N. 76 - Aprile 2014
(CVII)
IN MORTE DI JACQUES LE GOFF
PER UN MEDIOEVO CONTEMPORANEO
di Filippo Petrocelli
A 90
anni
Jacques
Le
Goff
è
morto.
Ci
ha
lasciato
in
silenzio,
senza
troppo
clamore,
con
la
sua
pipa
sempre
in
bocca.
Grande
studioso
del
Medioevo,
è
stato
fra
i
principali
“decostruttori”
dell’idea
fuorviante
dei
“secoli
bui”,
della
fausse
novelle
di
un’età
oscura,
di
un
momento
storico
esclusivamente
negativo.
Il
Medioevo
invece
è
stato
per
Le
Goff
molto
altro:
un
periodo
più
lungo
di
quanto
si è
sempre
ritenuto
ma
soprattutto
“l’infanzia
dell’Occidente”
contemporaneo.
Questo
“lungo
Medioevo”
procede
dall’età
tardo
antica
fino
alla
rivoluzione
industriale,
sotto
l’influenza
decisiva
del
modo
di
produzione
feudale
e
dell’ideologia
cristiana
e
accompagna
lo
scorrere
del
mondo
dall’antichità
fino
alla
modernità.
Mezzo
millennio
in
cui
l’uomo
è
passato
dalla
sussistenza
alla
crescita,
dalla
sopravvivenza
alla
“vita”,
in
una
delle
più
grandi
rivoluzioni
della
storia.
Un
periodo
dinamico
–
non
solo
una
golden
age
–
attraversato
da
crisi,
carestie,
sconvolgimenti,
tensioni
sociali
e
contraddizioni,
ma
anche
caratterizzato
da
una
“potenza
creatrice
innegabile”,
quindi
non
una
semplice
“età
di
mezzo”,
né
solo
un
periodo
di
transizione.
Al
centro
l’Europa,
l’emergere
degli
Stati
nazionali
e
un’epoca
tutt’altro
che
oscura
che
ingloba
anche
il
Rinascimento,
ridimensionandolo
da
un
punto
di
vista
storiografico.
Le
Goff
esperto
del
basso
Medioevo,
ha
posto
l’attenzione
sul
periodo
fra
X e
XIII
secolo,
individuando
questi
come
anni
decisivi
per
l’evoluzione
del
cosiddetto
“Occidente”.
Lo
sviluppo
della
città,
la
ripresa
dell’economia
monetaria
e
dei
commerci,
le
innovazioni
tecnologiche
(da
quelle
in
campo
agricolo
a
quelle
in
campo
marittimo),
ma
anche
il
diffondersi
di
nuovi
atteggiamenti
e
mentalità,
sono
alcuni
degli
argomenti
usati
per
sostenere
la
sua
tesi
rivoluzionaria,
quella
di
fare
del
Medioevo,
il
momento
fondante
del
“vivere
contemporaneo”.
Al
centro
delle
analisi
di
Le
Goff
ci
sono
l’Europa,
i
mercanti,
i
banchieri,
gli
intellettuali,
ma
soprattutto
gli
uomini
comuni
e il
vivere
quotidiano.
Nemico
giurato
della
storia
evenemenziale,
ha
completato
la
rivoluzione
storiografica
iniziata
da
Block
e
Febvre
–
creatori
degli
Annales
e
suoi
maestri
–
plasmando
un
nuovo
paradigma
conoscitivo.
Ha
proposto
un
“nuovo
metodo”
per
una
“nuova
storia”,
molto
attenta
al
rapporto
fra
cultura
e
società,
in
un
certo
senso
antropologica
ma
non
esclusivamente
ancorata
alla
storia
delle
mentalità.
Una
storia
globale,
in
movimento,
in
continuo
rapporto
dialettico
con
tutte
le
altre
scienze
sociali,
attenta
alle
strutture
dello
“spazio”
e
del
“tempo”
e
nemica
di
quell’ossessione
per
le
nozioni.
Le
Goff
ha
cominciato
la
sua
carriera
accademica
nel
1950
come
aggregato
di
Storia
a
Parigi,
poi
professore
a
Lille
nella
seconda
metà
degli
anni
Cinquanta,
poi
ricercatore
al
Centre
Nationale
de
la
Recherche
Scientifique
di
Parigi
per
tutti
gli
anni
Sessanta,
fino
a
diventare
a
metà
degli
anni
Settanta
direttore
della
Ecole
des
Hautes
Etudes
en
Sciences
Sociales.
Più
interessato
alla
divulgazione
che
alla
lettura
scientifica,
non
è
mai
stato
un
erudito,
ma
ha
portato
il
suo
“discorso”
sulla
storia
fuori
dalle
aule
delle
università
francesi,
fra
la
gente
comune,
intercettando
un
pubblico
molto
vasto.
Si è
battuto
per
creare
una
nouvelle
historie,
per
una
storia
“mestiere”
fra
il
meraviglioso
e il
quotidiano,
fra
l’eccezionale
e il
normale,
alla
riscoperta
delle
radici
dello
spazio
compreso
fra
l’Islanda
e la
Sicilia,
fra
i
Balcani
e
l’Ebro.
Uno
spazio
segnato
dall’ingombrante
presenza
del
cristianesimo
e
del
potere
non
solo
spirituale
della
chiesa,
che
un
laico
come
Le
Goff,
non
ha
mai
avuto
bisogno
di
negare,
affermando
al
contrario
la
centralità
dell’esperienza
cristiana,
nel
processo
di
costruzione
di
dell’Occidente
e
dell’Europa.
Ha
tuttavia
insistito
sulla
pluralità
delle
radici
europee,
sospese
fra
eredità
classica,
radici
giudaico-cristiane
e
“tradizioni
barbariche”,
riflettendo
molto
di
più
sulle
connessioni
e
sulle
persistenze
che
sulle
divergenze.
In
Mercanti
e
banchieri
nel
Medioevo,
in
La
borsa
e la
vita.
Dall’usuraio
al
banchiere,
e in
Lo
sterco
del
Diavolo.
Il
denaro
nel
Medioevo,
affronta
la
nascita
del
sistema
bancario,
l’emergere
della
classe
mercantile
e
l’analisi
del
sistema
proto-capitalista
in
Europa,
mentre
in
La
civiltà
dell’Occidente
medievale
–
forse
la
sua
opera
forse
più
organica
–
sviluppa
le
sue
riflessioni
sul
concetto
di
“lungo
Medioevo”
fra
cultura
materiale
e
pensiero.
In
Gli
intellettuali
nel
Medioevo
tratta
il
ruolo
della
chierici,
della
cultura
connessa
con
gli
ambienti
ecclesiastici
e
della
difficoltà
di
creare
una
cultura
autonoma
dagli
ambienti
religiosi,
mentre
ne
La
nascita
del
Purgatorio
indaga
le
novità
dottrinarie
del
periodo,
in
relazione
soprattutto
alla
storia
delle
mentalità.
Ne
Il
meraviglioso
e il
quotidiano
illustra
i
modi
quotidiani
di
vita
nel
Medioevo:
il
corpo,
i
codici
di
abbigliamento
e la
loro
ideologia,
ma
anche
un
excursus
fra
marginali,
reietti
e
persone
appartenenti
a
“un
altro
Medioevo”,
spesso
sconosciuto.
Una
storia
raccontata,
narrata,
più
cultura
che
eventi.
Oltre
le
dark
ages,
l’altro
grande
amore
di
Jacques
Le
Goff,
è
stato
per
la
moglie
Hanka,
scomparsa
nel
2008
e
alla
quale
è
dedicato
il
lavoro
Con
Hanka.
Qui
è
ripercorsa
la
loro
vita
insieme,
in
un
libro
che
è
sia
atto
di
memoria,
sia
atto
d’amore,
con
lo
storico
francese
che
dimostra
una
volta
di
più
quanto
le
vicende
personali
siano
intrecciate
con
la
“grande
storia”
e
quanto
“pubblico”
e
“privato”
siano
l’uno
indispensabile
per
l’altro.