N. 50 - Febbraio 2012
(LXXXI)
Nikita Krusciov
fra democratizzazione e repressione
di Giuseppe Formisano
Con il presente lavoro si ambisce ad analizzare l’ambigua figura di uno tra i maggiori protagonisti della guerra fredda, ovvero Nikita Krusciov, il segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica salito alla ribalta per le sue famose denunce al XX Congresso del partito - che aprirono la strada alla cosiddetta “destalinizzazione”, cioè la rimozione del mito di Stalin nella società sovietica - , ma che fu protagonista anche di altri eventi di cesura della guerra fredda che videro momenti di altissima tensione, ad altri più distensivi.
Krusciov
nacque
nel
1894
in
Russia,
ma è
considerato
ucraino
per
i
molti
anni
vissuti
nel
“granaio
dell’URSS”.
La
povertà
lo
costrinse
fin
da
bambino
a
lavorare
prima
come
pastore
e
successivamente
come
minatore.
Non
partecipò
alla
rivoluzione
bolscevica
del
1917,
ma
si
impegnò
tenacemente
nell’Armata
Rossa
durante
la
guerra
civile.
Tra
la
vittoria
dei
bolscevichi
nel
1921-22
e il
periodo
antecedente
all’accatto
hitleriano
che
trascinò
l’URSS
di
Stalin
nel
secondo
conflitto
mondiale,
Krusciov
ricoprì
cariche
nel
partito
a
livello
locale.
Nel
1940
fu
segretario
del
partito
ucraino
e
Generale
al
momento
dell’invasione
della
Wehrmacht,
e
solo
dopo
la
guerra
entrò
nel
partito
centrale.
Alla
morte
di
Stalin,
sopraggiunta
il 5
marzo
1953,
si
aprì
la
corsa
alla
successione.
Berija,
braccio
destro
di
Stalin
(uno
dei
principali
responsabili
delle
deportazioni
degli
ingusci,
tatari
e
dei
ceceni,
iniziate
dopo
la
vittoria
delle
truppe
sovietiche
a
Stalingrado),
allora
deteneva
la
carica
di
capo
della
sicurezza
nazionale
e fu
messo
fuori
gioco
dagli
altri
aspiranti:
Krusciov,
che
inizialmente
era
il
meno
quotato
alla
successione,
sorpassò
tutti
e
diventò
Segretario
del
Partito
con
Malenkov
Presidente
del
Consiglio
dei
Ministri,
ma
ciò
non
avvenne
subito
perché
nei
primissimi
mesi
dopo
la
morte
di
Stalin
i
tre
continuarono
a
condividere
il
potere.
Krusciov
fu
il
protagonista
della
destalinizzazione
e
l’avviatore
della
politica
di
“pacifica
coesistenza”
con
l’Occidente,
e
proprio
per
il
mantenimento
della
pace
fu
essenziale
mantenere
prima
ancora
gli
equilibri
createsi
all’inizio
del
conflitto
ideologico
tra
le
due
superpotenze.
Un
anno
prima
dell’evento
che
caratterizzò
il
segretariato
di
Kruscev,
a
Varsavia,
in
contrapposizione
alla
NATO
e
all’ingresso
della
Germania
Ovest
nell’organizzazione
militare
dei
paesi
del
Patto
Atlantico,
il
blocco
sovietico
si
consolidò
con
la
stipulazione
di
un’alleanza
politico-militare
tra
i
paesi
dell’Europa
dell’Est
legati
a
Mosca:
al
Patto
di
Varsavia,
però,
non
aderì
la
Jugoslavia
di
Tito,
espulsa
dal
Cominform
nel
1947,
con
la
quale
Krusciov
ebbe
contatti
nel
1955,
anno
in
cui
il
segretario
sovietico
tenne
una
visita
ufficiale
a
Belgrado.
Nel
1956
ci
fu
l’evento
per
il
quale
Krusciov
è
ricordato.
Il
25
febbraio
intervenne
al
XX
congresso
del
PCUS:
il
suo
discorso
durò
ben
quattro
ore;
con
il
suo
“rapporto
segreto”
denunciò
i
crimini
di
Stalin,
le
restrizioni
delle
libertà,
i
gulag
e le
persecuzioni
ai
danni
degli
oppositori.
Dichiarò
che
la
sua
politica
d’intenti
mirava
al
ritorno
dei
principi
leninisti,
ritenne
erronea
la
rottura
con
Tito
nel
1947
e
parlò
anche
di
alcuni
aspetti
caratteriali
del
dittatore
georgiano:
"Voleva
trasformarsi
in
un
superuomo
dotato
di
caratteristiche
sovrannaturali,
simili
a
quelle
di
un
dio",
e
aggiunse
che
Stalin
invece
di
incanalare
la
sua
politica
sui
binari
tracciati
da
Lenin
sull’educazione
del
popolo,
aveva
"abbandonato
i
metodi
della
lotta
ideologica
per
sostituirli
con
quelli
della
violenza
amministrativa".
Le
reazioni
furono
imminenti
e
cariche
di
sbalordimento.
I
quotidiani
americani
pubblicarono
il
rapporto
di
Kruscev
facendone
un’arma
propagandistica
e le
prigioni
di
cui
parlò
il
segretario,
furono
riaperte.
Nell’intervento,
però,
il
segretario
sottolineò
che
di
tali
nefandezze
non
ne
venne
a
conoscenza
quando
giunse
alla
massima
carica
del
partito,
ma
che
già
li
erano
note
quando
Stalin
era
ancora
a
potere
e di
non
averne
parlato
prima
per
timore
di
rimanere
anch’egli
vittima
delle
“purghe
staliniane”.
Un’altra
conseguenza
delle
denunce
di
Krusciov
fu
la
rivolta
democratica
e
antisovietica
in
Ungheria
repressa
nel
sangue.
Imre
Nagy,
nominato
segretario
del
Partito
Ungherese
dei
Lavoratori
dal
comitato
centrale
dello
stesso,
mentre
erano
in
corso
le
mobilitazioni
che
avevano
come
modello
la
Polonia
e
Gomulka
(partigiano
polacco
inviso
a
Stalin
che
era
riuscito
a
riprendersi
il
segretariato
del
partito),
si
fece
interprete
di
esse
e le
appoggiò.
Ai
primi
di
novembre
l’Armata
Rossa
entrò
nel
paese
e la
rivolta
fu
soffocata.
Nagy
fu
“giustiziato”
due
anni
dopo,
nel
1958.
Ed è
proprio
questo
episodio
che
rende
ambigua
la
figura
di
Kruscev
il
quale
acconsentì
nel
far
partire
l’Operazione
Turbine,
l’invio
dei
soldati
sovietici:
Krusciov
fu
accusatore
dei
crimini
staliniani
e
continuatore,
con
i
paesi
satelliti,
della
stessa
politica
oppressiva.
Gli
episodi
ungheresi
non
furono
gli
unici
in
quegli
anni.
Nella
Storia
spesso
capita
che
per
vari
motivi
eventi
degni
di
nota
non
trovino
spazio
nelle
memorie
future
e
nei
manuali.
Una
rivolta
simile
a
quella
ungherese
avvenne
in
Germania
Est,
il
17
giugno
del
1953.
Quando
il
partito
comunista
(cioè
il
governo)
decise
di
aumentare
la
produzione
industriale
(a
scapito
dell’industria
leggera
e
dei
consumi)
e
incrementare
le
ore
di
lavoro,
gli
operai
scesero
in
piazza.
Kruscev
fu
favorevole
alla
repressione
delle
manifestazioni.
Per
quanto
riguarda
i
rapporti
con
l’altra
superpotenza,
l’acerrimo
nemico,
la
politica
kruscioviana
fu
diretta
verso
una
coesistenza
pacifica
per
evitare
lo
scoppio
di
una
nuova
e
terribile
guerra
mondiale,
ed è
plausibile
che
le
decisioni
per
risolvere
il
grattacapo
ungherese
furono
prese
in
nome
della
stabilità
mondiale.
Le
condizioni
dei
blocchi
dovevano
rimanere
immutate
per
proseguire
sulla
strada
della
reciproca
e
pacifica
convivenza,
senza
sconvolgimenti
all’interno
dei
sistemi
che
avrebbero
potuto
creare
squilibri
e
rompere
i
fragili
rapporti
di
stabilità.
Ecco
perché
il
mondo
occidentale
non
mosse
un
dito
per
fronteggiare
le
infrazioni
dei
diritti.
Non
fece
nulla
nel
1953,
né
tre
anni
dopo
e
neanche
nella
repressione
della
“Primavera
di
Praga”
del
1968.
Non
ci
furono
opposizioni
neanche
quando
nell’agosto
del
’61
Walter
Ulbricht,
leader
della
Germani
dell’Est,
propose
ai
sovietici
di
ergere
un
muro
al
confine
delle
due
Germania
che
impedisse
ai
cittadini-prigionieri
delle
DDR
di
trasferirsi
nella
Germania
Federale.
Ovviamente
questi
giochi
di
potere
ed
equilibri
non
giustificano
la
politica
repressiva
dell’URSS.
Nei
successivi
anni,
mentre
l’URSS
ottenne
molto
prestigio
nel
campo
dell’innovazione
tecnologica
e
spaziale
con
il
lancio
dello
Sputnik
- il
primo
satellite
artificiale
in
orbita
intorno
alla
Terra
(4
ottobre
1957)
- il
segretario
aumentò
il
proprio
potere
ottenendo
anche
la
carica
di
Presidente
del
Consiglio
e
Presidente
del
consiglio
militare.
Fin
quando
Krusciov
rimase
al
potere,
i
rapporti
con
l’occidente
furono
altalenanti.
Gli
ultimi
mesi
del
1959
e i
primissimi
anni
’60
furono
segnati
da
questo
stato
di
cose
e
soprattutto
da
grandi
tensioni.
Nel
1959
nell’ambito
della
coesistenza
pacifica,
per
ristabilire
le
relazioni
con
gli
americani
che
dalla
vittoria
della
rivoluzione
cubana
di
Castro
del
mese
di
gennaio
si
erano
raffreddate,
l’ex
generale
ucraino
si
recò
negli
Stati
Uniti
per
partecipare
ad
una
mostra
sovietica
a
New
York.
Fu
una
visita
storica.
Per
la
prima
volta
un
sovietico
fu
ricevuto
nel
paese
del
capitalismo
con
tutti
gli
onori
di
casa.
Per
l’inaugurazione
della
mostra
americana
a
Mosca,
il
vicepresidente
Nixon
ricambiò
la
cortesia
recandosi
nella
capitale
russa.
Ma
nonostante
le
cerimonie
d’arte
decorate
con
le
finte
strette
di
mano
e
sorrisi,
la
guerra
fredda
rimase
sempre
quel
conflitto
di
spionaggio
e
controspionaggio,
sospetti
e
timori.
Nella
primavera
del
1960,
infatti,
un
aereo
spia
americano
che
sorvolava
in
territorio
sovietico,
fu
abbattuto
e il
pilota
catturato.
Gli
americani,
pur
sapendo
che
la
rivoluzione
di
Castro
non
fu
fatta
in
nome
del
socialismo,
sospettarono,
non
a
torno,
che
l’URSS
avrebbe
potuto
stabilire
relazioni
con
Cuba,
cosa
che
puntualmente
avvenne
con
la
vendita
delle
canne
di
zucchero
da
parte
del
paese
caraibico.
Proprio
Cuba
rappresentò
un
grattacapo
tanto
per
Kruscev
quanto
per
Kennedy.
Nell’ottobre
1962
gli
statunitensi
scoprirono
che
i
sovietici
avevano
installato
dei
missili
sull’isola.
Dopo
quasi
due
settimane
in
cui
il
mondo
temette
davvero
che
stesse
per
scoppiare
la
terza
guerra
mondiale
(la
crisi
dei
missili
cubani
è
ritenuta
- al
pari
del
blocco
di
Berlino
del
1948,
la
guerra
di
Corea
del
1950-53
e la
costruzione
del
muro
a
Berlino
nell’estate
del
1961
- la
crisi
più
acuta
della
guerra
fredda),
le
due
superpotenza
si
accordarono:
i
sovietici
avrebbero
dismesso
quei
missili,
in
cambio
ottennero
la
promessa
che
Cuba
non
sarebbe
stata
invasa
e la
dismissione
dei
missili
NATO
in
Turchia.
Il
14
ottobre
1964,
Kruscev
fu
estromesso
dal
potere.
Il
partito
così
aveva
deciso
e
non
c’era
possibile
alternativa
in
un
sistema
con
un
unico
partito.
Perché
politicamente
fu
fatto
fuori?
In
politica
interna
Kruscev,
già
decenni
prima
di
Gorbaciov,
aveva
capito
che
il
popolo
sovietico
aveva
bisogno
anche
di
quel
che
per
gli
occidentali
era
l’antidoto
principale
contro
il
comunismo:
il
consumismo.
Negli
anni
in
cui
fu
al
potere
la
produzione
dell’industria
leggere
per
i
beni
di
consumo
aumentò
rispetto
agli
anni
di
Stalin,
però
molti
dirigenti
del
partito
ritennero
fallimentare
tale
politica,
così
come
quella
delle
“terre
vergini”
che
prevedeva
nei
suoi
programmi
lo
sfruttamento
delle
steppe
del
Kazakhstan.
Idem
per
la
politica
estera.
Per
la
nomenclatura
le
colpe
del
segretario
furono
la
mala
gestione
della
crisi
cubana
e la
rottura
con
la
Cina
comunista
e
quindi
l’aver
disunito
l’intero
movimento
comunista
mondiale.
Se
Krusciov
avesse
proseguito
la
strada
della
destalinizzazione
senza
minimo
accenno
ai
metodi
di
Stalin,
avrebbe
potuto
destalinizzare
e
quindi
riformare
veramente
l’intero
sistema
sovietico?
Da
quel
giorno
d’autunno
del
1964,
Krusciov
passerà
il
resto
dei
suoi
giorni
con
una
piccola
pensione.
L’11
settembre
1971
chiuderà
gli
occhi
per
sempre.
I
suoi
funerali
saranno
disertati
dagli
uomini
del
partito
e il
suo
corpo
non
verrà
neanche
sepolto
al
Cremlino.