[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 204 / DICEMBRE 2024 (CCXXXV)


attualità

UN NATALE NAPOLETANO DEL TEMPO CHE FU
Ricordi d’infanzia

di Giovanna D'Arbitrio
 

Per molti anni,Udii tra il sonno le ciaramelle,
ho udito un suono di ninne nanne.
Ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.

(Giovanni Pascoli)

Quando penso al Natale della mia infanzia, il primo ricordo che giunge alla mente è il suono delle ciaramelle che si diffondeva nell’aria. Gli zampognari andavano a suonare i canti natalizi di casa in casa in cambio di una modesta offerta in lire e noi bambini ascoltavamo incantati quelle dolci nenie, mentre osservavamo incuriositi i loro folkloristici abbigliamenti.

Un’altra immagine del passato poi balza sullo schermo della memoria e vedo mio padre intento ad allestire con cura il presepe: un vero rito che ogni anno comportava la ricerca di nuovi pastori nell’affollata via di San Gregorio Armeno. E così il presepe si arricchiva di nuovi personaggi della vita napoletana, piccoli flash su tradizioni e usanze, nonché di cascatelle argentate e mulini, laghetti e boschetti, fiocchi di neve finta sul muschio, casette illuminate, pecore e pastorelli. Nella capanna centrale con Maria e Giuseppe, il bue e l’asinello, Gesù veniva deposto nella mangiatoia solo allo scoccare della mezzanotte il 24 dicembre, con una piccola cerimonia fatta da adulti e bambini in processione davanti al presepe, reggendo candele accese e cantando “Tu scendi dalle stelle” tutti insieme. L’albero di Natale arrivò qualche anno dopo e papà si rassegnò ad addobbarlo per farci contenti, anche se lo considerava “un’usanza americana”.

A quei tempi abitavamo in una grande casa in via Bellaria a Capodimonte insieme ai nonni materni e alla famiglia di mio zio Edoardo (fratello di mia mamma): una vera famiglia patriarcale. Per le vacanze natalizie, tuttavia, poiché mio padre desiderava stare con i suoi parenti, dal 24 dicembre al 6 gennaio ci trasferivamo a casa delle zie di mio padre in un palazzo antico in via Tribunali, nei pressi di Via Duomo, a due passi dalla Cattedrale.

Zia Nicoletta e suo marito Raffaele, la sorella nubile Zia Nina, la loro colf Gelsomina, il gattino bianco Ninì e il piccolo cane pechinese Bobby hanno davvero lasciato il segno nella mia vita, regalandomi tanto affetto e indelebili ricordi natalizi.

Ecco che emergono dal lontano passato le immagini delle zie che cucinano cibi squisiti e dolci tipici napoletani come struffoli e roccocò insieme a mia madre nella cucina antica adorna di pentole di rame appese alle pareti, il piccolo Ninì sempre attratto dal presepe, perseguitato da mio padre che gli impediva di entrare nella grotta, il goloso Bobby pronto a mangiare di tutto e a correre e giocare con noi, zio Raffaele che per divertirsi lancia in aria tante monetine e ci invita a raccoglierle per comprare caramelle ed infine… Gelsomina, dolce e sensibile, che all’improvviso davanti ai miei occhi sbigottiti di bimba si trasforma in un’inquietante assassina di galline, anguille e capitoni che cercano inutilmente di sfuggire ai suoi inesorabili coltelli.

A Natale arrivava da Roma anche Zio Enzo Pianese, cugino di papà, che ci faceva morire dal ridere con le sue esilaranti battute di spirito: un vero “personaggio”, sfegatato tifoso del Napoli, invitato spesso in Tv (quando era ormai molto anziano) negli anni ‘90 a far commenti sulle partite insieme alla nota Suor Paola.

Mi ricordo che ci svegliavamo con il suono delle campane delle numerose chiese presenti nel centro storico e spesso dopo la messa, si andava a far compere nei pittoreschi, antichi vicoli di Via Tribunali e dintorni, con variopinte e coloratissime merci esposte nelle vetrine o nelle ceste fuori dalle botteghe, merci che i negozianti esaltavano con i loro cantilenanti richiami in dialetto per attirare i passanti, mentre un “pianino” da lontano faceva da contralto con struggenti canzoni napoletane sugli emigranti, come “Santa Lucia Luntana”.

Il 31 dicembre quando Napoli impazziva con i suoi meravigliosi fuochi di artificio, a noi bambini veniva concesso solo di ammirarli dietro i vetri dei balconi: potevamo accendere qualche innocua “stellina” per salutare il nuovo anno. Comunque la festività che amavamo di più era senz’altro l’Epifania, quando il 5 gennaio si aggiungevano i Re Magi sul presepe e poi l’indomani al risveglio cercavamo accanto al letto i giocattoli chiesti con una letterina alla Befana: per lei in cucina solevamo lasciare la sera prima un piatto con noci dolci e un bicchiere di vino, poiché secondo Gelsomina “la vecchietta era sempre tanto stanca ed affamata” per i suoi lunghi viaggi sulla scopa.

Quando paragono il Natale del passato con quello di oggi, penso con nostalgia alla semplicità di un’epoca in cui eravamo ricchi di speranze, affetti e sentimenti: non si facevano viaggi all’estero nel periodo natalizio, né si prenotavano tavoli al ristorante, si restava a casa, tutti insieme, giovani, vecchi e bambini, si preferiva il calore familiare e tuttalpiù s’invitava qualche caro amico…eppure ci divertivamo lo stesso. E così con un po’ di nostalgia per quei tempi lontani, mi ritornano ancora in mente il suono dolce delle ciaramelle con i versi di Giovanni Pascoli:

Nel cielo azzurro tutte le stelle
paion restare come in attesa;
ed ecco alzare le ciaramelle
il loro dolce suono di chiesa;

suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa, suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]