N. 14 - Luglio 2006
L'ETERNO RITORNO
Friedrich Nietzsche e l’andamento circolare
del tempo
di Stefano De luca
“L’eterna
clessidra dell’esistenza viene sempre capovolta, e tu
con essa, granello di polvere”.
Conoscere non
significa, per Nietzsche (Rocken 1884 – Weimar
1900), far proprie le conoscenze e i saperi che ci
avvicinano linearmente alla comprensione del vero,
perché non c’è una verità ultima, oggettiva, a cui ci
si possa avvicinare.
L’evoluzione del suo pensiero – inizialmente legato
alla visione filosofico-estetica di Wagner e
Shopenhauer – lo portò a divenire critico verso ogni
orientamento filosofico precedente, dal Positivismo
allo Spiritualismo, proclamando la morte di Dio,
la morte di ogni concezione fondata su valori assoluti
e trascendenti e la più completa assenza di un
finalismo storico cui tutto tende.
Nietzsche rifiuta il carattere finalistico,
teleologico della concezione metafisica della
realtà, quale il cristianesimo.
La sua concezione
lineare del tempo, che considera la storia come una
evoluzione, un periodo di preparazione
all’instaurazione del regno di Dio, è negata da Nietzsche e dalla sua concezione di un oltrepassamento
infinito.
Se
nella metafisica ogni cambiamento era un progresso
verso il compimento finale, per lui non era altro che
una manifestazione di un divenire senza fine e senza
scopo.
Così il conoscere per Nietzsche equivale ad un
incessante cercare, e quando si crede di aver trovato
si deve di nuovo riprendere la ricerca, poiché ci si
rende conto di non aver trovato alcuna verità ultima.
Non
una linea retta e progressiva costituisce l’immagine
dell’umana conoscenza, ma il cerchio, la linea
che continuamente ritorna al punto di partenza per
iniziare da capo il giro. La conoscenza, come la
storia, è un eterno ritorno.
Cade
con lui ogni sistematizzazione o ordine universale del
mondo, che viene ad essere dominato esclusivamente
dalla necessità di un eterno ritorno, identico a se
stesso, che viene accettato dal superuomo con
amor fati che non è rassegnazione ma
consapevolezza e accettazione del reale.
Il
superuomo come superamento dalle ideologie e dalle
religioni che dominano e regolano la vita degli uomini
facendo loro credere che uno scopo, un fine ultimo
giustifica un agire che acquisisce i caratteri del
necessario.
L’uomo, per riappropriarsi di se stesso,
della sua vita e del suo agire, deve liberarsi dalla
morale che lo pervade dalla nascita.
Deve liberarsi
dalla fiducia in un futuro che impone lui un agire
predeterminato, e deve accettare la realtà delle cose,
deve accettare che “tutto ciò che di volta in volta
compare sulla scena del divenire è già stato infinite
altre volte, e all’infinito si ripeterà”.
Nel
mondo antico, prima che la concezione lineare del
tempo occidentale prendesse il sopravvento, l’idea
della ciclicità degli eventi e della storia aveva
avuto una larga diffusione.
Tanto nel pensiero greco (orfismo)
che in quello orientale (zoroastrismo persiano,
buddismo indiano e taoismo cinese).
Nietzsche, che era
anche un filologo, era un attento lettore di quelle
tradizioni filosofiche, e seppe dar loro una
elaborazione propria che costituì una critica
fortissima alla tradizione culturale dell’Occidente.
Il suo
pensiero venne strumentalmente ripreso dal nazismo,
che stravolse le nozioni di superuomo e volontà di
potenza dando loro una interpretazione che finì per
infangare ingiustamente, per molti anni, il pensiero
straordinario del filosofo di Rocken.
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