contemporanea
A PROPOSITO DI OLOCAUSTO
L'IMPORTANZA DI RICORDARE UNA STRAGE
CHE ANdò
contro ogni umano diritto
di Valentina Alaimo
L’olocausto è il termine con il quale si
indica il genocidio di tutti gli ebrei
d’Europa e di tutte le categorie di
persone ritenute “inferiori”.
Sicuramente indica una delle pagine più
buie e brutali della storia dell’umanità
ma la sua conoscenza e il suo ricordo
sono assolutamente necessari perché,
soprattutto in una società come la
nostra intrisa di egoismo e pregiudizi,
possa non ripetersi una simile strage.
Ma cosa sta alla base del genocidio
attuato durante la Seconda Guerra
Mondiale?
Si tratta di un elemento ideologico
specifico ed è la cosiddetta “questione
della razza”, infatti la purezza della
specie è l’elemento che contraddistingue
la politica nazista e che poi dilagherà
anche in quella fascista.
Tutto comincia il 15 settembre del 1935,
giorno in cui vengono promulgate le
leggi di Norimberga, traduzione
giuridica della gerarchia razzista,
passo che spiana la strada al processo
di discriminazione ed espulsione degli
Ebrei dalla società. Il primo
provvedimento è quello riguardante la
cittadinanza, secondo cui gli ebrei non
sono più cittadini tedeschi, il secondo
è la legge per la protezione del sangue
e l’onore tedesco che proibisce i
matrimoni misti e la condivisione degli
spazi tra Ebrei e non Ebrei.
In Italia la radicata opposizione
antigiudaica della chiesa Cattolica
rappresentò sicuramente un supporto alla
politica antisemita. A Torino nel 1934
viene attuata una delle prime campagne
diffamatorie nei confronti degli Ebrei;
infatti sui muri della città apparvero
dei manifesti che accusarono gli ebrei
di complottare contro il fascismo. Da
quel momento, e soprattutto dal 1936 il
fascismo comincia la campagna
discriminatoria contro quella definita
“razza giudaica” arrivando a definire lo
stato d’emergenza antisemita.
Il culmine viene raggiunto il 14 luglio
1938 con la pubblicazione del “Manifesto
della razza”, cui seguono i
provvedimenti legislativi. Le
limitazioni riguardavano gli impieghi
statali, il matrimonio, la possibilità
di utilizzare i mezzi pubblici e
addirittura l’accesso all’istruzione;
insomma la progressiva espulsione della
società e dalla vita pubblica della
razza ebraica. Alcuni Ebrei cercarono
difficilmente di emigrare, altri
decisero di adattarsi, ma pochi si
resero conto di stare subendo la totale
perdita dei diritti. La loro condizione
diventò ancora più grave con l’entrata
in guerra dell’Italia.
Il termine “lager” deriva dal tedesco
Konzentrationslager che significa
appunto “campo di concentramento”. Ogni
campo è differente per comando, contesto
geografico, numero e tipologia di
deportati, inoltre con l’evolversi del
conflitto molti di questi campi nati con
uno specifico obbiettivo cambiarono
funzione. A differenza delle prigioni, i
campi di concentramento erano fuori dal
sistema giudiziario quindi per essere
internati non era necessario sostenere
un processo, ma era sufficiente un
semplice provvedimento
politico-amministrativo.
Bisogna precisare che i lager non furono
inventati dai nazisti, la storia ci
fornisce molti esempi di luoghi analoghi
per l’internamento di militari e civili.
L’unicità dei lager nazisti rispetto
agli altri esempi storici sta nell’uso
massificato e sistematico di queste
strutture. Il primo lager nazista venne
istituito solo poche settimane dopo la
presa del potere di Hitler e verrà
utilizzato per la detenzione temporanea
di oppositori politici; ne seguiranno
molti altri che diventeranno il pilastro
portante di un sistema centralizzato di
repressione e controllo della
popolazione del Terzo Reich.
I nazisti accompagnarono la loro
politica di espansione in Italia con
l’istituzione di nuovi lager nei
territori che man mano occupavano. Tra
il 1936 e il 1938 vengono aperti i lager
di Buchenwald, Flossenburg,
Sachsenhausen, Ravensbruck e Mauthausen,
fino alla fine del 1938 il numero degli
internati è di circa 25.000 persone, ma
questo numero aumenterà
vertiginosamente.
Auschwitz entra in funzione nel 1940 e
si estende progressivamente fino ad
arrivare a un’estensione di 50
sottocampi per un’estensione di circa 40
km quadrati. Anche in Italia vi erano
veri e propri campi di concentramento
già da prima dell’armistizio dell’8
settembre del 1943, vi venivano
internati tutti coloro considerati
potenziali oppositori al regime.
Vi erano diverse tipologie di deportati
cui veniva abbinato un simbolo
particolare: ai Rom e ai Sinti veniva
abbinato il triangolo nero, agli
oppositori politici il triangolo rosso,
agli omosessuali il triangolo rosa, ai
criminali comuni il triangolo verde,
agli Ebrei la stella gialla e ai
testimoni di Geova il triangolo viola. |