Il Natale nel mondo
del consumo
il parere di Pasolini
di Riccardo
Renzi
Questo breve articolo si incentra su
una riflessione fatta da Pasolini
sul Natale e il consumismo. Vivendo
proprio in questi giorni il pieno
clima pre-natalizio, una domanda ci
sorge spontanea, esiste più
un’essenza vera del Natale, oppure
esso è stato completamente inglobato
dal consumismo più sfrenato?
A tal proposito ci viene in
soccorso un articolo di Pier Paolo
Pasolini pubblicato il 4 gennaio
1969 all’interno della rubrica Caos
ne Il Tempo. Utilizzando un termine
sportivo, quelli dello Scrittore in
questo intervento sono dei commenti
“a caldo”, poiché la stesura
dell’articolo avvenne proprio
durante il periodo natalizio.
«Sono tre anni che faccio
in modo di non essere in Italia per
Natale. Lo faccio di proposito, con
accanimento, disperato dall’idea di
non riuscirci; accettando magari di
oberarmi di lavoro, di rinunciare a
qualsiasi forma di vacanza, di
interruzione, di sollievo».
Pasolini apre l’articolo
ricordando la sua infanzia in
piccole realtà rurali, legate al
mondo contadino, le quali avevano,
seppur solo idealisticamente, un
legame con Gerusalemme, ma dalla
fine del secondo conflitto mondiale,
superata la miseria postbellica,
quel mondo è stato completamente
inglobato dal capitalismo.
Ora è il Capitalismo a
dettare il senso stesso delle
festività: «Per il nuovo
capitalismo, che si creda in Dio,
nella Patria o nella Famiglia, è
indifferente. Esso ha infatti creato
il suo nuovo mito autonomo: il
Benessere». La Chiesa è ormai
totalmente asservita alla legge del
Capitale e ad essa ha attinto
andando a modificare e compromettere
le sacre tradizioni della
cristianità.
La vera Chiesa prima risedeva
in quel mondo preindustriale e
contadino, fatto di miseria e
tradizioni. In quel mondo il tempo
era scandito dalle stagioni e dalle
festività religiose. Ora invece,
come ci dice Pasolini, il Capitale
ha ormai inglobato e fatto sue le
festività ecclesiastiche e della
Chiesa potrebbe anche fare a meno,
non gli serve più. «Se essa non ci
fosse, esso ne potrebbe fare a
meno».
Il Capitalismo ha, in poco
tempo, annichilito e annientato la
sacralità che risedeva nella
festività stessa, andando però a
generare una nuova tipologia di
sacralità, quella del dono, o meglio
“regalo”. Il regalo, quello
consumistico, è molto distante dal
concetto di dono cristiano.
Ironicamente Pasolini afferma che il
Natale essendo originariamente una
festa pagana e allegra, ha bisogno
del capitalismo consumistico per
tornare a quella felicità e allegria
incontrollate.
Come ci dice Pasolini quella
del Natale paradossalmente non è più
una festività religiosa, egli
suggerisce infatti che la Chiesa
debba distinguersi allontanando le
sue festività da quelle ormai
generate dal mondo capitalistico. «Ma
allora, questa festa pagana ritorni
pagana: la sostituzione della natura
industriale a quella naturale, sia
completa anche nelle feste. E la
Chiesa se ne distingua».
Quella che si vive sotto
Natale è una psicosi bellica
dell’acquisto, del consumo sfrenato
e irrefrenabile. Dunque Pasolini
vuole fuggire da questa aberrazione
del Natale stesso e afferma che
spesso trascorre i periodi natalizi
all’estero, in paese ancora non
fagocitati dal male del capitalismo.
Pasolini, proprio come
Calvino, si rese immediatamente
conto che si stava andando incontro
a una società che escludeva chi non
si fosse allineato alla nuova
dittatura del consumo, ove tutto è
merce, anche la cultura stessa,
perciò come fece anche Calvino, egli
si mise alla ricerca di una cura, di
una soluzione, e la rubrica Caos
costituisce proprio questo, la
ricerca di una soluzione, partendo
dal caos.
Riferimenti bibliografici:
Pier Paolo Pasolini, Un corsaro del
nostro tempo: Il caos, a cura di
G.C. Ferretti, L’unità editori,
1981.