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storia & sport


N. 85 - Gennaio 2015 (CXVI)

Niki Lauda
L’uomo senza volto

di Francesco Agostini

 

La Formula 1, da quando è nata, ha sempre vissuto di grandi duelli e rivalità, come d’altronde qualsiasi altro sport. Pensiamo, per esempio, a quanto bene abbia fatto all’automobilismo il dualismo Senna – Prost avendo avvicinato alle corse moltissime persone, appassionate dal contrasto tra il freddo francese e il vulcanico brasiliano.

 

Allo stesso modo negli anni settanta, seppur per una singola stagione, gli estimatori di questo sport hanno gioito e si sono emozionati alle gesta di Niki Lauda e James Hunt.

 

Tanto impassibile e di ghiaccio il primo, soprannominato “computer” da amici e colleghi per la sua freddezza nella messa a punto della macchina, quanto esplosivo e sregolato il secondo.

 

L’austriaco Niki Lauda si approcciò al mondiale di Formula 1 del 1976 da campione in carica, avendo vinto l’anno prima il titolo con la Ferrari.

 

Il 1976, dunque, lo vedeva largamente vincente già prima dell’inizio della stagione e ogni singolo scommettitore avrebbe puntato deciso sulla sua figura. Magari il suo stile di guida non rubava l’occhio perché era eccessivamente pacato, essenziale e poco dedito a dare spettacolo, ma era incredibilmente preciso e, cosa più importante di tutte, vincente.

 

L’inizio del campionato del mondo si rivelò semplice per Lauda che accumulò un buon margine su tutti i suoi avversari, fino a che il caso, con la sua imprevedibilità, non rimescolò tutte le carte in un sol attimo.

 

Il primo agosto del 1976 sul circuito del Nürburgring, in Germania, uscì di strada a causa dell’asfalto bagnato e la scelta errata delle gomme; la macchina prese fuoco a causa della benzina fuoriuscita dall’abitacolo e Lauda rimase intrappolato all’interno.

 

Si salvò per miracolo, grazie anche all’aiuto di alcuni colleghi coraggiosi che lo tirarono fuori, ma il suo volto e parte del suo corpo rimase permanentemente sfigurato.

 

Per ovvi motivi dovette abbandonare le corse per parecchi gran premi e il britannico James Hunt ne approfittò per recuperare tutto il margine di punti che l’austriaco aveva accumulato.

 

Lauda rimase attaccato con i denti al mondiale, tant’è che tornò in pista solamente quarantadue giorni dopo l’incidente avvenutogli in Germania.

 

La battaglia continuò fino all’ultimo gran premio, che si disputò in Giappone. Il clima non fu clemente, vista l’alluvione che si abbatté sul paese; tutti i piloti decisero di rinviare la corsa ma non ci fu niente da fare, perché la federazione fu inflessibile.

 

In condizioni precarie e con addosso ancora la paura dell’incidente avvenutogli qualche mese prima, Lauda dopo soli due giri decise di ritirarsi. Hunt invece continuò la corsa e portò a casa i punti necessari per vincere il mondiale di una sola lunghezza davanti a Lauda, con grande dispiacere di Enzo Ferrari. Tutta la vicenda fu immortalata dal regista Ron Howard in un film di grande successo, Rush.

 

Comunque sia, Lauda ebbe modo di vincere altri gran premi e altri mondiali, nel 1977 e nel 1984 ma il suo più grande rimpianto fu proprio quello sfuggitogli di mano nel 1976 per mano dell’amico / nemico James Hunt.



 

 

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