N. 83 - Novembre 2014
(CXIV)
LA TERZA VOLTA DI MORALES
ELEZIONI PRESIDENZIALI IN BOLIVIA
di Filippo Petrocelli
Evo Morales è di nuovo presidente.
È
stato
rieletto
nell’ottobre
2014
con
oltre
il
60%
dei
consensi
e si
appresta
a
guidare
la
Bolivia
per
la
terza
volta.
Alla fine lo “Tsunami azzurro” –
questo
il
nome
scelto
dal
presidente
per
la
sua
campagna
elettorale
– ha
spazzato
via
gli
avversari,
lasciando
le
briciole
all’opposizione:
i
conservatori
di
Samuel
Doria
Medina
si
attestano
intorno
al
25%
mentre
l’ex
presidente
Quiroga,
anch’egli
di
centro-destra,
raccoglie
circa
il
9%.
Una vittoria sulla carta meno schiacciante
della
precedente
(circa
2,5%
in
meno
dell’ultima
tornata
elettorale)
ma
molto
più
significativa:
è la
prima
volta
che
il
blocco
del
presidente
Morales
vince
in
otto
dei
nove
distretti
provinciali
della
Bolivia.
Persino nella ricca Santacruz, cuore
economico
del
paese
e
centro
delle
proteste
contro
il
presidente
nel
2008,
a
imporsi
è
stato
il
partito
di
Evo.
Insomma il processo guidato da Morales
e
dal
Movimento
al
Socialismo
(MAS)
–
una
vasta
coalizione
di
movimenti
popolari
più
che
un
partito
tradizionale
– è
una
realtà
che
si
va
consolidando: pil
triplicato,
reddito
pro-capite
in
crescita,
forte
diminuzione
della
povertà
ma
anche
sconfitta
dell’analfabetismo
e
diffusione
di
un
sistema
sanitario,
hanno
convinto
tutto
il
paese.
Ma non basta: la Bolivia si è meritata
la
menzione
da
parte
del
FMI
–
non
proprio
vicino
alle
idee
indigeno-socialiste
di
Morales
e
compagni
–
come
esempio
e
modello
di
sviluppo
economico.
Morales si è formato politicamente
nel
sindacato
dei
cocalero,
ovvero
“coltivatori
di
foglia
di
coca”,
pianta
sacra
nella
cultura
andina
ed è
diventato
ben
presto
il
simbolo
della
lotta
di
questi
agricoltori.
Ma
il
neopresidente
ha
anche
giocato
un
ruolo
di
primo
piano
nelle
manifestazioni
che
hanno
costretto
l’ex
premier
Carlos
Mesa
alle
dimissioni
nel
2005,
diventando
una
sorta
di
eroe
popolare.
Primo presidente indigeno nella
storia
della
Bolivia,
Evo
è
stato
eletto
per
la
prima
volta
nel
2005
e
una
seconda
nel
2009
e
nello
stesso
anno
ha
varato
una
nuova
costituzione
che
definisce
il
paese
come
stato
plurinazionale,
in
omaggio
ai
molti
popoli
nativi
del
paese
come aymara
e
quechua.
Socialismo del XXI secolo o socialismo
indigeno
sono
le
definizioni
per
le
battaglie
condotta
da
Morales.
Quel
che
è
certo
è
che
Evo,
il
MAS
e
l’ideologo
Alvaro Linera
sono
riusciti
lì
dove
altri
processi
rivoluzionari
hanno
fallito
e
hanno
creato
un
consenso
di
massa
allargando
i
confini
del
movimento
e
smantellando
gli
ultimi
resti
di
uno
stato
semi-feudale.
Proprio la figura di Linera, attuale
ideologo
del
MAS,
è
poco
conosciuta
anche
se
emblematica
per
tutto
il
processo
in
atto
in
Bolivia.
Professore di matematica, sul finire
degli
anni
Ottanta,
Linera
diventa
una
figura
di
primo
piano
dell’opposizione
al
regime
e
entra
nel
Ejército
Guerrillero
Túpac
Katari
– un
gruppo
marxista-leninista
e
indigenista
–
dichiarando
guerra
all’ordine
costituito.
Arrestato nel 1992 sconta una pena
di
cinque
anni,
ma
in
carcere
approfondisce
i
suoi
studi
e si
laurea
in
sociologia.
Il
suo
pensiero
è
una
miscela
di
marxismo
e
indigenismo
ma
lui
stesso
ha
parlato
di
echi
gramsciani
nella
sua
elaborazione
politico-ideologica
e si
definisce
un
marxista
classico.
È il vicepresidente della Bolivia e
ancora
oggi
è il
riferimento
intellettuale
del
MAS,
partito
il
cui
nome
per
esteso
è
Movimiento
al
Socialismo
Instrumento
Político
por
la
Soberanía
de
los
Pueblos
(MAS-IPSP)
ovvero
“Movimento
per
il
socialismo,
strumento
politico
per
la
sovranità
dei
popoli”.
Un
nome
che
spiega
meglio
di
tanti
manifesti
l’essenza
della
loro
politica.
Inizialmente gli obiettivi del blocco
che
fa
capo
al
presidente
indios
sono
stati
la
riforma
agraria
e la
nazionalizzazione
degli
idrocarburi
–
entrambe
perseguiti
con
successo
– ma
da
non
dimenticare
è
anche
la
forte
riduzione
del
debito
estero
che
ha
permesso
alla
Bolivia
di
condurre
una
politica
economica
svincolata
dai
diktat
dei
paesi
più
ricchi.
Dopo
l’ultima
affermazione
elettorale,
la
dedica
del
presidente
campesino
–
che
dapprima
ha
ringraziato
il
popolo
boliviano
– è
andata
ai
suoi
mentori
politici
Hugo
Chavez
e
Fidel
Castro,
a
segnale
ulteriore
che
il
processo
integrazionista
in
America
Latina
è
ancora
in
atto
e
corre
a
gonfie
vele.
A complimentarsi per il terzo mandato
dell’ottobre
2014
sono
stati
i
presidenti
politicamente
più
vicini
a
Morales:
Correa
dell’Ecuador,
Maduro
del
Venezuela
ma
anche
Mujica
dell’Uruguay,
Ortega
del
Nicaragua
e la
Kirchner
dell’Argentina.
Sembra ieri ma sono passati già
nove
anni
da
quanto
il
presidente
indios
della
Bolivia
saliva
alla
presidenza
per
la
prima
volta.
E la
sua
piccola
rivoluzione
arroccata
sulle
Ande
sembra
continuare
spedita.