[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

168 / DICEMBRE 2021 (CXCIX)


moderna

QUO NON ASCENDET?

NICOLAS FOUQUET: IL SOVRINTENDENTE DELLE FINANZE CHE OSCURAVA IL RE SOLE

di Daniela Tedone

 

Il 9 marzo 1661, all’alba, moriva Giulio Mazzarino. Reggente del monarca infante Luigi XIV, il cardinale era stato il più ricco e potente uomo della Francia del suo tempo. Acuto nella politica, abile nelle relazioni, spregiudicato negli affari, era stato in grado, da straniero di bassa estrazione sociale, di raggiungere le vette del potere e conservarlo negli anni burrascosi della Fronda, orchestrando la politica europea al fianco della regina madre Anna d’Austria.

 

Negli anni, aveva accumulato una straordinaria fortuna, conducendo nei suoi palazzi una vita principesca, di tenore ben superiore a quella del re, di cui si preoccupò di allungare l’infanzia quanto più possibile, riservando solo gli ultimi anni della sua vita alla formazione del futuro monarca e, di fatto, gestendo il potere sino alla morte.

 

Negli anni della Fronda, Sua Eminenza aveva temuto profondamente di essere annientato, politicamente e fisicamente. Diffamato dalle mazarinades e costretto all’esilio nel 1651 e nuovamente nel 1652, mentre il suo palazzo veniva assaltato al grido «A morte l’italiano!», aveva però appreso una lezione preziosissima, che gli mise in mano il paese per tutti gli anni a venire: per assicurarsi il potere, solidamente, definitivamente, era indispensabile non solo che fosse ricco, ma che fosse il più ricco di Francia.

 

Così, nel 1653, aveva scelto di nominare Sovrintendente delle Finanze Nicolas Fouquet, tra i pochi a essergli rimasto fedele durante gli anni delle eversioni frondiste, «capace di trasformare qualsiasi cosa toccasse in oro», il cui operato si rivelò preziosissimo nell’accumulazione di ingenti ricchezze, mentre il sovrano non aveva uno scudo in tasca.

 

«Non prendete Primo Ministro. Voi solo, il padrone. Sorvegliate Fouquet» sarebbero state le ultime raccomandazioni del Cardinale al monarca, che avrebbe obbedito fedelmente al suo reggente anche a seguito della sua dipartita. Il Sovrintendente delle Finanze era stato tra i pochi, al termine del Consiglio di Stato del 10 marzo 1661, il primo retto da Luigi XIV in persona, a non mostrarsi preoccupato dell’impronta assolutistica che il sovrano sembrava determinato a conferire alla politica, dichiarando espressamente di voler governare personalmente gli affari di Stato, raccomandando al Cancelliere di non apporre sigilli se non dietro suo ordine e ai Segretari di non firmare nulla eccetto che su sua disposizione.

 

Aveva altresì dichiarato espressa volontà di non nominare alcun Primo Ministro, ma questo non incrinò la convinzione di Fouquet che sarebbe stato proprio lui, presto, a essere insignito di questo incarico. Era convinto che i propositi di impegno politico del monarca si sarebbero dissolti velocemente e che tutto sarebbe presto tornato alla normalità, previsione condivisa dalla stessa Anna d’Austria, che al termine del Consiglio aveva espresso le proprie convinzioni in merito alle dichiarazioni del figlio: «Si stancherà presto di fare quello capace!»


Del resto, nulla fece il monarca, che dal Cardinale aveva finemente appreso l’arte della dissimulazione, per dissuadere Fouquet dalle proprie convinzioni. Anzi, si dilettò a rafforzarle, con premurose rassicurazioni e incarichi considerevoli, per continuare a sfruttare le sue ineguagliabili abilità finanziarie e rimpinguare il proprio patrimonio personale con una rapidità senza precedenti.

 

Eppure, la ricchezza, il prestigio e la popolarità del re nulla avevano a che vedere con quelle del Sovrintendente. Nato a Parigi nel gennaio 1615, Nicolas Fouquet apparteneva a una famiglia della buona borghesia francese che, arricchitasi con il commercio, si era distinta nella noblesse de robe, vantando un alto numero di consiglieri nel Parlamento di Parigi ed entrando in stretta collaborazione con gli uomini di potere più rilevanti del tempo.

 

Il padre, Francois Fouquet, era entrato nell’entourage del Cardinal Richelieu, che durante il regno di Luigi XIII aveva tenuto le redini del potere, divenendone uno dei più stretti collaboratori, e lo stesso Nicolas sin da ragazzo entrò nelle grazie di Mazzarino. Fu proprio lui a consigliare al futuro Sovrintendente di intraprendere gli studi in legge, in cui peraltro il giovane si dimostrò particolarmente capace, laureandosi alla Sorbona con ottimi voti e divenendo un abilissimo avvocato e giurista, e fu sempre il Cardinale ad affidargli i primi incarichi, che ricoprì brillantemente.

 

Nicolas si distingueva per intelligenza ed eleganza, raffinatezza nel gusto e negli interessi e, non per ultimo, ottime capacità relazionali. Era un uomo di bell’aspetto, con cui era piacevole conversare. Educato alla religione cattolica, si distingueva per le sue competenze versatili, che spaziavano dalle discipline umanistiche, con la sua ottima padronanza delle lettere e del latino e la sua ampia cultura storica e filosofica, alle scienze, con la sua passione per la chimica, la biologia e la botanica, abilità che gli furono preziose per curarsi con medicamenti a base di erbe durante la sua prigionia. Non mancò di appassionarsi alla geografia e all’astrologia Si pensi che nella biblioteca della sua residenza di Saint-Mandé erano raccolti oltre quindicimila volumi.

 

Non meno importante, Nicolas amava l’arte e fu un grande mecenate e scopritore di talenti. Appena ventiseienne, aveva acquistato le terre del viscontado di Vaux che, all’epoca, constava di una fortezza feudale diroccata con una fattoria, un parco e alcuni villaggi, dove commissionò la costruzione del suo meraviglioso castello, progettato dall’architetto Louis Le Vau, in futuro conosciuto come l’ideatore dello stile Louis XIV.


Ancora oggi possiamo ammirare la magnificenza di Vaux-le-Vicomte, tra i palazzi più prestigiosi nonché la più grande proprietà privata di Francia. Cinti da un signorile cancello nero in ferro battuto, i meravigliosi giardini di Vaux, gremiti di canali, laghetti, cascate e fontane, accolgono il maestoso castello realizzato quasi interamente in pietra rosata e ocra di Creil.

 

Abbracciato da fossati con ponti levatoi, il palazzo è preceduto da un cortile d’onore attorniato da statue mitologiche. Ha un corpo centrale tondeggiante sovrastato da una grande cupola in ardesia grigia e quattro padiglioni ai lati. Sul frontone di ingresso, in cima a tre grandi porte, è scolpito il blasone dei Fouquet: uno scoiattolo nell’atto di arrampicarsi, simboleggiante l’abilità nell’ascesa della famiglia. Gli interni, lussuosi, eleganti, aggraziati, sono gremiti di affreschi di Charles Le Brun e sul soffitto di alcune camere viene esibito il motto «Quo non ascendet?», ovvero «Dove non salirà?», affiancato allo scoiattolo e all’iniziale della famiglia.

 

In questo castello, il 17 agosto 1661, si tenne una delle più illustri feste della storia, quella che il Sovrintendente delle Finanze organizzò in onore del re di Francia, tanto maestosa e stupefacente da lasciare il sovrano attonito, livido di invidia.

 

Voltaire dirà nei suoi scritti: «À six heures du soir, Fouquet était le roi de France, à deux heures du matin il n’était plus rien [Alle sei di sera, Fouquet era il re di Francia, alle due del mattino non era più nulla]».

 

Luigi XIV quella sera ammirò tutte le meraviglie di cui Versailles era sprovvista, e a cui si ispirò per la ristrutturazione della reggia: curati giardini, acqua, fontane, opere d’arte meravigliose, arredamenti lussuosi, servizi di piatti e posate pregiati, raffinata argenteria e tovaglie e tovaglioli veneziani. Durante la cena, nella suggestiva atmosfera creata dall’orchestra, vennero servite prelibatezze culinarie uniche e proprio in quell’occasione fu inventata la crema chantilly. Seguirono la messa in scena di una commedia di Molière e persino i fuochi d’artificio, che il sovrano ammirò, sentendosi meravigliato e umiliato allo stesso tempo.

 

Si è sostenuto, erroneamente, che la festa avesse causato la rovina del Sovrintendente, in realtà decisa già da tempo. Sicuramente, però, l’episodio consolidò la risolutezza del monarca in questo proposito. Il 5 settembre 1661, nella piazza principale di Nantes, Nicolas Fouquet veniva arrestato per ordine del re.

 

«Ma signor D’Artagnan, sono proprio io quello che volete?» avrebbe replicato incredulo. Eppure era stato avvertito. I suoi più fedeli amici, i consiglieri, i segretari, gli artisti e le sue affezionate amanti lo avevano messo in guardia circa il complotto ordito dal re insieme a Colbert, fidato intendente di Mazzarino fino alla sua morte, che era stato raccomandato al re direttamente dal Cardinale.

 

Da mesi, i due tramavano contro il Sovrintendente, nel comune intento di sottrargli ogni incarico e sequestrare le sue fortune economiche. Si mostravano affabili nei suoi riguardi, con allusioni continue alla fiducia che il sovrano riponeva in lui e con ingannevoli rimandi a una prossima assegnazione della carica di Primo Ministro, e, nel frattempo, pianificavano la congiura nel dettaglio, riuscendo persino a persuaderlo a vendere la propria carica di procuratore generale del Parlamento di Parigi, che prevedeva, in caso di messa in stato d’accusa, che venisse deferito dinanzi al Parlamento e giudicato dai suoi pari. Così, Fouquet sarebbe stato giudicato da una Camera di giustizia composta da uomini scelti direttamente da Colbert.

 

La sera dell’arresto, il sovrano scrisse una lettera alla madre, chiarificatrice del movente del suo operato: «Sono molto contento che vedano che non sono così sciocco come pensavano e capiscano che la cosa migliore da fare è legarsi a me».

 

Si trattava di una delle tante scelte propagandistiche del Re Sole, l’artefice di una delle macchine pubblicitarie più complesse e ben riuscite della storia, che restituì al mondo la magnificenza di una Francia in realtà sul continuo orlo della bancarotta e di un sovrano potente e assoluto in realtà decisamente più povero del suo Sovrintendente delle Finanze, impegnato nella costante urgenza di intessere una rete clientelare che gli garantisse influenza.

 

Perciò Fouquet era stato arrestato pubblicamente, proprio nella piazza di Nantes, tra le più importanti città per i suoi affari, dove era conosciuto e stimato. La sua famiglia e la sua copiosa rete di conoscenti caddero rovinosamente in disgrazia; chi perse le proprie cariche, chi fu costretto al domicilio coatto, chi fu imprigionato. Pochi riuscirono a fuggire. La Corona sequestrò tutti i beni della famiglia Fouquet e non risparmiò quelli dei loro amici.

 

Colbert, che presto assunse l’incarico lasciato vacante dopo l’arresto di Nicolas, orchestrò sapientemente una campagna diffamatoria contro l’ex Sovrintendente, accusandolo della precarietà economica della Francia e attribuendo alle sue ruberie la povertà del popolo di Francia. Se è vero che gli affari di Fouquet non furono sempre limpidi, è ancor più vero che non lo erano meno di quelli di tutti gli altri funzionari del regno, Colbert in testa. Il risultato, in un primo momento, fu raggiunto: durante i viaggi di trasferimento del detenuto, il popolino inveì contro Fouquet e ne reclamò l’impiccagione, ma, con il passare dei mesi e l’emergere dei falsi, delle omissioni, delle anomalie e degli abusi messi in atto dal re e dai suoi funzionari, cambiò opinione schierandosi a favore del Sovrintendente e condannando l’atteggiamento persecutorio assunto nei suoi riguardi.

 

Nonostante tutto l’impegno posto in essere da Colbert nella raccolta delle prove, nella creazione di falsi, nel rendere impossibile la difesa dell’imputato e, non meno importante, nella scelta dei membri della Camera di giustizia deputata a giudicare sulla vicenda, i magistrati non si pronunciarono a favore della pena auspicata dal re e dal suo nuovo Sovrintendente delle Finanze: la pena di morte. Accusato di malversazioni e crimini contro il servizio di Sua Maestà, peraltro scoprendo i capi di accusa a ridosso del processo, Fouquet, supportato dalla famiglia e dai molti sostenitori, riuscì ad affrontare brillantemente il processo. Consapevoli delle gravissime conseguenze personali cui andavano incontro, e che non mancarono di verificarsi, tredici giudici su ventidue si pronunciarono a favore del bando perpetuo dal reame e del sequestro dei beni, ricusando l’auspicata pena di morte. Ma la vicenda avrebbe assunto una piega imprevista.

 

«È senza dubbio il solo esempio nella storia dell’esercizio del diritto sovrano di grazia esercitato nel senso opposto, cioè con l’aggravamento della pena», dichiarò Mongrédien. Infatti, a seguito del pronunciamento dei giudici, il monarca si consultò con Colbert e decise di avocare a sé la sentenza, commutando la pena dal bando all’ergastolo.


Nicolas Fouquet fu rinchiuso a vita nella fortezza di Pinerolo, dove pare che morì nel 1680, anche se non fu mai rinvenuto l’atto del suo decesso. Dato il suo prestigio, la sua posizione a corte e le sue conoscenze, si ipotizzò che potesse essere lui, custode di molti segreti, l’uomo celato dietro la leggendaria maschera di ferro.

 

Ciò che è certo è che trascorse il resto della sua esistenza in un’angusta cella senza finestre, lontano dalla bellezza e dalle arti che tanto aveva amato, mentre il sovrano, oltre che dei suoi beni, si appropriò dei suoi artisti. I creatori del magnifico castello di Vaux, Le Brun, Le Nôtre, Le Vau, La Quintinie, Mignard, Vatel e persino Molière saranno costretti a occuparsi delle residenze del re, realizzando i fasti di quello che diverrà tra i più celebri palazzi reali al mondo: la reggia di Versailles.

 

 

Riferimenti bibliografici:


Campbell P. R., Luigi XIV e la Francia del suo tempo, il Mulino, Bologna 1997.
Dumas A., Le Vicomte de Bragelonne, 1848.
Dumas A., Luigi XIV e il suo secolo, Borroni e Scotti, Milano 1856.
Gerosa G., Il re Sole. Vita privata e pubblica di Luigi XIV, Mondadori, Milano 1998.
Mazzarino G., Breviario dei politici secondo il cardinale Mazzarino, a cura di G. Macchia, Rizzoli, Milano 1981.
Morand P., Il Sole offuscato. Fouquet e Luigi XIV. Potere e corruzione in un ritratto di inquietante attualità, Corbaccio, Milano 1996
Necci A., Re Sole e lo Scoiattolo. Nicolas Fouquet e la vendetta di Luigi XIV, Marsilio, Venezia 2013.
Voltaire, Il secolo di Luigi XIV, Einaudi, Torino 1951.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]