N. 113 - Maggio 2017
(CXLIV)
BREVE storia della musica araba medievale
dalle origini al secolo XIV - PARTE I
di
Vincenzo La Salandra
La
fonte
principale
per
la
conoscenza
della
musica
araba
e,
per
esteso,
della
vita
culturale
islamica
del
Medioevo,
è il
famoso
Kitàb
al-aghani,
ovvero
Il
libro
delle
canzoni,
di
Abù
l-Farag
al-Isfahànì
(897-967).
Questo
libro
arabo
imponente
e
ricchissimo
di
notizie
e
particolari
è
una
vera
miniera
di
informazioni
per
la
storia
della
cultura
islamica
medioevale:
si
tratta
di
una
compilazione
immensa
e
disordinata,
appesantita
da
particolari
tecnici
e di
tecnica
di
trasmissione
secondo
l’uso
medioevale,
ma
assieme
è un
libro
ricchissimo
di
materiali
e
aneddoti,
ricco
di
particolari
preziosi
e
trasmessi
in
versi
e
prosa
ornata.
Studiando
questa
imponente
raccolta
di
inestimabile
valore
storico
e
documentario,
siamo
informati
con
notizie
sull’antica
storia
d’Arabia
e i
secoli
omàyyadi
e
abbàsidi
sono
descritti
con
vivezza
e
ricchezza
di
particolari:
al-Isfahànì
delinea
i
suoi
quadri
con
precisione
e
garbo
stilistico,
fornendo
notizie
tecniche
e
aneddotiche
sulla
diffusione
della
cultura
musicale
del
medioevo
arabo
e
dipingendo
personaggi
e
ambienti
con
tratto
geniale
e
originale.
Francesco
Gabrieli,
orientalista
che
ha
tradotto
e
antologizzato
molti
versi
e
brani
in
prosa
di
al-Isfahànì,
affermava
che
egli:
“ci
serba
vivissimo
il
ricordo
dei
primi
due
secoli
abbàsidi”,
e
leggendo
la
sua
opera
monumentale,
“ci
passa
sotto
gli
occhi
il
più
vivace
e
fedele
quadro
di
questa
società
e di
questa
cultura,
araba
di
fondo
benché
tutta
screziata
di
elementi
stranieri,
nella
sua
più
felice
età
ricettiva
e
creativa.
è
qui,
anziché
nelle
tarde
ricostruzioni
di
maniera
delle
Mille
e
una
notte,
che
va
cercato
l’autentico
ricordo
dell’età
dell’oro,
culturale
ormai
e
non
più
politica,
del
mondo
arabo
sotto
gli
Abbàsidi”.
Il
campo
della
musica
araba
presenta
notevoli
difficoltà
a
chi
desideri
scriverne
la
storia
per
due
ragioni
particolari:
principalmente
per
la
grande
difficoltà
di
raccogliere
il
materiale
informativo,
sparso,
secondo
il
metodo
orientale,
in
opere
eterogenee
e
trattanti
soggetti
lontani
dalla
musica,
e
quello
tecnico
quasi
completamente
ancora
in
manoscritti;
ma
anche,
e
secondariamente,
per
la
mancanza
quasi
assoluta
di
musica
scritta
che
possa
servire
di
appoggio
alla
letteratura
teorica
che
dal
secolo
IX
in
poi
divenne
progressivamente
più
ricca
e
nutrita.
Senza
dubbio
è
utile
ricordare
i
libri
più
importanti
di
storia
della
musica
araba
prodotti
in
Europa
a
partire
dalla
fine
del
Settecento,
e
che
a
noi
serviranno
per
tracciare
questo
breve
profilo.
Già
l’Andres
aveva
scritto
un
libro
efficace,
Cartas
sobre
la
música
de
los
Árabes,
nel
1787;
successivamente
l’Hammer-Purgstall
pubblicava
una
notevole
Literatur
der
arabischen
und
persischen
Musik,
uscita
a
Vienna
nel
1839;
Elie
Smith
dava
alle
stampe
il
1847
A
treatise
of
Arab
music,
per
la
American
Oriental
Society;
ancora,
J.
Ribera
pubblicava
un
lavoro
seminale
La
música
árabe
y su
influencia
en
la
española,
uscito
a
Madrid
nel
1927.
In
francese,
gli
studi
del
Rouanet,
dei
primi
del
Novecento,
anticipano
il
classico
lavoro
di
Henry
George
Farmer,
A
History
of
Arabian
Music
to
the
XIIIth
Century,
pubblicato
a
Londra,
presso
Luzac
&
Co.,
il
1929,
e
che,
anche
dopo
molti
altri
studi
e
saggi
più
recenti,
rimane
un
lavoro
preciso
e
ancora
valido
per
un
affondo
completo
e
sistematico
sulla
nostra
tematica.
La
musica
araba
affonda
le
sue
radici
nella
musica
semitica
(nelle
sue
varianti
assira,
sabea,
nabatea
ed
ebraica)
e
muove
i
suoi
primi
passi
nel
periodo
pre-islamico
della
giàhiliyyah,
in
cui
ebbero
notevole
importanza
per
la
musica
le
celebri
fiere
panarabe
di
‘Ukàz
nel
Higiàz,
dove
si
radunavano,
provenienti
da
tutta
l’Arabia,
legioni
di
poeti
e
menestrelli
pronti
a
sfoggiare
la
loro
arte.
In
una
piccola
storia
della
musica
araba
non
si
può
fare
a
meno
di
ricordare
l’antica
questione
della
proibizione
da
parte
della
religione
musulmana
della
musica
e
del
canto
quali
arti
profane:
ecco
perché
durante
il
periodo
dei
primi
quattro
califfi
la
musica
non
fiorisce
e
risulta
bandita
ufficialmente,
secondo
l’interpretazione
rigoristica
del
Corano
e
dei
detti
del
Profeta.
Ma
la
musica
è
presente
ed è
praticata
e
professata
quasi
esclusivamente
da
schiave,
e
tra
queste
spicca
per
popolarità
e
grande
celebrità
la
cantante
Azzah
al-Maylà,
che
scandalizzò,
secondo
le
fonti,
non
poco
i
pii
e
bigotti
musulmani.