N. 17 - Ottobre 2006
LA NUOVA DESTRA IN AUSTRIA
L'erede di Haider, Heinz-Christian
Strache
di
Leila
Tavi
A una settimana dalle consultazioni elettorali in
Austria per le politiche, presentiamo ai lettori di
InStoria un’analisi della nuova dirigenza della
Freiheitlichen Partei Österreichs (FPÖ),
Partito per la Libertà, il partito che fino alla
scissione del 23 aprile 2005 era guidato da Jörg
Haider. La figura di spicco a capo della FPÖ è
oggi Heinz-Christian Strache.
Strache è nato il 12 giugno 1969 a Vienna, nipote di
soldato delle SS; prima di intraprendere la carriera
politica è stato un odontotecnico.
Il debutto in politica è stato nel 1991, con la carica
di Bezirksrat, consigliere municipale,
che ha ricoperto fino al 1996; nel 1998 è diventato
capo della sezione Wien-Landstraße e incaricato
di presiedere il Ring Freiheitlicher Jugend,
l’organizzazione giovanile del FPÖ.
A soli 35 anni è stato nominato, nel 2004, capo della
FPÖ di Vienna e, dopo la scissione di aprile, è stato
eletto capo del partito durante un congresso a
Salisburgo con il 93,75% dei voti dei 431 delegati
presenti.
Fino alla scissione il suo pensiero politico è stato
perfettamente in linea con quello di Haider; già dai
primi mesi del 2005, però, ci sono state le prime
divergenze rispetto alla politica da adottare nel nome
della FPÖ.
Uno dei motivi che hanno portato all’allontanamento di
Haider è stato il voto favorevole della FPÖ di Haider
all’entrata della Turchia nell’UE.
Strache si è conteso la presidenza della FPÖ con
Ursula Haubner, la sorella di Haider; la sua netta
vittoria, e il conseguente abbandono del partito da
parte di Haider e dei membri del governo della FPÖ, ha
significato per i Freiheitliche un
ritorno alla linea dura e ultranazionalista che ha
caratterizzato la FPÖ dei primi anni, fortemente
intrisa di “Österreichpatriotismus”.
Nell’aprile 2005 Haider ha fondato, sempre a
Salisburgo, un nuovo partito, il Bundnis Zukunft
Österreich (BZÖ), Aleanza per il Futuro
dell’Austria.
Per Strache la “secessione” di Haider ha
significato l’allontanamento di un “traditore”
e il ritorno all’ideologia della destra estremista e
populista.
Le ultime campagne elettorali della FPÖ sono state
caratterizzate da:
1) politiche contro l’immigrazione degli stranieri, in
particolare i turchi e gli africani;
2) previsione di permessi di lavoro agli stranieri
solo a tempo determinato;
3) lotta contro la criminalità organizzata e non
straniera;
4) politiche contro gli omosessuali;
5) misure contro il lavoro nero delle badanti
straniere;
6) il rilancio dell’economia austriaca e la stabilità
dei prezzi;
7) politiche sociali per la famiglia;
8) Stato sociale solo per gli Austriaci
Gli slogan utilizzati:
1)
Wien darf nicht Istanbul werden
(Vienna non deve diventare Istanbul), che riprende un
vecchio slogan di Haider Wien darf nicht Chicago
werden (Vienna non deve diventare Chicago);
2)
Deutsch statt “nix verstehen”
(Lingua tedesca invece di “non capire”);
3)
Daham statt Islam
(Casa propria invece dell’islam);
4)
Pummerin statt Muezzin
(Pummerin è soprannominata la grossa campana
dello Stephansdom di Vienna);
5)
Heimat im Herzen
(La patria nel cuore);
6)
Arbeit statt Zuwanderung
(Posti di lavoro invece dell’immigrazione)
Già nel 2004 l’Oberlandesgericht Wien,
il più alto grado di tribunale per il Land di
Vienna, ha emesso una sentenza in cui l’orientamento
politico di Strache è stato considerato
pericolosamente vicino all’ideologia
nazionalsocialista.
Si può affermare con certezza che il modello seguito
da Strache in politica è quello del secondo idealtipo
weberiano del leader carismatico
e “irrazionale”, che affascina soprattutto le nuove
generazioni.
Durante i “Sommergespräche” di quest’estate,
nel pieno della campagna elettorale, in onda
sull’emittente di stato ÖRF2, Tatjana Lackner,
direttrice di una scuola di parlare assertivo e
consulente d’immagine per molti politici austriaci, ha
analizzato la retorica e il look di Strache.
In pubblico si presenta sempre con una giacca e senza
cravatta, abbronzato e in forma; ha lavorato molto
sulla retorica negli ultimi tempi e l’articolazione
dei suoi discorsi è chiara e facilmente comprensibile
anche alla gente comune.
Durante le interviste alterna slogan a cifre e
statistiche, evita concetti filosofici e prosopopee,
utilizza vocaboli semplici ed espressioni dirette e
d’effetto; si serve spesso espressioni come
“l’importante è…”, “adesso arriviamo a un punto che
considero importante”.
In ogni confronto politico ha insistito più volte
sulla necessità di fissare il prezzo della benzina
(anche se non ha spiegato come) e questo è un
messaggio che ha fatto presa sulla gente.
A suo sfavore giocano il troppo frequente intercalare
con “per meglio dire”, “certamente” e l’utilizzo di
metafore che, se da una parte rendono comprensibili i
concetti, dall’altra fanno sparire per incanto l’aura
carismatica e messianica dal fascino irrazionale del “trascinafolle”.
Un altro punto debole di Strache è, secondo Tatjana
Lackner, l’abitudine di mostrare le dita quando nomina
numeri da 1 a 10: ha un effetto di estraniazione sul
pubblico.
Ancora Strache utilizza spesso, quando gli vengono
poste domande concrete e dirette, la formula
impersonale “si”, indice di una insicurezza rispetto
alle soluzioni prospettate.
Nonostante l’aspetto deciso e sicuro che vuole dare di
sé non riesce a nascondere del tutto le sue emozioni:
spesso fa riferimento alla sua esperienza familiare (Strache
ha vissuto in casa solo con sua madre separata);
emozioni che cerca talvolta di camuffare con
l’aggressività delle parole, come quando, ad esempio,
utilizza l’appellativo “traditore” per Haider.
In questa ultima campagna elettorale Strache ha voluto
trasmettere il suo messaggio ai giovani attraverso un
gingle da scaricare direttamente dal sito della
FPÖ, un rap dal titolo “Österreich zuerst”
(Prima di tutto l’Austria) che, secondo le stime fatte
dagli stessi Freiheitliche, sarebbe stato
scaricato ben 158.000 volte.
Riguardo l’attendibilità dei dati forniti dall’Ufficio
statistico della FPÖ ci sono state in passato delle
controversie con le ONG e le associazioni che tutelano
i diritti degli stranieri in Austria come, ad esempio,
nel settembre 2005, quando, in occasione di un
sondaggio a cura della FPÖ, in cui si chiedeva al
popolo austriaco se era favorevole o contrario
all’immigrazione nel proprio paese, la FPÖ è stata
accusata dalla stampa e dalle ONG di aver
falsificato i dati.
Il 13 e 14 novembre 2005 l’FPÖ del neo eletto Strache
ha organizzato a Vienna una conferenza tra i partiti
nazionalisti di destra europei che si è conclusa con
la firma della “Dichiarazione di Vienna” in cui
si chiede l’abbandono della politica dell’immigrazione
in UE, la difesa dal terrorismo, dall’”islamizzazione”,
dall’imperialismo e dall’aggressione economica dei
paesi con bassi costi di produzione.
Nella Dichiarazione si respinge inoltre la
Costituzione europea e si chiede che a far parte
dell’UE siano solo stati che geograficamente e
culturalmente appartengono all’aerea europea e che ne
vengano perciò esclusi tutti i paesi, come ad esempio
la Turchia, che per religione, cultura ed etnia sono
lontani dal modello europeo occidentale.
Hanno firmato la dichiarazione Jean-Marie Le Pen
per il Front national (Francia),
Alessandra Mussolini per Azione sociale
(Italia), hanno inviato delegati inoltre
Altenativa española
(Spagna), Grande Roumanie (Romania),
Ataka (Bulgaria), Vlaams Belang,
l’ex Vlaam Blok, (Belgio/Fiandre); non hanno
partecipato invece Lega Nord (Italia),
PPD, il Partito del Popolo (Danimarca), PiS,
Legge e Giustizia (Polonia), che però hanno aderito
all’iniziativa.
A marzo di quest’anno Strache ha incontrato la
Mussolini, convenendo con la parlamentare italiana che
“il fascismo ha dato alla società un enorme imput
allo sviluppo.”
Strache si dichiara contrario all’allargamento alla
Turchia, alla Bulgaria e alla Romania; a detta del
capo della FPÖ, da questi ultimi due paesi “hundertausende
Zigeuner warten, zu uns zu kommen” (centinaia
di zingari aspettano per venire da noi [in Austria]).
L’Austria sarebbe, secondo Strache, “ein Magnet
für Asylmissbrauch geworden” (divenuta una
calamita per gli abusi verso la legge sull’asilo) e
che la maggior parte dei richiedenti asilo sono in
verità dei trafficanti di droga.
Per Strache responsabile dell’”immigrazione
selvaggia”, e quindi del declino economico e
sociale dell’Austria, sarebbe l’uscente primo Ministro
Wolfgang Schlüssel (ÖVP), soprannominato da
Strache il “Mini-Metternich”, “der
Schirmherr”, il protettore.
Per arginare gli effetti di una mancata integrazione
della comunità turca in Austria alla fine di maggio di
quest’anno i Freihetliche hanno presentato una
proposta di legge che imporrebbe di nuovo la
distribuzione nelle mense scolastiche e degli asili di
carne di maiale senza alcuna alternativa, perché
Schnitzel, Leberkäse,
macinato e prosciutto, non solo sarebbero piatti
“tipici” austriaci, e per questo farebbero parte di un
programma di integrazione dei Turchi nella società, ma
alimenti ad alto valore nutrizionale a cui i bambini
di origine austriaca non dovrebbero rinunciare a causa
dei loro compagni musulmani.
Se la politica dei Freiheitliche è di così
“cattivo gusto”, vorremmo ricordare al caro
Heinz-Christian Strache che una recente indagine a
cura dell’Hauptverband der
Sozialversicherungsträger, la Federazione dei
sindacati austriaci, per la prima volta a gennaio di
quest’anno in Austria ci sono stati più lavoratori
provenienti dalla Germania che turchi. Il numero dei
tedeschi è salito a 52.692 e quello dei turchi è sceso
a 50.763.
Un effetto dell’entrata dell’Austria nell’EU e della
mobilità all’interno dei paesi membri; all’inizio del
1995, infatti, il numero dei lavoratori tedeschi in
Austria era appena di 13.438, mentre per i turchi le
cifre erano di 54.733. Nel 2003 il numero dei tedeschi
era quasi triplicato: 31.276 contro i 55.726 dei
turchi; nel 2004 il confronto era di 38.593 contro
54.655, con un leggero incremento dei tedeschi e un
impercettibile decremento dei turchi; nel 2005 il
numero dei tedeschi è aumentato notevolmente fino a
raggiungere le 46.726 unità contro le 55.039 dei
turchi.
Il gruppo etnico più rappresentato in Austria nel
mercato del lavoro rimane comunque quello che in
Austria statisticamente parlando viene definito come “ex-Jugoslavi”,
che a gennaio di quest’anno hanno raggiunto la cifra
di 145.273 unità.
Complessivamente a gennaio sono stati rilevati
3.168.894 lavoratori dipendenti, di cui solo 365.906
stranieri.
Il timore della “terza invasione della Mezzaluna”
rimane perciò confinato nelle politiche xenofobiche
della FPÖ.
Nel prossimo numero, a pochi giorni dalla formazione
del nuovo governo austriaco, analizzeremo la politica
del partito di estrema destra antagonista dei
Freiheitliche, la BZÖ di Jörg Haider.
Riferimenti bibliografici:
FPÖ-Chef Strache gegen
jede Zuwanderung,
intervista della “OE1.ORF”, andata in onda
l’8.09.2006, consultata online il 26.09.2006,
http://oe1.orf.at/inforadio/67944.html?filter=3
Hein-Christian Strache
élu chef du FPÖ,
“Altermedia.info”, 24.04.2005, consultato il
25.09.2006,
http://be.altermedia.info/politique/heinz-christian-strache-elu-chef-du-fpoe_2910.html
Manipulierte
Heinz-Christian Strache seine eigene Umfrage?,
« No-racism.net », 29.09.2005, consultato il
25.09.2006, http://no-racism.net/print/1365/
Mehr Deutsche als Türken in Österrreich beschäftigt,
„Salzburger Nachrichten“, 26.09.2006, consultato il
26.09.2006,
http://www.salzburg.com/sn/nachrichten/artikel/1963381.html
Strache über Grass: „Toller Mensch“,
„Die Presse.com“, 27.08.2006, consultato il
25.09.2006,
http://www.diepresse.com/Artikel.aspx?channel=p&ressort=i&id=580856 |