N. 135 - Marzo 2019
(CLXVI)
ONOMASIOLOGIA, CARATTERI E PSICOLOGIA
A PROPOSITO DI OMERO
di Apostolos Apostolou
Il
termine
“carattere”
secondo
Freud
e
Jung
descrive
le
motivazioni
del
comportamento
e i
tratti
di
personalità.
I
due
filosofi
utilizzarono
solo
il
termine
“carattere”
e
mai
i
termini
“personalità”
o
“temperamento”.
Troviamo
il
concetto
e
non
il
termine
“temperamento”
in
Ippocrate
però
con
un’accezione
medica,
cioè
riferito
ai
tratti
somatici.
Al
giorno
d’oggi
parliamo
di
“personalità”
(dopo
l’avvento
del
Cristianesimo)
e di
“temperamento”
(in
seguito
alla
psicologia
degli
ultimi
anni).
Secondo
Dott.
Alessando
Monno
«I
termini
temperamento,
carattere
e
personalità
sono
entrati
a
far
parte
del
linguaggio
comune
al
punto
tale
che
il
loro
reale
significato,
come
costrutto
psicologico,
è
andato
perso
o
fortemente
distorto.
Ad
esempio,
capita
abbastanza
frequentemente
che
di
fronte
a
qualche
difficoltà
nel
cambiare
modo
di
pensare
o di
agire
si
evochi
il
concetto
di
carattere
come
qualcosa
d’immodificabile
e
innato:
“il
carattere
non
lo
puoi
cambiare,
se
uno
nasce
tondo
non
diventa
quadrato”;
o
nel
caso
della
fine
di
una
relazione
interpersonale
si
dica
“avevamo
caratteri
incompatibili”».
Nei
due
poemi
in
lingua
greca
più
conosciuti,
l’Iliade
e
l’Odissea
di
Omero,
esiste
una
filosofia
dell’«onomasiologia».
E
nell’«Onomasiologia»
di
Omero
passano
tutti
i
caratteri,
i
temperamenti
e le
personalità
come
suggeriscono
nomi
degli
eroi.
Omero
era
il
padre
dell’«Onomasiologia».
L’Onomasiologia
è la
scienza
che
esamina
il
nome
anche
attraverso
il
concetto
e il
contenuto
del
nome.
L’«onomasiologia»
si
articola
in
tre
parti:
l’etimologia
che
spiega
l’origine
del
nome,
l’omonimia
che
rende
conto
dei
significati
diversi,
la
polionomia
che
raccoglie
i
sinonimi.
(Vede:
Liebenthal,
De
constitutione
politices,
cit.,
th.
3,
pp.
2–3;
Matthiae,
Systema
politicum,
cit.,
«Prolegomena»,
1,
pp.
1–3).
Nell’«onomasiologia»
di
Omero
coesistono
i
caratteri
e le
personalità
degli
uomini.
Possiamo
vedere
alcuni
esempi:
Il
nome
Ulisse
/
Odisseo,
proviene
dal
verbo
greco
«οδύσσομαι»
che
significa
adirarsi.
Secondo
Omero,
Ulisse
era
il
figlio
di
pietra.
Il
nome
Penelope
proviene
dal
sostantivo
greco
πήν
significa
trama,
e
dal
verbo
greco
λέπω
che
significa
svolgere,
cosi
il
nome
Penelope
significa
tessitore.
“Finchè
il
giorno
splendea,
tessea
la
tela
/
Superba,
e
poi
la
distessea
la
notte…”
Agelao
era
il
figlio
di
Damastore.
Fu
ucciso
da
Ulisse.
La
parola
è
sintetica
da
“Ag”e
che
proviene
dal
verbo
greco
antico
ἄγω
che
significa
conduco,
guido,
governo, educo,
comando.
Il
secondo
sintetico
della
parola
e il
sostantivo
laos
(λαός)
cioè
popolo.
Cosi
la
parola
“Agelaos”
significa
lui
che
guida
le
folle,
o in
una
nozione
più ampia di ermeneutica
la
manipolazione
involgarente
delle
masse.
Antinoo
era
il
figlio
di
Eupite
e
uno
dei
capi
dei
Proci;
ordì
il
complotto
per
uccidere
Telemaco
durante
il
suo
ritorno
dal
continente,
e fu
tra
quelli
che
istigarono
la
lotta
tra
Ulisse
(travestito
da
mendicante)
e il
mendicante
Iro.
Fu
la
prima
vittima
di
Ulisse.
Anche
qui
la
parola
“Antinoo”
è
sintetica
dalla
preposizione
anti
(αντί)
che
significa
di
fronte
a, o
invece,
e
dal
sostantivo
νοῦς
o
νόος
(noûs,
“nus”).
Secondo
la
filosofia
greca,
la
parola
“nus”
ha
il
significato
della
“diànoia”,
della
ragione.
Cioè
il
nome
Αntinoos,
vuole
dire
pensiero,
funziona
come ”arte”
del
trovare
e
presentare
i
propri
argomenti,
così
da
convincere
gli
ascoltatori
col
suscitare
precisamente
la
disposizione
d’animo
voluta
e
(come
fu
loro
rimproverato)
da
“rendere
prevalente
il
discorso
(per
sé)
meno
forte”.
Quello
che
fanno
i
sofisti
greci.
Anfinomo
era
il
principe
di
Dulichio,
il
più
bello
dei
Proci
(pretendenti
di
Penelope).
Prudente
e
assennato,
mostrò
cortesia
verso
Ulisse
travestito,
che
cercò
di
convincerlo
ad
abbandonare
la
reggia.
Ma
l’avvertimento
non
venne
ascoltato,
e
Anfinomo
condivise
il
destino
degli
altri
pretendenti.
La
parola
(o
il
nome)
“Antinomo”
è
sintetica.
Il
primo
sintetico
“anfi”
significa
da
due
parti,
o
doppio,
mentre
il
secondo
νόμος,
nòmos
(cioè
legge).
Anfinomo
significa
dunque
l’assenza
del
senso
della
legge,
tra
il
forte
e il
debole,
tra
il
ricco
e il
povero,
tra
il
padrone
e il
servitore:
quel
che
opprime
è la
libertà,
quel
che
affranca
è la
legge.
Quando
lo
stato
opprime
la
libertà
del
popolo
e
affranca
l’impunità
di
cui
godono
gli
iniziati,
gli
iniziati
che
governano.
Demoptolemo
(gr.
Δημοπτόλεμος,
lat.
Demoptolemus)
è un
personaggio
che
compare
solo
nel
corso
della
strage
finale
descritta
nel
Libro
XXII
dell’Odissea.
Omero
lo
mostra
tra
quelli
che
“si
distinguevano
nel
valore”
(XXII,
244).
Su
invito
di
Agelao,
insieme
ad
altri
scaglia
la
sua
asta
contro
Odissea,
tuttavia
Atena
rende
inefficace
il
suo
colpo
e
Ulisse
lo
uccide,
mentre
contemporaneamente
viene
abbattuto
Euriade
per
mano
di
Telemaco
(XXII,
247-267).
Il
termine
“Demoptolemo”
proviene
dalla
parola
“demos”
in
greco
antico
δῆμος,
designa
il
popolo,
e
più
specificamente
il
governo
popolare.
Tra
le
funzioni
statali
del
demos,
era
anche
quella
di
fornire
allo
Stato
i
membri
della
bulè.
E il
secondo
sintetico
“ptolemos”,
appartiene
un
tipo
parallelo
di
polemos
cioè
la
guerra.
Di
conseguenza
Demoptolemo
significa
colui
che
combatte
la
volontà
del
popolo.
Secondo
Omero
la
dialettica
nell’Odissea,
si
esprime
dal
pretendente
di
Penelope
che
si
chiama
Alcinoo
(dal
greco Ἀλκίνοος),
re
dei
Feaci,
figlio
di
Nausito,
fratello
di
Ressenore
e
discendente
di
Poseidone.
Anche
un
altro
personaggio
nella
filosofia
politica
di
Omero
e
Nestore.
“Nestore” (in
greco Νέστωρ)
è
una
figura della
mitologia
greca
e
esprime
secondo
Omero
l’alienazione.
Appare
nell'Iliade e
nel
III
libro dell'Odissea.
Secondo
Weber
ciò
che
si
ricava
dalla
comprensione
delle
azioni
sociali
è
il tipo
ideale (Idealtypus),
cioè
un
particolare modello
concettuale.
Il
primo
che
ha
parlato
di
tipo
ideale
fu
Omero:
il
tipo
d’ideale
secondo
Omero
deriva
dalla
realtà
concreta
e
sono
presenti
collegamenti
unitari
e
coerenti
con
i
fatti
esistiti.