N. 66 - Giugno 2013
(XCVII)
Il Medioevo nel secolo XIX
Storia di un sogno
di Alessandro Nasonte
Il
sogno
del
Medioevo
nel
secolo
XIX
non
è
solamente
una
percezione
romantica
della
storia.
Reca
in
sé
l’idea
di
radicarsi
nel
presente
imitando
il
passato,
prendendo
a
modello
il
“pensiero”
e le
peculiarità
della
cultura
da
cui
trae
origine
tale
ispirazione.
Affiora
verso
la
metà
del
XVIII
secolo
in
rapporto
diretto,
sia
pure
come
“eccezione”
e
“antitesi”,
con
il
pensiero
illuministico
da
un
lato,
e
con
i
primi
atti
della
cosiddetta
Rivoluzione
industriale
dall'altro.
L'antico
non
è
più
autorità
tramandata,
ma
precisa
realtà
storica.
Tale
rinnovamento
avviene
sostanzialmente
per
effetto
della
“poetica
del
sublime”,
che
in
Inghilterra
sin
dalla
metà
del
Settecento
è
posta
come
alternativa
alla
“poetica
del
pittoresco”.
Il
pittoresco
era
indubitabilmente
conforme
al
verismo
e al
sensismo
del
pensiero
illuministico.
Il
sublime
invece,
faceva
affidamento
sull’immutabile
tradizione
neoplatonica
e
spiritualistica.
Il
pittoresco
era
una
concezione
del
mondo
in
orizzontale,
come
infinita
e
sempre
attraente
varietà
di
fenomeni,
il
sublime
era
una
concezione
dell'esistenza
in
verticale,
come
trascendenza
che
scaturisce
dall'indomita
hybris
del
singolo
contro
la
natura,
il
prossimo,
l'inutile
storia,
Dio.
Il
sublime
metteva
in
discussione,
seppur
violentemente,
la
concezione
classica
della
natura
come
armonia
e
della
storia
come
ordine,
ma
contestava
altresì
la
concezione
dell'antico
come
classico,
cioè
come
armonia
naturale,
e
catarsi
storica.
L’antico
è
indubbiamente
qualcosa
che
va
oltre
la
mera
imitazione,
qualcosa
di
cui
appropriarsi
per
creare
i
presupposti
affinché
si
possa
non
solo
padroneggiare
ma
scavalcare.
La
limitatezza
di
vedute
ha
considerato
il
Medioevo
come
un
momento
di
decadenza
del
genere
umano,
inscrivibile
non
tanto
a
una
perfezione
perduta,
quanto
a un
processo
di
sviluppo
interrotto.
Tali
consuetudini
non
si
erano
del
tutto
interrotte,
c'era
stata
una
cultura
medievale
dell'antico,
fondata
sulla
continuità
della
tradizione,
che
nel
corso
del
tempo
aveva
subito
una
sostanziale
trasformazione.
A
tal
proposito
occorre
sottolineare
come
la
cultura
umanistica
capovolse
questo
sviluppo
anteponendo
ad
esso
una
storia
fondata
su
giudizi
e
valori.
Il
revival
non
implica
l'idea
della
morte
e
della
resurrezione,
ma
neppure
quella
di
una
continuità
della
tradizione.
È
opportuno
sottolineare
come
già
dalla
fine
del
Cinquecento
si
hanno
i
primi
segni
di
“Revival”
gotico.
Tali
presupposti
si
consolideranno
soltanto
al
principio
del
Settecento
dando
origine
in
Inghilterra
ad
una
cultura
artistica
autonoma,
che
rifiorirà
nell'interesse
per
le
grandi
abbazie
e le
cattedrali
gotiche,
in
antitesi
con
la
concezione
illuministica
della
storia
come
progresso
automatico
irreversibile.
Il
Neogotico
è
una
sfumatura
della
concezione
romantica
della
storia
come
“Revival”,
caposaldo
della
rinascita
della
spiritualità
cristiana
in
piena
Restaurazione.
Su
questo
slancio
vivifico
si
collocano
le
cattedrali
ricostruite
all’inizio
dell’Ottocento,
intese
a
rappresentare
quel
desiderio
diffuso
di
unità
a
cui
aspiravano
le
nascenti
nazioni;
si
tratta
di
scelte
politiche
più
che
di
scelte
ideologiche.
Mentre
il
Neogotico
diviene
lo
strumento
dell'arte
moderna,
il
Neoclassico
si
eclissa,
perché
situato
in
netto
ritardo
rispetto
alla
rapida
evoluzione
tecnologica
della
nascente
industria.
Il
Neogotico,
almeno
inizialmente,
non
pone
questioni
tecniche,
ma
anticipa
uno
dei
motivi
cardine
del
Modernismo,
ovvero
l’influenza
artistica
sulla
psiche
individuale
e
collettiva.
L’azione
è
concepita
come
momento
dell’esistenza
in
cui
si
prende
coscienza
di
sé e
si
fa
storia.
L’immaginazione
presiede
la
tessitura
della
storia;
senza
la
fantasia,
la
memoria
sarebbe
un
ammasso
statico
e
indistinto
di
cose
ed
eventi,
quantunque
la
fantasia
diverrebbe
un'inutile
allucinazione.
II
Neogotico
non
è da
intendersi
come
un
ritorno
all'antico,
ma
come
un
ritorno
dell'antico,
logorato,
ma
non
del
tutto
scomparso.
Il
Revival
è
sempre
utopistico,
d'altronde
lo è
anche
il
Progressismo,
però
è
meraviglioso
evidenziare
come
un'utopia
del
futuro
possa
sostenere
un'utopia
del
passato.
È
lecito
osservare
come
il
gotico
ha
prodotto
degli
effetti
senza
esserne
direttamente
coinvolto.
Il
XIX
secolo
è
segnato
dall’ombra
dell’”Antico
Regime”
la
cui
fine
aveva
determinato
la
scomparsa
degli
antichi
assetti
della
società,
organizzata
per
corpi
e
per
ceti.
Tale
fine
diede
origine
alla
realizzazione
di
nuovi
edifici,
e
alla
ricostruzione
dei
più
antichi,
a
tal
proposito
nel
1832
Joseph
Von
Eichendorff
scrisse:
“in
breve
tempo
si
erano
viste
davvero
sparire
dalla
rena
in
un
tempo
incredibilmente
breve
tutte
le
istituzioni
avite,
dalla
costituzione
germanica
imperiale
fino
alle
corporazioni
artigiane
costruite
devotamente
dalle
innumerevoli
generazioni
passate.
In
mezzo
alle
macerie
si
aggirano
ora
saputi
architetti
e
facitori
di
progetti
che
si
dilettano
con
il
filo
di
piombo
e
conteggiano
i
preventivi,
per
costruire
un
mondo
nuovo
con
il
materiale
che
è
loro
congeniale”.
Il
violento
solco
generato
dalla
Rivoluzione
francese,
determinò
un
vuoto
inatteso,
che
s’inserì
all’interno
di
quel
senso
di
smarrimento
che
ebbe
origine
dalla
Rivoluzione
Industriale,
e
che
diede
origine
allo
scontro
con
la
nascente
civiltà
delle
masse
che
nel
frattempo
aveva
acquisito
maggior
peso
nella
vita
sociale
e
politica.
Per
sovrastare
questi
contrasti
ci
si
orientò
verso
la
confortevole
metafora
di
“architetti,
di
fili
a
piombo
e di
pietre
angolari”
che
consentissero
non
solo
di
rimettere
in
piedi
edifici
vacillanti
o
rasi
al
suolo,
ma
di
intraprendere
“una
ricostruzione
pacifica
e
paziente
di
un
edificio
infaustamente
abbattuto,
l'”edificio
delle
tradizioni”.
Per
riedificarlo
si
attinse
ad
una
pluralità
di
materiali
dissimili
tra
di
loro,
attinenti
al
Medioevo.
Il
dato
evidente
è
che
codeste
idee
vennero
animate
da
architetti
“gotici”
che
determinarono
da
un
lato
uno
straordinario
impatto
tra
gli
eruditi,
vivacizzando
l’immaginario
collettivo
e le
fantasie
dei
pittori
e
scrittori,
e
dall’altro,
un
Medioevo
capace
di
attraversare
orizzontalmente
molti
paesi
e
verticalmente
ampi
strati
della
società
degli
alfabetizzati.
Le
prime
avvisaglie
di
tale
processo
si
manifestarono
nella
produzione
letteraria
del
XVIII
secolo;
un
esempio
eloquente,
è il
“Castello
di
Otranto”
di
Horace
Walpole.
Walpole
non
fu
soltanto
un
fervido
autore
ricercato,
ma
anche
l’ideatore
per
l’appunto
del
celebre
maniero
di
Strawberry
Hill,
che
fu
prerogativa
di
un
passato
lontano,
il
cui
ideatore
scelse
di
immergersi
orientando
il
suo
estro
verso
questa
via.
Il
termine
medievalismo
è
un’espressione
coniata
da
Ruskin
nel
1853.
Per
rendere
ancor
più
agevole
l’entità
di
cosiffatta
manifestazione,
s’è
tentato
di
fissare
delle
direttive
articolate
in
tre
grandi
classi,
la
prima
si
riferiva
allo
studio
del
Medioevo,
la
seconda
all'applicazione
di
modelli
medievali
ai
bisogni
contemporanei
e la
terza,
ispirarsi
al
Medioevo
in
ogni
campo
dell'arte
e
del
pensiero.
Come
già
detto
in
precedenza
all’origine
del
“Revival
medievale”
si
situa
inequivocabilmente
il
già
citato
Walpole,
ma
non
solo,
nella
Francia
post-rivoluzionaria,
Alexandre
Lenoir,
trasformerà
l’ex-convento
di
Petit-Augustins
nel
“Musée
des
monuments
francais”.
L’opera
di
Lenoir
apporrà
le
basi
e
aprirà
le
porte
alla
fruizione
dell’arte
non
più,
e
non
solo
agli
eruditi,
ma
alla
collettività.
Tale
fenomeno
in
epoca
moderna
prenderà
il
nome
di
musealizzazione.
Lenoire
sarà
il
primo
a
riabilitare
la
coloritura
medievale
come
documento
storico
e
artistico,
di
cui
già
si
ravvedevano
le
prime
tracce.
Renato
Bordone
ha
scritto:
“in
principio
era
il
giardino”.
In
quel
giardino
dove
erano
state
ricreate
atmosfere
e
suggestioni
di
Medioevo,
Michelet
ebbe
un
primo
commosso
incontro
con
l'età
alla
quale
avrebbe
dedicato
le
fatiche
della
sua
ricerca.
Lì
attinse
la
sua
ispirazione
Fleury
Richard,
allievo
di
David
e
precursore
dello
stile
“trobadour”.
Lo
squarcio
provocato
dalla
Rivoluzione
determinò,
non
solo,
la
nascita
della
Nazione,
ma
anche
la
fioritura
di
un
gusto
medievale,
mettendo
in
evidenza
un
Medioevo
magico
ricco
di
miti,
alle
volte
coinciso
con
un
modello
da
seguire,
altre
volte
invece
in
aperto
contrasto.
Il
Medioevo
veniva
scelto
per
esaltare
e
consacrare
una
nuova
entità
politica,
un’impronta
forte
e
solenne
della
tradizione,
in
un
periodo
storico
caratterizzato
dalla
Rivoluzione
industriale.
La
Rivoluzione
Industriale
delineò
i
nuovi
ricchi,
i
quali
eressero
i
loro
spazi,
sia
privati
che
di
pubblica
rappresentanza,
in
uno
stile
fantasioso
e
dal
gusto
prettamente
Gotico.
Il
Medioevo
divenne
qualcosa
da
studiare
in
tutta
la
sua
interezza,
che
sfuggiva
al
buio
dell’accanimento,
e si
illuminava
di
luce
propria.
Nell’immaginario
europeo
di
quegli
anni,
il
Medioevo
fu
percepito
come
un
periodo
storico
ampio,
reso
ancora
più
ampio
dalla
mancata
consapevolezza
del
Rinascimento
(ciò
diverrà
visibile
soltanto
partire
dagli
anni
Sessanta
dell'Ottocento).
La
straordinaria
estensione
temporale
ebbe
un
ruolo
di
primaria
importanza
nella
diffusione
del
Medioevo,
tale
fortuna
fu
accompagnata
non
solo
da
un’immensa
varietà
di
pratiche
e
conoscenze,
ma
anche
da
una
inestimabile
fonte
di
idee
a
cui
farà
capo
quell’”invenzione
della
tradizione”.
Coloro
che
abbracciarono
la
Patria
tracciando
una
nuova
ideologia
dello
Stato
Nazionale
si
rivolsero
al
Medioevo
per
congiungere
gli
ideali
patriottici
al
sogno
utopico
d’identità
nazionale.
La
fioritura
del
romanzo
storico
venne
così
caratterizzata
da
un’epica
comune
in
grado
di
destare
non
solo
l’amore
per
la
storia,
ma
altresì
la
sensibilizzazione
e
l’educazione
della
collettività
attraverso
molteplici
valori.
Fu
così
che
il
Medioevo
entrò
nel
presente,
compiendo
una
singolare
contrazione
dello
“spazio
storico-cronologico”,
diventando
una
categoria
attraverso
la
quale
pensare
il
contemporaneo.
Il
poeta
tedesco
Heinrich
Heine
attesta
che
questo
processo
non
venne
soltanto
metabolizzato
dagli
eruditi,
ma
anche
da
un
pubblico
più
ampio,
sottolineando
ad
esempio,
come
la
fortunata
serie
di
romanzi
scritti
da
Walter
Scott
ebbe
talmente
successo
da
essere
tradotta
in
molti
paesi,
ponendo
il
Medioevo
alla
base
di
un
nuova
esperienza
nel
tessuto
europeo
del
romanzo
e
della
letteratura.
Il
romanticismo
decanta
il
Medioevo
come
una
sorgente
ancora
rigogliosa,
riabilitando
senza
riserve
un
capitale
di
eroi,
miti
e
leggende
trasmesso
oralmente,
arrecando
uno
straordinario
cambiamento,
prerogativa
di
un
mutamento
orientato
verso
una
dimensione
più
diffusa
anziché
dotta.
Le
novelle
per
fanciulli
fondarono
le
premesse
affinché
il
Medioevo
volgesse
il
proprio
sguardo
verso
i
più
piccoli,
addentrandosi
nei
loro
sogni
e
nei
loro
giochi.
Mediante
la
sua
componente
sociale
e
comunicativa,
il
teatro
divenne
la
chiave
di
volta
nella
costruzione
di
un’identità
collettiva.
La
dimensione
europea
di
tali
manifestazioni,
influenzarono
la
costruzione
dei
nuovi
di
teatri
dal
gusto
prettamente
“medievaleggiante”,
fregiati
con
immagini
prese
in
prestito
dall’età
di
mezzo.
In
molte
città
italiane,
francesi,
tedesche,
il
Medioevo
divenne
il
fulcro
di
un’identità
collettiva
in
via
di
sviluppo.
Non
é da
meno
la
pittura
di
storia,
raffigurata
entro
paesaggi
montani
e
fluviali
popolati
da
piccole
figure
in
abiti
dell’età
di
mezzo.
Non
fu
esclusivamente
la
storia
a
fare
da
tramite
affinché
determinate
tematiche
potessero
imporsi
all’attenzione
degli
uomini
del
XIX
secolo.
Ad
esempio,
“La
battaglia
di
Legnano”,
come
molti
altri
momenti
epici
dell'età
di
mezzo,
fu
una
scoperta
dell'età
romantica,
e
non
principalmente,
della
storiografia,
bensì
della
poesia
e
magari
della
pittura
e
della
musica
di
quella
età.
In
Italia
molte
espressioni
artistiche
scaturirono
dalle
grandi
opere
di
Sismondi.
Testi
cruciali
oltre
che
per
la
storiografia
anche
per
le
tante
opere
d'arte,
dai
dipinti
fino
al
melodramma.
In
particolare,
e
non
solo
per
l'Europa
protestante,
la
Storia
delle
repubbliche
italiane
del
Medioevo
fu
infatti
un
testo
canonico,
e
venne
tradotta
in
francese
(edizione
in
volumi),
in
italiano,
inglese
e
tedesco.
Sismondi,
fu
tra
i
primi
a
lanciare
quell'interesse
per
il
Medioevo
che
avrebbe
dominato
l'intero
secolo
XIX,
come
oggetto
o
anche
come
pretesto
per
la
costruzione
di
una
memoria
storica
adatta
alle
esigenze
di
riflessione
e di
coscienza
di
sé
di
quei
ceti
che
in
senso
lato
si
sarebbero
poi
riassunti
sotto
il
termine
di
“borghesia”,
in
base
alla
loro
pretesa
di
comprendere
e
guidare
il
processo
di
evoluzione
civile
e
politica,
attraverso
i
due
grandi
temi
della
“Nazione”
e
della
“Costituzione”.
Anche
Thierry
porrà
il
popolo
al
centro
dell’asse
della
storiografia
medievistica,
nelle
celebri
“Lettres
sur
l’histoire
de
France”,
verranno
messe
in
luce
le
dinamiche
di
conquista
di
un
popolo
su
un’altra
razza.
Si
cominciò
a
prestare
attenzione,
con
uno
sguardo
nuovo,
anche
alle
vittime.
L'uno
e
l'altro
di
questi
spostamenti
implicano
una
modificazione
sul
piano
della
pratica
storiografica.
Gli
archivi,
fino
a
quel
punto
messi
in
secondo
piano
dalla
forza
delle
cronache,
diventarono
i
protagonisti
indiscussi.
Proprio
attraverso
le
ricerche
sul
Medioevo
si
perfezionerà
il
lavoro
sul
documento,
definendo
un
percorso
che
cominciava
a
differenziarsi
in
“amateurs”
meno
attenti
alle
fonti
e
più
disponibili
verso
una
storia
narrativa,
e
“scholars”
dal
carattere
sempre
più
professionale,
ovviamente,
secondo
tempi
e
modi
differenti,
variabili
di
paese
in
paese.
Proprio
il
culto
del
documento,
e la
necessità
di
avvicinarvisi
attraverso
il
percorso
accidentato
dell'archivio
alla
lettura
faticosa
di
scritture
decifrabili
solo
con
una
discreta
pratica
paleografica
e
con
una
sufficiente
conoscenza
del
latino
faranno
si
che
la
storia
del
Medioevo
costituisca
il
terreno
d'elezione
del
vero
storico
professionista.
Il
prestigio
dello
studioso
si
costruiva
in
larga
misura
sulla
sua
competenza
di
medievista.
Chi
voleva
dirsi
storico
era
quindi
in
qualche
modo
costretto
a
scegliere
il
Medioevo
come
suo
terreno
di
elezione.
Attorno
alla
storia
del
Medioevo
si
chiuderanno,
prima
che
per
ogni
altro
periodo
storico,
le
porte
dei
seminari
all'interno
dei
quali
gli
storici,
rigorosamente
solo
uomini,
diverranno
studiosi,
professori
illustri,
all’interno
delle
maggiori
accademie
d’Europa.
Le
donne
resteranno
fuori
dai
seminari
dei
medievisti
come
da
molte
delle
università
d'Europa,
nondimeno,
saranno
presenti
in
quel
folto
gruppo
di
scrittori
che
tratteranno
di
Medioevo,
non
solo
per
i
bambini
o
per
le
scuole,
ma
anche
per
altri.
Il
Medioevo
costituì
il
terreno
sul
quale
fu
operata
la
delicata
transizione
dal
modello
della
“Historia
Magistra
Vitae”
al
nuovo
paradigma
dello
storicismo.
Tale
terreno,
inoltre,
diverrà
il
fondamento
della
nuova
sociabilità
culturale
ed
erudita
ottocentesca,
in
Italia
come
in
quasi
tutta
l'Europa
sorgeranno
società
e
riviste
storiche,
dove
verranno
messe
in
cantiere
operazioni
potenti
come
quella
dei
“Monumenta
Germaniae
Historica”.
La
ricerca
delle
fonti
per
la
storia
nazionale
fece
sì
che
in
questo
modo
sorgessero
istituzioni
preposte
alla
ricerca
e
all'edizione
dei
documenti
o
che
si
indirizzassero
in
questo
senso
reti
private
come
quella
messa
in
piedi
da
Vieusseux
con
l’”Archivio
storico
italiano”.
Attorno
a
questi
stessi
temi
si
sarebbero
strette
le
società
storiche.
In
Italia
accadrà
tutto
questo
soltanto
a
partire
dagli
anni
Cinquanta
e in
modo
più
consistente
dopo
l'unificazione.
Queste
attività
di
ricerca
erudita
avrebbero
animato
in
Francia
anche
l'attività
di
Arcisse
de
Caumont
e
dei
“Savants”
in
una
provincia
non
amica
dell'accentramento
parigino.
Un
movimento
molto
simile
caratterizzerà
pure
altri
contesti,
a
partire
da
quello
della
Svizzera
e
del
Belgio.
Anche
in
questo
caso
proprio
il
ricorso
alla
storia
del
Medioevo
permetterà
di
confutare
l'obiezione
che
si
avesse
a
che
fare
soltanto
con
una
“nazionalità
convenzionale”.
Come
ha
scritto
Pierangelo
Schiera:
A
fine
Settecento,
o
ancora
nel
primo
Ottocento,
studiare
il
Medioevo
significava
sentirsi
in
un
flusso
dì
continuità
col
proprio
presente;
a
fine
Ottocento
e
nel
primo
Novecento
non
si
respira
più
nessuna
“continuità”,
neppure
nel
senso
negativo
di
contrapposizione.
Sono
invece
d’obbligo
per
ragioni
filosofiche
e
metodologiche,
il
distacco,
la
separazione,
e
osservazione
freddamente
“scientifica”.
Il
richiamo
al
Medioevo
non
cessa
in
quegli
anni
e il
fascino
del
mito
rimane.
La
rappresentazione
del
Medioevo
s’intreccerà
nell'utopia,
l'energia,
e
l'entusiasmo
del
progetto
della
nazione;
la
grande
pittura
di
storia,
continuerà
a
rappresentare
il
segno
di
quell'origine
che
renderà
ancor
più
prezioso
il
presente.
Il
Medioevo
da
un
lato
verrà
evocato
da
suppellettili
e
interni
domestici,
dall'altro,
irromperà
nelle
politiche
dei
preservazionisti,
nell'impostazione
dei
musei
d’arte
e in
quelli
storici.
Il
Medioevo
reinventato
diverrà
talvolta
quasi
più
vero
di
quello
originale.
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Il
Medioevo
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presente
vol.
IV,
Torino
2004.