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turismo storico


N. 94 - Ottobre 2015 (CXXV)

oasi e Parchi naturali italiani
TRA Ecoturismo, tutela E valorizzazioNE

di Monica Vargiu

 

Vi sono, nel nostro Paese, luoghi geografici, esempi singolari di biodiversità che, incontrando il nostro sguardo, si tramutano in veri e propri luoghi dell’anima; sono scenari mozzafiato, dotati di un’allure magica e struggente e di un’energia primordiale che ci riconducono alle nostre radici più profonde e diventano specchio arcano e bellissimo della nostra identità culturale e territoriale.

 

Il patrimonio ambientale è una delle tante declinazioni della nostra ricchezza, una matrice di civiltà e di appartenenza costituita da molteplici peculiarità che abbiamo il dovere morale di custodire, tutelare e valorizzare e che, proprio perché rappresentano delle unicità irripetibili diventano un’opportunità, se lette e interpretate in un contesto globale sempre più urbanizzato e frenetico.

 

L’Italia è il paese europeo maggiormente ricco di specie animali e vegetali che trovano il loro habitat naturale nelle aree protette, e che, proprio per questo motivo, diventano veri e propri laboratori scientifici a cielo aperto, strutture attive e sperimentali di ricerca e conservazione, ma anche zone di “fruizione” economica e imprenditoriale se interpretate e utilizzate in modo etico.

 

Proprio l’individuazione di “formule vincenti” nel rapporto uomo-natura è l’impegno che l’UNESCO si è prefissato fin dal lontano 1971 e che, nella pratica, si articola con la formulazione di modelli di governance, norme e protocolli, atti alla conservazione e sviluppo delle aree poste sotto vincolo di tutela.

 

Il passaggio di testimone alle differenti realtà nazionali dei singoli stati, è passato al ministero dell’Ambiente, che ha sviluppato competenze specifiche all’interno del sistema UNESCO, con l’obiettivo finale di protezione e promozione del Patrimonio Naturale; una progressione ulteriore di questa reale presa di coscienza si è concretizzata di recente, durante il semestre europeo a guida italiana con la sottoscrizione della Carta di Roma del 17 dicembre 2014, nella quale si sono sviluppati intenti e propositi specifici, volti a creare un’attiva contabilità del “Capitale Naturale” da verificare e aggiornare costantemente.

 

In conseguenza di ciò si è sviluppata un’area progettuale di salvaguardia e valorizzazione volta a utilizzare in maniera efficace produttiva e mirata, i fondi stanziati ogni anno dalla Comunità Europea, il cui uso, per troppo tempo è stato disatteso a causa di poca lungimiranza e deficitaria capacità organizzativa.

 

Nell’Atlante socio-economico delle Aree Protette Italiane, sono censiti 24 Parchi Nazionali, che costituiscono il 5% del territorio italiano, 152 Parchi Regionali, 29 Aree Marine Protette e 3765 Comuni sono attivamente tutelati da Rete Natura; se si pensa che solo per i Parchi Nazionali operano a vario titolo più di 68.000 imprese e che, questa cifra si decuplica nello specifico ambito dei Parchi Regionali, ci si rende facilmente conto, che questa è una realtà economica importante che, se ottimizzata con gli strumenti più consoni, sempre sotto l’egida dell’etica, può a diritto diventare una voce importante della nostra economia e non certo un’operazione in perdita.

 

L’evoluzione del “modello” tanto in voga nel Romanticismo, che vedeva nella natura una risorsa prettamente estetica, può dunque essere messa in atto con intelligenza, sensibilità e senso comune di responsabilità, sviluppando le interazioni fra l’uomo e la natura in un contesto mentale più ampio, che si faccia carico del rispetto degli scenari ambientali e che ne esalti le caratteristiche senza snaturarle per soddisfare interessi faziosi e avidità di guadagni.

 

Attraverso un “nuova visione” che amplifica e pone l’accento sulle modalità autoctone del territorio, si sta sviluppando in maniera molto più marcata rispetto al passato, un legame più corrispondente fra le differenti realtà dei Parchi e l’agricoltura, che, con la crescente globalizzazione, si era ritrovata poco competitiva a livello di costi, inoltre, i continui dictat di Bruxelles in materia, avevano ulteriormente penalizzato il settore, ponendolo in seria crisi economica e d’ identità.

 

Attualmente, anche se la Comunità Europea spesso pone dei vincoli burocratici paralizzanti e al limite del paradosso, la produzione di prodotti agricoli delle Aree Naturali, interamente biologici e certificati e, la sempre crescente acquisizione di marchi DOP, IGP, DOC, IGT per i prodotti tipici, ha creato o meglio riscoperto, un mercato parallelo di nicchia che si contrappone e compete in maniera brillante con quello più anonimo e commerciale della grande distribuzione e con quello più sleale della contraffazione, facendo della qualità e dell’unicità, l’unico e vero suo marchio di fabbrica.

 

L’intervento del Presidente di Legambiente al FestambientExpo, ha ribadito l’importanza della ripresa dell’attività agricola nelle zone protette, una svolta importante poiché ogni anno, queste realtà economico-ambientali, attraggono oltre cento milioni di turisti, l’indotto supera i dodici miliardi di euro e lo stesso settore dell’offerta sportiva connessa è in perenne espansione.

 

Sono dunque cifre di tutto rispetto, che ci dovrebbero portare ad un impegno sempre maggiore, anche perché, l’ONU stesso ha espressamente chiesto l’impegno alle varie realtà nazionali, di aumentare, entro il 2020 di almeno il 17% le Aree terrestri protette e del 10% le omologhe aree marine; tutto sommato questa richiesta formale, ma imperativa per il pianeta, non è solo un’esigenza o un limite, ma un’opportunità concreta per la creazione di settori lavorativi dotati di competenze manuali e intellettuali sempre più specifiche e qualificate.

 

Un altro settore che è oramai parte integrante della rete di connessione con il territorio è quello dell’industria turistica, che collabora attivamente con organizzazioni governative e enti indipendenti, con l’intento di ottimizzare e calibrare in maniera sempre più specifica il proprio operato, e con il fine ultimo di creare una nuova tendenza identitaria della propria attività che è meglio riassunta con il nome di turismo responsabile o anche ecoturismo.

 

Nel 2005, l’Associazione Italiana del Turismo responsabile ha messo l’accento proprio sulla questione fondamentale del principio di giustizia sociale e di quella economica, nonché sul rispetto dell’ambiente e delle civiltà; a tal proposito si sono avviati dei veri e propri programmi di specializzazione e di certificazione degli operatori ecoturistici, un marchio di autenticità etica che si contrappone agli operatori cinici e senza scrupoli, ancora purtroppo massicciamente presenti sul nostro territorio, interessati unicamente ai facili profitti.

 

L’Ecoturismo identifica il suo intento principale nell’utilizzo delle risorse naturali, sociali etiche e culturali, ma a tutto ciò, unisce l’esigenza di garantire l’integrità e l’accrescimento delle stesse.

 

Perché tutto ciò sia possibile occorre sposare una transizione da una filosofia “antropocentrica” a una filosofia “biocentrica”, in modo che lo sviluppo sia sostenibile e che si minimizzi al massimo l’impatto ambientale, mettendo così, al primo posto, il valore intrinseco delle risorse naturali.

 

Se, come afferma Papa Francesco nella sua ultima enciclica a vocazione ambientalista citando La Genesi, “Siamo noi stessi Terra”, e interpreta quest’ultima come “Casa Comune”, di cui siamo “Custodi e non padroni”, la vera e unica sfida è riconoscere e accettare la grandezza e positiva “gravosità” di questo impegno, ma, per fare tutto ciò, non bastano le leggi, i protocolli e i divieti, quella che serve veramente è una nuova consapevolezza e una forte motivazione e aggiungerei, anche la capacità di saper analizzare le situazioni da angolazioni sempre differenti che dialoghino fra loro in maniera costruttiva e senza preconcetti con l’unico intento di agire per il bene della collettività.



 

 

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