.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

 

 

 

.

contemporanea


N. 66 - Giugno 2013 (XCVII)

Il Medioevo nel secolo XIX
Storia di un sogno

di Alessandro Nasonte

 

Il sogno del Medioevo nel secolo XIX non è solamente una percezione romantica della storia. Reca in sé l’idea di radicarsi nel presente imitando il passato, prendendo a modello il “pensiero” e le peculiarità della cultura da cui trae origine tale ispirazione.

 

Affiora verso la metà del XVIII secolo in rapporto diretto, sia pure come “eccezione” e “antitesi”, con il pensiero illuministico da un lato, e con i primi atti della cosiddetta Rivoluzione industriale dall'altro.

 

L'antico non è più autorità tramandata, ma precisa realtà storica. Tale rinnovamento avviene sostanzialmente per effetto della “poetica del sublime”, che in Inghilterra sin dalla metà del Settecento è posta come alternativa alla “poetica del pittoresco”. Il pittoresco era indubitabilmente conforme al verismo e al sensismo del pensiero illuministico.

 

Il sublime invece, faceva affidamento sull’immutabile tradizione neoplatonica e spiritualistica. Il pittoresco era una concezione del mondo in orizzontale, come infinita e sempre attraente varietà di fenomeni, il sublime era una concezione dell'esistenza in verticale, come trascendenza che scaturisce dall'indomita hybris del singolo contro la natura, il prossimo, l'inutile storia, Dio.

 

Il sublime metteva in discussione, seppur violentemente, la concezione classica della natura come armonia e della storia come ordine, ma contestava altresì la concezione dell'antico come classico, cioè come armonia naturale, e catarsi storica.

 

L’antico è indubbiamente qualcosa che va oltre la mera imitazione, qualcosa di cui appropriarsi per creare i presupposti affinché si possa non solo padroneggiare ma scavalcare.

 

La limitatezza di vedute ha considerato il Medioevo come un momento di decadenza del genere umano, inscrivibile non tanto a una perfezione perduta, quanto a un processo di sviluppo interrotto.

 

Tali consuetudini non si erano del tutto interrotte, c'era stata una cultura medievale dell'antico, fondata sulla continuità della tradizione, che nel corso del tempo aveva subito una sostanziale trasformazione. A tal proposito occorre sottolineare come la cultura umanistica capovolse questo sviluppo anteponendo ad esso una storia fondata su giudizi e valori.

 

Il revival non implica l'idea della morte e della resurrezione, ma neppure quella di una continuità della tradizione. È opportuno sottolineare come già dalla fine del Cinquecento si hanno i primi segni di “Revival” gotico.

 

Tali presupposti si consolideranno soltanto al principio del Settecento dando origine in Inghilterra ad una cultura artistica autonoma, che rifiorirà nell'interesse per le grandi abbazie e le cattedrali gotiche, in antitesi con la concezione illuministica della storia come progresso automatico irreversibile. Il Neogotico è una sfumatura della concezione romantica della storia come “Revival”, caposaldo della rinascita della spiritualità cristiana in piena Restaurazione.

 

Su questo slancio vivifico si collocano le cattedrali ricostruite all’inizio dell’Ottocento, intese a rappresentare quel desiderio diffuso di unità a cui aspiravano le nascenti nazioni; si tratta di scelte politiche più che di scelte ideologiche. Mentre il Neogotico diviene lo strumento dell'arte moderna, il Neoclassico si eclissa, perché situato in netto ritardo rispetto alla rapida evoluzione tecnologica della nascente industria. Il Neogotico, almeno inizialmente, non pone questioni tecniche, ma anticipa uno dei motivi cardine del Modernismo, ovvero l’influenza artistica sulla psiche individuale e collettiva.

 

L’azione è concepita come momento dell’esistenza in cui si prende coscienza di sé e si fa storia. L’immaginazione presiede la tessitura della storia; senza la fantasia, la memoria sarebbe un ammasso statico e indistinto di cose ed eventi, quantunque la fantasia diverrebbe un'inutile allucinazione.

 

II Neogotico non è da intendersi come un ritorno all'antico, ma come un ritorno dell'antico, logorato, ma non del tutto scomparso. Il Revival è sempre utopistico, d'altronde lo è anche il Progressismo, però è meraviglioso evidenziare come un'utopia del futuro possa sostenere un'utopia del passato. È lecito osservare come il gotico ha prodotto degli effetti senza esserne direttamente coinvolto.

 

Il XIX secolo è segnato dall’ombra dell’”Antico Regime” la cui fine aveva determinato la scomparsa degli antichi assetti della società, organizzata per corpi e per ceti.

 

Tale fine diede origine alla realizzazione di nuovi edifici, e alla ricostruzione dei più antichi, a tal proposito nel 1832 Joseph Von Eichendorff scrisse: “in breve tempo si erano viste davvero sparire dalla rena in un tempo incredibilmente breve tutte le istituzioni avite, dalla costituzione germanica imperiale fino alle corporazioni artigiane costruite devotamente dalle innumerevoli generazioni passate. In mezzo alle macerie si aggirano ora saputi architetti e facitori di progetti che si dilettano con il filo di piombo e conteggiano i preventivi, per costruire un mondo nuovo con il materiale che è loro congeniale”.

 

Il violento solco generato dalla Rivoluzione francese, determinò un vuoto inatteso, che s’inserì all’interno di quel senso di smarrimento che ebbe origine dalla Rivoluzione Industriale, e che diede origine allo scontro con la nascente civiltà delle masse che nel frattempo aveva acquisito maggior peso nella vita sociale e politica.

 

Per sovrastare questi contrasti ci si orientò verso la confortevole metafora di “architetti, di fili a piombo e di pietre angolari” che consentissero non solo di rimettere in piedi edifici vacillanti o rasi al suolo, ma di intraprendere “una ricostruzione pacifica e paziente di un edificio infaustamente abbattuto, l'”edificio delle tradizioni”.

 

Per riedificarlo si attinse ad una pluralità di materiali dissimili tra di loro, attinenti al Medioevo. Il dato evidente è che codeste idee vennero animate da architetti “gotici” che determinarono da un lato uno straordinario impatto tra gli eruditi, vivacizzando l’immaginario collettivo e le fantasie dei pittori e scrittori, e dall’altro, un Medioevo capace di attraversare orizzontalmente molti paesi e verticalmente ampi strati della società degli alfabetizzati.

 

Le prime avvisaglie di tale processo si manifestarono nella produzione letteraria del XVIII secolo; un esempio eloquente, è il “Castello di Otranto” di Horace Walpole. Walpole non fu soltanto un fervido autore ricercato, ma anche l’ideatore per l’appunto del celebre maniero di Strawberry Hill, che fu prerogativa di un passato lontano, il cui ideatore scelse di immergersi orientando il suo estro verso questa via. Il termine medievalismo è un’espressione coniata da Ruskin nel 1853.

 

Per rendere ancor più agevole l’entità di cosiffatta manifestazione, s’è tentato di fissare delle direttive articolate in tre grandi classi, la prima si riferiva allo studio del Medioevo, la seconda all'applicazione di modelli medievali ai bisogni contemporanei e la terza, ispirarsi al Medioevo in ogni campo dell'arte e del pensiero.

 

Come già detto in precedenza all’origine del “Revival medievale” si situa inequivocabilmente il già citato Walpole, ma non solo, nella Francia post-rivoluzionaria, Alexandre Lenoir, trasformerà l’ex-convento di Petit-Augustins nel “Musée des monuments francais”.

 

L’opera di Lenoir apporrà le basi e aprirà le porte alla fruizione dell’arte non più, e non solo agli eruditi, ma alla collettività. Tale fenomeno in epoca moderna prenderà il nome di musealizzazione. Lenoire sarà il primo a riabilitare la coloritura medievale come documento storico e artistico, di cui già si ravvedevano le prime tracce.

 

Renato Bordone ha scritto: “in principio era il giardino”. In quel giardino dove erano state ricreate atmosfere e suggestioni di Medioevo, Michelet ebbe un primo commosso incontro con l'età alla quale avrebbe dedicato le fatiche della sua ricerca. Lì attinse la sua ispirazione Fleury Richard, allievo di David e precursore dello stile “trobadour”.

 

Lo squarcio provocato dalla Rivoluzione determinò, non solo, la nascita della Nazione, ma anche la fioritura di un gusto medievale, mettendo in evidenza un Medioevo magico ricco di miti, alle volte coinciso con un modello da seguire, altre volte invece in aperto contrasto. Il Medioevo veniva scelto per esaltare e consacrare una nuova entità politica, un’impronta forte e solenne della tradizione, in un periodo storico caratterizzato dalla Rivoluzione industriale.

 

La Rivoluzione Industriale delineò i nuovi ricchi, i quali eressero i loro spazi, sia privati che di pubblica rappresentanza, in uno stile fantasioso e dal gusto prettamente Gotico. Il Medioevo divenne qualcosa da studiare in tutta la sua interezza, che sfuggiva al buio dell’accanimento, e si illuminava di luce propria. Nell’immaginario europeo di quegli anni, il Medioevo fu percepito come un periodo storico ampio, reso ancora più ampio dalla mancata consapevolezza del Rinascimento (ciò diverrà visibile soltanto partire dagli anni Sessanta dell'Ottocento).

 

La straordinaria estensione temporale ebbe un ruolo di primaria importanza nella diffusione del Medioevo, tale fortuna fu accompagnata non solo da un’immensa varietà di pratiche e conoscenze, ma anche da una inestimabile fonte di idee a cui farà capo quell’”invenzione della tradizione”.

 

Coloro che abbracciarono la Patria tracciando una nuova ideologia dello Stato Nazionale si rivolsero al Medioevo per congiungere gli ideali patriottici al sogno utopico d’identità nazionale. La fioritura del romanzo storico venne così caratterizzata da un’epica comune in grado di destare non solo l’amore per la storia, ma altresì la sensibilizzazione e l’educazione della collettività attraverso molteplici valori.

 

Fu così che il Medioevo entrò nel presente, compiendo una singolare contrazione dello “spazio storico-cronologico”, diventando una categoria attraverso la quale pensare il contemporaneo.

 

Il poeta tedesco Heinrich Heine attesta che questo processo non venne soltanto metabolizzato dagli eruditi, ma anche da un pubblico più ampio, sottolineando ad esempio, come la fortunata serie di romanzi scritti da Walter Scott ebbe talmente successo da essere tradotta in molti paesi, ponendo il Medioevo alla base di un nuova esperienza nel tessuto europeo del romanzo e della letteratura.

 

Il romanticismo decanta il Medioevo come una sorgente ancora rigogliosa, riabilitando senza riserve un capitale di eroi, miti e leggende trasmesso oralmente, arrecando uno straordinario cambiamento, prerogativa di un mutamento orientato verso una dimensione più diffusa anziché dotta. Le novelle per fanciulli fondarono le premesse affinché il Medioevo volgesse il proprio sguardo verso i più piccoli, addentrandosi nei loro sogni e nei loro giochi. Mediante la sua componente sociale e comunicativa, il teatro divenne la chiave di volta nella costruzione di un’identità collettiva.

 

La dimensione europea di tali manifestazioni, influenzarono la costruzione dei nuovi di teatri dal gusto prettamente “medievaleggiante”, fregiati con immagini prese in prestito dall’età di mezzo. In molte città italiane, francesi, tedesche, il Medioevo divenne il fulcro di un’identità collettiva in via di sviluppo. Non é da meno la pittura di storia, raffigurata entro paesaggi montani e fluviali popolati da piccole figure in abiti dell’età di mezzo. Non fu esclusivamente la storia a fare da tramite affinché determinate tematiche potessero imporsi all’attenzione degli uomini del XIX secolo.

 

Ad esempio, “La battaglia di Legnano”, come molti altri momenti epici dell'età di mezzo, fu una scoperta dell'età romantica, e non principalmente, della storiografia, bensì della poesia e magari della pittura e della musica di quella età. In Italia molte espressioni artistiche scaturirono dalle grandi opere di Sismondi. Testi cruciali oltre che per la storiografia anche per le tante opere d'arte, dai dipinti fino al melodramma.

 

In particolare, e non solo per l'Europa protestante, la Storia delle repubbliche italiane del Medioevo fu infatti un testo canonico, e venne tradotta in francese (edizione in volumi), in italiano, inglese e tedesco. Sismondi, fu tra i primi a lanciare quell'interesse per il Medioevo che avrebbe dominato l'intero secolo XIX, come oggetto o anche come pretesto per la costruzione di una memoria storica adatta alle esigenze di riflessione e di coscienza di sé di quei ceti che in senso lato si sarebbero poi riassunti sotto il termine di “borghesia”, in base alla loro pretesa di comprendere e guidare il processo di evoluzione civile e politica, attraverso i due grandi temi della “Nazione” e della “Costituzione”.

 

Anche Thierry porrà il popolo al centro dell’asse della storiografia medievistica, nelle celebri “Lettres sur l’histoire de France”, verranno messe in luce le dinamiche di conquista di un popolo su un’altra razza.

 

Si cominciò a prestare attenzione, con uno sguardo nuovo, anche alle vittime. L'uno e l'altro di questi spostamenti implicano una modificazione sul piano della pratica storiografica. Gli archivi, fino a quel punto messi in secondo piano dalla forza delle cronache, diventarono i protagonisti indiscussi.

 

Proprio attraverso le ricerche sul Medioevo si perfezionerà il lavoro sul documento, definendo un percorso che cominciava a differenziarsi in “amateurs” meno attenti alle fonti e più disponibili verso una storia narrativa, e “scholars” dal carattere sempre più professionale, ovviamente, secondo tempi e modi differenti, variabili di paese in paese.

 

Proprio il culto del documento, e la necessità di avvicinarvisi attraverso il percorso accidentato dell'archivio alla lettura faticosa di scritture decifrabili solo con una discreta pratica paleografica e con una sufficiente conoscenza del latino faranno si che la storia del Medioevo costituisca il terreno d'elezione del vero storico professionista.

 

Il prestigio dello studioso si costruiva in larga misura sulla sua competenza di medievista. Chi voleva dirsi storico era quindi in qualche modo costretto a scegliere il Medioevo come suo terreno di elezione.

 

Attorno alla storia del Medioevo si chiuderanno, prima che per ogni altro periodo storico, le porte dei seminari all'interno dei quali gli storici, rigorosamente solo uomini, diverranno studiosi, professori illustri, all’interno delle maggiori accademie d’Europa.

 

Le donne resteranno fuori dai seminari dei medievisti come da molte delle università d'Europa, nondimeno, saranno presenti in quel folto gruppo di scrittori che tratteranno di Medioevo, non solo per i bambini o per le scuole, ma anche per altri. Il Medioevo costituì il terreno sul quale fu operata la delicata transizione dal modello della “Historia Magistra Vitae” al nuovo paradigma dello storicismo.

 

Tale terreno, inoltre, diverrà il fondamento della nuova sociabilità culturale ed erudita ottocentesca, in Italia come in quasi tutta l'Europa sorgeranno società e riviste storiche, dove verranno messe in cantiere operazioni potenti come quella dei “Monumenta Germaniae Historica”.

 

La ricerca delle fonti per la storia nazionale fece sì che in questo modo sorgessero istituzioni preposte alla ricerca e all'edizione dei documenti o che si indirizzassero in questo senso reti private come quella messa in piedi da Vieusseux con l’”Archivio storico italiano”. Attorno a questi stessi temi si sarebbero strette le società storiche.

 

In Italia accadrà tutto questo soltanto a partire dagli anni Cinquanta e in modo più consistente dopo l'unificazione. Queste attività di ricerca erudita avrebbero animato in Francia anche l'attività di Arcisse de Caumont e dei “Savants” in una provincia non amica dell'accentramento parigino. Un movimento molto simile caratterizzerà pure altri contesti, a partire da quello della Svizzera e del Belgio.

 

Anche in questo caso proprio il ricorso alla storia del Medioevo permetterà di confutare l'obiezione che si avesse a che fare soltanto con una “nazionalità convenzionale”. Come ha scritto Pierangelo Schiera:

 

A fine Settecento, o ancora nel primo Ottocento, studiare il Medioevo significava sentirsi in un flusso dì continuità col proprio presente; a fine Ottocento e nel primo Novecento non si respira più nessuna “continuità”, neppure nel senso negativo di contrapposizione. Sono invece d’obbligo per ragioni filosofiche e metodologiche, il distacco, la separazione, e osservazione freddamente “scientifica”.

 

Il richiamo al Medioevo non cessa in quegli anni e il fascino del mito rimane. La rappresentazione del Medioevo s’intreccerà nell'utopia, l'energia, e l'entusiasmo del progetto della nazione; la grande pittura di storia, continuerà a rappresentare il segno di quell'origine che renderà ancor più prezioso il presente.

 

Il Medioevo da un lato verrà evocato da suppellettili e interni domestici, dall'altro, irromperà nelle politiche dei preservazionisti, nell'impostazione dei musei d’arte e in quelli storici.

 

Il Medioevo reinventato diverrà talvolta quasi più vero di quello originale.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

G.C. Argan, Il Revival, Milano 1974.

R. Bordone, Lo specchio di Shallot. L’invenzione del Medioevo nella cultura dell’ottocento. Napoli 1993, p. 19.

E. Castelnuovo, Alpi gotiche, in “Rivista storica italiana”, LXXXIX (1967). Le cattedrali della terra: la rappresentazione delle Alpi in Italia e in Europa 1848-1918, catalogo della mostra (Milano, 24 Gennaio-19 Marzo 2000).

E. Castelnuovo, Hautecombe: un paradigma del “Gotique toubadour”, in G Mazzi (a cura di), Giuseppe Jappelli e il suo tempo. Convegno internazionale di studi, 21-24 settembre 1977, Padova 1982; Cfr. I. Porciani, L’invenzione del Medioevo, cit. p. 257, in E. Castelnuovo e G. Sergi, Il Medioevo al passato e al presente vol. IV, Torino 2004.

C. De Pascale, Demolire cit., p. 376.

E. Lavisse, La deuxìème année d’ histoire générale, Paris 1906, p.55, in I. Porciani, L’invenzione del Medioevo, pp. 253-279, cit. p. 277, in E. Castelnuovo e G. Sergi, Il Medioevo al passato e al presente vol. IV, Torino 2004.

B. Menastò (a cura di), Il Medioevo: specchio e alibi. Atti del Convegno di studio svoltoti in occasione della seconda edizione del Premio internazionale Ascoli Piceno, Ascoli Piceno. 13-14 maggio 1988, Spoleto 1997, pp. 81 -104.

F. Moretti, Atlante del romanzo europeo: 1800-1900, Torino 1997.

I. Porciani, L’invenzione del Medioevo, pp. 253-279, cit. p. 254, in E. Castelnuovo e G. Sergi, Il Medioevo al passato e al presente vol. IV, Torino 2004.

A. Rubbiani, Scritti vari editi e inediti, Bologna 1925, pp. 1-3.

P. Schiera, Il Medioevo nell’Ottocento in Italia e in Germania, Bologna 1988, cit. a p. 16.

P. schiera (a cura di), Il Medioevo nell'Ottocento in Italia e in Germania, Bologna 1988.

P. Schiera, Presentazione, in J.C.L. Simonde de Sismondi, Storia delle repubbliche italiane, Torino 1996, p. LXVI.

A. Thierry, Dix ans d’études historique, Bruxelles 1859, pp. 314-27, in I. Porciani, L’invenzione del Medioevo, pp. 253-279, cit. p. 265, in E. Castelnuovo e G. Sergi, Il Medioevo al passato e al presente vol. IV, Torino 2004.

J. Von Eichendorff, Preußen und die Konstitutionen, citato in C. De Pascale, Demolire ed edificare: la metafora della casa nel romanticismo tedesco, in W. Euchner, F. Rigotti e P. Schiera (a cura di), Il potere delle immagini, La metafora politica in prospettiva storica, Bologna 1993, p. 327. Cfr.anche L. Porciani, Medioevo nella costruzione dell’ Italia unita: la proposta di un mito, in R. Elze e P. Schiera (a cura di), Il Medioevo nell’Ottocento in Italia e in Germania, Bologna 1988, pp. 163-92.

L. J. Workman, Editorial, in “Studies in Medevalism”, III (1987), n. I, in E. Castelnuovo e G. Sergi, Il Medioevo al passato e al presente vol. IV, Torino 2004.

L.J. Workman e H. Arden, Medievalism in France, 1500-1750, ivi, III (1987), n. I, in E. Castelnuovo e G. Sergi, Il Medioevo al passato e al presente vol. IV, Torino 2004.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.