contemporanea
IL NAZISMO TRIONFANTE IN AMERICA
UCRONIA E FANTAPOLITICA
di Alessio Guglielmini
Philip K. Dick e Philip Roth non sono
accomunati soltanto dal nome, dalla
nazionalità e dal mestiere: tra di loro
sussiste anche un episodio letterario
“simile”, in cui il nazismo, con
modalità differenti, riesce ad
affermarsi negli Stati Uniti come forza
egemone al governo.
The Man in the High Castle
di Dick, pubblicato nel 1962 e tradotto
in Italia con il titolo La svastica
sul sole, è il più radicale nel
raccontare questa impossibile variante.
Le forze dell’Asse hanno vinto la
Seconda Guerra Mondiale e si sono
spartiti gli Stati Uniti: il Sol Levante
domina la costa pacifica, mentre la
Germania controlla la zona orientale, in
particolare a nord; a sud si posiziona
uno stato fantoccio razzista che, a suo
modo,estremizza le ambizioni degli Stati
Confederati della guerra di secessione
americana.
Hitler, affetto da sifilide, è stato
sostituito da Martin Bormann che
tuttavia non sopravviverà alla fine del
libro; dietro alle sue spalle scalpitano
altri gerarchi: tra di loro, Joseph
Goebbels, Hermann Goring
e Reinhard Heydrich, che è sopravvissuto
all’attentato sferrato dai partigiani
cecoslovacchi nel 1942. Proprio la
presenza di Heydrich specifica la
qualità dell’esperimento di Dick,
giocato costantemente sull’orlo
dell’illusione e del sogno.
Questa componente immaginifica è
surrogata dall’importanza che l’I
Ching riveste nel corso della
stesura. Esso, con i suoi oracoli, guida
le scelte dei protagonisti e ispira
perfino la redazione del controverso
La cavalletta non si alzerà più del
fantomatico Hawthorne Abendsen. In
questo romanzo apocrifo, altamente
proibito nelle aree controllate dal
Reich, la realtà è capovolta: ossia sono
le forze dell’Asse a essere state
sconfitte mentre gli Stati Uniti e la
Gran Bretagna si dividono il mondo, in
una sorta di Guerra Fredda alternativa a
quella che conosciamo.
Abendsen, il cui cognome rimanda
perlomeno al tedesco “abend”, ossia la
“sera”, è proprio “l’uomo nell’alto
castello” di cui dice il titolo
originale. Il crepuscolo e la
riservatezza sembrano in effetti essere
gli attributi principali di questa
figura arroccata e distante. In verità,
come si scoprirà alla fine, Abendsen ha
sostituito “l’alto castello” con una più
accessibile abitazione, in cui vive con
moglie e figlio, e senza protezioni, pur
sapendo di essere braccato dai sicari
nazisti.
Un altro elemento di eccezionalità di
La svastica sul sole, sebbene si
tratti di un’opzione tipica della
narrativa di Dick, risiede nel fatto che
il Reich ha colonizzato lo spazio,
spingendosi verso la Luna, Venere e
Marte. È anche un riferimento al lavoro
di Wernher von Braun, scienziato tedesco
padre dei razzi V2 e assorbito nei
ranghi americani dopo la fine delle
ostilità. Proprio la colonizzazione
della Luna da parte dei nazisti ha
ispirato Iron Sky, bizzarro film
del 2012 di Timo Vuorensola che si basa
proprio sulle capacità del leggendario
programma ufologico nazista, e deisuoi
razzi V7, di condurre civili e soldati
su nuovi pianeti.
Si torna decisamente con i piedi per
terra con il romanzo del 2004 di Philip
Roth, Il complotto contro l’America.
L’ucronia, che nelle pagine di Dick dà
il via a una storia alternativa
compiutamente tale, nella stesura di
Roth si accontenta di funzionare da
parentesi; di agire sotto i sembianti di
un varco che si apre, per poi
richiudersi e cicatrizzarsi quasi come
una ferita.
Una parentesi che inquieta tanto di più,
in quanto minuziosamente amalgamata ai
fatti reali. Là dove Dick compie, come
Abendsen, un’opera di divinazione
letteraria, affidandosi agli oracoli per
seguire il libero flusso di opzioni e
bivi incalcolabili, Roth costruisce una
solida architettura narrativa in cui i
dettagli del reale si incastrano fino a
rendere possibile uno scenario irreale,
benché plausibile.
Charles Lindbergh, aviatore ed eroe
americano, nel 1940 diventa presidente
degli Stati Uniti, sconfiggendo
l’interventista Franklin Delano
Roosevelt. Proprio l’interventismo è il
succo storico della vicenda narrata da
Roth. Già con il famoso “Discorso della
Quarantena”, tenuto il 5 ottobre del
1937 a Chicago, Roosevelt aveva
accennato alla necessità, per gli Stati
Uniti, di uscire dal tradizionale
assetto neutrale, schierandosi contro
quelle potenze mondiali, non nominate
apertamente, colpevoli di politiche
aggressive. Nel 1940, la contestata
campagna presidenziale per il terzo
mandato, che lo portò a sconfiggere in
maniera eclatante il repubblicano
Wendell Willkie, permise a Roosevelt di
trasformare le premesse del 1937 nelle
imminenti implicazioni dell’ingresso in
guerra.
Tuttavia, nel testo di Roth il Roosevelt
del 1940 non se la deve vedere con
Willkie, bensì con Lindbergh che
promulga valori opposti a quelli del
presidente in carica: una spiccata
neutralità e una, più o meno, larvata
simpatia nei confronti della Germania
nazista. La vittoria di Lindbergh e la
sua ambiguità nei confronti delle
comunità ebraicheconducono a
un’inevitabile escalation di tensione.
Il dramma antisemita viene rivissuto in
prima persona da Philip Roth, che
rimodella la sua infanzia a Newark alla
luce di una possibile radicalizzazione
dei seguaci di Lindbergh, in un
crescente clima di segregazione e di
ostilità che sfocia in disordini e
pogrom. Fortunatamente per il Philip
Roth del romanzo, che guarda ciò non di
meno alla questione razziale
dell’America contemporanea, il complotto
viene sventato e si scopre che Lindbergh
era effettivamente manovrato dai
nazisti.
Manovrato per via di un tragico episodio
di cronaca del 1932 che Roth
ricostruisce a piacere, per dare un peso
sensibile alla sua trama: erano stati i
nazisti a rapire il figlio di Lindbergh,
Charles Jr., che quindi non sarebbe
stato ucciso dall’immigrato tedesco
Bruno Hauptmann, accusato del crimine e
giustiziato sulla sedia elettrica nel
1936. Il Lindbergh di Il complotto
contro l’America è insomma costretto
a partecipare alle elezioni
presidenziali al fianco dei repubblicani
e, dopo la vittoria, a incanalare la
politica estera statunitense verso una
neutralità gradita a Berlino che nel
frattempo tiene in ostaggio il suo
primogenito.
Era comunque questa la strategia del
Lindbergh “reale”. Nel 1940 proprio
Lindbergh fu uno dei principali fautori
dell’America First Committee, un
gruppo di pressione volto a contrastare
l’ingresso in guerra degli Stati Uniti
che si sarebbe sfaldato pochi giorni
dopo l’attacco di Pearl Harbor.
Lindbergh sarebbe poi riuscito a dare il
suo apporto durante la Seconda Guerra
Mondiale, per lo più come collaudatore e
consulente d’aviazione, ma anche in
qualche missione nel Pacifico, sebbene
avesse effettivamente, e più volte,
dimostrato simpatia per il regime
hitleriano. Il Roth di Il complotto
ricorda le visite di Lindbergh a Berlino
e l’onorificenza ricevuta dal
Maresciallo dell’aria Gӧring
e riprende questi fatti, sotto forma di
cronologia, nel poscritto del romanzo.
A creare un sottofondo comune tra i
soggetti di Dick e Roth contribuisce
inoltre il ruolo assegnato a Franklin
Delano Roosevelt. In La svastica sul
sole il presidente brilla per la sua
assenza. Egli è stato infatti
assassinato nel 1933 dall’anarchico
Giuseppe “Joe” Zangara, riuscito
pertanto nel suo intento. Zangara, il 15
febbraio del 1933, provò effettivamente
a uccidere Roosevelt, che era il
vincitore delle ultime elezioni, ma che
non era ancora ufficialmente entrato
alla Casa Bianca. I colpi sparati dal
suo revolver ferirono a morte il sindaco
di Chicago, Anton J. Cermak, che si
trovava al fianco di Roosevelt,
nell’area di Miamia Bayfront Park dove
aveva luogo il comizio.
Il Franklin Delano Roosevelt di Il
complotto contro l’America si
eclissa invece per un paio d’anni prima
di essere reinsediato e di portare
regolarmente gli Stati Uniti in guerra.
A eclissarsi, a sorpresa, è anche
l’aereo del presidente Lindbergh. Il 7
ottobre 1942, lungo la rotta tra
Louisville e Washington, il velivolo
presidenziale scompare senza lasciare
traccia. Il 12 ottobre 1942 trapelano le
prime voci sul fatto che Lindbergh sia
sano e salvo e che sia salito a bordo,
prima, di un sommergibile, poi di una
nave, sempre tedeschi, e infine di un
aereo della Luftwaffe che lo ha condotto
fino al rifugio di Hitler a
Berchtesgaden. È l’inizio dei retroscena
che andranno a svelare i dettagli del
complotto che dà il titolo all’opera.
Dick e Roth prendono inevitabilmente due
strade differenti nell’epilogo, eppure
condividono una sintomatica incertezza.
Il finale di Dick è sospeso e basato
sull’impossibilità di decifrare la
fattualità: Abendsen ha scritto La
cavalletta non si alzerà più,
affidandosi alle indicazioni fluide
dell’I Ching, e quindi tutto
potrebbe mutare, consegnando la storia a
una serie di varianti ipotetiche. Roth
lascia trasparire un senso di
inquietudine che rimane scolpito su
carta, al di là dello scampato pericolo
di una fantomatica presidenza Lindbergh
pilotata dai nazisti. “Eterna paura” è
il titolo del capitolo conclusivo con
cui Roth firma la sua fiction, citando
guarda caso il Ku Klux Klan: un’ombra
suprematista e razzista che permane sul
suolo americano, a prescindere dai
complotti inventati e dalle distorsioni
ucroniche.
Pesa in entrambi i casi il ruolo che la
curiosità per tutto ciò che è nazista
esercita, e continua a esercitare,
sull’immaginario popolare. I nazisti del
cinema ritornano dalla Luna, come nel
caso di Iron Sky, oppure ispirano
scenari impossibili come quelli del
Zirkus Berlin del recente Freaks
Out di Gabriele Mainetti, in cui di
nuovo sono l’oracolo e la visione a far
uscire il corso degli eventi dai suoi
gangli regolari.
Lo stesso Tarantino di Bastardi senza
gloria, dopo tutto, ha preferito far
sparire il gotha nazional socialista in
un cinema di Parigi piuttosto che tra le
abituali macerie di Berlino o in una
cella di un carcere di Norimberga.
Potere della storia che si fa
sceneggiatura.
Riferimenti bibliografici:
P.K. Dick, La svastica sul sole,
Fanucci Editore, Roma 2008.
P. Roth, Il complotto contro
l’America, Einaudi, Torino 2005.
E. Lichtblau, I nazisti della porta
accanto. Come l’America divenne un posto
sicuro per gli uomini di Hitler,
Bollati Boringhieri, Torino 2015. |