N. 37 - Gennaio 2011
(LXVIII)
IL MURO DI BERLINO NELL’ERA KENNEDYANA
DALLA NASCITA ALLA VISITA DEL 1963
di Danilo Caruso
Nel
secondo
dopoguerra
Berlino
Ovest,
posta
nel
cuore
della
frazione
di
Germania
comunista,
aveva
rappresentato
una
costante
preoccupazione
per
i
Sovietici,
che
ambivano
al
riconoscimento
della
Repubblica
democratica
tedesca
sorta
nell’ottobre
del
1949.
Dopo
l’elezione
presidenziale
di
John
Fitzgerald
Kennedy
(insediatosi
il
20
gennaio
1961)
fu
reso
noto
da
Nikita
Chruscev
che
l’URSS
avrebbe
lasciato
alla
RDT
la
sua
formale
sovranità
di
Stato,
di
conseguenza
trasferendo
apparentemente
il
problema
della
gestione
berlinese
ai
Tedeschi
orientali.
Il
cancelliere
della
Repubblica
federale
tedesca
(nata
nel
maggio
del
’49),
il
democristiano
Konrad
Adenauer,
si
oppose
alla
formalizzazione
della
divisione
della
Germania,
ma
il
presidente
statunitense
Kennedy
accettò,
e
per
evitare
l’impressione
internazionale
che
gli
USA
subissero
il
corso
degli
eventi
–
era
reduce
dal
fallito
tentativo
di
aprile
del
'61
di
rovesciare
il
governo
castrista
con
lo
sbarco
armato
promosso
alla
Baia
dei
porci
di
1.400
fuoriusciti
cubani
– si
schierò
in
difesa
della
sua
accessibilità
territoriale:
incontrò
infruttuosamente
Chruscev
a
Vienna
(2-4
giugno
1961).
La
situazione
precipitava:
dalla
RDT,
in
stato
di
disagio
economico
(dal
’55
faceva
parte
del
Patto
di
Varsavia
e
del
COMECON),
fuggivano
verso
la
RFT
sempre
di
più
(nel
1960
la
media
quotidiana
fu
di
1.500
transfughi,
nel
1949-61
furono
complessivamente
circa
2.500.000).
Cosicché
il
Cremlino
accondiscese
al
progetto
dei
Tedeschi
orientali
di
circoscrivere
ed
interdire
la
zona
berlinese
occidentale:
fra
il
12
ed
il
13
agosto
1961
comparve
un
presidio
militare
con
disposizione
di
uccidere
i
fuggiaschi;
nei
giorni
immediatamente
seguenti
sarà
completata
entro
il
17
l’opera
di
erezione
del
muro
divisorio,
alto
sui
3 m,
accompagnato
da
campi
minati
e
barriere
di
filo
spinato.
I
costruttori
lo
definirono
muro
della
pace
(la
sua
denominazione
ufficiale
era
barriera
di
protezione
antifascista),
ma
passò
alla
storia
come
muro
della
vergogna.
La
Casa
Bianca
rispose
inviando
un
reggimento
di
fanteria
a
Berlino
Ovest.
Circa
50.000
Berlinesi
orientali
persero
così
il
lavoro
che
svolgevano
nella
libera
Berlino,
il
cui
borgomastro,
il
socialdemocratico
Willy
Brandt,
guidò
una
giornata
di
protesta
che
riunì
300.000
cittadini.
La
città
assurse
a
simbolo
di
quella
guerra
fredda
combattuta
tra
l’Occidente
ed
il
blocco
comunista.
Saranno
quasi
un
milione
i
Tedeschi
della
RDT
che
riusciranno
a
scappare
nell’epoca
del
muro
sino
alla
sua
caduta
(9
novembre
1989)
oltre
la
cortina
di
ferro.
Gli
uccisi
nel
tentativo
di
oltrepassare
il
muro
a
fronte
di
circa
5.000
fughe
riuscite
saranno
più
o
meno
200.
Il
confronto
fra
il
mondo
comunista
e
quello
liberale
produsse
nella
RFT
degli
anni
’60
la
comune
adesione
allo
schieramento
occidentale
dei
due
principali
e
rivali
partiti
politici,
quello
democristiano
ed
il
socialdemocratico
(quest’ultimo
prospettava
la
riunificazione
territoriale
tedesca).
In
questo
sfondo
si
pose
la
visita
di
Kennedy
a
Berlino
nel
1963
durante
il
suo
giro
europeo
di
giugno-luglio.
Dopo
la
conferenza
del
’54
tra
i
ministri
degli
affari
esteri
francese,
inglese,
statunitense
e
sovietico,
per
trattare
il
futuro
della
Germania,
Berlino
ritornava
sulla
scena
della
politica
internazionale.
Kennedy
aveva
acceso
un
moto
di
aspettative
speranzose
con
il
suo
concetto
di
nuova
frontiera
esposto
all’atto
del
suo
insediamento:
«Io
vi
dico
che
noi
ci
troviamo
di
fronte
alla
nuova
frontiera,
lo
vogliamo
o
no.
Al
di
là
di
essa
si
estendono
i
campi
inesplorati
della
scienza
e
dello
spazio,
i
problemi
non
risolti
della
pace
e
della
guerra,
le
sacche
dell’ignoranza
e
del
pregiudizio
non
ancora
eliminate
e le
questioni
ancora
senza
risposta
della
povertà
e
della
sovrapproduzione».
Mirava
a
una
concreta
e
pacifica
coesistenza
con
Mosca.
Tra
il
16
ed
il
28
ottobre
1962
la
tensione
USA-URSS
era
salita
al
massimo:
l’installazione
di
una
prima
serie
di
missili
atomici
da
parte
del
Cremlino
a
Cuba,
decisa
nel
luglio
precedente,
aveva
provocato
il
blocco
navale
americano
dell’isola.
La
guerra
nucleare
fu
evitata
quando
Chruscev
ordinò
il
rientro
delle
navi
che
trasportavano
altre
testate
missilistiche
e
fece
smantellare
le
precedenti,
da
basi
non
ancora
operative,
in
cambio
dell’impegno
di
Washington
a
non
intervenire
in
qualsiasi
modo
in
armi
contro
il
regime
di
Fidel
Castro.
A
questo
si
aggiungeva
in
quegli
anni
l’impegno
degli
USA
per
la
lotta
nel
Vietnam
del
sud
contro
i
rivoltosi
comunisti
(Viet
Cong)
ostili
alla
dittatura
filo-statunitense,
lotta
che
il
presidente
americano
volle
sostenere
con
una
maggiore
presenza
militare.
Nel
giugno
del
’63
Kennedy
prima
di
Berlino
Ovest
era
passato
da
Bonn,
Colonia
e
Francoforte
parlando
alle
platee
(era
stato
più
volte
in
Europa
negli
anni
’30
ed a
Berlino
già
nell’estate
del
1945).
Tenne
il
26
giugno
1963
davanti
al
muro
un
discorso,
divenuto
famoso,
ad
una
marea
di
gente radunatasi
nella
Rudolph
Wilde
platz
di
fronte
al
Rathaus
Schöneberg.
La
folla
lo
aveva
accolto
con
acclamazioni
festose
dopo
che
ebbe
fatto
un
sopralluogo
ad
uno
degli
allora
più
noti
punti
di
attraversamento
del
muro,
il
Checkpoint
Charlie.
Oltre
il
muro
anche
gruppi
di
Berlinesi
orientali
lo
ascoltarono
sotto
il
controllo
vigile
della
polizia
che
impediva
qualsiasi
esternazione
popolare.
Più
volte
gli
applausi
degli
astanti
intercalarono
il
suo
intervento.
Pronunciò
la
celebre
frase:
«Ich
bin
ein
Berliner».
Nella
Germania
Ovest
l’arrendevolezza
americana
nel
periodo
dell’edificazione
del
muro
non
era
piaciuta,
perciò
questa
sua
dichiarazione
di
essere
Berlinese
mirante
anche
a
riacquistare
le
simpatie
dell’opinione
pubblica
tedesca.
Il
suo
discorso
al
di
fuori
dell’opportunismo
d’occasione
fu
molto
profondo
e
significativo:
«La
libertà
ha
molte
difficoltà
e la
democrazia
non
è
perfetta,
ma
noi
non
abbiamo
mai
dovuto
mettere
un
muro
per
tenere
dentro
la
nostra
gente,
per
impedire
di
lasciarci.
[…]
Il
muro
è la
dimostrazione
più
evidente
e
vivida
dei
fallimenti
del
sistema
comunista.
[…]
Tutti
gli
uomini
liberi,
ovunque
essi
vivano,
sono
cittadini
di
Berlino,
e,
quindi,
come
uomo
libero,
sono
orgoglioso
delle
parole
“Ich
bin
ein
Berliner”».
Suppergiù
l’80%
dei
Berlinesi
occidentali
era
per
le
strade
ad
ascoltarlo.
I
rintocchi
della
campana
della
libertà
posta
nel
palazzo
municipale
suggellarono
quelle
parole
in
quella
storica
giornata.
L’anniversario
del
2004
è
stato
celebrato
a
Berlino
con
una
mostra
fotografica,
tenuta
nel
giugno-settembre
ed
allestita
alla
Cameraworks,
dal
titolo
The
Kennedys.