’Umanità sull’uso di armi
nucleari, nonché sull’esistenza di
numerose centrali nucleari che
potrebbero diventare un obiettivo
sensibile nei conflitti o causare
ulteriori distruttività innescate da
terremoti e mutamenti climatici. E
ci si chiede spesso come mai l’ONU
non riesca a incidere in modo
efficace su tali pericoli. Prima di
riflettere sulle cause di tutto ciò,
ci sembra giusto esaminare il
percorso dell’ONU fin dal lontano
1945.
Fondata dopo la seconda guerra
mondiale con l’obiettivo di
prevenire futuri conflitti, l’ONU
iniziò il suo percorso il 25 aprile
1945 quando i rappresentanti di 50
governi si incontrarono a San
Francisco per redigere la Carta
delle Nazioni Unite, entrata in
vigore il 24 ottobre successivo.
Anche se in essa non vi è alcun
riferimento esplicito alle armi
nucleari, l’immane tragedia di
Hiroshima e Nagasaki senz’altro
influenzò i suoi estensori, come si
evince dal punto 4 dell’articolo 2
che proibisce l’uso della forza e il
punto 1 dell’articolo 11 in cui si
affida all’Assemblea Generale le
responsabilità su disarmo e
regolamentazione di armamenti.
Nel 1946, pertanto, la suddetta
Assemblea si preoccupò di creare una
“commissione allo scopo di
affrontare i problemi generati dalla
scoperta dell’energia atomica”,
stabilendo essenziali obiettivi,
quali favorire lo scambio delle
informazioni scientifiche, impiegare
l’energia atomica solo a scopi
pacifici, controllare le violazioni
di tali principi.
Mirando all’obiettivo di “salvare
le generazioni future dal flagello
della guerra”, la Carta, già nel
preambolo, cerca di creare le
condizioni per una possibile pace,
difendendo a livello internazionale
i fondamentali diritti umani, la
dignità di ogni persona, il rispetto
della giustizia e della legislazione
internazionale.
Simbolo di una nuova speranza per
l’Umanità, sebbene l’ONU abbia in
qualche modo lottato contro le
difficoltà di tanti cambiamenti
epocali, oggi assistiamo al
proliferare di armi nucleari per
l’egoismo di molti Stati che
perseguono i propri interessi
nazionali, trascurando trattati e
norme internazionali. E come al
solito anche in questo caso si parla
più di effetti che di cause.
In tanti Tg, dibattiti televisivi,
giornali e quant’altro poco si parla
delle cause che spesso bloccano
importanti decisioni ONU e di tanti
organismi internazionali, come il
voto all’unanimità (presente anche
in UE) e il diritto di veto,
riservato nel Consiglio di sicurezza
(che riflette ancora il contesto
post bellico) ai cinque paesi
vincitori – Cina, Francia, Russia,
Inghilterra e Stati Uniti – i quali
secondo lo statuto rimangono membri
permanenti.
Tale sistema ha portato più volte a
una situazione di stallo e ha
impedito la gestione di gravi crisi,
come la guerra in Ucraina o in Siria
o in tante altre guerre oggi
volutamente dimenticate. Ed è chiaro
che il voto all’unanimità (non a
maggioranza), ostacola la soluzione
di gravi problemi (anche in UE),
poiché sono le nazioni più potenti a
predominare e decidere.
Nel caso della guerra in Ucraina,
con la Russia sempre presente tra i
cinque membri permanenti e tra loro
oltretutto diversamente schierati in
tale crisi, ogni fattivo intervento
ONU a favore della pace appare
impossibile. E pertanto, anche se la
suddetta guerra oggi sta mettendo a
rischio la pace mondiale, l’ONU ha
le mani legate. Comunque ha
dichiarato quanto segue: «La
Carta ONU è chiara: qualsiasi
annessione del territorio di uno
stato da parte di un altro stato
risultante dalla minaccia o dall’uso
della forza è una violazione dei
principi della Carta e del diritto
internazionale».
Ovviamente lo Statuto oggi dovrebbe
essere in parte modificato e
aggiornato, ma come iniziare tale
processo? A quanto pare la Svizzera
sta cercando di promuovere una
riforma sostenuta da 60 Paesi, per
chiedere ai membri permanenti di
rinunciare al diritto di veto almeno
per bloccare gravi reati, come
crimini contro l’umanità o il
genocidio.
La strada verso un mondo libero da
armi nucleari e da tanti altri
pericoli che minacciano l’Umanità
appare ancora molto lunga e irta di
ostacoli: forse sarà necessario
creare un nuovo sistema di relazioni
internazionali basato su solidarietà
e più saldi concetti etici.
Albert Einstein affermò quanto
segue: «La prima bomba atomica ha
distrutto ben più che la città di
Hiroshima. Ha fatto esplodere le
nostre superate idee politiche,
quali le abbiamo ereditate (…) Come
abbiamo cambiato il nostro modo di
pensare nel mondo della scienza pura
per abbracciare concetti più nuovi
ed utili, così dobbiamo cambiare il
nostro modo di pensare nel mondo
della politica. È troppo tardi per
commettere errori».
Riusciremo a non commetterne ancora?