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N. 16- Settembre 2006

LA GRANDE OMBRA DEL RE SOLE

L’Affare dei veleni nella Francia illuminata di Luigi XIV

di Alessia Ghisi Migliari

 

Ombre alle spalle del Re Sole.

Piuttosto paradossale eppure coerente.

Durante il lungo e fecondo regno del sovrano per eccellenza, avvenne una delle più intricate e ambigue faccende di Francia, che coinvolse enormi nomi dell’epoca, e dipinse un affresco di amoralità che avrebbe potuto scompigliare persino i vertici del potere.

Trattando la questione, Voltaire scrisse che “ Il crimine infettò Parigi”.

Ma, forse, è meglio cominciare dall’inizio.

INCIPIT

Marie-Madeleine d’Aubray, marchesa de Brinvilliers, era nata nel 1630 e, figlia del suo tempo e della sua classe sociale, era stata sposata ad un uomo anziano scelto per lei, senza per questo impedirle di vivere liberamente la propria sessualità con gli amanti del momento.

Poichè il matrimonio  era un contratto a tavolino, e la Francia una signora libertina, nessuno si scandalizzava che la bella e assai appassionata fanciulla si dedicasse a gradevoli incontri.

Si dice fosse perennemente bisognosa di soldi e sesso, e che fosse di un’ambizione sfrenata e senza etica.

Di fatto, però, la sua vita divenne degna di nota dopo l’incontro con Gaudin Sainte-Croix, uomo di pessima fama con cui iniziò una relazione solo momentaneamente interrotta da un ‘soggiorno in carcere’ dell’amato.

Al ritorno, l’ex galeotto porta con sè preziosi segreti imparati in prigione, da esperti dell’arte italiana : l’avvelenamento.

La coppia decide quindi di mettere in pratica quanto appreso, ed il primo a morire è il padre di Marie, seguito da due sorelle della ‘pulzella’, un fratello, un lacchè.

E, prima ancora, pare, da povere anime dell’Ospedale Maggiore, ove la d’Aubray andava a elargire la sua elevata compassione: da qualche parte, bisogna pur fare sercizio.

Quando Sainte-Croix morì misteriosamente nel suo laboratorio (e pare che la sua bella non fosse stranea alla cosa), lasciò un diario nel quale accusava la nobildonna degli efferati omicidi.

La marchesa trovò quindi riparo in un convento (in cui non c’era estradizione), da dove però fuggì stupidamente una sera, per un convegno amoroso con un finto abate, che in realtà era il Luogotenente Desgrais. All’esterno, non aveva alcuna protezione legale.

In più, pur parendo inizialmente una santa donna calunniata, fu ritrovata nella sua cella un’attenta descrizione dei suoi passati ‘peccatucci’ in una sorta di lettera a Dio: tra lenzuola violate (andavano bene anche fratelli e cugini) e veleni vari, si può dire che proprio un angelo non fosse, anche se qualche dubbio sulla sua stabilità mentale sarebbe oggi lecito.

Ma, nel processo che la vide protagonista nel 1676, mostrò di sè un’immagine dignitosa, coraggiosa, stoica, quasi mistica. Torturata, umiliata in pubblico,  decapitata e messa al rogo (per suo stesso desiderio di purificazione), divenne un vero e proprio oggetto di venerazione, una sorta di martire del Sistema.

E – soprattutto – fu la mano che  alzò il sipario sull’ Affare dei veleni.

ALTRI ‘PICCOLI’ OMICIDI

Spostata una foglia, si trovano altri rami.

Il sadismo calcolatore di Madeleine aveva finito per sollevare domande anche su altri strani decessi : il veleno spaventava chiunque, soprattutto il Re.

Ad occuparsi delle indagini fu dunque il virtuoso e integerrimo Nicolas de La Reynie, Luogotenente generale di polizia.

Nel 1677 fece arrestare Madeleine Guénivau, vedova di un esattore giustiziato per ricettazione. La signora aveva avuto una lunga liason con un avvocato del Gran Consiglio, Faurie,  passato a miglior vita d’improvviso. ‘Consigliata di collaborare’, si riuscì anche per ‘serendipità’ a scovare chi fosse a fornire il veleno : un gentiluomo e soldato di Provenza, Louis de Vanens, un gruppo di popolane che si occupavano di magia e aborti, e persino un prete.

Ma La Reynie era ormai convinto che il territorio da sondare fosse ben più vasto.

Il problema è che la vastità è spesso profonda.

E il signor Vanens si scoprì essere coinvolto anche nella morte del duca di Savoia Carlo Emanuele III e del conte di Soissons.

Emerse un quadro sconvolgente : a Parigi, mandanti e ipotetiche vittime, erano in numero notevole.

Pareva che avvelenare fosse divenuta una moda, anche e soprattutto ‘tra i piani alti’.

E Luigi XIV decise di mostrare il suo sacro polso.

LA CAMERA ARDENTE

Nome lugubre, ma nulla di mortuario : la Camera Ardente fu il tribunale speciale isituito dal monarca proprio per la situazione contingente (fu appellata così per i drappi neri e le fiaccole che ornavano l’aula), composta da illustri membri e aventi fra i relatori proprio La Reynie.

Coloro che uscivano da quella sinistra stanza come indiziati, venivano proposti al Re stesso per l’incarcerazione.

La Camera lavorò dal 1679 al 1682, tenendo 210 sedute, e ‘offrendo’ solo un grado di giudizio. In tutto, detto altrimenti, 36 condanne a morte (con  ‘optional’ di tortura), 23 esiliati, 5 condannati all’ergastolo, molti destinati ad essere sorvegliati.

Ma era ormai chiaro che le menti di questi piani stavano altrove, in nicchie elevate.

Molto.

Troppo.

Dove è facile nascondersi, soprattutto per alcuni.

MADAME DE MONTESPAN

Era la favorita diabolica, anche senza bisogno dei veleni.

Luigi XIV ne ebbe molte, di ‘vice-regine’, a cui faceva infinite concessioni e che erano spesso impegnate a intrigare.

Lei non riuscì a diventare come la quieta e leale Madame de Maintenon moglie morganatica del re, ma gli fu accanto, magnifica e affabulatrice, per lungo tempo.

Considerata, opulenta e sensuale, donna bellissima e di intelletto sveglio, sarcastica più che angelica, diede al sovrano molti figli, alcuni anche legittimati, e persino nella decadenza del suo fisico matronale e dello scorrere del tempo, continuò ad essere per Luigi XIV una persona importante e presente.

Il fascino prorpio non le mancava, ma aveva il pessimo vizio di trasformare la sua astuzia in eccessiva furbizia.

E non aveva alcuna intenzione di passare in secondo piano.

Si sa, l’amore di un dio in terra è un pò volubile.

La Montespan iniziò quindi a cercare nel sovrannaturale qualche soluzione contro le sue numerose, giovani e attraenti rivali.

E prese quindi l’abitudine a frequentare il mago Lesage, l’abate Mariette e altri personaggi equivoci dediti a riti esoterici, soprattutto la celebre Catherine Deshayes Montvoisin, la ‘strega’ nota come La Voisin.

Venne alla luce che la quarantenne fattucchiera, indovina, scaltraVoisin era al centro dell’Affare dei veleni, e formulava malocchi, si dava agli avvelenamenti come fosse occupazione quotidiana (appunto anche quando si trattava di potenziali o effettive amanti di Luigi). E, ancor più, aveva anche a che fare con messe nere.

Cui la Montespan partecipava senza andare troppo per il sottile, entusiasta dei malefici lanciati e di invocazioni sataniche.

Il che ptorebbe parere tutt’al più  folclore esagerato, se non fosse che si arrivò al sacrificio di neonati presi da sfortunate popolane.

Bambini uccisi per ingraziarsi qualche nome degli inferi, giusto perchè l’amore di un re vale questo e ancora più.

La Voisin finì sul rogo, e la tenacia di Luigi XIV nel perseguire i colpevoli dei misfatti frenò bruscamente.

Fino ad allora convinto assertore di punizioni esemplari, con l’ingresso nelle indagini della sua Athenais (così si chiamava la favorita) ordinò  espressamente, di fronte a prove gravi e indubitabili, di lasciare cadere le accuse e le ricerche sull’amata (e su altri importanti esponenti della sua Corte).

Era ormai certo non fossero pure invenzioni (almeno i fatti più gravi), e lei malgrado tutto era la madre di molti suoi figli.

Gli incartamenti si riempirono di Omissis, e la Montespan perse definitivamente l’apprezzamento del suo Re, ma tenne titoli, denari e soprattutto la vita.

EPILOGO

A lungo considerato pettegolezzo da romanziere, l’Affare dei veleni è ormai realtà storica, malgrado i molti punti interrogativi e ciò che non verrà mai chiaramente stabilito (Re Sole fece distruggere gli incartamenti di La Reynie quando questi morì).

Monumento a un’aristocrazia e a un potere corrotti e spietati, alla fine a pagare furono per lo più i meno abbienti, senza dubbio anche qualche innocente.

Figlia della luminosa Francia del Sole, questa realtà poco studiata dà forma più di ogni altra alla pieghe ignote di tanta gloria, sussurrando nomi importantissimi, come quello ( niente di meno che) la favorita del sovrano.

Come scrisse l’inesauribile fonte di informazioni che è la principessa Palatina (nel confrontare Athenais ad una precedente innamorata del re), “La Montespan (...) aveva splendidi capelli biondi, bella mani e belle braccia. La de La Valliere non le aveva, ma era molto pulita mentre la Montespan era una donna sporca. Dentro e fuori”.



 

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