ambiente
PASSAGGIO A SUD OVEST
L’AMBIENTE MURGIANO E LE SUE PRESENZE
ANTROPICHE
di Antonio Rizzi
Si inquadra spesso la Puglia come una
regione a trazione costiera, in cui a
spiccare sono soprattutto il litorale
adriatico e il paesaggio marino jonico,
i quali raccolgono gran parte della
popolazione regionale, delle attività
economiche trainanti e dei flussi
turistici.
Ma c’è un’altra Puglia, più nascosta,
più silenziosa, più lontana dai grossi
centri abitati e dalle vie di
comunicazione più accessibili. È
quell’entroterra collinare, pietroso, a
tratti brullo e grigio, a tratti
rigoglioso e verde, testimone
emblematico della povertà e della
ricchezza di risorse idriche, autentico
discrimine per una regione storicamente
assetata come la Puglia.
La Murgia è una subregione troppo vasta
e complessa per essere tratteggiata in
poche parole o in una rapida panoramica;
tante le sfaccettature ambientali che la
diversificano da Canosa a Ceglie
Messapica o da Matera a Palo del Colle,
giusto per citare alcuni
comuni-avamposto siti ai confini
dell’altopiano carsico che si staglia al
centro della Puglia.
Per scandagliare natura, paesaggio e
storia di questa porzione di Murgia
posta a sud ovest rispetto alla sua
intera estensione, occorre limitarne il
perimetro a un’area con un’identità ben
precisa, in primis dal punto di vista
geomorfologico, ma che in un’ottica
prettamente geografico-amministrativa
rappresenta uno storico crocevia per i
territori che qui s’incontrano.
D’altronde sono tante le testimonianze
archeologiche che costellano queste zone
e che mettono in rete itinerari murgiani
che ci parlano di epoche remote. A
partire dall’insediamento della
Castelluccia, abitato stabilmente dal VI
fino al II-I secolo A.C., unitamente
alle necropoli dolmeniche che
interessano l’area di Murgia San
Francesco, Murgia Giovinazzi e Murgia
San Benedetto, tra Castellaneta, Laterza
e Gioia del Colle, a dimostrazione che
questo altopiano è stato storicamente
capace di concentrare vita e civiltà,
grazie alla varietà del suo paesaggio,
così apparentemente inospitale eppure
capace, grazie alla sua posizione
baricentrica, di intercettare flussi di
popoli da Oriente e Occidente, che hanno
plasmato questo mosaico di colline e
canyon.
Le lame, convogliando le acque
meteoriche dalle aree collinari, hanno
creato oasifertili e ricche di sorgive e
terreni fecondi, come il Canale Iummo in
agro di Castellaneta e il Vallone della
Silica a Laterza; aree argillose, che
d’inverno diventano spesso pantani
impraticabili, ma che sono fondamentali
per drenare le acque che poi
attraversano le maestose gravine di
Castellaneta e Laterza, che
instancabilmente incanalano le acque
meteoriche e sotterranee della murgia
centrale verso il golfo jonico.
La Murgia barese, che si sgancia dagli
abitati di Gravina, Altamura, Santeramo
e Gioia del Colle, lentamente si reclina
verso la Murgia tarantina di Laterza,
Castellaneta e Mottola: le due Murge
trovano una sinergica sponda naturale a
occidente, col versante materano di
levante che, coi suoi declivi carsici,
si lascia alle spalle la città dei Sassi
e strizza l’occhio verso la composita
Murgia pugliese, memore di un passato
non troppo lontano quando il suo
territorio era parte integrante della
Terra d’Otranto.
Ecco delineato un territorio
subregionale, che in nessun modo può
essere rinominato con diciture e
definizioni, che si discostino
eccessivamente dal suo meraviglioso
paesaggio e dalla sua suggestiva storia.
In gergo socioeconomico, ha aleggiato
nel passato recente di quest’area il
toponimo industriale di “distretto del
salotto”, per via dei numerosi
insediamenti del mobile imbottito sorti
sul limes provinciale, che divide Bari,
Matera e Taranto e in parte riassorbiti
dal fiume carsico delle attività
improduttive, che tante incubazioni
imprenditoriali ha visto transitare
rapidamente alla fine del ventesimo
secolo in questo territorio.
Ma il pianoro che da Masseria Jesce
volge fino a Masseria Viglione, lungo la
provinciale che collega Altamura e
Laterza, ci racconta una storia
completamente diversa. Da tempi lontani,
infatti, si tramandano in zona i fasti
legati a un crocevia millenario,
strategico sia per il tracciato stradale
coincidente con la via Appia Antica o
Tarantina, sia per il percorso del regio
tratturo Melfi-Castellaneta, naturale
prosecuzione del Pescasseroli-Candela,
che per secoli ha tenuto uniti, secondo
i tempi della transumanza, Abruzzi e
Puglie.
Il caso laertino è emblematico per le
testimonianze archeologiche e
demo-etno-antropologiche lasciate in
maniera indelebile da entrambe le
arterie. Mentre l’Appia Antica ha
consegnato importanti testimonianze
archeologiche nell’agro a nord
dell’abitato comunale nei pressi di
Masseria Viglione e Masseria Candile,
vere e proprie stazioni di sosta per chi
si spostava tra Roma e Brindisi, i
tratturi e la transumanza hannosegnato
l’economia laertina, lasciando in
eredità fino ai giorni nostri il ruolo
portante della zootecnia bovina e ovina,
oltre ad aspetti di migrazioni connesse
ai ritmi della transumanza.
Si pensi, è un caso di analisi di
antroponimia, ad alcuni cognomi diffusi
ancora oggi a Laterza, come D’Anversa o
Dell’Aquila, che rimandano direttamente
alla provenienza geografica dalle
omonime località abruzzesi, cui la
comunità laertina è stata per secoli
connessa mediante i tratturi.
Un’identità storica imperitura che, in
nessun modo, può essere offuscata da
boom economici manifatturieri
contingenti e che vede, a mò di esempio
per l’intero territorio, le economie
altamurana e laertina saldamente
ancorate, in maniera perfettamente
simbiotica, a pilastri millenari quali
la cerealicoltura e la panificazione.
Seguendo il tracciato dell’Appia in
direzione delle gravine dell’arco
jonico, si rimane estasiati dalla
feconda ricchezza artistica, celata in
anfratti rupestri e affrescati con
ammirabile maestria (in primis dai
monaci basiliani) e raffiguranti
iconografie di chiara ispirazione
orientale, che rendono queste grotte
site in irti scoscendimenti, delle
splendide perle incastonate nella roccia
carsica, erosa dalle acque torrentizie.
Risiede qui la ricchezza della Murgia
poliedrica: colline rocciose che
superano anche i cinquecento metri
d’altezza, sulle quali nessuna coltura è
riuscita a implementarsi, se non dopo
gli sforzi e le fatiche di dissodamenti
ancestrali, da parte di un laborioso
popolo di formiche (riprendendo le
parole fortunate dell’indimenticato
Tommaso Fiore), che ha smosso questo
contado pietra su pietra, alla ricerca
di quei fazzoletti di terra rossa da
coltivare alacremente, con sacrificio e
rispetto per un paesaggio senza eguali.
Un’area tanto vasta e tanto varia, in
cui è stata la vita rurale a scandire le
tappe del progresso economico degli
scorsi secoli. La cerealicoltura, i
comparti caseari, oleari, vitivinicoli e
zootecnici, sono tutti figli di questa
terra apparentemente riarsa e
improduttiva, ma che nei secoli ha
saputo conservare, fin nelle profondità
del suo sottosuolo, un patrimonio
architettonico, paesaggistico e storico
unico.
Le antiche masserie sparse nelle immense
campagne a cavallo delle tre province,
rappresentano una vivida testimonianza
della vocazione primaria di quest’area;
una miriade d’insediamenti
agro-zootecnici, da secoli, operano in
modo indefesso ma silenzioso, rendendo
quest’entroterra un territorio sui
generis, grazie alla multiforme
produzione di filiere agroalimentari,
che solo negli ultimi anni sono
statevalorizzate, ma che in futuro
potrebbero fungere ulteriormente da
volàno di consapevolezza territoriale:
in primis il pane, “denominatore
di comune qualità” per le città di
Altamura, Laterza, Matera e Santeramo o
i derivati della filiera zootecnica
(rivendita e somministrazione di carni e
comparto caseario), che nell’area delle
gravine rappresentano un formidabile
vettore di reddito sia agricolo che per
le attività commerciali che si occupano
di ristorazione e trasformazione.
Pertanto anche i più distratti assertori
del pensiero globale, dovrebbero sposare
con convinzione l’agire locale declinato
nel distretto rurale apulo-lucano, che
al di là dei confini amministrativi,
abbraccia il popolo murgiano. Radici
comuni che affondano nella contiguità
dei siti archeologici e delle strade
millenarie che lo attraversano.
Una terra segnata in maniera osmotica
tanto dall’andamento sinusoidale delle
gravine e delle lame, quanto dalla nuova
linfa che i circuiti
ambientali-paesaggistici,
enogastronomici e storico-culturali
stanno apportando nel tessuto
socio-economico locale. |