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N. 141 - Settembre 2019 (CLXXII)

civitatem

sulla nascita della città: un approccio storico sociologico

di Yuri Calleo

 

Dalle prime forme di civitatem ogni essere umano è inserito in un luogo con dei confini in cui esiste e coesiste. La città, punto focale della sussistenza umana, deve intendersi come agglomerato di costruzioni più o meno pianificato, sorto da un accentramento culturale, economico e amministrativo, e talvolta, anche politico.

 

Possiamo quindi contestualizzare la nascita della città in tre macro-periodi: la prima tipologia di città è insita nel periodo pre-industriale dove l’industrializzazione e il progresso tecnologico erano in crescita, la seconda tipologia è la città industriale, dove avvenne un distacco netto in materia tecnologica, infine troviamo la città postindustriale, cardine delle nostre megalopoli.

 

La comparsa delle prime forme embrionali della città si ebbe nel 7000 a.C dove avvenne una rivoluzione agricola di grande portata, questa fece si che aumentasse a dismisura il progresso tecnologico fino alla rivoluzione urbana del 4000 a.C. Nel quarto millennio vennero create quindi le prime città organizzate, con una coesione spaziale maggiormente solidificata rispetto alle precedenti; erano strutturate in grandi insediamenti dove gli abitanti non si limitavano a coltivare le terre adiacenti, ma si specializzavano maggiormente in attività commerciali − le città si sviluppavano in terreni fertili, lungo grandi fiumi e vaste pianure agricole o in punti di traffico commerciale. Si ha quindi il passaggio dalla tribù al villaggio.

 

Max Weber sociologo tedesco, ci fornisce una chiave di lettura molto importante, per il Nostro esse nascono dove si forma una organizzazione statuale, in grado di esercitare un potere coercitivo che raccoglie il surplus e lo ridistribuisce in modo più o meno diseguale.

 

Proseguendo il nostro discorso, si ha un passaggio dalla tribù al villaggio, e dall’irridente borgo nasce una forma embrionale di città pre-industriale situabile facilmente nella polis greca, dove caratteristica prima era la diseguaglianza sociale e una politica instabile.

 

La città greca era quindi strutturata “piramidalmente”; in basso vi era situato il ceto povero, ovvero contadini e allevatori di bestiame, nella fascia media invece vi era situata la città sottostante all’acropoli, dove si moltiplicavano le relazioni sociali e le attività di gruppo, basti pensare ai centri culturali e religiosi che erano posizionati nel fulcro cittadino.

 

Spostandoci nell’antica Roma, le città erano circondate da mura difensive, vi erano due strade principali, il cardo e il decumanus, all’incontrarsi delle precedenti vi era il Foro, piazza di portata eccellente, inizialmente usato come luogo mercantile, in seguito divenne il nucleo delle relazioni cittadine.

 

I cittadini romani prendendo spunto dalle greche, realizzarono grandiose opere tali da far raggiungere Roma a un milione di abitanti, si pensi alle strutture come il Circo Massimo, le Terme di Caracalla o l’Anfiteatro Flavio. Tra il ‘500 e il ‘700, si sviluppa l’arte urbana, che arricchisce le città principesche di nuove architetture e di nuove idee; caratteristiche di questi agglomerati era la centralità dell’uomo, la riscoperta dell’arte greco-romana, dell’architettura classico-romana e un’organizzazione prospettica dello spazio artistico.

 

Il primo mutamento nell’organizzazione urbana si registrò quindi nelle città europee nella prima metà del ‘700, dove le città, vennero interessate da incrementi demografici, dovuti anche al miglioramento delle condizioni igieniche, le quali portarono una netta diminuzione delle morti.

 

Nel contempo si assiste al cambiamento del sistema produttivo, con il passaggio da un’economia agricola commerciale a un’economia industriale, la produzione industriale attirò la popolazione periferica insita nelle campagne e avvenne quindi un abbandono dell’attività agricola e l’aumento della popolazione nelle città, per ovvi motivi garante di questo processo fu la facilità di collegamento nelle città.

 

Nell’800, le città risentono del nuovo urbanesimo, nacquero i primi quartieri criminali dove vi era una carenza igienica e un aumento esponenziale della povertà. In nuce, si può affermare che l’urbanistica moderna nasce dal tentativo di dare una risposta positiva alla crisi politica ottocentesca.

 

Tuttavia la città industriale ottocentesca mirava a una massiccia espansione e non era più sufficiente l’approccio statico degli urbanisti, vi era il bisogno di un’analisi approfondita del territorio. Con l’avvento della città fordista (1930-1980), l’industria ottocentesca viene valicata dall’industria moderna, composta da nuove tecnologie, da processi di produzione efficienti e dalla conseguente riorganizzazione delle relazioni tra industria e le altre funzioni della città. La fonte primaria di ricchezza non è più l’industria manifatturiera, ma il settore dei servizi, in particolare quelle attività volte alla ricerca e alla creazione di nuove idee culturali.

 

L’aspetto societario mostra innumerevoli gruppi sociali, che si diversificano per orientamento politico, cultura posizione economica et cetera. Con il giungere degli anni ‘60 e l’inizio degli anni ‘70 la città post-fordista venne messa in crisi e vi fu il passaggio alla città post-industriale.

 

Caratteristiche fondamentali erano rappresentate da un sistema economico e produttivo incentrato sulla nuova tipologia di fabbrica cui peculiarità era la propria dimensione; nascono periferie consolidate, aumentano i cittadini che ritornano nelle proprie campagne e si sviluppa un interesse verso l’ambiente e lo sviluppo sostenibile.

 

Se fino al decennio precedente il fine delle presenti era l’espansione urbana, ora diviene fondamentale la riqualificazione. Esempio lampante è la città di New York, che contava 12 milioni di abitanti. Nei primi dieci posti si collocavano altre cinque aree metropolitane occidentali, tra cui Londra, Parigi, Mosca, Ruhr e Chicago, tre asiatiche tra cui Tokyo, Shanghai e Calcutta e l’unica città sudamericana era Buenos Aires.

 

Con l’avvento dell’urbanizzazione certamente vengono sviluppate caratteristiche positive e caratteristiche negative, la facilità dei trasporti è stata di grosso aiuto ma ha reso liquido l’essere umano, a tal proposito Simmel ci fornisce una chiave di lettura importante dove l’individuo moderno è paragonato allo straniero poiché è sito in un determinato luogo ma non percepisce la propria presenza in esso.

 

A conclusione del nostro lavoro possiamo individuare alcuni caratteri comuni delle moderne città europee, in primis città come Berlino, Barcellona o Roma mostrano una forma omogenea e densa, in secondo luogo peculiarità fondamentale è l’antichità delle città europee, infatti si tenga presente che il 30% degli insediamenti europei è di origine romana, infine a comporre lo scenario sono presenti le città di piccole dimensioni che contano da 100.000 a 2 milioni di abitanti.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Mumford L., La città nella storia, ed. cit. Laterza, Bari 1961.

Weber M., Economia e società. La città, a cura di Wilfried Nippel, traduzione di Massimo Palma, Donzelli, Roma 2016.

Simmel G., Sociologia, Meltemi, Milano 2018.

Lynch K., L’immagine della città, Marsilio editori, Padova 1969.



 

 

 

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