N. 27 - Agosto 2007
Le
Mura Aureliane
Storia della cinta difensiva di Roma - Parte
I
di Antonio Montesanti
Breve nota storica
Il progetto delle mura venne deciso e attuato da Aureliano
nel 271/2 d. C., dopo che negli anni
precedenti orde di barbari erano giunti fino
in Italia, minacciando direttamente città
importanti come Aquileia. Per questo motivo
la cinta sarebbe dovuta essere imponente,
ergonomica e veloce nella costruzione, pur
non abbandonando i capisaldi dell’intera
città e recingendola totalmente. Il progetto
dell’opera fu unitario e alla morte
dell’imperatore era quasi completa. Il
perimetro, smisurato per quei tempi, era di
circa 19 Km, e benché l’opera dovesse essere
complessa e dispendiosa, per i motivi di cui
sopra, costituì uno dei obiettivi
irrinunciabili per i successori di
Aureliano. Proseguite da Tacito e Floriano
furono completate da Probo nel 279 d.C. (Zos.
I 49, 2.).
Caratteristiche progettuali
Il progetto originale, del tutto omogeneo anche per i
successori, rispettava interamente le
seguenti caratteristiche: il muro poggiava
su un basamento di fondazione in opera a
sacco, il perimetro era di 635 piedi ca. (19
Km ca.) – anche se la misurazione definitiva
è riportata con precisione da R. Lanciani in
18, 837 Km –, l’altezza di 26 piedi (7,80 m)
ed inoltre, ogni 100 piedi (29,60 m) era
situata una torre di tipo quadrato,
direttamente collegata al muro, fornita di
una camera superiore.
L’intera cerchia era fornita inoltre di un cammino di
ronda, la cui larghezza oscilla tra i 12 e i
14 piedi (3,50–4 m ca.), sul quale, oltre
per ragioni di funzionalità, erano disposte
le artiglierie leggere. Lo stesso
camminamento era evidenziato esternamente da
una leggera cornice in mattoni.
In totale la superficie muraria dell’intero tracciato si
calcola approssimativamente intorno ai
13.500.000 Km. Il tracciato è rimasto
sostanzialmente inalterato fino ad oggi,
soprattutto sulla riva sinistra del Tevere,
mentre grandi cambiamenti sono avvenuti nel
Trastevere.
Tipologia della costruzione e
breve analisi strutturale
Le mura Aureliane si basano
su una fondazione formata da due strutture
murarie parallele addossate ed interconnesse
l’una all'altra.
Si possono distinguere due
paramenti: il primo aurelianeo è formato da
una cortina di mattoni secondo la tipologia
strutturale degli edifici contemporanei con
i laterizi del III sec. d.C.; l'altezza
media di ogni laterizio è di circa 3,5 cm,
il colore è rosso chiaro e assumono diverse
forme, possono essere triangolari
trapezioidali ed irregolari. In alcuni casi
sono recuperi di scarico di vecchi depositi
o raramente di edifici demoliti; la cortina
è regolare con alternanza di mattoni e malta
biancastra e terrorosa (22,5 cm di media)
con piani irregolari: l’altezza del modulo
varia sensibilmente da 28 a 31 cm.
Il paramento massenziano è
formato da una serie di ricorsi di mattoni e
tufi (opera mista) per le murature continue,
mentre nelle parti strutturali (arcuazioni,
pilastri, sottarchi, finestre e porte) sono
in cortina laterizia.
Il camminamento in ambedue i
periodi, aurelianeo e massenziano, è quasi
sempre scoperto, il parapetto dello stesso è
alto circa un metro, la parte superiore è
formata da due tipi di merlatura: la prima è
più rada, i merli hanno un'altezza media di
60 cm, una larghezza di 45 cm e una distanza
di 3 m, da centro a centro; il secondo tipo
di muratura presenta dei merli alti 90 cm e
larghi 75 cm, mentre la distanza varia tra
75 cm di minima e un metro e mezzo di
massima; c'è inoltre da sottolineare il
fatto che la seconda merlatura presenta una
muratura listata, mentre il camminamento è
coperto dove l'altezza doveva essere
maggiore per la difesa superando anche la
quota di 10 m. Il camminamento coperto,
attribuibile forse ai restauri onoriani,
presenta una grande galleria interna con un
corridoio di ronda superiore scoperto. Il
cammino di ronda (e le torri) sono segnati
esternamente da una sottile cornice di
mattoni a marcapiano. Lo stesso cammino
verrà esteso in epoca massenziana a tutto
circuito delle mura.
Le torri
La presenza delle torri viene
misurata ogni 29,60 m che corrispondono a
100 piedi romani. Nel progetto originario
vengono costruite torri quadrate sporgenti
delle mura di 12 piedi romani (circa 3,55
m). Le torri sono munite anche di sei
finestre: due frontali e due laterali sotto
Aureliano e Massenzio, mentre tre frontali
più due laterali (sette) sotto Onorio; in
questa seconda fase sono 5 metri più alte
del camminamento e si distinguono da quelle
di prima fase. Infatti le torri aureliano–massenzianee
sono composte da due piani di cui un
terrazzo scoperto con parapetto orlato; le
onoriane invece, hanno due camere
sovrapposte quindi sopraelevate di un piano,
sono coperte da una cupola a base ottagona e
il tetto a quattro falde; lo stesso tetto
venne impermeabilizzato con cocciopesto.
Anche per quanto riguarda la
tipologia del raggiungimento di piani
interni alle torri presenta due tipi di
scale: la prima fase presenta delle scale
centrali rispetto all’asse delle torri
mentre nella seconda fase (onoriana)
poggiano su un lato interno della torre
seguendo l'andamento delle pareti esterne.
Molte torri a protezione
delle porte poggiano su dei sepolcri,
monumenti o edifici già esistenti lungo le
vie consolari: è il caso della porte
Flaminia, Salaria, Nomentana, Tiburtina e la
posterula Ardeatina. Le porte sono formate
da blocchi di travertino (Ostiense, Pinciana,
Tiburtina) mentre per quanto riguarda le
porte maggiori queste presentano
rivestimenti in marmo (Appia, Latina).
Alcune porte sono state sostituite nel tempo
totalmente, come la Flaminia la Nomentana e
l'Aurelia, altre hanno subito cambiamenti
solamente del nome: l’Appia si è tramutata
in Porta San Sebastiano, l'Ostiense in Porta
San Paolo e l'Aurelia in Porta San
Pancrazio.
Le stesse porte sono
differenti a seconda del periodo di
progettazione e di edificazione. Sotto
Aureliano abbiamo una Porta di accesso a
doppio fornice per i due sensi di marcia e
normalmente la struttura è in travertino (Ostiense,
Pinciana, Tiburtina). Sotto Onorio, le porte
vengono ricondotte ad un solo fornice verso
l'esterno mentre persiste il doppio fornice
verso l'interno che ha la funzione di contro
porta. Le porte meno importanti vengono
aperte senza protezione di torri nel tratto
rettilineo tra torre e torre e normalmente
non utilizzavano pietre nobili ma erano in
mattoni almeno nel paramento (Porta Metronia,
Asinaria, Pinciana).
La tipologia base di queste
porte minori o posterule era così composta:
un'unica apertura coperta a piatta banda di
mattoni ed arco di scarico, alcune porte
minori presentavano stipiti in travertino
che fungevano da piattabanda; le stesse
porte minori si aprivano solitamente nelle
rientranze delle mura come difesa naturale e
nella maggior parte dei casi esse erano
difese da almeno una torre anche se la
maggior parte di esse è difesa da due.
All’interno della struttura base del progetto aurelianeo è
necessario osservare alcuni elementi di
particolare interesse per gli studiosi: la
presenza di elementi tondeggianti sporgenti
sopra le porte Appia e Pinciana.
Due sono le ipotesi che vanno per la maggiore per la loro
funzione: la prima è quella che vede questi
elementi tondeggianti e sporgenti come
simboli fallici posti a protezione
dell'ingresso; la seconda che sembra più
scientifica e plausibile, è quella di
considerare questi elementi sporgenti come
resti di lavorazione del cantiere che
servivano a facilitare il lavoro di
inserimento dei blocchidi rivestimento in
marmo o travertino.
All'interno della muratura o scolpite sulle chiavi degli
archi delle porte sono da considerare
soprattutto per le fasi di costruzione: le
croci. Queste si distinguono tra greche e
latine e normalmente vengono considerate
come simboli onoriani o della vittoria del
cristianesimo sul paganesimo, oltre a quelle
in mattoni all'interno della muratura si
devono calcolare e considerare inseriti e
osservare quelle che si trovano sulle chiavi
degli archi delle porte Pinciana, Appia,
Latina, Ostiense.
Restauri ed interventi notevoli in età
tardoantica – bizantina
1)
310 d.C. Massenzio (Chronographicum
a. 354.): il primo intervento di restauro, o
fortificazione, venne effettuato
dall’imperatore in un periodo compreso tra
il 306 ed il 312 d.C., anche se non tutti
gli autori sono concordi riguardo questo
intervento. La conferma della notizia del
Cronografo del 354 sembra essere appoggiata
dal Coarelli che si oppone alle ipotesi del
Richmond secondo cui non vi sarebbe traccia
delle murature del 310. Da ultimo il Cozza
sembra aver dimostrato nei suoi studi
evidenti tracce che smentirebbero il
Richmond.
2) 402-403
d.C. Arcadio e Onorio (Claudianus, De
sexto consulatu Honorii Augusti, I, 230,
“audito rumore Getarum”): rinforzate
sotto la supervisione (o consiglio) di
Stilicone, il rafforzamento è ricordato da
iscrizioni che si trovavano sulle porte:
Tiburtina, Prenestina e Portuense, di cui è
rimasta solo quella apposta sulla prima
porta:
«Essendo prefetto della città Flavio Macrobio Conginiano,
su suggerimento del maestro della milizia
Flavio Stilicone, il Senato e il Popolo
Romano restaurarono nella Città Eterna le
mura, le porte, le torri “egestis
immensis ruderibus”».
Il “restauro” inteso come aumento
dell’efficienza difensiva, comprese le
seguenti opere: il raddoppiamento
dell’altezza del muro e delle torri (da 26 a
52 piedi = da 7,70 a 15,40 m ca.), in questo
modo si ebbe le definizione delle porte che
ottennero una forma definitiva (architettura
paleocristiana) con accorgimenti come la
dotazione di controporte e la costruzione di
un nuovo cammino di ronda che coprì ma non
obliterò il precedente (Claudianus, De
sexto consulatu Honorii Augusti, vv.
529-536; 530-535)
3)
440 d.C. Teodosio II e Valentiniano III: un
restauro minore delle torri e delle porte,
sembra che fu necessario da parte di questi
imperatori dopo il sacco di Alarico (410 d.C.).
4)
535 d.C.: Restauro avvenuto dopo i diversi
sacchi di Roma fino alla permanenza di
Belisario. Ciò è possibile dedurlo dal fatto
che l’intera cerchia fu perfettamente in
grado di sostenere l’assedio di Vitige
allorché il generale di Giustiniano difese
la città (537/8 d.C.).
|
729-737 ca.
Gregorio II (715-731)
Gregorio III (731-741) |
Con la cessione di Sutri (728) si
stabilisce il potere temporale del
papa. |
Per G.B. Giovenale il restauro delle
mura sarebbe evidente dai restauri
apportati alle porte Tiburtina e
Prenestina. |
II
|
772
Adriano I (772-795), termina il
restauro di Gregorio III |
Nel 755 l’assedio di Astolfo aveva
seriamente danneggiato le mura |
Fu
il più grande restauro del periodo
altomedievale tanto che le mura
vennero definite “adrianee” per le
restituzioni apportate dal
pontefice. Secondo G.B. Giovenale il
papa avrebbe ricostruito le porte.
Salaria, Ostiense e Portuense. |
III
|
847-853
Leone IV |
Trasformazione definitiva del
Mausoleo di Adriano in roccaforte e
susseguente inserimento nelle mura,
sempre in questo periodo si deve la
costruzione delle mura leonine
intorno alla basilica di S. Pietro. |
IV
|
1157
Roma Comune |
Nel 1363 verranno creati i curatori
della manutenzione urbana:
Magistri aedificiorum et stratarum |
Restauro con lapide su Porta
Metronia.
|
|
1425 ca.
Niccolò V Parentuccelli |
Prosegue la politica urbana di
Martino V con il ripristino dei
magistri viarum. |
Programma niccolino doveva:
recuperare le strutture pubbliche;
riproggettare la città. |
Il
papa “umanista” inizia un
rinnovamento della città secondo un
manifesto ideologico – politico nei
confronti di Roma: in cima alla
lista degli interventi si trova la
riattivazione delle mura urbane. Il
rinnovo della cinta fu necessario
poiché le mura non subivano restauri
sostanziali ed omogenei dall’epoca
di Belisario; il programma prevedeva
infatti un rinnovamento dell’intero
perimetro con particolare attenzione
al tratto ad E della Porta S. Paolo
dovuta alla presa di Costantinopoli
da parte dei turchi il 29 maggio
1453.I lavori furono diretti da L.
B. Alberti, il geniale architetto
che diresse i lavori visto che la
sua presenza a Roma è attestata tra
il 1431 ed il 1434, che applicò i
seguenti criteri (pratici e
teorici): 1) si attiene ad una
rigorosa metodologia del restauro;
2) rispetta l’architettura
preesistente riconfermando l’antica
cinta sia da un punto di vista
formale che strutturale; 3)
modifica, presso Porta S. Paolo le
torri secondo le nuove tecniche
fortificatorie ponendo dei
contrafforti a base triangolare con
un angolo rivolto al nemico; 4)
introduce il criterio del muro
fortificato, apponendo ad esso una
scarpata e cordonandolo. I vari
interventi sono denunciati dagli
stemmi papali. Il Bastione del S.
Angelo viene finalmente considerato
come vera caput del sistema
difensivo Niccolino. |
VI
|
Alessandro VI |
Ricostruisce la Porta Settimiana che
prima era una posterula fortificata:
alle parti lapidee della cornice
della Porta e dei beccatelli si
affiancavano i paramenti in cortina
o ad intonaco. |
VII
|
1442
Paolo III Farnese |
Situazione: Turris… multae
coolapsae … atque multae vetustae
corrosae. |
Incarica Antonio Da Sangallo il
Giovane per il restauro dell’intero
circuito, i cui precedenti erano
stati ammirati nelle città di
Ancona, Firenze, Piacenza e
soprattutto Civitavecchia (1515) |
Il
progetto di A. Da Sangallo viene
realizzato solo nel tratto: Porta
Ardeatina – Porta S. Paolo;
sull’Aventino (Colonnella), ma non
viene portato a termine per i costi.
Nei pressi della posterula Ardeatina
viene costruito il “Bastione
Antoniniano” o “Baluardo Grande” sul
quale viene apposto il grande stemma
papale scolpito tra il 1439 e il
1440 da Lorenzo Fiorentino. Il
“Bastione” verrà interessato da
restauri, pur appartenendo di fatto
a privati nel 1926, 1954, 1967,
1972. |
VIII
|
(sec. XVIII)
Benedetto XIV |
Nel 1512 Giulio II aveva istituito i
Curatores Moenium |
Nel 1655 era avvenuta la
riedificazione della città, i nomi
delle porte vengono mutati con i
nomi delle basiliche corrispondenti. |
I
lavori di riattamento vengono fatti
soprattutto nel tratto: Porta S.
Paolo – Porta S. Sebastiano: “…
pezzi del muro di fodere, rialzature
dei torrioni, muro fatto a scarpa,
stuccature a cortina”. Inoltre
vengono interessati dagli stessi
lavori il Castro Pretorio e la Porta
del Popolo verso il Muro Torto. |
IX |
1642-1644 Urbano VIII |
Costruzione delle mura del
Trastevere, rifacimento Porta Appia. |
X
|
1703
Clemente XI |
Ai
Curatores si richiede di
restaurare quelle parti più
pericolanti dove maggiore era il
bisogno. |
Il
tratto delle mura interessato e
quindi più bisognoso è quello tra
Porta S. Paolo e Porta S. Lorenzo |
XI
|
Fine 1700-inizi 1800
Pio VII |
Progetta un restauro novennale, che
riguardasse l’intera cerchia del
costo di 5884 scudi. |
G.
Valadier, attivo a Roma viene
chiamato per il restauro, con i
seguenti intenti: dare decoro,
restituire l’immagine della
costruzione antica. Con questo
progetto per la prima volta nella
storia si perde la funzione
difensiva delle mura. Viene iniziato
il restauro delle mura vere e
proprie con il risanamento del
tratto tra la Porta del Popolo ed il
Pincio, ma dopo questo grande
restauro il progetto viene
abbandonato forse per la
privatizzazione delle aree murarie.
Nell'ambito dei lavori eseguiti per
una nuova simmetrizzazione di Piazza
del Popolo, il restauro di Ponte
Milvio e del Pincio, si inseriscono
gli interventi valadieriani alle
storiche costruzioni del Muro Torto
come sostegno dei terrazzamenti
superiori del Pincio: il muro romano
viene restaurato con una serie di
speroni raccordati da archeggiature
di sostegno, eseguiti con un
materiale visibilmente diverso
dall'antico secondo lavori sono
documentati presso l'Archivio di
Stato da un disegno acquerellato
autografo del Valadier (ora
disperso), datato al 1828. |
Indice delle relazioni e delle
relazioni sullo stato delle mura nel
periodo neoclassico |
1720 |
–
Descrizione dello stato delle mura
dall’Archivio di Stato di Roma
(Agostino Cerruti e Sebastiano
Cipriani) |
1806 |
–
Relazione del Valadier incaricato di
revisionare l’intero circuito |
1808 |
–
Relazione del Valadier con visita
accurata delle mura tra Porta
Flaminia e Porta Ostiense |
1869 |
–
Relazione di Vespignani sullo stato
prima degli interventi |
XII
|
PioIX |
Nei confronti delle mura aureliane i
maggiori episodi si concentrano
intorno a Porta Maggiore e poi con
Virgilio Vespignani a Porta San
Pancrazio, Porta Salaria e Porta
Pia.
Spetta ad Gregorio XVI, nel 1838, la
decisione di intraprendere un
radicale restauro della Porta
Prenestina – Labicana, poi Maggiore.
Richiedevano tali decisioni ragioni
di stabilità, in quanto quel tratto
risultava aperta la sola Porta
Prenestina.
Accanto alla sistemazione delle
parti architettoniche deperite o
cadute, il restauro è caratterizzato
dalla rimozione di tutte le numerose
superfetazioni che in epoca
medievale avevano completamente
alterato l'aspetto primitivo della
costruzione. Si inizia con la
demolizione delle torri laterali e
con il conseguente ritrovamento ed
isolamento del sepolcro di Eurisace.
I due fornici della Mostra sono
lasciati aperti, ma ristretti con
diaframmi merlati. Isolato e
restituito al suo aspetto
originario, il monumento diventa
parte essenziale della piazza
antistante, che viene creata e
sistemata. Ai lati della Porta
vengono alzati due edifici di forma
templare, adibiti a servizi di
guardia e controllo daziario. E
riproposta a una relazione la cui
origine e da ricercarsi nella
sistemazione di Piazza del Popolo
del Valadier; il monumento antico è
il fondale scenico della piazza ed i
due edifici falso-antichi ne
costituiscono le quinte.
|
XIII
|
1956 Comune di Roma |
Durante l'inverno 1962-1963
particolarmente rigide furono le
gelate e abbondanti le nevicate.
Quest’evento spinse
l'Amministrazione Comunale a
prendere immediati provvedimenti e a
stanziare ingenti somme di denaro
per il restauro delle mura
Aureliane. S'utilizzarono per questo
motivo lo studio del Richmond e
soprattutto quello delle fasi
aureliane – massenziane – onoriane.
L'inizio dei lavori si ebbe tra i
primi mesi del 1965 per terminare
nell'ottobre del 1966. Il gelo aveva
provocato grandi disgregazioni
superficiali nei camminamenti e
sulla massa muraria. I tratti
interessati dal restauro furono
quelli di: P.za V. Bottego, L.go
Chiarini, Via Cristoforo Colombo,
Porta San Sebastiano, Porta Latina,
Porta Metronia, Viale di Porta
Labicana e Porta Pinciana.
Il
restauro esposto da Romeo presenta
un vocabolario tecnico ben fornito e
spiega puntigliosamente i passaggi
dell’intero restauro di tipo
conservativo che ha teso a riparare
i danni e a preservare per il futuro
le creste dei muri ed il
camminamenti che si dimostrarono
essere le parti più colpite. Con
opportune fotografie sono stati
eseguiti una serie di confronti
"ante" e "post operam". Ogni singolo
intervento di restauro segue i
seguenti criteri e la seguente
scala: I) analisi storico -
archeologica, II) analisi dei danni
e dello stato di conservazione, III)
tipo di restauro applicato.
Il
restauro è stato eseguito secondo i
precedenti interventi ricostruiti
rispettando in toto le
strutture antiche ma con un evidente
distaccamento dal restauro attivo,
per esempio delle nuove cortine ed
una distinzione delle nuove opere di
ristrutturazione.
Sono state fondamentali per l'opera
di restauro le testimonianze
architettoniche originali,
mentre l’intento primario non è
voluto essere una ricostruzione
delle mura "com'erano" ma si è
voluto rallentare il lento processo
di disgregazione per proteggerle nel
e dal tempo.
La
difficoltà principale che si è
incontrata è stata nel fatto che le
mura e i danni non erano omogenei e
prima si è dovuto renderle stabili
(ed omogenee) e poi è stato
possibile attuare
l’impermeabilizzazione.
L'intervento non è stato
un'imitazione dell'antico: i
pannelli in cortina di mattoni
sabbiati sono stati arretrati di due
o tre centimetri, rispetto quelli
originari, inoltre i mattoni
utilizzati furono di colori diversi
e piccole targhe in travertino con
la scritta SPQR sono state applicate
in questi punti. |
XIV
|
1998-2000
Comune di Roma, Lavori per il
Giubileo |
Vengono interessate solo le porte
delle Mura con particolare riguardo
alle più importanti, i camminamenti
e le torri sono esclusi dal progetto
se non alcuni tratti piccolissimi
individuabili principalmente nella
tratta Sud: Porta Asinaria –Tevere. |
|