N. 66 - Giugno 2013
(XCVII)
sul Movimento 5 Stelle
di destra, di sinistra o qualunquista?
di Ivan Buttignon
Quando
nasce
il
Movimento
5
Stelle?
Se si parla della struttura partitica, la forma
quindi,
la
risposta
è
secca:
il 4
ottobre
2009
(l’atto
costitutivo
è
però
del
18
dicembre
2012),
sulla
scorta
dell’esperienza
movimentista
“Amici
di
Beppe
Grillo”,
attiva
dal
2005
e in
corsa
nelle
competizioni
elettorali
dal
2008.
Ma se consideriamo l’insieme di valori e principi che lo
muovono,
quindi
della
sostanza,
la
risposta
cambia.
Non
c’è
nulla
di
nuovo
sotto
il
sole,
già
dall’immediato
secondo
dopoguerra.
Il partito che ha trionfato alle politiche di quest’anno
(2013)
assomiglia,
per
aspetti
diversi
e a
tratti
opposti,
a
due
distinti
partiti
politici
del
passato:
il
PCI
e il
Fronte
dell’Uomo
Qualunque.
Andiamo
per
ordine.
Quanto è comunista il M5S?
Il partito di Grillo ricorda per molti aspetti il PCI dell’immediato
secondo
dopoguerra
(periodo
1946-1948).
Nato
come
un
partito
d’avanguardia
nel
1921,
nelle
elezioni
del
1924
ottiene
solo
il
3,74%,
mentre
dopo
la
svolta
di
Salerno
del
’44
si
avvia
a
diventare
un
partito
d’integrazione
di
massa,
pescando
voti
tra
il
vecchio
elettorato
socialista
e
repubblicano,
ma
anche
nella
sinistra
fascista
e
tra
i
non
pochi
spoliticizzati.
Categorie
diverse,
queste,
ma
unite
da
un
grande
desiderio:
quello
di
far
valere
le
loro
ragioni
e
sentirsi
realmente
rappresentati
nel
Paese.
Su
questo
l’elettorato
del
PCI
di
allora
e
del
M5S
converge
perfettamente.
Non è una convergenza di poco conto. È la prima volta che
nella
storia
accade
qualcosa
di
simile.
Il
PCI
raggruppa
gli
esclusi,
quelli
che
ritengono
di
aver
subito
la
politica,
e
che
finalmente
è
possibile
emanciparsi.
Questo
spiega
la
convivenza
(molto
più
pacifica
di
quella
tra
le
anime
del
PD
oggi)
tra
repubblicani
che
considerano
troppo
tiepido
il
loro
partito
(PRI),
socialisti
che
vedono
nel
PCI
la
prosecuzione
naturale
dei
vecchi
partiti
socialisti,
fascisti
di
sinistra
delusi
e
frustrati
per
il
deviazionismo
mussoliniano
rispetto
alla
rivoluzione
sociale
fascista
e
infine
comunisti
della
prima
ora,
ai
quali
si
aggiungono
quelli
di
nuovo
conio.
Nel M5S troviamo una situazione analoga. Gli aderenti sono
in
larga
parte
persone
che
si
ritengono
deluse,
escluse
e
offese
dal
palcoscenico
politico
attuale
e
che
vogliono
trovare
una
degna
rappresentanza
nel
partito
di
Grillo.
La
logica
è la
stessa:
il
sistema
partitico
non
riesce
a
rinnovarsi
dal
suo
interno,
mentre
in
tempi
diversi,
PCI
e
M5S
rappresentano
ognuno
la
forza
esogena
capace
(nei
pensieri
di
chi
la
sostiene)
di
rompere
il
muro
dell’incomunicabilità
tra
governanti
e
governati.
Ancore di salvezza, ultime spiagge, uniche alternative, PCI
e
M5S.
Tuttavia, le differenze organizzative tra le due
forze
politiche
sono
sostanziali
e
sostanziose.
Anzitutto, come ha ben ricordato Aldo Giannuli in un suo
recente
articolo,
il
PCI
dell’epoca
vanta
una
forte
identità
politico-culturale
e
una
struttura
di
quadri
ed
attivisti
in
continua
formazione.
Contempla
anche
una
fitta
e
capillare
strutturazione
territoriale
e
una
fortissima
cintura
di
associazioni
collaterali,
spesso
di
emanazione
diretta
del
Partito.
Il M5S, invece, non è dotato di quadri, ma solo di attivisti
(neppure
tanti),
ed è
sprovvisto
di
una
identità
politico-culturale
(i
“20
punti
programmatici”
e il
“non
statuto”
sono
parecchio
deboli
in
questo
senso)
e di
associazioni
fiancheggiatrici.
Il
partito
di
Grillo
rifiuta
ogni
ideologia,
ma
pare
che
questa
avversione
fobica
della
politica
classica
si
ribalti
in
contaminazioni
neo
liberiste
e
venature
xenofobe
in
materia
di
immigrazione.
Altra discordanza con il PCI è la forza rappresentativa.
Nel
1946
il
PCI
sfiora
i 2
milioni
di
iscritti
a
fronte
di
4.300.000
voti.
Il
rapporto
è di
uno
a
due.
Il
M5S
conta
250.000
adesioni
web
su 8
milioni
di
voti.
Il
rapporto
è di
uno
a
32.
se
poi
consideriamo
che
alle
“parlamentarie”
hanno
partecipato
20.000
persone,
il
rapporto
è di
1 a
400.
Infine, la differenza più profonda, non certo favorevole al
partito
di
Grillo
e
men
che
meno
al
Paese
se
da
questo
venisse
governato.
Tra
le
fila
del
M5S
troviamo
quasi
solo
neofiti
della
politica,
persone
non
formate,
facili
prede
per
“funzionari
parlamentari,
lobbisti,
vecchi
squali
della
politica,
giornalisti
furbi
ed
operatori
di
qualche
servizio
segreto”,
come
suggerisce
ancora
una
volta
Aldo
Giannuli.
Come
li
affronteranno
senza
la
formazione
di
partito,
asse
fondamentale
del
vecchio
PCI?
M5S: qualunquismo?
Partiamo da due presupposti:
-
la
sinistra
radical-chic
da
sempre
riconosce
Grillo
quale
paladino
di
tante
sue
battaglie;
-
la
sinistra
partitica
avversa
Grillo
perché
populista
e
qualunquista.
Ma in quale senso qualunquista?
Nel senso che la figura di Grillo ha un precedente in Guglielmo
Giannini,
leader
dell’Uomo
Qualunque.
Entrambi uomini del mondo dello spettacolo, conoscono pregi,
difetti
e
aspettative
delle
persone.
Questo
perché
entrambi
sono
padroni
del
mezzo
comunicativo
della
propria
epoca.
Giannini
nella
commedia,
cinema,
carta
stampata
(il
suo
periodico
supera
le
800.000
copie
di
tiratura);
Grillo
del
web.
Entrambi si destreggiano con molta abilità a destra e a
sinistra
ed
entrambi
fanno
paura
a
destra
come
a
sinistra.
Alle elezioni del 2 giugno 1946, l’Uomo Qualunque è quarto
partito
d’Italia;
alle
politiche
del
2013
il
partito
di
Grillo
è al
primo
posto
con
il
25,55%
di
suffragi
(il
PD è
secondo
con
il
25,42.
Grillo è in linea con la posizione di Giannini, a difesa
del
cittadino
schiacciato
dai
poteri
forti
(il
grande
capitale
da
una
parte
e i
sindacati
dall’altra,
che
Grillo
vorrebbe
addirittura
abolire).
Anche
la
verve
dissacrante
della
politica
è la
medesima
(Vedi
D.V.
Comero,
“Ieri
Giannini,
domani
Grillo”,
in
P.
Deotto,
L.
Garibaldi,
La
vera
storia
dell’Uomo
Qualunque,
Solfanelli,
Chieti,
2013,
pp.
91-96.).
Giannini invita i suoi sostenitori a costituire spontaneamente
ovunque
i
“nuclei”,
vale
a
dire
la
struttura
di
base,
che
eleggano
al
loro
interno
i
capi,
e
Grillo
prende
pedissequamente
a
modello
l’esempio
(Vedi
P.
Deotto,
L.
Garibaldi,
La
vera
storia
dell’Uomo
Qualunque,
Solfanelli,
Chieti,
2013,
pp.
55-56.).
Di destra e di sinistra, il M5S eredita modus operandi
e
tradizioni
da
bacini
differenti.
Segnatamente,
quello
comunista
e
quello
qualunquista.
Al momento gli esiti elettorali tra il partito di Grillo e
i
suoi
avi
divergono,
e
parecchio.
Rispetto al tentativo storico del PCI di conquistare il
Governo,
nel
1948
un
italiano
su
due
vota
il
bastione
anticomunista
per
eccellenza:
la
DC.
Voto
plebiscitario,
quindi,
come
plebiscitario
è il
voto
del
2013,
in
cui
un
italiano
su
due
esprime
un
orientamento
antisistemico:
non
vota
per
il
25%
e,
del
restante
75%,
oltre
il
25%
sceglie
M5S.
Invece, riguardo al successo dell’Uomo Qualunque, questo
viene
logorato
e
svilito
dall’autorevolezza
dei
partiti
di
Governo
e di
Opposizione.
Freni
in
cui
il
M5S,
al
momento,
non
rischia
di
incappare.