[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

170 / FEBBRAIO 2022 (CCI)


contemporanea

MUNICH E IL TERRORISMO INTERNAZIONALE

IDEOLOGIE E LOTTA ARMATA NEL FILM DI STEVEN SPIELBERG

di Alessio Guglielmini

 

Munich, film del 2005, è qualcosa di più del racconto delle azioni del Mossad che seguono all’attentato di Settembre Nero alle Olimpiadi di Monaco del 1972 e che sono passate alla storia come operazione Ira di Dio. La regia di Steven Spielberg e la sceneggiatura, curata da Tony Kushner ed Eric Roth sulla base del libro Vendetta di George Jonas, sfiorano, quando non evidenziano, gli intrecci traspionaggio, reti di informazione e i movimenti ideologizzati che fanno uso del terrorismo e della lotta armata per amplificare i moventi della loro causa.

 

Una scena riassuntiva di questo intrigo si verifica circa a metà film, in una presunta “casa sicura” di Atene. Qui Avner (Eric Bana), il capo squadra del Mossad, e i suoi vengono sorpresi dall’ingresso di nuovi inquilini che si professano dell’OLP.

 

La situazione è tesa: le pistole di chi occupa la casa sono puntate contro chi pretende di occuparla, e viceversa. Per calmare gli animi, Avner e compagni si dichiarano esponenti di organizzazioni radicalizzate e di movimenti di liberazione nazionale. È Robert (Mathieu Kassovitz) a illustrare rapidamente le appartenenze: lui milita nell’ETA, Avner, Carl (Ciarán Hinds) e Hans (Hanns Zischler) sono della Rote Armee Fraktion; Steve (Daniel Craig) è invece dell’ANC sudafricano. Dopo la scampata sparatoria si ritrovano tutti, membri dell’OLP e operativi del Mossad dietro mentite spoglie, a fraternizzare idealmente sotto la bandiera della lotta antimperialista.

 

In un successivo dialogo tra Ali (Omar Metwally) e Avner emergono tuttavia alcune differenze. Ali, combattente per la liberazione della Palestina, cita anche l’IRA, insistendo sull’importanza di quella patria che di fatto manca ai militanti dell’OLP.

 

Proprio il concetto di “patria” è simmetrico alle campagne di ETA e IRA che condividono intenti paralleli su base territoriale: quelli dell’indipendenza, dell’auto-determinazione e del separatismo da governi giudicati soffocanti e coercitivi. Sfugge a questa immediata classificazione, al di là delle affinità di pensiero e azione, la linea della Rote Armee Fraktion, la più citata dalla pellicola di Spielberg.

 

Il primo riferimento alla RAF avviene a Francoforte. Avner, che ha appena conosciuto gli altri componenti della sua unità, si reca dall’amico Andreas (Moritz Bleibtreu) e dalla sua ragazza Yvonne. Le pareti della loro casa, su cui la regia di Spielberg indugia miratamente, restituiscono, tra gli altri, la classica insegna della RAF con stella e mitra e un ritratto di Lenin.

 

Mentre Yvonne declama Marcuse, Avner le chiede se appartenga, per l’appunto, alla Baader-Meinhof o Rote Armee Fraktion. È chiaro che Andreas richiama il nome di Andreas Baader, leader dell’organizzazione con Gudrun Ensslin e Ulrike Meinhof. Per la cronaca, Bleibtreu interpreterà il ruolo di Baader nel film La banda Baader Meinhof (2008) di Uli Edel, ispirato all’indagine del giornalista Stefan Aust.

 

Il libro di Aust, Rote Armee Fraktion. Il caso Baader-Meinhof, aiuta a ricostruire ciò che realizza la RAF in quel 1972 da cui prendono avvio le vicende di Munich. In particolare, è interessante il riferimento che la trama di Spielberg riserva a Francoforte, città in cui la banda è molto attiva tra il 1971 e il 1972.

 

Holger Meins e Jan-Carl Raspe cooptano qui Dierk Hoff, scultore del metallo, per preparare dispositivi utili a quegli attacchi dinamitardi che rappresentano il culmine delle azioni terroristiche della RAF nel maggio del 1972. Baader e compagni stabiliscono il loro covo nella Inheidener Strasse e il giorno 11 iniziano la loro serie di assalti, colpendo il circolo ufficiali del V Corpo d’armata statunitense nella IG-Farben-Haus, proprio a Francoforte.

 

Il 1° giugno 1972, dopo tre settimane di esplosioni e vittime, Raspe, Baader e Meins vengono braccati in città, nello Hofeckweg. Raspe viene fermato quasi subito, Baader e Meins cedono dopo un assedio al garage in cui si sono barricati. Il 7 giugno tocca alla Ensslin ad Amburgo mentre la Meinhof viene assicurata alla giustizia il successivo 15 giugno, nei pressi di Hannover.

 

L’altro elemento di contiguità tra la Rote Armee Fraktion e il film di Spielberg è nella vicinanza della brigata tedesca agli schieramenti palestinesi. Sempre Aust ripercorre un periodo di formazione nel 1970 di alcuni esponenti della banda in un centro di al-Fatah in Giordania, dove Baader e i suoi s’imbattono, non senza attriti, in quel Ali Hassan Salameh che è obiettivo primario della missione Ira di Dio. La disciplina del campo stona con l’approccio hippy di certi membri della Baader-Meinhof, poco inclini a adattarsi allo stile di vita spartano dei militanti arabi.

 

Ma dopo due anni di scorribande, la distanza tra la RAF dei primordi e i quadri di Ali Hassan Salameh sembra essersi accorciata, complice la reazione favorevole della Meinhof all’azione effettuata da Settembre Nero in quel drammatico 5 settembre 1972 da cui parte la storia di Munich. La Meinhof, dal carcere di Colonia-Ossendorf, saluta l’attacco contro gli atleti israeliani con un pamphlet ideologico: L’azione di Settembre Nero a Monaco di Baviera. Per una strategia della lotta antimperialista.

 

Per ciò che riguarda ETA, nella prima metà degli anni ‘70, notiamo un graduale inasprirsi dei sequestri che si ricollegano alle rivendicazioni operaie, ma l’apice dell’attività sovversiva viene raggiunto il 20 dicembre del 1973, con l’assassinio di Luis Carrero Blanco, possibile erede di Franco.

 

La propaganda internazionalista e l’approccio della guerra rivoluzionaria sicuramente accomunano le frange di ETA e RAF. Più complessa risulta invece la matrice identificativa dell’IRA. Indubbiamente il 1972 è un anno caldissimo nell’Irlanda del Nord, il più nero dei Troubles, con 1.200 azioni dell’IRA solo nel mese di maggio, in risposta alla tragica Bloody Sunday di Derry del 30 gennaio precedente. Sono del resto i momenti focali in cui la lotta armata diventa il marchio di fabbrica dell’IRA, sempre più legata alle strategie della PIRA (Provisional Irish Republican Army), la fazione che nel 1969 si stacca dagli “Officials” dell’IRA o IRA ufficiale.

 

L’IRA pre-Provisional negli anni ‘60, sotto la guida di Cathal Goulding, conosce un’importante “stagione rossa”, ricevendo assistenza e fondi da Unione Sovietica e DDR. È proprio questa apertura al comunismo e ai territori standard della battaglia politica ad accelerare la separazione dei “Provisionals”, intenzionati a mantenere in cima all’agenda le manovre militari. Per non parlare dell’imbarazzo suscitato dalla linea marxista presso la irriducibile componente cattolica dei fedelissimi della tradizione repubblicana irlandese.

 

Quanto alla realtà di Ira di Dio, quasi superfluo attribuire piena attendibilità alla stesura di Munich. Se è indiscutibile che nel 1972 si crea una taskforce per portare in Europa la rappresaglia israeliana dopo i fatti di Monaco, secondo le ricostruzioni di Michael Bar-Zohar e Nissim Mishal sono diverse le unità coinvolte. Ogni divisione dispone di sottogruppi. Alcune sezioni identificano i bersagli, laddove altri operativi si occupano della logistica. Il commando di norma arriva solo all’ultimo momento, per premere il grilletto o piazzare la bomba. Tutto quello che in Munich viene eseguito da appena cinque uomini è gestito da vari reparti coordinati tra loro. Ciò non toglie che Munich descriva, piuttosto accuratamente, alcune di quelle missioni.

 

L’esordio di Ira di Dioè effettivamente a Roma, per eliminare Wael Zwaiter,uno stimato traduttore dall’arabo, benché più giovane dell’uomo assassinato nel film. Anche il secondo colpo della campagna evidenzia notevoli analogie: Mahmoud Hamshari, rappresentante dell’OLP a Parigi, muore in seguito alle ferite riportate dopo l’esplosione del suo telefono e dopo essere stato avvicinato da un finto giornalista. La vicenda della bomba all’Hotel Olympia di Nicosia per colpire Hussein Abd el Hir ritrova punti di contatto nella cronaca di Bar-Zohar e Mishal, incluso il riferimento a una coppia di sposi israeliani a cui Spielberg dedica più di un fraseggio.

 

La missione più ambiziosa, il 9 aprile del 1973 a Beirut, per colpire Abu Yussef, comandante di Settembre Nero, e altre figure chiave dell’organizzazione, vede il coinvolgimento dell’esercito israeliano, agghindato con parrucche da hippy o da donna, come nel film, per sviare le ronde di sorveglianza.

 

Al di là delle differenze “logistiche”, rimane la profondità di un film capace, non solo, di ricostruire il dramma di quegli avvenimenti, ma pure di contestualizzarli nell’intricata varietà di rapporti intercorsi tra i gruppi del terrorismo internazionale e gli ambienti dell’intelligence. Un territorio ambiguo di ideologie, obiettivi strategici e azioni armate difficilmente districabile perfino dal più attento degli osservatori.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

S. Aust, Rote Armee Fraktion. Il caso Baader-Meinhof, il Saggiatore, Milano 2009.

E. Moloney, La storia segreta dell’IRA, Baldini e Castoldi Dalai editore, Milano 2005.

A. Botti, La questione basca, Mondadori, Milano 2003.

M. Bar-Zohar, N. Mishal, Mossad-Le più grandi missioni del servizio segreto israeliano, Feltrinelli, Milano 2014.

G. Jonas, Vendetta. La storia vera di una missione dell’antiterrorismo israeliano, Rizzoli, Milano 1985. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]