N. 35 - Novembre 2010
(LXVI)
oLPE CHIGI
Manifesto dei giovani aristocratici corinzi
di Federica Caputo
L’olpe è un tipo di brocca
dalla
bocca
circolare
impiegata
nel
mondo
antico
per
attingere
e
versare
liquidi.
Veniva
frequentemente
utilizzata
per
versare
il
vino
ai
convitati
durante
i
simposi.
L’olpe in questione fu
ritrovata
in
una
tomba
etrusca
nel
territorio
di
Veio.
Era
stata
prodotta
in
Grecia,
a
Corinto,
e
poi
donata
o
venduta
a un
principe
etrusco.
Corinto ebbe nel VII
secolo
a.C.
un
ruolo
importantissimo
dal
punto
di
vista
commerciale,
politico
e
nondimeno
artistico.
Celebri
sono
infatti
le
produzioni
ceramiche
corinzie
di
questo
periodo.
A testimonianza di questo
sviluppo
artistico
Plinio
il
Vecchio,
nella
sua
Naturalis
Historia
(VII,
198),
ci
racconta
che
la
ruota
del
tornio
ceramico
fu
inventata
proprio
a
Corinto.
L’olpe, datata tra il
640-630
a.C.
segnala
il
passaggio
tra
Protocorinzio
Medio
e
Protocorinzio
Tardo.
Per
Protocorinzio
si
intende
uno
stile
che
si
sviluppa
a
Corinto
dal
720
a.C.:
questo
stile
include
decorazioni
ceramiche,
caratterizzate
da
elementi
innovativi,
di
origine
orientale.
Il VII secolo a.C., in
ambito
greco
artistico,
è
noto
come
“Età
orientalizzante”,
e si
differenzia
dalla
precedente
“Età
geometrica”
(XI-VIII
secolo
a.C.)
per
l’apertura
al
mondo
orientale
e la
capacità
di
assimilazione
verso
i
risultati
artistici
di
questo.
Si
esce
quindi
dalla
semplice
decorazione
geometrica
e
essenziale
(seppure
non
scontata)
che
aveva
caratterizzato
il
periodo
precedente.
L’olpe, alta 26 cm e
oggi
conservata
a
Roma,
al
Museo
Nazionale
di
Villa
Giulia,
fu
decorata
da
un
abile
ma
anonimo
miniaturista.
Le
decorazioni
sono
organizzate
in
tre
fregi.
Nel primo fregio dall’alto
vediamo
rappresentate
due
schiere
di
opliti,
che
si
preparano
allo
scontro.
I
fanti
sono
schierati
a
falange.
Il
fatto
che
Corinto
fosse
una
potenza
militare
è
provato
storicamente,
ed è
evidente
come
la
cura
minuziosa
con
cui
sono
descritte
le
armi
nell’olpe,
sia
una
testimonianza
di
ciò.
Nel secondo fregio, che
è il
più
importante
ed è
collocato
nel
punto
di
massima
espansione
del
vaso,
sono
rappresentati
una
caccia
al
leone
e il
giudizio
di
Paride.
Il terzo fregio rappresenta
una
scena
di
caccia
alla
lepre.
Le figure sono disposte
in
profondità.
Gli
spazi
vuoti
di
ogni
fregio
sono
riempiti
da
decorazioni
floreali
o
altri
motivi.
L’olpe
Chigi
è
l’esempio
lampante
del
passaggio
dalla
rappresentazione
di
figure
attraverso
la
tecnica
della
silhouette
alla
tecnica
a “figure
nere”,
in
cui
sono
utilizzate
linee
di
contorno
e
linee
incise
per
i
particolari.
Estesi
sono
i
ritocchi
policromi
in
bianco,
giallo,
rosso
e
bruno:
questo
è un
importante
elemento
di
rottura
rispetto
alla
precedente
monocromia.
Mario
Torelli
(n.
1937),
docente
di
Archeologia
Italica
e
Cultura
degli
Etruschi
all’Università
di
Perugia,
ha
proposto
una
lettura
dell’olpe
Chigi,
accolta
con
grande
entusiasmo.
Egli
vede
le
rappresentazioni
del
vaso
come
la
narrazione
del
percorso
a
cui
un
giovane
aristocratico
della
Corinto
tirannica
del
VII
secolo
si
deve
sottoporre.
La
guerra
e la
caccia
erano
certamente
momenti
fondamentali
nei
quali
il
giovane
corinzio
poteva
dar
prova
della
propria
virtù,
o
per
dirla
alla
greca,
aretè.
La
caccia
alla
lepre
era
poi
una
prova
fondamentale
da
affrontare
per
il
passaggio
dall’adolescenza
all’età
adulta,
attestata
anche
in
altre
raffigurazioni
artistiche.
Un
po’
più
complessa
è
l’analisi
della
rappresentazione
del
“Giudizio
di
Paride”.
Se
si
legge
l’episodio
come
prefigurazione
del
premio
delle
nozze
splendide,
allora
la
scena
del
primo
fregio
potrebbe
alludere
alla
guerra
di
Troia,
e in
questa
chiave
interpretativa
diventerebbe
l’avvertimento
delle
conseguenze
di
“nozze
sbagliate”.
Dunque,
accettando
questa
convincente
lettura
di
Torelli,
possiamo
definire
l’olpe
Chigi
un
manifesto
del
percorso
educativo
dei
giovani
aristocratici
corinzi.