N. 27 - Agosto 2007
MULTICULTURALISMO
Integrazione e scontri
di
Leila Tavi
Gli scontri delle
banlieu parigine tra polizia e ragazzi del
Maghreb, figli di immigrati, hanno avuto eco
nella stampa francese ed estera nel 2006 ma, come
abbiamo detto in precedenti articoli pubblicati su
InStoria, il fenomeno non è circoscritto alla
sola Francia e coinvolge più paesi europei come
Austria, Germania, Gran Bretagna e addirittura
Svizzera.
Gli scontri sono tra
bande di giovani e forze dell’ordine, tra immigrati
e giovani del luogo, tra diversi gruppi etnici.
In Gran Bretagna
nel novembre 2005 alla periferia nord di
Birminghan, nei quartieri di Lozells e
Handworths, ci sono stati violenti scontri
etnici tra la comunità afro-caraibica e quella
pakistana, che si sono protratti per due giorni
ininterrottamente, causando la morte di due persone
e il ferimento di 35, più di 50 edifici danneggiati
e un numero imprecisato di automobili in fiamme.
Negli stessi quartieri
si erano verificati nel 1985 scontri razziali tra la
comunità caraibica e quella inglese.
Nel caso di comunità
islamiche è la stessa scuola luogo di scontro tra
giovani: le ragazze di religione musulmana
desiderano farsi esonerare dalle lezioni di
educazione fisica; poi ci sono le polemiche intorno
all’hijab, in un paese che afferma i valori
della laicità come la Francia e le polemiche
per i crocifissi nelle classi in Italia, dove
l’obbligatorietà dell’ora di religione cattolica è
stata abolita solo nel 1987.
Perfino nella
Svizzera tedesca gli scontri tra gruppi di figli
di immigrati e ragazzi svizzeri è all’ordine del
giorno; nel solo cantone di San Gallo si
verificano ogni fine settimana per le strade e nei
locali notturni decine di risse e aggressioni da
parte di bande vicendevolmente a stranieri o
svizzeri, che sono brutalmente picchiati solo per i
loro tratti somatici o il colore dei loro capelli.
I recenti scontri di
Roma a piazza Vittorio tra polizia municipale
e la comunità di Cinesi, quelli di Milano tra
la comunità Rom e immigrati romeni; il muro per
blindarsi dagli stranieri a Fontanafredda, in
provincia di Pordenone, e ancora la notte di
battaglia nella metropolitana parigina della
Gare du Nord alla fine di marzo tra la
polizia e i ragazzi di origine africana, che
popolano le periferie-ghetto della capitale.
E’ difficile istaurare
un clima di serenità ed effettuare delle efficaci
politiche di integrazione con questi presupposti.
La violenza e le faide
sono cruente come nei tempi oscuri della nostra
storia, quando non esisteva uno Stato di diritto a
regolamentare i rapporti sociali; spesso teatro di
tali scontri sono le periferie, dove il tasso di
scolarità è basso, mentre quello della
disoccupazione è sempre in crescita.
Non che da parte dei
governi nazionali e dell’EU non siano finanziati
progetti d’integrazione, anzi ne esistono svariati a
livello locale, nazionale e comunitario; quello che
manca veramente è un riscontro, uno studio che sia
in grado di stabilire cosa ha funzionato e cosa no
all’interno di quel marasma di progetti che seguono
il loro corso senza un monitoraggio.
Gunn Bjørnsen è
ricercatrice di antropologia all'Università di Volda,
in Svezia e studia il fenomeno del multiculturalismo
in Europa; attualmente si trova a Roma per svolgere
un progetto di ricerca su come la stampa italiana
presenta all’opinione pubblica le tematiche legate
al multiculturalismo e all’integrazione sociale.
Gunn, why did you choose Italy for your research?
Italy chose me. The topic of my research on how the
newsrooms handle multicultural issues is mainly
situated in Norway. I use the opportunity staying in
Rome to get a broader view on multiculturalism, seen
from Italy. It is always useful and fruitful to try
to see a phenomenom with new "glasses".
Do
you think that immigrants here are good integrated?
Historically Italy is more a country of emigration
than immigration. My impression is that Italy is
still a quite young country when it comes to
immigration, and that the majority of the
inhabitants with minority background is first
generation. Based on my general impression this far
I would say that the level of integration seems
quite low.
This must of course also be understood in the light
of the big number of illegal immigrants and that, as
far as I have managed to understand, integration and
immigration challenges are not a top priority on the
political agenda. It is also important to be aware
of all the nuances - probably a lot are well
integrated, and this must be expected to vary both
with time lived in Italy, nation of origin etc. I
also see integration as a two way process, the
process of integration also demands a change of mind
among the majority population.
Which are the differences between your country,
Norway, and Italy?
I have the impression that two main differences
exist:
- the idea of integration as assimilation seem to be
more present in Italy than in Norway, where
acknowledging cultural differences is a high
priority;
- the second difference is that integration and
multicultural issues and challenges are higher on
the political agenda in Norway than in Italy.
Are
ethnic riots also a problem in Norway like in
Austria, France, German, Great Britain and
Switzerland?
No, but that doesn't mean that we don't have similar
forms of challenges.
Do
you think it will become a problem for Italy, too?
Why?
It is hard to foresee the future, but I think that
this depends a lot on how Italian authorities
handles and give priority to the challenges in a
both short and long time perspective.
How
Italian newspapers present the problems related to a
multicultural society?
It seems to me that the Italian press in general
does not pay a lot of attention to how multicultural
society is covered and these challenges are handled
in the news rooms. For instance is my impression
that the awareness of the importance of recruiting
journalists with multicultural background as they
represent a different competence is not a question
that seems relevant in Italian newsrooms at the
moment.
Have you noticed prejudices or lack in objectivity
when it comes to multiculturalism in Italian
newspapers?
No... - but I assume Italian editors and journalists
are no exception when it comes to reproducing
stereotype attitudes in the media. A number of
research projects of media content documents show
this general tendency. The idea of objectivity is /
should be replaced with "balance" in the coverage. |