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N. 23 - Novembre 2009
(LIV)
L'onda degli accreditati
i retroscena della festa del cinema di roma
di Leila Tavi
Al
primo
impatto,
e
senza
pregiudizi
politici,
l’ultima
edizione
del
Festival
internazionale
del
Film
di
Roma
sembrava
rispondere
a
tutti
gli
standard
di
civiltà
richiesti
a
una
manifestazione
culturale
internazionale:
navette
ecologiche,
raccolta
differenziata,
impatto
zero.
A
guardare
bene
a
fondo,
invece,
c’è
stato
il
popolo
degli
accreditati
che
ha
particolarmente
sofferto
in
questa
edizione:
solo
cento
posti
riservati
in
sala
a
fronte
di
almeno
un
migliaio
e
duecento
paganti.
Impopolare
decisione
rispetto
alla
tanto
civile
regola
della
rush
line
delle
edizioni
precedenti.
Ci
riferiamo
alla
categoria
degli
accreditati
“blu”,
non
ai
giornalisti,
gli
accreditati
“gialli”,
a
cui,
deus
gratias,
sono
garantite
per
consuetudine
le
anteprime
stampa.
Il
programma
un
po’
sottotono
ha
favorito
visitatori
non
addetti
ai
lavori
e
ospiti
non
paganti
degli
sponsor,
che
sono
accorsi
in
massa
in
occasione
dei
red
carpet
di
richiamo
come
quello
di
Meryl
Streep
o
delle
distribuzioni
di
confetti
come
gadget
per
la
promozione
della
commedia
Oggi
sposi.
Già,
perché
Venezia
ha
per
tradizione
un
pubblico
di
“professionisti”,
che
si
ritrova
annualmente
raccolto,
quasi
isolato,
sul
Lido
per
due
settimane,
invece
Roma
pullula
di
gente
desiderosa
di
novità,
mondana
e
festaiola,
che
non
si
lascia
scappare
nessuna
vetrina
per
mettersi
in
mostra.
Così
per
i
badge
blu
è
stato
un
vero
e
proprio
inferno;
dopo
file
chilometriche
paragonabili
alle
terribili
очередь
sovietiche,
dopo
attese
kafkiane,
li
abbiamo
visti
in
fuga
per
accaparrarsi
i
primi
cento
posti
ogni
qualvolta
sono
riusciti,
con
orgoglio,
a
rompere
le
righe
organizzate
da
buttafuori
in
stile
discoteca
per
teenager
di
quarta
categoria.
Accreditati
gialli
e
blu
si
sono
ritrovati
insieme
nella
Sala
Cinema
Ikea,
semivuota
a
causa
della
diserzione
della
stampa,
soprattutto
internazionale.
Ma
le
sgomitate
e il
malcontento
si
sono
fatti
sentire
proprio
nel
momento
in
cui
l’organizzazione
dell’evento
avrebbe
dovuto
dare
il
meglio
di
sé
con
i
suoi
ospiti
e
gli
addetti
ai
lavori:
la
cerimonia
di
premiazione.
Agli
accreditati
è
stato
riservato
un
trattamento
da
bestie
da
macello,
tenuti
fermi
in
un
cordone
per
più
di
due
ore,
rassicurati
dal
fatto
che
l’essere
entro
il
“cordone
sanitario”
avrebbe
dato
la
matematica
certezza
di
poter
entrare,
mentre
sul
red
carpet,
srotolato
per
l’occasione
fino
sulle
scale
che
conducono
alla
sala
Sinopoli,
passavano
gli
invitati,
per
la
maggior
parte
anonime
facce
avvezze
agli
ambienti
politici,
poco
scenografici
per
l’occasione.
Così
poco
scenografici
che
si è
venuta
a
creare
la
situazione
per
cui
l’evento
della
manifestazione
non
è
stata
la
cerimonia
di
premiazione,
ma
l’onda
degli
accreditati
urlante
stipata
nel
cordone
sanitario.
L’attesa
lunga
e
snervante,
ancora
in
soprabito,
nell’atrio
appositamente
riscaldato
per
le
invitate
in
lungo;
le
due
ore
passate
a
disquisire
con
i
buttafuori,
gli
unici
interlocutori
concessi
all’onda
cinefila,
irritata
dall’incapacità
organizzativa;
le
grevi
maniere
dei
suddetti
buttafuori;
le
smorfie
di
saccenti
signorine,
entourage
di
chissà
quale
capo
organizzatore,
hanno
creato
tutti
i
presupposti
per
la
chiassosa
reazione
degli
accreditati.
In
poco
tempo
i
fotografi,
delusi
dalla
troppo
austera
passerella
sulle
scale
della
sala
Sinopoli,
hanno
spostato
la
loro
attenzione
sul
cordone
sanitario,
senza
rispetto
per
i
colleghi
che
si
trovavano
in
quella
imbarazzante
situazione.
Una
situazione
gestita
in
malo
modo,
senza
tenere
conto
delle
aspettative
di
colore
che,
seguita
la
manifestazione
dall’inizio
alla
fine,
si
sono
visti
depredati
dell
diritto
di
poter
avere
non
un
posto
nel
parterre,
ma
un
posto
qualsiasi
in
galleria,
per
senso
di
appartenenza
al
mondo
del
cinema,
per
amore
del
cinema.
Al
loro
posto
si
sono
seduti
anonimi
personaggi
che
sembravano
usciti
da
un
film
di
Piel
Jutzi.
Ho
un
solo
nitido
ricordo
della
cerimonia
di
premiazione
di
questa
edizione:
il
fondoschiena
di
una
signorina,
seduta
davanti
a
me,
in
miniabito
di
paillette,
che
si è
alzata
alla
fine
del
film
ed è
stata
impalata
davanti
a me
mentre
scorrevano
i
titoli
di
coda,
indaffarata
a
sistemarsi
il
filo
del
perizoma
con
entrambe
le
mani.
Come
non
dare
ragione
all’onda
degli
accreditati?
È
ormai
noto
che
l’Italia
è un
paese
in
via
di
sottosviluppo,
ma
che
gli
intellettuali
siano
i
nuovi
emarginati
nel
nostro
Paese
è un
boccone
amaro
da
mandare
giù.
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