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> Storia e ambiente

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N. 25 - Giugno 2007

Il movimento ecologista

Conservazionismo, ecologia politica e ambientalismo

di Stefano De Luca

 

Le emergenti rivendicazione sul tema dell’ambiente sono state viste come effetto del benessere, possibili solo quando i problemi materiali di sopravvivenza sono stati superati. In Italia come vedremo questo superamento di tematiche materialistiche avverrà all’inizio degli anni Ottanta, grazie ad un livello di benessere economico maggiore rispetto agli anni precedenti.

 

 Le prime associazioni ambientaliste in Italia, l’Associazione Nazionale per i Paesaggi e Monumenti Pittoreschi d’Italia, Touring Club, la Lega Nazionale per la Protezione degli animali o l’Associazione Pro Montibus et Silvis, nascono all’inizio del secolo e miravano soprattutto alla tutela paesaggistica e naturalistica del paese, tematiche che rimanevano completamente al di fuori del sistema politico. I loro promotori appartenevano quasi esclusivamente alle èlites intellettuali e scientifiche.

 

Negli anni Cinquanta, dopo la ricostruzione bellica e i processi di urbanizzazione e di sviluppo del turismo di massa, si è cominciato a considerare i danni emergenti al patrimonio artistico e naturale in modo più attento. Ma le associazioni che nascono in quel periodo, come Italia Nostra (fondata nel 1955) o la Fondazione Pro Natura (fondata nel 1959), rimangono ancora associazione d’elites.

 

I temi ambientali infatti, in un periodo di ripresa economica con obbiettivi di sviluppo materiale, risultavano alquanto impopolari. In questa fase non è ancora possibile parlare di un movimento ecologista. Infatti le poche associazioni impegnate in questo campo si trovano a fronteggiare una situazione che presenta un potenziale di mobilità molto basso; manca un orientamento culturale favorevole alla difesa dell’ambiente nelle masse, da cui le stesse organizzazioni possono trarre consenso e risorse.

 

La presenza di una diffusa conflittualità di classe non favorisce lo sviluppo di conflitti trasversali come quelli ambientali. L’interesse della pubblica opinione è inoltre orientato verso valori di tipo materialistico, come la preoccupazione per la crisi economica e per l’ordine pubblico.

 

Il quadro cambia a partire dal ’68, periodo in cui si formano i primi nuclei dell’ecologia politica, come Geologia Democratica  e Medicina Democratica che, composte da scienziati e avanguardie di fabbrica, danno un’impronta sociale al problema ambientale e non più soltanto in termini naturalistici o paesaggistici. Questi nuclei ecologisti assolvano anche ad una funzione politica, cioè si preoccupano di articolare e di trasmettere al sistema e alle istituzioni politiche la ‘domanda ecologica’ emergente nella società civile.

 

Le organizzazioni dell’ecologia politica che sorgono in questi anni presentano un solido rapporto (di continuità e d’innovazione al tempo stesso) con i movimenti sociali del passato decennio. Infatti anche il movimento ecologista, come il movimento studentesco, utilizzerà forme d’azione poco ortodosse come i sit-in o le occupazioni simboliche.

 

La proliferazione di conflitti che investono non soltanto la fabbrica, ma la società più ampia, ed in particolar modo le aree urbane, portano molti militanti politici ad affrontare per la prima volta tematiche di rilevanza ambientale, come le lotte contro l’inquinamento e contro la degradazione delle condizione di vita nelle metropoli. Anche nelle mobilitazioni all’interno delle fabbriche l’attenzione si sposta da rivendicazioni di tipo materialistico, come le battaglie di sul salario, a delle rivendicazioni di tipo post-materialistico come il controllo sulle condizioni di lavoro, con particolare attenzione alla nocività ed ai problemi della salute. Come dimostrano le iniziative condotte contro il Petrolchimico Montedison a Marghera.

 

La lettura marxista dei problemi ecologici apre la porta alle masse. Negli anni Settanta il principale responsabile della crisi ecologica viene individuato nell’organizzazione capitalistica della produzione fondata sul principio della libertà di sfruttamento delle risorse naturali, senza alcuna considerazione per le conseguenze di lunga durata per l’ecosistema.

 

Anche il sistema politico, spinto dall’azione del Partito Radicale, comincia a dare segni d’interesse ai problemi legati all’ambiente. La difesa dell’ambiente portata avanti dal partito, porterà tra il 1977 ed il 1978 alla costituzione di alcune organizzazioni dipendenti dal partito: gli Amici della Terra, la Lega Abolizione della Caccia (LAC), e la Lega Anti-Vivisezione (LAV), che a differenza dei nuclei di ecologia politica non daranno una lettura marxista ai problemi ambientali.

 

In questi anni si delinea una nuova accezione di ambiente, inteso in senso sociale ed urbano e non più soltanto in termini naturalistici o paesaggistici. Ma nonostante ciò, neppure in questo periodo la situazione sembrerebbe particolarmente favorevole per l’emergere di domande post-materialiste, quali vengono comunemente definite quelle ecologiste. Nonostante che all’interno delle fabbriche è possibile riscontrare un’apertura verso domande di questo genere, permane ancora un interesse per i problemi di tipo materialistico. Ad esempio in occasione dell’incidente di Seveso nel 1976, alla proposta dei collettivi dell’ecologia politica, i soli con la nuova sinistra che si sono mobilitati, di chiudere la fabbrica contaminata ha incontrato delle forti resistenze. Infatti sia nella stessa sinistra che all’interno della popolazione locale, si tendeva a privilegiare la difesa del posto di lavoro.

 

Il panorama ecologista diventa più ricco nella seconda metà degli anni Settanta con le proteste per l’approvazione del Piano energetico nazionale, che prevedeva la costruzione di venti centrali nucleari. Alla lotta partecipano forze diverse con finalità differenti, ma unite dal ‘no al nucleare’: l’azione spontanea della popolazione che vedeva il problema in un’ottica localistica, con l’appoggio del Comitato cittadino di Montalto e il Comitato di Caparbio; le associazioni come Wwf e Italia Nostra, che avevano in mente una strategia globale di modificazione radicale al modello di sviluppo; settori dell’Autonomia Operaia che consideravano il potere nucleare un modo per militarizzare lo Stato; il Partito Radicale che collegavano la battaglia anti-nucleare a quella più grande per la democrazia; gli intellettuali, ‘critici della scienza’, che identificavano l’opposizione al nucleare l’inizio di un progetto alternativo di gestione democratica del territorio.

 

La mobilitazione dei gruppi ecologisti raggiunge il suo apice nel 1986 con le manifestazioni dopo il disastro di Chernobyl. Questo aumento delle mobilitazione su tematiche ecologiste è stato favorito da vari fattori. Innanzitutto la migliore situazione economica ha spostato l’opinione pubblica verso altri centri d’interesse e verso l’assunzione di temi post-materialistici, legati alla qualità della vita. Ma anche lo sviluppo del settore terziario e delle professioni ad alto contenuto intellettuale, hanno contribuito ad allargare la base sociale dei nuovi movimenti sociali.

 

Anche la modificazione nella struttura delle opportunità politiche per il movimento ecologista, hanno favorito negli anni Ottanta lo sviluppo di quest’ultimo. Infatti nuove possibilità per un’azione di salvaguardia dell’ambiente sono state possibili anche grazie all’apertura di canali istituzionali per la trattazione di domande ecologiche. Ad esempio la creazioni di organismi quali il Ministero per l’Ambiente, la diffusione a livello locale degli assessorati all’ambiente, o ancora il riconoscimento di uno status consultivo alle principali organizzazioni ambientaliste tramite la costituzione nel 1986 del Consiglio Nazionale dell’Ambiente, hanno favorito anche all’interno del sistema politico lo sviluppo di una coscienza ecologista.

Le azioni portate avanti dal movimento ecologista sono numerose (infatti è stato classificato nella categoria dei movimenti sociali generici):  manifestazioni contro il nucleare; iniziative di cittadini che chiedono una migliore qualità della vita nel loro quartiere; attività educative nelle scuole, volte a favorire la crescita di una sensibilità ambientalista tra i giovani; azioni contro la nocività negli ambienti di lavoro; esperienze comunitarie incentrate sulla pratica di tecniche di coltivazioni naturali; campi di lavoro volontario all’interno di riserve naturali o aree protette. Ed a seconda di quali azioni s’intende privilegiare nella tutela dell’ambiente, è possibile individuare tre tipi diversi di approccio: quello del conservazionismo, quello dell’ecologia politica e infine quello dell’ambientalismo.

Al primo filone appartengono (che si può far risalire alla metà degli anni Cinquanta) quelle associazioni come Italia Nostra, Pro Natura e Wwf, dove l’azione ecologista è vista come  la reazione ad una minaccia, rappresentata dal crescente deterioramento dell’habitat naturale. I fattori che stanno alla base di questo deterioramento vanno ricercati nell’irrazionalità dei comportamenti umani, che non riescono a sottrarsi alla logica di utilitarismo. Il punto di partenza per migliorare la situazione ambientale è modificare il comportamento degli individui, attraverso un’attività di educazione ed informazione. A questo proposito vengono organizzati interventi nelle scuole, campagne di sensibilizzazione tramite i media, convegni e dibattiti.

 

Quello che è stato definito filone dell’ecologia politica si sviluppa a partire dalla fine degli anni Sessanta. L’ecologia politica si differenzia dal conservazionismo per quanto riguarda sia la definizione di problema ambientale, e sia per ciò che concerne le soluzioni ipotizzate al problema ambientale. Qui la priorità passa dalla difesa alla trasformazione. Non basta infatti tutelare quanto è minacciata, ma bisogna modificare alla radice le cause che stanno alla base di tale degrado. Gli obbiettivi di natura economica sinora prioritari, devono essere subordinati alle esigenze di risparmio energetico, di efficaci misure antinquinamento, di standard più elevati di sicurezza per gli insediamenti industriali . Vanno anche trasformati i comportamenti individuali, con la limitazione di consumi superflui e di comportamenti che si traducono in gravi danni per la collettività (come ad esempio l’uso delle auto nei centri storici). Secondo l’ecologia politica ci deve essere un ripensamento globale delle modalità di organizzazione sociale. La soluzione proposta è un rafforzamento dello stato e delle istituzioni, e delle loro funzioni pianificatrici.

 

Infine vi è il filone dell’ambientalismo, sviluppatosi anche questo negli anni Settanta grazie anche all’azione del Partito Radicale. In questo tipo di approccio gli obbiettivi sono diversi, si passa dalla conservazione del patrimonio culturale, ad un impegno su temi tipici dell’ecologia politica come l’antinuclearismo, senza però condividerne la prospettiva anti-capitalistica.Anche qua l’obbiettivo è di una riforma del sistema ma, a differenza dell’ecologia politica, si pone l’accento su meccanismi autoregolativi di stampo libertario.

 

La struttura organizzativa del movimento ecologista può essere definita come policefala e segmentata, caratterizzata da una diffusa leadership con obbiettivi limitati. Vi è un rifiuto delle strutture organizzative centralizzate. Ma in tutti i movimenti sociali che si sviluppano dalla seconda metà degli anni Settanta la crisi dei modelli organizzativi di tipo leninista, sino ad allora dominanti nella nuova sinistra, ha portato ad una diffidenza verso strutture centralizzate.

 

Il movimento è composto da gruppi eterogenei: aggregazioni di base auto-gestite con bassa struttura formale, ma anche cooperative e gruppi professionali ben strutturati. In questi gruppi la divisione tecnica dei compiti avviene sulla base di capacità, interessi, competenze, attitudini e preferenze dei singoli individui. I leader politici vengono sostituiti dagli opinion leaders, e i punti d’incontro, come i centri sociali di quartiere, assumono le funzioni che nei movimenti precedenti erano svolte dalle strutture di coordinamento.

Il repertorio della protesta combina le sia forme convenzionali, come petizioni e dibattiti pubblici, che forme più innovative di azioni esemplari come la costruzione di un parco, o azioni dirette come far scappare gli animali all’apertura della caccia. La violenza è stata molto rara.

 



 

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