[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

170 / FEBBRAIO 2022 (CCI)


ambiente

PASSAGGIO A SUD OVEST

L’AMBIENTE MURGIANO E LE SUE PRESENZE ANTROPICHE

di Antonio Rizzi

 

Si inquadra spesso la Puglia come una regione a trazione costiera, in cui a spiccare sono soprattutto il litorale adriatico e il paesaggio marino jonico, i quali raccolgono gran parte della popolazione regionale, delle attività economiche trainanti e dei flussi turistici.

 

Ma c’è un’altra Puglia, più nascosta, più silenziosa, più lontana dai grossi centri abitati e dalle vie di comunicazione più accessibili. È quell’entroterra collinare, pietroso, a tratti brullo e grigio, a tratti rigoglioso e verde, testimone emblematico della povertà e della ricchezza di risorse idriche, autentico discrimine per una regione storicamente assetata come la Puglia.

 

La Murgia è una subregione troppo vasta e complessa per essere tratteggiata in poche parole o in una rapida panoramica; tante le sfaccettature ambientali che la diversificano da Canosa a Ceglie Messapica o da Matera a Palo del Colle, giusto per citare alcuni comuni-avamposto siti ai confini dell’altopiano carsico che si staglia al centro della Puglia.

 

Per scandagliare natura, paesaggio e storia di questa porzione di Murgia posta a sud ovest rispetto alla sua intera estensione, occorre limitarne il perimetro a un’area con un’identità ben precisa, in primis dal punto di vista geomorfologico, ma che in un’ottica prettamente geografico-amministrativa rappresenta uno storico crocevia per i territori che qui s’incontrano.

 

D’altronde sono tante le testimonianze archeologiche che costellano queste zone e che mettono in rete itinerari murgiani che ci parlano di epoche remote. A partire dall’insediamento della Castelluccia, abitato stabilmente dal VI fino al II-I secolo A.C., unitamente alle necropoli dolmeniche che interessano l’area di Murgia San Francesco, Murgia Giovinazzi e Murgia San Benedetto, tra Castellaneta, Laterza e Gioia del Colle, a dimostrazione che questo altopiano è stato storicamente capace di concentrare vita e civiltà, grazie alla varietà del suo paesaggio, così apparentemente inospitale eppure capace, grazie alla sua posizione baricentrica, di intercettare flussi di popoli da Oriente e Occidente, che hanno plasmato questo mosaico di colline e canyon.

 

Le lame, convogliando le acque meteoriche dalle aree collinari, hanno creato oasifertili e ricche di sorgive e terreni fecondi, come il Canale Iummo in agro di Castellaneta e il Vallone della Silica a Laterza; aree argillose, che d’inverno diventano spesso pantani impraticabili, ma che sono fondamentali per drenare le acque che poi attraversano le maestose gravine di Castellaneta e Laterza, che instancabilmente incanalano le acque meteoriche e sotterranee della murgia centrale verso il golfo jonico.

 

La Murgia barese, che si sgancia dagli abitati di Gravina, Altamura, Santeramo e Gioia del Colle, lentamente si reclina verso la Murgia tarantina di Laterza, Castellaneta e Mottola: le due Murge trovano una sinergica sponda naturale a occidente, col versante materano di levante che, coi suoi declivi carsici, si lascia alle spalle la città dei Sassi e strizza l’occhio verso la composita Murgia pugliese, memore di un passato non troppo lontano quando il suo territorio era parte integrante della Terra d’Otranto.

 

Ecco delineato un territorio subregionale, che in nessun modo può essere rinominato con diciture e definizioni, che si discostino eccessivamente dal suo meraviglioso paesaggio e dalla sua suggestiva storia.

 

In gergo socioeconomico, ha aleggiato nel passato recente di quest’area il toponimo industriale di “distretto del salotto”, per via dei numerosi insediamenti del mobile imbottito sorti sul limes provinciale, che divide Bari, Matera e Taranto e in parte riassorbiti dal fiume carsico delle attività improduttive, che tante incubazioni imprenditoriali ha visto transitare rapidamente alla fine del ventesimo secolo in questo territorio.

 

Ma il pianoro che da Masseria Jesce volge fino a Masseria Viglione, lungo la provinciale che collega Altamura e Laterza, ci racconta una storia completamente diversa. Da tempi lontani, infatti, si tramandano in zona i fasti legati a un crocevia millenario, strategico sia per il tracciato stradale coincidente con la via Appia Antica o Tarantina, sia per il percorso del regio tratturo Melfi-Castellaneta, naturale prosecuzione del Pescasseroli-Candela, che per secoli ha tenuto uniti, secondo i tempi della transumanza, Abruzzi e Puglie.

 

Il caso laertino è emblematico per le testimonianze archeologiche e demo-etno-antropologiche lasciate in maniera indelebile da entrambe le arterie. Mentre l’Appia Antica ha consegnato importanti testimonianze archeologiche nell’agro a nord dell’abitato comunale nei pressi di Masseria Viglione e Masseria Candile, vere e proprie stazioni di sosta per chi si spostava tra Roma e Brindisi, i tratturi e la transumanza hannosegnato l’economia laertina, lasciando in eredità fino ai giorni nostri il ruolo portante della zootecnia bovina e ovina, oltre ad aspetti di migrazioni connesse ai ritmi della transumanza.

 

Si pensi, è un caso di analisi di antroponimia, ad alcuni cognomi diffusi ancora oggi a Laterza, come D’Anversa o Dell’Aquila, che rimandano direttamente alla provenienza geografica dalle omonime località abruzzesi, cui la comunità laertina è stata per secoli connessa mediante i tratturi.

 

Un’identità storica imperitura che, in nessun modo, può essere offuscata da boom economici manifatturieri contingenti e che vede, a mò di esempio per l’intero territorio, le economie altamurana e laertina saldamente ancorate, in maniera perfettamente simbiotica, a pilastri millenari quali la cerealicoltura e la panificazione.

 

Seguendo il tracciato dell’Appia in direzione delle gravine dell’arco jonico, si rimane estasiati dalla feconda ricchezza artistica, celata in anfratti rupestri e affrescati con ammirabile maestria (in primis dai monaci basiliani) e raffiguranti iconografie di chiara ispirazione orientale, che rendono queste grotte site in irti scoscendimenti, delle splendide perle incastonate nella roccia carsica, erosa dalle acque torrentizie.

 

Risiede qui la ricchezza della Murgia poliedrica: colline rocciose che superano anche i cinquecento metri d’altezza, sulle quali nessuna coltura è riuscita a implementarsi, se non dopo gli sforzi e le fatiche di dissodamenti ancestrali, da parte di un laborioso popolo di formiche (riprendendo le parole fortunate dell’indimenticato Tommaso Fiore), che ha smosso questo contado pietra su pietra, alla ricerca di quei fazzoletti di terra rossa da coltivare alacremente, con sacrificio e rispetto per un paesaggio senza eguali.

 

Un’area tanto vasta e tanto varia, in cui è stata la vita rurale a scandire le tappe del progresso economico degli scorsi secoli. La cerealicoltura, i comparti caseari, oleari, vitivinicoli e zootecnici, sono tutti figli di questa terra apparentemente riarsa e improduttiva, ma che nei secoli ha saputo conservare, fin nelle profondità del suo sottosuolo, un patrimonio architettonico, paesaggistico e storico unico.

 

Le antiche masserie sparse nelle immense campagne a cavallo delle tre province, rappresentano una vivida testimonianza della vocazione primaria di quest’area; una miriade d’insediamenti agro-zootecnici, da secoli, operano in modo indefesso ma silenzioso, rendendo quest’entroterra un territorio sui generis, grazie alla multiforme produzione di filiere agroalimentari, che solo negli ultimi anni sono statevalorizzate, ma che in futuro potrebbero fungere ulteriormente da volàno di consapevolezza territoriale: in primis il pane, “denominatore di comune qualità” per le città di Altamura, Laterza, Matera e Santeramo o i derivati della filiera zootecnica (rivendita e somministrazione di carni e comparto caseario), che nell’area delle gravine rappresentano un formidabile vettore di reddito sia agricolo che per le attività commerciali che si occupano di ristorazione e trasformazione.

 

Pertanto anche i più distratti assertori del pensiero globale, dovrebbero sposare con convinzione l’agire locale declinato nel distretto rurale apulo-lucano, che al di là dei confini amministrativi, abbraccia il popolo murgiano. Radici comuni che affondano nella contiguità dei siti archeologici e delle strade millenarie che lo attraversano.

 

Una terra segnata in maniera osmotica tanto dall’andamento sinusoidale delle gravine e delle lame, quanto dalla nuova linfa che i circuiti ambientali-paesaggistici, enogastronomici e storico-culturali stanno apportando nel tessuto socio-economico locale.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]