contemporanea
NESTOR IVANOVIČ MACHNO
L’ANARCHICO UCRAINO CHE SFIDÒ I
BOLSCEVICHI
di Enrico Targa
Nato a Huljajpole il 7 novembre 1888,
Nestor Machno fu il quinto figlio di una
famiglia di ex servi della gleba,
contadini poveri dell’Ucraina orientale,
culla dei cosacchi zaporoghi. Suo padre
morì quando lui aveva solo dieci mesi,
di conseguenza la sua infanzia fu
segnata da una grande miseria tanto che
all’età di sette anni lavorò come
pastore; non riuscendo a frequentare la
scuola la abbandonò definitivamente
all’età di dodici anni. Successivamente
lavorò a tempo pieno nelle terre della
nobiltà e nelle fattorie dei kulaki
(contadini benestanti) spesso coloni
tedeschi di religione mennonita, ma si
rese subito conto dell’ingiustizia di
cui è vittima il popolo: all’età di
tredici anni assistette a una correzione
muscolare impartita dai suoi giovani
padroni a un garzone di scuderia, quindi
corse a chiedere aiuto al primo
stalliere, Batko Ivan, che si precipita
verso i due uomini. I contadini
chiederanno poi conto al padrone delle
violenze impartite al giovane garzone.
Questa prima rivolta lasciò un segno
profondo nel giovane Machno.
Durante la rivoluzione russa del 1905,
fu attivo a livello locale a Huljajpole,
dove il regime inviò un distaccamento di
gendarmi a cavallo con lo scopo di
reprimere gli assembramenti popolari. La
gendarmeria fedele al regime zarista
compì numerose violenze: le
manifestazioni furono sciolte a colpi di
frusta e i prigionieri picchiati con il
calcio dei fucili.
All’età di 16 anni aderì all’Unione dei
lavoratori poveri, un gruppo di giovani
rivoluzionari che rivendicavano il
comunismo libertario in opposizione
all’autoritarismo attraverso l’azione
diretta in particolare mediante le
espropriazioni e la ridistribuzione dei
beni confiscati ai ricchi. Come molti
altri anarchici libertari dell’impero
russo opposero alla repressione zarista
con il “terrore nero”: il gruppo era
guidato da Waldemar Antony
(soprannominato Zarathustra), di origine
ceca, che portò a conoscenza di questi
giovani poco istruiti i libri di
Bakunin, Kropotkin e Proudhon così come
i libri di cultura generale, compresa
l’astronomia, che li affascinò molto. In
risposta al successo di questo gruppo, i
proprietari terrieri crearono il
movimento l’Unione dei Veri Russi: lo
slogan «Uccidi Yid, salva la Russia»
denota l’acceso antisemitismo dei suoi
membri che si resero responsabili di
atroci pogrom. L’Unione dei lavoratori
poveri combatté i reazionari dell’Unione
e lo distrusse anche fisicamente: «È
stata la nostra prima vittoria» nota
Machno nelle sue Memorie.
Tra la fine del 1906 e agli inizi del
1907 la repressione dell’autorità cadde
sul gruppo: Machno venne arrestato e
accusato di omicidio politico, ma fu
subito rilasciato per mancanza di prove
ma nel 1908, a seguito della denuncia di
un informatore infiltrato nel gruppo da
parte della polizia, fu nuovamente
arrestato e incarcerato. Nel marzo 1910
Machno e tredici dei suoi compagni
furono processati da un tribunale
militare e venne condannato a morte per
impiccagione. A salvarlo dalla
fucilazione furono sia la sua giovane
età sia gli sforzi della madre che
consentirono la commutazione della pena
in 5 anni di lavori forzati presso il
carcere di Boutyrka, che era “a quel
tempo una specie di università
rivoluzionaria”. Vi studiò in
particolare Bakounin, Kropotkin e
sviluppò il suo concetto di mutuo
soccorso.
Incontra Piotr Archinov con il quale
parla molto, ma a causa del suo
carattere poco conciliante, Machno viene
regolarmente incatenato e messo in
prigione: questa esperienza spiega il
suo odio per le prigioni e, più tardi,
durante la Guerra Civile, entrando in
una città appena conquistata, il suo
primo atto fu quello di liberare tutti i
prigionieri e distruggere la prigione.
Grazie alla Rivoluzione di febbraio il 2
marzo 1917, dopo otto anni e otto mesi
di carcere, Makhno riottenne la libertà
insieme a tutti gli altri prigionieri
politici. Alla fine di marzo 1917 tornò
a Houliaïpole dove fu ben accolto. Dopo
gli anni di carcere, di sofferenza, ma
anche di studio, Makhno non era più un
giovane militante inesperto, ma un
anarchico che aveva messo alla prova la
sua volontà e forgiato idee precise
sulla lotta rivoluzionaria. Testimone
dell’atteggiamento dominante degli
intellettuali, non crede nell’onestà dei
politici; ritrova i suoi vecchi compagni
e li convince ad agire subito
organizzando i contadini e gli operai.
Promuovendo la consultazione e la
sensibilizzazione, durante una
moltitudine di incontri ed elezioni si
discusse, tra l’altro, di cosa fosse una
cooperativa, un comune, un sindacato, un
delegato, il ruolo di un Soviet o, cosa
significasse prendere le terre. Il 29
marzo 1917 fu fondato un sindacato
professionale di lavoratori agricoli,
l’Unione dei Contadini: come primo atto
politico i contadini si rifiutarono di
pagare l’affitto ai proprietari. Machno
intervenne anche nello sciopero
vittorioso di una fabbrica del suo ex
capo e nell’organizzazione del sindacato
locale dei falegnami e dei
metalmeccanici di cui viene nominato
presidente. Dal 5 al 7 agosto, a
Houliaïpole, sulla scia di quanto stava
avvenendo in Russia un’assemblea
regionale organizzò i sindacati
contadini in un Soviet di delegati,
contadini e operai; Machno reclutò una
piccola truppa di contadini armati che
si impegnò a espropriare gli
aristocratici locali e a distribuire la
terra ai contadini poveri. Ma il
progetto fu ostacolato dall’opposizione
dei proprietari terrieri e dai kulaki
che si organizzarono facendo appello
alle autorità provvisorie di Mosca.
Il 29 agosto, mentre il generale
Kornilov tentava di prendere il potere a
Pietrogrado, il Soviet di Houliaïpole
formò un Comitato per la salvezza della
Rivoluzione, di cui Machno fu nominato
responsabile. Il giorno successivo, il
comitato decise di abolire i privilegi e
di disarmare i proprietari per preparare
gli espropri e applicare il decreto sul
terreno così come si discuteva da mesi a
Houliaïpole. Il 25 settembre il
Congresso dei Soviet e delle
Organizzazioni Contadine convocò i
grandi proprietari terrieri e i kulaki
muniti dei loro titoli di proprietà
(terreni, bestiame e attrezzature) che
furono sequestrati: venne redatto un
inventario e condiviso su base
paritaria, anche con gli ex proprietari.
La proprietà fondiaria si trasformò così
in proprietà sociale basata sul
principio che nessuno deve possedere più
terra di quella che è in grado di
coltivare da solo, senza ricorrere a
dipendenti. Questa azione di
espropriazione e ridistribuzione delle
terre, condotta in consultazione,
anticipa l’altro decreto sulla terra
promulgato il 26 ottobre 1917 e che il
partito bolscevico, una volta al potere,
imporrà con violenza. Machno desiderava
costruire un nuovo ordine sociale «dove
non ci sarebbe schiavitù, nessuna
menzogna, nessuna vergogna, nessuna
divinità spregevole, nessuna catena,
dove non si può comprare né amore né
spazio e ci sarebbe solo la verità e la
sincerità degli uomini».
Su un territorio di due milioni e mezzo
di abitanti liberato da ogni potere
statale, gli insorti formarono comuni
agrari autonomi dotati degli organi di
democrazia diretta: soviet liberi e
comitati di base. Terreni, fabbriche e
officine vennero espropriati prima di
essere collettivizzati e autogestiti: i
comuni furono creati sulla base del
volontariato, dell’uguaglianza e della
solidarietà.
Nonostante quest’inizio molto
promettente lo slancio rivoluzionario
ucraino fu infranto il 3 marzo 1918
quando Lenin firmò il Trattato di
Brest-Litovsk che riconosceva
l’indipendenza dell’Ucraina (“il granaio
e il cuore industriale della Russia”) ma
di fatto il nuovo stato venne posto
sotto il controllo economico alla
Germania e all’Austria in cambio della
pace: l’Ucraina fu occupata in meno di
tre mesi dagli eserciti austro-tedeschi.
Gli occupanti restituirono le terre ai
vecchi latifondisti e iniziarono una
campagna di arresti contro i
rivoluzionari. Come reazione Il
congresso anarchico di Taganrog, a fine
aprile, decise di organizzare una
guerriglia le cui azioni prevedevano
l’azione armata in piccole unità da
cinque a dieci combattenti e studiare la
logistica per raccogliere armi e
preparare una rivolta contadina
generalizzata. Decise inoltre di inviare
una delegazione a Mosca, e tra i nomi
dei delegati non poteva mancare Machno.
Nel giugno 1918 Machno era a Mosca per «consultare
alcuni vecchi militanti anarchici sui
metodi e le tendenze da seguire
nell’opera libertaria rivoluzionaria tra
i contadini dell’Ucraina». Durante
il soggiorno moscovita Conobbe Piotr
Archinov e Pëtr Alekseevič Kropotkin, di
cui disse “apprezzò molto alcuni
consigli”. Ad aprile però la Ceka (corpo
di polizia politica sovietico creato da
un decreto del 20 dicembre 1917 da Lenin
e Feliks Ėdmundovič Dzeržinskij per
combattere i nemici del nuovo regime
russo) perseguitò il movimento
libertario espellendolo dalle sue sedi,
vietandone le pubblicazioni e
imprigionando i militanti. Per Machno,
proveniente da un’area in cui la libertà
di parola e di organizzazione era ancora
viva, la debolezza degli anarchici
moscoviti fu uno shock; ora Mosca gli
appare come “la capitale della
rivoluzione di carta”, capace di
produrre solo vuote risoluzioni e slogan
mentre il partito bolscevico instaura
una dittatura con la forza e con
l’inganno.
Un po’ per caso incontra Lenin al
Cremlino e il dibattito che ne scaturì
verté su “tre punti”: la mentalità dei
contadini in Ucraina; le prospettive
immediate per questo paese e la
necessità per i bolscevichi di creare un
esercito regolare (Armata Rossa); il
disaccordo tra bolscevismo e anarchismo.
La sua conversazione, sebbene di un
certo interesse, era troppo breve e
superficiale per trasmettere qualcosa di
reale importanza, affermò Machno che
tornò immediatamente in Ucraina per
liberare Huljajpole. Nel settembre 1918
si alleò con Fedir Shchus, un ex
marinaio ucraino comandante di un
piccolo distaccamento di resistenti.
Nonostante il loro piccolo numero
(appena una dozzina), entrarono in
città, spararono sull’occupante e
scatenarono la rivolta degli abitanti
che riuscirono a liberare Huljajpole:
sarà l’inizio dell’organizzazione per la
liberazione dell’Ucraina coordinata da
Machno, ora soprannominato “Batko” (il
padre) posto a capo dell’esercito
anarchico chiamato Esercito
insurrezionale rivoluzionario d’Ucraina,
o Machnovščina o Esercito Nero (il nero
è il colore della bandiera anarchica).
All’occupazione straniera si aggiunse la
guerra civile tra i bolscevichi ei
controrivoluzionari “bianchi” guidati da
Denikin che prese il posto di Kornilov
ucciso nei pressi di Krasnodar. È in
questo quadro che si colloca la rivolta
avviata da Machno, che dopo aver
combattuto i tedeschi e i bianchi in
Ucraina resiste al potere accentratore
dei bolscevichi. Forte del suo successo
a Huljajpole, la sua reputazione crebbe:
«Presto Machno divenne il punto di
raccolta per tutti gli insorti»,
scrive Volin (Vsevolod Mikhailovich
Eichenbaum, fu uno scrittore, poeta e un
anarco-sindacalista russo molto
influente del movimento anarchico russo
e internazionale).
A Machno si unì il più importante gruppo
di resistenza, quello del ferroviere
Victor Belaš, e a quest’ultimo Machno
affidò la responsabilità di federare
l’esercito Machnovščina e di esserne il
capo di stato maggiore. Sotto il comando
congiunto di Machno e di Belaš
l’esercito insurrezionale composto in
maggioranza da contadini praticò la
tattica della guerriglia dimostrando una
straordinaria mobilità durante le
operazioni militari con continui
attacchi e fughe che misero in
difficoltà contemporaneamente
austro-tedeschi, i controrivoluzionari
bianchi e l’esercito della Repubblica
popolare ucraina guidato dal presidente
Symon Petljura (il quale, dopo aver
perso Kiev fu costretto a soggiornare in
Polonia in rappresentanza del governo
ucraino in esilio, di allearsi con la
Polonia e stipulare con essa un
trattato, l’operazione Kiev o Trattato
di Varsavia del 1920, con il quale
cedeva ai polacchi la Galizia e la
Volinia e garantiva i diritti dei
possedimenti polacchi in Ucraina contro
eventuali espropriazioni).
In conseguenza del Trattato di Varsavia
(rispondente al disegno del generale
polacco Piłsudski cioè creare una
“Grande Polonia” o Federazione
Międzymorze comprendente Ucraina,
Lituania e Bielorussia) i circa 5.000
sopravvissuti dell’esercito ucraino
della Galizia preferirono poi arruolarsi
nell’Armata Rossa.
L’esercito
Machnovščina fu organizzato sulla
base specificamente libertaria del
volontariato: tutti gli ufficiali erano
eletti dai soldati e la disciplina fu
dura ma molto più accomodante rispetto
al modello zarista. Dopo la vittoria
contro i Bianchi, l’Armata Rossa, che
aveva stretto un’alleanza militare
temporanea con Machno riuscì a cacciare
da Kiev i polacchi e gli ucraini guidati
da Petljura nel giugno del 1920 e ora
aveva mano libera per reprimere il
movimento anarchico.
Nell’agosto del 1921, dopo mesi di aspri
combattimenti contro i bolscevichi,
Machno sconfitto lasciò l’Ucraina e
attraversò il confine rumeno: per i
comunisti libertari fu un duro colpo,
l’Esercito insurrezionale rivoluzionario
ucraino combatté con onore e fu il
simbolo della lotta per l’instaurazione
del comunismo non autoritario e
libertario contro il comunismo
totalitario instaurato fin dal 1918 dai
bolscevichi.
Secondo uno dei tanti manifesti
propagandistici dell’Esercito
insurrezionale: «La
Machnovščina
non è anarchismo. L’esercito machnovista
non è un esercito anarchico, non è
formato da anarchici. L’ideale anarchico
della felicità e dell’uguaglianza
generale non può essere raggiunto
attraverso lo sforzo di nessun esercito,
anche se fosse formato esclusivamente da
anarchici. L’esercito rivoluzionario,
nel migliore dei casi, potrebbe essere
utilizzato per la distruzione
dell’odiato vecchio regime; per il
lavoro costruttivo, l’edificazione e la
creazione, qualsiasi esercito, che,
logicamente, può contare solo sulla
forza e sul comando, sarebbe del tutto
impotente e persino dannoso. Perché la
società anarchica diventi possibile, è
necessario che gli stessi lavoratori
nelle fabbriche e nelle imprese, gli
stessi contadini, nei loro paesi e
villaggi, si uniscano per costruire una
società antiautoritaria, senza
aspettarsi decreti-legge da nessuna
parte. Né gli eserciti anarchici, né gli
eroi solitari, né i gruppi, né la
Confederazione anarchica creeranno una
vita libera per i lavoratori e i
contadini. Solo i lavoratori stessi,
attraverso sforzi coscienti, potranno
costruire il loro benessere, senza uno
stato o signori».
Accanto alle attività militari Machno
contribuisce alla creazione, su una
regione di trecento chilometri di
diametro che va dal Mar Nero al Donbass,
di un embrione di una società rurale
libertaria basata sull’autogestione. Per
diversi mesi i contadini ucraini ebbero
la sensazione di vivere, secondo le
testimonianze dell’epoca, “senza alcun
potere politico”; liberi comuni si
organizzano sulla base del mutuo
soccorso materiale e morale e dei
principi non autoritari ed egualitari.
Ogni comune si dotò di un perimetro di
terreno corrispondente ai bisogni dei
suoi membri.
Nonostante una difficile situazione
militare il movimento insurrezionale
anarchico riuscì a organizzare tre
congressi regionali il 23 gennaio 1919,
il 12 febbraio e il 10 aprile 1920. I
congressi riunirono delegati, contadini
e soldati, coordinarono gli sforzi per
il rapido raggiungimento degli obiettivi
economici e sociali fissati dalle masse
contadine; il Terzo Congresso riunì i
delegati di 72 distretti che
rappresentano più di 2 milioni tra
uomini e donne, ma incontrò la
disapprovazione di Pavel Dybenko,
comandante della divisione bolscevica:
il congresso fu dichiarato
controrivoluzionario ei suoi
organizzatori fuorilegge.
Perché i bolscevichi contrastarono il
programma anarchico? La risposta risiede
nelle divisioni teoriche e
programmatiche, inconciliabili, tra
anarchici e bolscevichi: il movimento
libertario sostenne la struttura dei
Soviet (organismi di rappresentanza
degli operai e dei contadini) del lavoro
libero che, a differenza dei Soviet
politici dei bolscevichi, furono organi
di autogoverno che promuovevano la
libertà di espressione, parola, stampa e
associazione e favorì i legami con le
forze militanti anarchiche che si stanno
strutturando (la Confederazione delle
organizzazioni anarchiche dell’Ucraina
nel novembre 1918 a Kursk e fin da
subito i legami con il movimento della
Machnovščina).
Il programma politico degli anarchici si
può riassumere nel rifiuto nel ruolo di
guida dei gruppi privilegiati (non
lavoratori), nella sfiducia nei
confronti di tutti i partiti, nella
negazione di qualsiasi dittatura
(principalmente quella di
un’organizzazione sopra il popolo),
nella negazione del principio di Stato,
nel rifiuto di un periodo “transitorio”
e l’autogestione dei lavoratori da parte
dei Soviet liberi. Nell’aprile del 1919
a Yelisavetgrad l’attuale Kropyvnytskyi,
gli anarchici denunciarono l’influenza e
l’autoritarismo dei bolscevichi sui
Soviet e l’organizzazione puramente
militarista dell’Armata Rossa
dichiarandosi favorevoli a un tipo di
“esercito dei partigiani rivoluzionari”
sul modello della Machnovščina.
A riprova di questi legami instaurati
tra anarchici ei machnovisti,
nell’agosto del 1919 Volin fu nominato
capo del “Consiglio militare
insurrezionale” della Machnovščina e il
28 agosto 1921 Machno insieme a 78 dei
suoi seguaci si rifugiò in Romania dove
risiedeva il Commissario del popolo per
gli Affari esteri dell’URSS, Georgy
(Yuri) Vasilyevich Chicherin che tentò
invano di fare pressione sul governo
rumeno per estradarlo con l’accusa di
“attività terroristica” contro
l’Ucraina.
Per fare un po’ di chiarezza, la
Repubblica Comunista Ucraina che venne
proclamata a Charkiv nel 1919 era
conosciuta come Repubblica Popolare
Ucraina, cosa che generò parecchia
confusione con l’omonima Repubblica
Popolare Ucraina ma con capitale Kiev
fondata da Symon Petljura che era nota
anche col nome di Repubblica Nazionale
Ucraina per distinguersi dalla prima.
Con il formarsi dell’Unione Sovietica
nel 1923 il nome venne cambiato in
Repubblica Socialista Sovietica Ucraina
con iniziali УССР in ucraino, RSSU in
italiano. Nel 1936 il nome della
repubblica venne cambiato di nuovo, così
come quello di tutte le altre
repubbliche sovietiche, trasponendo la
seconda e la terza parola: dal 1936 al
1991 la denominazione è Ucraina
Sovietica Socialista Repubblica.
Machno dopo aver lasciato la Romania si
recò in Polonia dove venne incarcerato
per presunti crimini commessi in Ucraina
contro gli interessi della Polonia
mavenne assolto ma una volta giunto a
Danzica fu comunque imprigionato. Riuscì
a fuggire grazie all’aiuto dei suoi
compagni che lo aiutarono a raggiungere
Berlino prima di stabilirsi a Parigi nel
1925. Nel giugno 1926, su iniziativa di
Nestor Makhno, Piotr Archinov e Ida
Mett, il “Gruppo di anarchici russi
all’estero” pubblicò in russo la
“Piattaforma organizzativa dell’Unione
generale degli anarchici” (Draft). In
ottobre, Volin terminò la traduzione del
testo pubblicato in francese nelle
Editions de la Librairie internationale.
La Piattaforma si compone di tre parti:
una parte generale, sul capitalismo e la
strategia per rovesciarlo; una parte
costruttiva, sul progetto comunista
libertario e una parte organizzativa sul
movimento anarchico. La parte generale
afferma che l’anarchismo non è una
“bella fantasia né un’idea astratta di
filosofia” ma un movimento operaio
rivoluzionario. Offre un insieme di
linee guida basate sul materialismo e
sulla lotta di classe come motore della
storia. In una situazione
rivoluzionaria, l’organizzazione
anarchica deve offrire una guida “in
tutte le aree della rivoluzione
sociale”. La sfida è “legare la
soluzione di questi problemi alla
concezione generale del comunismo
libertario”.
La parte costruttiva propone un progetto
di società di transizione; la produzione
industriale segue il modello dei Soviet
federati mentre per quanto riguarda i
consumi e la questione agraria, la
Piattaforma si distingue dal “comunismo
di guerra” di Lenin, che consisteva nel
depredare le campagne per sfamare le
città. Quanto alla difesa della
rivoluzione, il modello è quello della
Machnovščina: “carattere di classe
dell’esercito”, “volontariato”, “libera
disciplina”, “completa sottomissione
dell’esercito rivoluzionario alle masse
operaie e contadine”. Infine, la parte
organizzativa propone quattro “principi
fondamentali” per un’organizzazione
anarchica: unità teorica, unità tattica,
responsabilità collettiva e federalismo.
Nell’aprile 1927, Volin e sette dei suoi
collaboratori pubblicarono un opuscolo
di 40 pagine dal titolo “Risposta alla
piattaforma”. Il tono è polemico, gli
autori accusano gli autori della
Piattaforma chiamati “piattaformisti” di
avanguardia e di voler “bolscevizzare”
l’anarchismo. Ogni punto della
Piattaforma viene sezionato e
radicalmente confutato perché stando a
Volin, il carattere di classe
dell’anarchismo è negato, essendo anche
l’anarchismo una concezione “umanitaria
e individuale”. La parte costruttiva è
paragonata al “programma di transizione”
leninista. I principi organizzativi sono
paragonati alla disciplina da caserma.
Anche la difesa della rivoluzione,
ispirata alla Machnovščina, è
condannata.
Gli autori della Risposta vedevano nel
programma proposto dalla Draft la
“creazione di un centro politico
dirigente, di un esercito e di una forza
di polizia a disposizione di questo
centro, il che significa, in sostanza,
l’insediamento di un’autorità politica
transitoria a carattere statale”. Poche
settimane dopo, Piotr Archinov pubblicò
“La risposta ai confusionisti
dell’anarchismo”. Nel 1928 Sébastien
Faure e Volin elaborarono la sintesi
anarchica che mirava a superare le
divisioni interne, sia teoriche che
organizzative, del movimento anarchico;
Volin, in particolare, propone una
sintesi delle diverse correnti del
movimento allora esistenti: comunista
libertario, anarco-sindacalista,
individualista. Secondo Volin queste
correnti sono legate e molto vicine tra
loro e le differenze esistono solo per
un malinteso artificiale, occorre quindi
fare una sintesi teorica e filosofica
delle dottrine su cui si queste tre
varianti si basano dopodiché possiamo
fonderle e considerare la struttura e le
forme precise di un’organizzazione
rappresentativa di queste tre tendenze.
La polemica tra sintetisti e
piattaformisti continuò fino al 1931:
all’accusa di “bolscevismo” di alcuni
rispose quella di “dilettantismo” di
altri. Machno nel pieno di questa
polemica arrivò a Parigi nell’aprile del
1925 e fu ospitato da amici russi, prima
a Saint-Cloud poi a Romainville fino a
quando insieme alla sua famiglia si
trasferì a Vincennes il 21 giugno 1926.
Fisicamente provato, affetto da
tubercolosi e ricoperto di cicatrici: «Il
suo corpo non è altro che cicatrici e
pezzi di schegge circolano sotto la sua
pelle», racconta Louis Lecoin. Nel
1928, un intervento chirurgico non
riuscì a estrarre delle schegge di
mitraglia che lo colpirono negli anni
della guerra; nonostante i medici gli
sconsigliassero di rimanere in piedi a
lungo, lavorò come assistente di
fonderia per un periodo a Vincennes, poi
tornitore alla Renault di
Boulogne-Billancourt, mentre il suo
socio lavorava in un calzaturificio a
Parigi senza che il suo attivismo
politico venga meno.
A Parigi, Machno infatt ritrova Volin e
altri esiliati russi. Insieme a Piotr
Archinov e Ida Mett, forma un nuovo
gruppo chiamato Dielo Trouda e iniziò a
scrivere le sue Memorie con l’aiuto di
Ida Mett: il primo volume da titolo
La rivoluzione russa in Ucraina
apparve nel 1927. (le sue Memorie, la
cui storia termina nel 1918, rimangono
incompiute).
Il 16 maggio 1927 fu oggetto di
un’ordinanza di espulsione, che non fu
eseguita grazie all’intervento di Louis
Lecoin, purché rispettasse una rigorosa
neutralità politica e nel luglio dello
stesso anno incontra gli anarchici
spagnoli Buenaventura Durruti e
Francisco Ascaso ai quali afferma che le
condizioni per una rivoluzione
libertaria sono più favorevoli in Spagna
che in Russia perché esiste un
proletariato e una massa contadina di
tradizione rivoluzionaria e che gli
anarchici spagnoli hanno un senso
dell’organizzazione che mancava in
Russia: «È l’organizzazione che
assicura il successo profondo di tutte
le rivoluzioni» (anche durante la
guerra civile spagnola del 1936-1939 le
divisioni tra anarchici e comunisti
aderenti alla Terza Internazionale
portò a un conflitto armato tra le due
fazioni).
Dato che Machno viveva ormai in
condizioni di estrema miseria, l’Unione
Comunista Anarchica lanciò nel 6 aprile
1929, su Le Libertaire, un
appello per “una solidarietà a lungo
termine a favore di Machno”; nel 1929
con tutta la famiglia fu invitato dal
gruppo anarchico di Aimargues nel
dipartimento francese del Gard. La sua
salute peggiorò e il 16 marzo 1934 fu
ricoverato in ospedale all’ospedale
Tenon morendo la mattina del 25 luglio
1934. Il 28 luglio fu cremato nel
cimitero di Père-Lachaise, alla presenza
di diverse centinaia di persone, tra cui
Volin che pronunciò il suo elogio
funebre. Le sue ceneri sono conservate
nel colombario di Père-Lachaise. |