N. 146 - Febbraio 2020
(CLXXVII)
Dare visibilità all’invisibile
La
“setta”
dei
Nabis
di
Costanza
Marana
Alla
fine
dell’Ottocento
la
setta
dei
Nabis
costituisce
un
singolare
esempio
di
movimento
artistico
settario
intriso
di
misticismo.
Il
termine
nabis
deriva
dall’ebraico
e
significa
profeta
a
stigma
dell’impronta
“religiosa”
dell’assetto
cognitivo
e
formativo
del
gruppo,
il
cui
fondatore
Paul
Sérusier
crea
con
un’atmosfera
di
segretezza.
Una
setta
d’iniziati
alla
percezione
del
colore,
stimato
in
modo
differente
dal
precedente.
Il
focus
risiede
nello
stendere
le
tinte
in
zone
piatte,
come
già
nel
pensiero
di
Pierre
Puvis
de
Chavannes,
creando
delle
intere
aree
di
colore
intenso,
puro;
onnipresente
lo
spirito
di
Gaugin.
Pittori
quali
Maurice
Denis,
Eduard
Vuillard,
Xavier
Roussel,
Jan
Verkade,
Georges
Lacombe,
Aristide
Maillol,
Félix
Vallotton
accolgono
questo
stilema
ed
entrano
a
far
parte
dei
Nabis,
ognuno
mantenendo
una
propria
individualità
espressiva.
Il
manifesto
di
questo
movimento
trova
il
suo
bardo
nella
narrativa
dell’opera
il
“Talismano”
(1888)
di
Paul
Sérusier.
Un
vero
e
proprio
simbolo
da
tenere
a
monito
costantemente,
osservandolo
reiteratamente,
cogliendone
tutte
le
sfumature.
Parigi,
Musée
d’Orsay,
Paul
Sérusier,
Il
Talismano,
1888,
olio
su
legno,
27 x
21
cm
A
Parigi,
presso
la
dimora
di
Paul
Ranson,
hanno
luogo
gli
incontri
dove
ogni
artista
si
riveste
di
abiti
preziosi,
usa
un
linguaggio
criptico
e
aulico
e
tutta
l’atmosfera
si
colora
di
un’aura
di
sacralità.
L’individualità
di
ogni
componente
del
gruppo
rimane
ben
salda.
Nel
caso
di
Roussel,
Vuillard
e
Vallotton
il
loro
oggetto
di
ricerca
formale
rimane
l’habitat
cittadino;
mentre
Lacombe
predilige
un
figurativismo
bretone.
La
loro
lotta
stilistica
mira
a un
accademismo
di
maniera
e
intende
rinnovare
l’arte
dell’imitazione
della
natura.
Ogni
pittore
si
sente
investito
di
una
missione
e si
considera
un
profeta.
«Ricordarsi
che
un
quadro,
prima
di
essere
un
cavallo
di
battaglia,
una
donna
nuda
o
qualunque
aneddoto,
è
essenzialmente
una
superficie
piana
ricoperta
di
colori
assemblati
in
un
certo
ordine»
(cit.
Maurice
Denis)
Un
regime
teosofico
che
crea
un
rapporto
di
rimandi
dal
segno
grafico
al
pensiero
spirituale.
Non
viene
più
considerato
solo
il
registro
del
visibile,
ma
il
campo
dell’invisibile.
Il
simbolo
versus
l’imitazione
del
reale.
Una
concezione
sensoriale
che
sposa
l’aplat
come
suo
vettore
stilistico.
La
bidimensionalità
come
motivo
dominante,
ma
non
unico
poiché
il
concetto
che
risiede
alla
base
è lo
sdoganamento
da
regole
prospettiche
consolidate.
Svirgolando
dal
modello
classico
rappresentativo
si
crea
una
flessibilità
e
una
fluidità
espressiva
che
dona
un
dinamismo
alla
composizione,
rigenerandola.
Un
flusso
che
parte
da
un
primitivismo
concettuale
e
rielabora
stilemi
egiziani
e
medievali
in
un
contesto
modernista.
«
(…)
numeri
primi
più
semplici,
i
loro
prodotti,
i
loro
quadrati,
le
loro
radici»
(cit.
Paul
Sérusier).
Una
contaminazione
che
fa
collimare
il
rigore
matematico
con
un
pensiero
filosofico,
dove
il
senso
misterico
dell’universo
si
appropria
di
un’energia
vitale
rinnovata.
Non
un’ideologia
astratta,
ma
un
dinamismo
materico
che
intende
ripristinare
un
nuovo
ordine.
Per
quanto
riguarda
prettamente
l’assetto
formale,
l’elemento
decorativo
risulta
fondamentale.
Denis
profonde
la
sua
arte
anche
nel
campo
illustrativo
e
ornerà
palazzi
e
chiese
di
opere
murarie.
I
Nabis
sono
attivi
anche
nel
campo
dell’Avanguardia,
in
particolare
del
teatro,
liberando
il
loro
estro
in
litografie
e
incisione
dei
prospetti
scenici.
Questo
atteggiamento
aperto
racchiude
il
loro
monito
di
considerare
ogni
aspetto
della
vita
come
elemento
fondante
di
uno
spiritualismo
artistico.
Ogni
sfumatura
deve
essere
presa
in
considerazione.
Sono
artisti
che
intendono
inserirsi
nel
mondo,
non
essere
fuori
dai
circuiti
vitali.
Tutto
deve
essere
onnicomprensivo
e
onnicomprensibile.
Il
punto
è
l’utilizzo
di
una
comunicazione
rinnovata,
sintetica,
che
esuli
da
allegorie
letterarie.
L’impronta
nettamente
individualistica
porta
a
una
spinta
centrifuga
e
all’interno
del
gruppo
dei
Nabis,
soprattutto
nella
seconda
metà
degli
anni
Novanta,
ognuno
comincia
a
percorrere
sentieri
diversi.
In
particolare
Sérusier
si
chiude
in
un
isolazionismo
religioso
cattolico
dominato
dal
pensiero
del
padre
benedettino
Desiderius
Lenz.
Così
perde
di
vigore
il
bardo
comune
della
setta,
stagliandosi
comunque
nel
panorama
artistico
come
input
visivo
e
contenutistico
che
seminerà
germogli
di
un
nuovo
modo
di
“dare
visibilità
all’invisibile”.