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N. 56 - Agosto 2012 (LXXXVII)

L’ONU da Teheran a SAN Francisco
Un comune impegno per LA pace

di Beatrice Carta

 

La Seconda Guerra Mondiale sconvolse completamente l’ordine internazionale. I “grandi della Terra” cominciarono a riflettere su come evitare che in futuro si ripetesse un conflitto di tali dimensioni.

 

L’idea di dar vita ad un’organizzazione che garantisse la sicurezza collettiva dopo gli insuccessi della Società delle Nazioni venne espressa sin dai primi anni del conflitto. Significativi riferimenti a quest’intenzione possono essere rinvenuti nella Carta Atlantica e nella Dichiarazione delle Nazioni Unite ed anche in altri numerosi vertici degli Alleati.

 

Questo progetto, inizialmente esposto in termini vaghi, venne sviluppato negli accordi anglo-americani e dei russi che misero a punto le finalità e le strutture della futura organizzazione.

 

Roosevelt e Churchill delinearono i punti chiave di questo progetto sin dal 1941. I due statisti concordarono sulla necessità di un’equa ripartizione delle ricchezze tra i popoli su un miglioramento delle condizioni di lavoro di tutti, sulla tranquillità della pace, sulla libertà di navigazione sui mari, sulla rinuncia dell’uso della forza, e sulla necessità di un progressivo disarmo.

 

Il 1° giugno 1942 venne firmato il patto delle Nazioni Unite sottoscritto da venticinque Stati belligeranti cui si unirono poi altri diciotto stati. Il 30 ottobre del 1943, con la dichiarazione di Mosca i firmatari del Patto delle Nazioni Unite, riconobbero la necessità di dar vita ad un’organizzazione internazionale fondata sui principi di uguaglianza e sulla reciproca volontà di assicurare la sicurezza internazionale.

 

La Conferenza di Teheran fu la prima occasione durante la quale si incontrarono i “te grandi”: Churchill, Roosevelt e Stalin. L’incontro si svolse dal 28 novembre al 1°dicembre del 1943 per discutere i piani finali per l’invasione nell’Europa occidentale e di numerose altre questioni.

 

La massa dei temi affrontati e il numero di decisioni adottate o di quelle solamente adombrate, ma trasformate successivamente in deliberazioni formali è tale da consentire di affermare che il primo vertice fra tre grandi Capi di Stato fosse contemporaneamente anche il più importante.

 

Riguardo le questioni più strettamente collegate all’andamento della guerra si decise che l’operazione Ovelord (lo sbarco in Normandia) sarebbe stata effettuata l’anno successivo. I tre Capi di stato discussero anche sull’organizzazione della Germania dopo la guerra e raggiunsero un accordo sulla Polonia.

 

La decisione presa in quell’incontro che al momento più ci interessa è quella relativa alla creazione dell’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) una volta che fossero terminate le ostilità. La contrapposizione ideologica in questo momento era stata rimandata a causa del più impellente obiettivo di distruggere la Germania nazista.

 

Roosevelt chiarì che il nocciolo della questione era la creazione di una grande Organizzazione delle Nazioni Unite, alla quale sarebbe dovuto spettare il compito di salvaguardare la pace e, in collegamento con questa tesi, enunciò la teoria dei “four policemen”, cioè dei quattro poliziotti, le quattro potenze che, grazie alla loro intesa, avrebbero dovuto svolgere la funzione di garanti del mantenimento della pace.

 

Stalin era scettico e preoccupato rispetto all’eventualità che il Congresso non volesse lasciarsi coinvolgere in ulteriori controversie, o che il progetto avrebbe costretto gli Stati Uniti a tenere le loro forze armate. Roosevelt lo rassicurò dicendo che questo compito sarebbe toccato alla Gran Bretagna e all’Unione Sovietica. Egli tracciava un futuro dell’Europa in cui il continente sarebbe stato diviso in sfere d’influenza britannica e sovietica. La Conferenza si concluse senza fossero fissati degli obiettivi precisi riguardo i caratteri che la futura organizzazione avrebbe dovuto assumere.

 

Gli Stati Uniti più di ogni altra potenza si ponevano l’obiettivo di creare una nuova e grande organizzazione internazionale. Era necessario pensare al futuro globale non in termini astratti bensì concreti.

 

In poche parole occorreva immaginare anche dei meccanismi istituzionali che fossero stati in grado di perseguire gli obiettivi di sicurezza e pace. Non tutti condividevano pienamente il Grand Design Rooseveltiano, tuttavia concordavano nell’importanza di alleviare la crudezza delle relazioni internazionali, e fare in modo che lo scontro di interessi trovasse momenti di mediazione che avrebbero reso più facile salvare la sicurezza. In effetti l’idea lanciata da Roosevelt dei “quattro policemen”, trasformata nel postulato della “durevole intesa” fra gli alleati della Seconda Guerra Mondiale aveva un suo contenuto realistico e costituiva anche una base adatta per dare forza ai meccanismi istituzionali che le potenze fossero riuscite ad elaborare.

 

A Mosca nell’ottobre del 1943 si era deciso di riunire al più presto una conferenza di esperti che studiasse gli  schemi elaborati da ciascuna delle tre grandi potenze. Nel febbraio del 1944 ebbero luogo i primi contatti per la riunione che avrebbe discusso i temi sopra citati; nell’aprile successivo ci furono i primi scambi di idee.

 

Fra il 21 e il 29 agosto del 1944 presso Dumbarton Oaks si svolse questa importantissima conferenza. Durante il vertice emersero delle divergenze che evidenziavano la difficoltà di concepire in modo omogeneo l’organizzazione.

 

Un’importante elemento di attrito riguardava l’universalità dell’organizzazione: i sovietici chiedevano che fossero ammesse come Stati indipendenti ciascuna delle 16 Repubbliche che componevano l’Urss. Un’altra questione era quella relativa al regime da applicare ai territori non autonomi e in particolare a quelli per i quali sarebbe una “amministrazione fiduciaria” analoga al regime dei “mandati” della società delle Nazioni.

 

Tuttavia va detto che il punto più delicato fu quello relativo alle regole di votazione in seno alla futura organizzazione. La regola dell’unanimità era stata una delle cause principali del fallimento della Società delle Nazioni.

 

La questione era delicata poiché, introducendo il sistema della maggioranza in un organismo in cui gli Stati Uniti sarebbero divenuti verosimilmente la forza dominante, questo avrebbe significato affidare a una maggioranza precostituita il futuro dell’organizzazione. L’Urss non avrebbe mai accettato di integrarsi in un’istituzione che non avesse loro offerto la garanzia di non essere dominata da interessi di parte.

 

I lavori preparatori per la creazione di un’Organizzazione delle Nazioni Unite si conclusero con un rinvio. Il mutato clima internazionale, l’emergere di nuovi problemi rese necessario un altro vertice. Pertanto, si decise di convocare a Yalta, località della Crimea, una Conferenza fra i tre grandi.

 

Fra il 4 e l’11 febbraio 1945 si svolse a Yalta un’importante conferenza fra i tre “grandi”. Furono prese importanti decisioni riguardo la soluzione di problemi specifici aperti dalla guerra: il futuro della Germania, la Polonia. La maggior novità di Yalta riguardò i progetti preliminari e la natura delle relazioni postbelliche.

 

Alla base di tutte le decisioni c’era la comune speranza di prevenire attraverso una nuova organizzazione altre guerre. Durante la Conferenza di Teheran era stato delineato il presupposto politico, che doveva essere la durevole intesa tra i “four policemen”, cioè fra le grandi potenze come garanzia per il mantenimento della pace.

 

A Dumbarton Oaks i lavori si erano arenati riguardo l’Assemblea generale e il diritto di partecipazione all’ONU: si propose che esso fosse limitato ai soli paesi che avevano dichiarato guerra alla Germania. I sovietici proposero che tutte e sedici le repubbliche fossero singolarmente presenti. Tale proposta però poneva il problema della rappresentanza dei Dominions non indipendenti dal Commonwealth. Roosevelt dovette accettare una sorta di compromesso che prevedeva fra i membri originari accanto all’Urss anche la Bielorussia e l’Ucraina.

 

L’altra questione di fondamentale importanza concerneva le modalità di voto nel previsto organo esecutivo, il Consiglio di Sicurezza. La questione era decidere come sarebbe dovuta avvenire la votazione qualora uno dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza fosse stato parte in causa. Roosevelt e Churchill pensarono inizialmente ad una votazione di tipo maggioritario ma ben presto si persuasero che l’adozione di un tale sistema sarebbe stato un errore anche per gli interessi dei loro stessi Paesi accettare un criterio diverso dal voto unanime diverso da quello del voto unanime in materie di importanza sostanziale.

 

L’intesa venne raggiunta ma non venne resa pubblica in quanto il compito di redigere la Carta della nuova organizzazione venne demandato a una conferenza convocata a San Francisco a partire dal 25 aprile.

 

Essa segnò la fase conclusiva che portò alla nascita dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, cioè di un’istituzione di matrice soprattutto americana che avrebbe sostituito la Società delle Nazioni.

 

Lo statuto del nuovo organismo si ispirava ai principi dell’Alleanza Atlantica. Conteneva al suo interno l’impronta di due diverse concezioni: da un lato l’utopismo democratico di Wilson e dall’altro la necessità di creare una sorta di “direttorio” delle grandi potenze come unico efficace strumento di governo degli affari mondiali.

 

I principi dell’universalità (dell’organizzazione) e dell’uguaglianza (delle Nazioni) sono rispecchiati nell’Assemblea generale degli Stati membri, che si riunisce annualmente e ha il potere di adottare, a maggioranza semplice, risoluzioni che però non sono vincolanti. Il principio del Direttorio si riflette nel Consiglio di sicurezza, organo permanente che ha il potere di adottare decisioni e misure vincolanti.

 

Attraverso questa nuova organizzazione gli Stati pensarono di utilizzarla come un ente porre un limite ai conflitti.



 

 

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