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N. 137 - Maggio 2019 (CLXVIII)

A Nike, profumo di manna
Miti, iconografia e culto della dea della vittoria

di Alessandra Romeo

 

A Nike, profumo di manna.

Invoco la potente Nike, amata dai mortali

(…)

Or tu, beata, vieni, o desiderata, coi tuoi occhi luminosi

portando sempre alle oneste imprese una nobile fine.

[Orph. H. 33. Trad. it. Giuseppe Faggin]

 

Nike, Vittoria per i Romani, è la dea che incorona i vincitori sui campi di battaglia, nelle gare atletiche, in competizioni artistiche e in contesti dove il meritevole mostra il suo genio creativo e la sua bravura.

 

Il mito

 

Tre le versioni del mito sulla sua discendenza divina. Nell’Inno Omerico ad Ares, essa è descritta come figlia del dio della guerra, anche se probabilmente tale rapporto è da interpretare in senso allegorico (cfr. Allen-Halliday-Sikes, p. 386).

 

Secondo Apollodoro ed Esiodo, invece, Nike fa parte della prima generazione divina, anteriore agli dei olimpici, in quanto figlia di Stige (figlia di Oceano e fiume velenoso dell’Arcadia, posto negli Inferi dai mitografi più tardi. Cfr. Graves 2015, p. 110) e il titano Pallante e sorella di Potere (Cratos), Rivalità (Zelos) e Forza (Bie) (Apoll. Bibliotheca 1, 2, 4; H. Th. 383-384). Bacchilide ne conferma sia la discendenza dal Titano (cfr. Anthologia Palatina 6, 313) che da Stige (cfr. B. 11, 8 Maehler). Igino, inoltre, pur confermandone la discendenza da Stige, afferma che la prole era formata dal mostro Scilla, Forza, Invidia, Potere, Vittoria, Sorgenti e Laghi (Hyg. fab. p. 13 Marshall). 

 

Secondo gli Arcadi, infine, come ricorda Dionigi di Alicarnasso (D. H. Antiquitates Romanae 1, 24), Vittoria fu generata dal mitico re Licaone, ma cresciuta da Pallante (o Palante), eroe del Palatino e dal quale il colle prese il nome, figlio di Ercole e Cauna, a sua volta figlia del mitico Evandro (cfr. D. H. Antiquitates Romanae 1, 23). Vittoria fu educata e cresciuta insieme a Minerva, anch’essa affidata a Pallante dopo la nascita dal cranio di Giove e fin quando non ascese alle stelle, ricevette gli onori spettanti alle divinità grazie all’intercessione di Minerva e le fu dedicato, infine, un tempio sul Palatino, dove le erano tributati onori e sacrifici annui.

 

Nike è protagonista nella mitica lotta tra gli dei e i Titani, al seguito della quale tutti i figli di Stige ebbero l’onore di risiedere sull’Olimpo per volere di Zeus: il mito narra, infatti, che tutti gli dei furono chiamati da Zeus sul monte allo scoppio della lotta. Promise loro che chi avesse combattuto al suo fianco avrebbe mantenuto l’onore e i poteri e che le divinità che sotto Crono ne erano prive avrebbero acquisito tali prerogative. I primi ad accorrere furono Stige e i suoi figli, quest’ultimi ricompensati con la volontà del padre degli dei di trasferirli sull’Olimpo per vivere al suo fianco (cfr. Apollod. Bibliotheca 1, 2, 5; H. Th. 389-401; B. 11, 1-7 Maehler).

 

Il mito dello scontro coi Titani è narrato anche da Nonno di Panopoli, che ricorda che tale «lotta nasce per il potere sul cielo stesso, sulle ginocchia di Nike ci sono, come premi della lotta, lo scettro e il trono di Zeus» (Nonn. D. 2, 361-363) e si concentra sullo scontro tra quest’ultimo e il titano Tifeo: Nike interviene per incoraggiare Zeus (Nonn. D. 2, 205 e ss.), accompagnarlo alla battaglia (Nonn. D. 2. 358 e ss.), proteggerlo con lo scudo (Nonn. D. 2, 418-419) e per guidare i cavalli del carro dorato e trionfante di Zeus verso il cielo (Nonn. D. 2, 700-702).

 

 

 

Cratere a campana. Nike su carro (Fine V sec. a.C.).

New York, Metropolitan Museum (inv. 07.128.2).

 

Il poeta ricorda la dea anche in occasione delle nozze di Armonia e Cadmo, testimoniandone la bravura nel canto e nella danza:

 

Con i suoi calzari volteggianti

c’è anche Nike che per compiacere Zeus fa la cameriera

gridando evoè per Cadmo, il difensore di Zeus; intorno alla camera nuziale

intreccia un canto per il matrimonio con voce verginale

e volteggia; in un girotondo danzante,

pudica, batte le ali accanto alle ali degli Amori.

[Nonn. D. 5, 107-112. Trad. it. D. Gigli Piccardi]

                                                                      

 

L’iconografia

 

Nike è rappresentata come una donna alata, con lunghe vesti e i cui attributi sono incensiere (thymiaterion), phiale (piccolo scodella rituale) oinochoe (vaso per versare vino), torcia, kithara (strumento musicale a corde), cofanetto, tripode, scettro, caduceo. È anche rappresentata con una palma, una corona, bende e nastri, tutti simboli di vittoria e coi quali incorona i vincitori o coloro i quali meritano onori per virtù militari, atletiche, intellettive o artistiche.

 

 

 

Hydria ARV2 571.73. Artigiani incoronati da Atena e due Nikai - Pittore di Leningrado (475-450 a.C.).

Foto di Egisto Sani da https://bit.ly/2VbYNdz.

 

Lo studio iconografico della dea evidenzia, oltre i diversi attributi, una costante fisica riscontrabile anche nella tradizione letteraria: il poeta Bacchilide, infatti, apostrofa la dea Nike dai riccioli scuri (B. 5, 33 Maehler) e questo elemento è riscontrabile nella produzione artistica, nella quale la dea presenta ricci capelli scuri sciolti o raccolti in trecce (cfr. B. 11, 9 Maehler) o in un sakkos (piccolo copricapo per raccogliere i capelli).

 

 

Rocchetto ARV2 890.175. Nike offre un nastro a un giovane - Pittore di Penthesilea (460-450 a.C.).

 New York, Metropolitan Museum (inv. 28.167).

 

Nella produzione vascolare attica, basandoci sui dati dell’Archivio Beazley, sono 2059 (1759 solo quelli a figure rosse) i reperti in cui essa è rappresentata singolarmente e 132 i casi in cui appaiono più Nikai.

Le scene presentano precisi schemi iconografici: Nike che offre libagioni o sacrifici, stante su un carro, accanto ad altre divinità, nelle scene di lotta o di combattimento, dove in genere incorona il vincitore, con atleti, con artigiani e in scene in cui sancisce e scrive la vittoria del conquistatore su uno scudo (cfr. Paus. 5, 10, 2; 11, 1, 2; 6, 18, 1).

 

 

Anfora ARV2 519.16 . Nike con oinochoe e phiale, Poseidone - Pittore di Siracusa (470-460 a.C. circa).

New York, Metropolitan Museum (inv. 06.1021.151).

 

Nella produzione artistica greca spiccano anche i reperti scultorei.

La più antica rappresentazione della dea è la Nike di Delo, ritrovata nell’area del tempio di Artemide sull’isola di Delo, probabile opera di Archermo, risalente alla metà del VI secolo a.C. e conservata al Museo Archeologico Nazionale di Atene (inv. 21). È rappresentata nella posa arcaica della corsa con ginocchia e braccia piegate e volto rivolto allo spettatore, indossa una lunga veste e pregevole è la cura dei dettagli dell’acconciatura e del diadema. Purtroppo le ali sono andate perdute, ma di certo erano spiegate come in volo.

Dalla fine del periodo arcaico Nike è rappresentata stante o in volo.

 

 

 

Nike di Delo (550 a.C. ca.).

Museo Archeologico Nazionale di Atene (inv. 21).

 

 

 

Nike di Samotracia (190 a.C. ca.).

Parigi, Musée du Louvre (inv. MA 2369).

 

Nell’arte romana attributi e schemi rimangono invariati, spesso però è rappresentata coi condottieri vincitori o con lo stesso imperatore. È anche rappresentata come la personificazione della vittoria sulla morte.

 

Nike collegata alla Gigantomachia sin dall’arte figurativa del VI sec. (nonno 2, p. 207 nota 205)

 

Nell’arte romana attributi e schemi rimangono invariati, spesso però la dea è rappresentata con condottieri vincitori o con imperatori, in quanto personificazione della vittoria sul campo di battaglia e sulla morte.

 

 

 

Vittoria scrive su uno scudo. Gemma in ametista, I sec. a.C.-I sec. d.C.,

Metropolitan Museum (inv. 1972.118.170).

 

Il culto

 

Nella tradizione letteraria il culto di Nike è attestato nelle città di Atene (cfr. Paus. 1, 22, 4; 3, 15, 7; 4, 36, 6; 5, 26, 6; Suid. s.v. Νκη θην), Sparta (cfr. Paus. 3, 17, 4), Olimpia (cfr. Paus. 5, 14, 8; 5, 17, 3; 5, 26, 1; 5, 26, 6), Tespia (cfr. Paus. 9, 27, 5) e Siracusa (Cic. nat. deor. 3, 34), ma molti sono i ritrovamenti archeologici di sue effigi.

 

Nike fu venerata singolarmente dall’età ellenistica, infatti in età arcaica e classica era adorata insieme a eroi e a divinità legate al concetto di vittoria, ad esempio Demetra (Cic. Verr. 4, 49, 110), Zeus, come testimoniano anche le scene di Gigantomachia in cui appare come auriga del dio e le testimonianze letterarie (cfr. Paus. 1, 1, 3; 5, 11, 1), e Atena (cfr. Paus. 1 , 24, 7).

 

Il rapporto con quest’ultima si evince, infatti, non solo dalla tradizione letteraria e iconografica, ma anche nel culto: l’associazione è, infatti, ben spiegata da Pausania e nel Suda, il famoso lessico del X secolo. In esso si ricorda che Licurgo (cfr. Lycurg. fr. 41 Baiter-Sauppe), nel suo discorso Sulla Sacerdotessa, menziona lo xoanon (statuetta lignea votiva) della Nike, priva di ali e con nella destra una melagrana e un elmo nella sinistra, adorata dagli Ateniesi, come ricorda lo storico Eliodoro il Periegeta nel suo primo libro Sull’Acropoli (FGrHist 373 F2).

 

Il significato allegorico è che la vittoria è frutto del pensiero, poiché il pensiero contribuisce ad essa, infatti combattere senza senno e con troppo impeto porta alla sconfitta. Quando ha le ali, simboleggia l’acutezza della mente che si eleva, senza ali rappresenta quell’aspetto tranquillo, silenzioso e civile che porta alla prosperità, come testimonia la melagrana nella mano destra, a pari merito dell’elmo sulla sinistra che è allegoria della battaglia: la Nike, quindi, ha lo stesso potere di Atena di dominare i due opposti (cfr. Suid. s.v. Νκη θην).

 

La statua è ricordata anche da Pausania che, nella descrizione dell’Acropoli di Atene, menziona il tempio della Nike Aptera («Nike senz’ali») alla destra dei propilei (cfr. Paus. 1, 22, 4): egli spiega questa peculiarità adducendola alla convinzione ateniese che Nike, non avendo ali, rimarrà sempre lì dove la statua lignea è stata collocata (cfr. Paus. 3, 15, 7; 5, 26, 6). Il Periegeta riporta anche un esempio in cui le due divinità sono affiancate nel culto: la Nike senza ali scolpita da Calamide e posta vicino alla statua di Atena, opera di Nicodamo di Menalo, nel donario maggiore di Micito a Olimpa (cfr. Paus. 5, 26, 6).

 

Il rapporto tra le due dee risale almeno al VII secolo a.C., come dimostra la prima testimonianza letteraria in merito. Nello Scudo di Esiodo, infatti, il poeta fa riferimento ad Atena nikephóros («portatrice di vittoria». Cfr. Hes. Sc. 339).

 

Secondo lo studioso Welter, tuttavia, il culto di Atena Nike probabilmente risale al 556 a.C., con l’inizio dei giochi panatenaici (cfr. AA 1939, p. 12 ss): “Nike” diventa, infatti, appellativo di Atena, come testimoniano i molteplici riferimenti letterari e i rinvenimenti archeologici, come ad esempio il Tempio di Atena Nike sull’acropoli di Megara (cfr. Paus. 1, 42, 4; E. Ion 1529).

 

Il culto della dea fu introdotto a Roma in età ellenistica, soprattutto in età imperiale, come personificazione della vittoria sul campo di battaglia e del trionfo sulla morte.

 

Gli edifici cultuali a Roma si collocano nell’angolo sud-occidentale del Palatino, nei pressi del Tempio di Cibele (cfr. Livio 29, 14, 13 e ss.). Le erano consacrati il Tempio di Victoria, edificato dal console Lucio Postumio Megello a partire dal 294 a.C. e davanti al quale si concludeva il percorso del clivus Victoriae, e l’edicola di Victoria Virgo, voluta da Marco Porcio Catone nel 193 a.C., realizzato in mattoni e su un precedente sacello, di cui si attestano una fase arcaica in opus quadratum di cappellaccio e una tardo-repubblicana in cementizio, dedicato al culto arcaico di Iuno Sospita.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Le abbreviazioni delle fonti greche e latine e delle relative opere sono state redatte secondo le indicazioni rispettivamente del Liddell-Scott-Jones e del Thesaurus Linguae Latinae.

 

AA: Archäologischer Anzeiger

ARV² : Beazley, J.D., Attic Red-Figure Vase-Painters, Oxford 1963.

Allen, T.W.- Halliday, W.R.- Sikes, E.E., The Homeric Hymns, Oxford 1936, p. 386.

Baiter, G.- Sauppe, H., Oratores Attici, Turici 1839-1850.

Coarelli, F., Roma, Guide Archeologiche Laterza, Roma 2001, pp. 157; 162-164.

Faggin, G., Inni Orfici, Edizioni Āśram Vidyā, Roma 2001, pp. 94-95.

Ferrari, A., Dizionario di Mitologia, Utet, Torino 2015, p. 498.

FGrHist: Jacoby, F., Die Fragmente der griechischen Historiker.

Maehler, H., Die Lieder des Backchylides. Erster Teil: Die Siegeslieder, Leiden 1982.

Graves, R., I miti greci, Longanesi, Molano 2015, p. 110.

Grimal, P., Enciclopedia della Mitologia, Garzanti, Milano 2005, p. 446.



 

 

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