N. 22 - Marzo 2007
LA
MONETAZIONE ‘D’IMPERO’ E ‘D’ALLEANZA’ DI
CROTONE
Le monete e l'Impero - Parte II
di Antonio Montesanti
Cilone (prima rivolta contro
i pitagorici 510-500 a.C.)
Allo stato attuale delle
conoscenze, abbiamo conferma dalle fonti,
scritte e numismatiche, che Crotone riunì a
se il territorio sibarita, difatti,
successivamente all’inglobamento del
dell’impero sconfitto, si ebbe probabilmente
una suddivisione delle terre tra gli
oligarchi del circolo pitagorico che avevano
avuto un ruolo fondamentale nella vittoria,
tra cui Milone, duce e “martello” della
schiera cotoniate.
Le fonti, nel periodo
successivo alla presa di Sibari, considerano
una Crotone retta da un sùnkletos
(sorta di assemblea popolare) e da una
gherousia (senato) (Diod. XII 9,
4; Val. Max. VIII 15 ext.; Dicearch.,
FrGHist II, p. 244 fr. 29 = Porphyr.,
Vita Pythag. 18 Nauck), mentre il
territorio propriamente attinente alla
città, è retto da un
Subaritwn
exarcoV (“Sybaritòn exarchos” - ‘governatore’ o
‘prefetto’ dei Sibariti) che rappresenta una
figura fondamentale ai fini del nostro
discorso.
Ignoriamo se tale carica
nacque nel periodo immediatamente successivo
alla presa della città oppure negli anni che
poi seguirono la gestione del suo territorio
e se si trattasse di un governatore militare
più che civile dell’area della distrutta
Sibari.
Giambico ci dice che venne
nominato Cilone come magistrato tenuto a
detenere la carica di governatore dei
Sibariti e che, allorquando rivestiva tale
ufficio prese le distanze dal movimento
filosofico e addirittura intraprese
un’azione antipitagorica guidata da lui
stesso.
Permangono delle enormi
lacune storiche sui meccanismi di
causa-effetto, ma sappiamo che Cilone verrà
espulso, perché indegno di far parte della
setta (Jambl., V. Pyth. 74 Nauck) e
per questo in opposizione a Pitagora sembra
divenisse protagonista della rivolta come
leader della grande coalizione, che
rivendicava la ridistribuzione delle terre
coltivabili del territorio sibarita; motivi
che forse condurranno lo stesso Milone a
prendere le distanze dal movimento, in
seguito alle ingiustizie perpetrate durante
la spartizione.
La sommossa ebbe come effetto
principale la fuga volontaria o
l’allontanamento di Pitagora e in seguito un
lungo periodo di disordini, nella città e
nel territorio e per risolvere la situazione
fu chiesto l’intervento di moderazione a
Tarantini, Metapontini e Cauloniati, fino
all’ascesa di un governo radicale che
s’instaurò con una serie di provvedimenti di
tipo ‘anarchico’: abolizione dei debiti e
ridistribuzione delle terre (Jambl. V.
Pyth. 249).
In ogni caso l’istituzione di
un’apposita magistratura per la
organizzazione del territorio, ci dà una
idea di quanto fu realmente complesso e
delicato l’inglobamento della chora
sibarita alla quale doveva fare eco tutta
una serie di nuove cariche magistratuali in
grado di controllare i nuovi territori.
Alla prima linea che vedrebbe
i pitagorici eredi della seconda Sibari, si
affianca una seconda linea dettata dalla
testimonianza delle fonti. Infatti, non ci
sarebbero grossi problemi nel confermare le
ipotesi se la tradizione non confermasse la
distruzione totale e duratura di Sibari (Strab.
VI 1, 13 C 263 ; Diod. XII 10), anche se non
dobbiamo escludere la possibilità della
temporanea linea ‘pitagorica’.
La carica ricoperta da Cilone
si collocherebbe nel periodo immediatamente
successivo alla conquista, a cui avrebbe
fatto seguito la costituzione di una linea
pitagorica e poi successivamente la
costituzione di una comunità sibarita.
Poiché vi sono numerosi problemi per poter
riscontrare una sopravvivenza di Sibari, non
sembra, tutto sommato, potersi negare
l’esistenza di un ridotto nucleo sibarita di
stampo Crotoniate, che si sarebbe protratto
almeno fino al 477/6 a.C.
Altro elemento che però non
viene a supporto di questa ipotesi sono le
cosiddette monete d’impero, con le leggende
QPO-MY (SU) che, essendo molto limitate, non
fanno propendere gli studiosi per un arco di
tempo così lungo, per la sopravvivenza della
seconda Sibari, nei luoghi della prima.
Per questo utilizziamo una
‘controfonte’ rispetto a quelle monetali,
che si pone contro le ipotesi di una Sibari
II: Erodoto, che conosce perfettamente i
fatti di Sibari, dice esplicitamente che al
tempo della distruzione di Mileto, i
Sibariti “essendo stati privati della loro
città abitavano Laos e Scidro” (Hdt. VI 21).
In seguito a questa fonte c’è da chiedersi
se l’esito della prima rivolta
antipitagorica non abbia prodotto
l’allontanamento dei superstiti rimasti
gravitanti fino ad allora, cioè fino al 500
a.C. ca., nell’area ionica, verso le sedi
delle colonie delle grande Sibari.
Quella zona sarebbe, a quel
punto, divenuta sotto il totale e diretto
controllo dei partigiani crotoniati di
Cilone, che rivendicavano gli effetti della
vittoria. Ma perché dunque ci rifacciamo al
477/6 a.C. per l’attribuzione di una
probabile esistenza di una Sibari II?
Perché a questo periodo e a
questa eventualità andrebbe riferita la
coniazione di scarsa consistenza e durata,
di serie a doppio rilievo, databili nel
medesimo periodo delle precedenti emissioni
Crotone-Sibari-Laos. L’ipotesi più comune
che si è fatta è quella di vedere dei
rapporti tra la Sibari II (ricostruita o
comunque non ‘defunta’) e l’ormai autonoma
Laos, anche se si scorgerebbe sempre nella
moneta una dipendenza da Crotone.
Le monete QPO-MV potrebbero
confermare la non distruzione della città, e
l’entrata ufficiale di essa nel ‘neo-impero
Crotoniate’, sotto la guida dei pitagorici,
che tennero per loro l’area occupata. La
breve durata dell’emissione assicurerebbe
che solo in seguito alla rivolta ciloniana,
Sibari sarebbe stata abbandonata, e i loro
abitanti emigrati nelle subcolonie. Qui si
sarebbe fermata la monetazione, che potrebbe
definirsi la prima serie delle monete
d’impero di Crotone.
Filottete
L’elemento più evidente del
sinecismo o comunque dei rapporti tra
Crotone e Sibari rimane la leggenda di
Filottete.
Ci sarebbe stata, secondo
alcuni, la volontà di Crotone di divenire la
diretta erede di Sibari di cui l’atto
simbolico più formale fu, senza ombra di
dubbio, il trasferimento delle armi di
Filottete da Sibari, appunto, a Crotone.
Filottete era eroe sibarita, morto nei
pressi della città dove sorgeva l’heroon
(Ps.
Aristot., Mir. 107),
acquisito da Crotone al momento della
vittoria; il mito dunque si spostava, e
veniva ad operare nella Crotoniatide, tra
Crimisa e l’Aisaros, tra Crimisa ed il
Nauaithos (Lycophr.,
Alex. 911):
secondo il mito Filottete moriva ad opera di
Ausoni Pelleni, nei pressi del Neuaithos (Polyaen.
VII 47; Apollod. In schol. Lycophr. 921 = Epit.
VI 15c),
dove diventa non un greco contro i barbari,
ma un sopraffattore di achei.
I luoghi della geografia
cotoniate, Petelia, Makalla e Chone,
diventano di fondamentale importanza per
capire, spiegare e definire i confini della
sua chora, e dell’interazione dei
territori sibarita e crotoniate, prima e
dopo il Traente. La “sacra” Crimisa è sede
del tempio di Apollo fondato da Filottete
dove erano conservatele frecce e l’arco di
Eracle (Lycophr.,
Alex. 919-921; Ps. Aristot., Mir.
107; Euphor. Fr. 49 Van Groningen).
L’oracolo legittima
l’espansione di Crotone ai danni di Sibari
riconoscendo nella “sacra Crimisa”, e quindi
nella zona di fondazione di Filottete, il
confine settentrionale. L’oracolo si colloca
con una certa verosimiglianza negli anni
post 510 a.C., quando si dovette legittimare
una egemonia ormai pienamente acquisita. La
figura di Eracle come ecista dovette essere
utilizzata in un periodo ben specifico ed
iniziarono ad essere utilizzate analogie
consistenti tra Filottete ed Eracle, che si
identificano in due serie monetali di
Crotone
(SNG, ANS, III, Bruttium-Sicily, I,
New York, 1975, nn. 371-383 e nn. 334-335):
I) D/ Testa frontale di Era Lacinia
R/ Leggenda KROTON ed
Eracle seduto con coppa nella mano d., con arco e
leontè e clava dietro di lui
(Fig. 1)
(Fig. 1)
II) D/
Eracle seduto in qualità di
ecista, ramoscello nella mano d. ed asta
nella mano
s., con arco e
leontè e clava dietro di lui, in esergo
due pesci
R/ Apollo che saetta
Python; nel mezzo tripode delfico
(Fig. 2)
(Fig.
2)
A Crotone manca, secondo le
proprie istituzioni, la legittimazione
dell’impero acquisito, con la quale la città
s’imporrebbe cronologicamente e
topograficamente sui luoghi che
appartenevano a Sibari e che probabilmente
utilizzano spinte autonomistiche per
divenire indipendenti.
In pratica i ‘luoghi’
cronologici si riducono essenzialmente a
tre:
A) 1200-1150 a.C. – “I Greci
infatti, a cominciare già dai tempi della
guerra di Troia [cui si riferisce l’episodio
di Filottete], si erano impadroniti sia di
gran parte dell’entroterra, al punto da
chiamare questa terra ‘Magna Grecia’, e sia
della Sicilia”(Strab.
VI 1, 2, 53 ; cfr. VI 1, 11, 262C).
B) 760-700 a.C. – Sibari e
Crotone fondano le città ed occupano i
rispettivi territori e utilizzano come eroe
comune Filottete, stesso periodo in cui
viene fondata l’ipotetica ‘Lega Italiota’.
C) 510-470 a.C. – Periodo che
segue alla distruzione totale della città e
che vede Crotone occupare i territori in
modo chiaro ed evidente, anche e soprattutto
a danno delle popolazioni locali, che pur
sottostando a Sibari avevano un certo
margine di libertà evidenziato dalla non
soppressione dei nomi e dalle città, che
dopo la disintegrazione dell’impero
cercavano di crearsi un proprio territorio e
una propria indipendenza.
In
modo particolare quando Crotone non riuscirà
più a reggere le fila del discorso ‘impero’;
classico e chiaro è l’esempio di Pandosia e
della sua monetazione.
Tramonto di una oligarchia
Dal 510 al 446 a.C. la Magna
Grecia vive una delle più intense fasi di
storia. Cambiamenti radicali avvengono nelle
compagini delle città e inizia la riscossa
delle classi che fino ad allora erano state
compresse. In particolare alcuni fermenti si
scorgono nei ceti indigeni delle campagne,
mentre sui monti ed all’interno i Lucani o
meglio i Sanniti, da una parte, si preparano
ad attaccare le prospere città dei greci
sulla costa. Dall’altra parte le popolazioni Messapiche e Daune si preparano ad attaccare
le città nell’arco Ionico del Golfo di
Taranto. All’interno di alcune città
magno-greche come Locri, Crotone, Metaponto,
Taranto, Reggio e Poseidonia, i reggimi
oligarchici da tempo imperanti, ricevono
conferma teoretica ed etica dal Pitagorismo,
assurto quasi a dignità di suprema dottrina
politica, negante la parità degli uomini ed
il diritto di pochi sapienti a reggere le
strutture politiche della città.
Il dopo Sibari
Ma qual’era dunque la
situazione post-Sibari, all’interno della
sua chora, e di quella crotoniate?
Una cosa apparve, e appare chiara, Crotone
non volle, non poté, non riuscì ad essere
l’erede totale, e cioè ad acquisire in
toto le prerogative che già erano state
della sua più acerrima nemica. Tutto sembra
sprofondare nella più assoluta anarchia, vi
sono solo pochi timidi tentativi di
mantenere per lo meno il controllo sul paese
conquistato: una crisi regionale che
condusse ad un ”vuoto” politico con un
sicuro indebolimento ed impoverimento
dell’area e che sicuramente favorì
l’invasione lucana prima, e quella brettia
poi, già dalla metà del V secolo.
Tra gli anni 460-450 a.C.,
periodo delle seconde rivolte pitagoriche,
Crotone sembra perdere totalmente il proprio
confronto nel tempo, con Sibari, la quale
era riuscita ad avere sempre il pieno
controllo dell’area.
Se “....alla caduta di Sibari
aveva contribuito l’interesse di un mondo
economico che non era solo quello cotoniate…
che tese a spezzare il tentativo di
costituzione unitaria di un mondo economico
magno-greco...., che con Sibari e i suoi
alleati aveva preso corpo per la prima, e
forse per l’ultima volta...”, parimenti è
altrettanto scontato che le stesse realtà
non avrebbero consentito il ricostituirsi di
un impero retto da Crotone.
Indiscutibilmente Crotone
guadagnò non poco da questa situazione, lo
dimostra che il suo stato, anzi la sua
federazione, si allargò fino a comprendere
centri urbani fino ad allora autonomi o
rientranti nella giurisdizione di altre
città, fino a controllare zone
dell’entroterra non greco. Secondo le
diverse ipotesi fornite dai diversi
studiosi, le prove sarebbero fornite dalle
monete crotoniati differenti che sembrano
includere centri urbani all’interno di
un’area molto estesa: Petelia, Macalla,
Crimisa, Pandosia, Temesa, Caulonia, e forse
Hipponion e Medma.
Ma Crotone non dovette
realizzare appieno il suo scopo. È
illuminante a tale proposito, il fatto che
non solo Crotone, ma anche le altre città
coniarono in quel periodo secondo moduli
acheo-sibaritici. Dopo la distruzione di
Sibari si inseriscono le emissioni con la
doppia leggenda QPO-MV e QPO-PANDO
che già
venti anni prima di Perret, il Kahrstedt
aveva definito come ‘monetazione d’impero’,
e messo in rapporto con l’egemonia di
Crotone in Magna Grecia.
Si intravedono tracce del
fatto che non solo Crotone abbia rivendicato
il diritto alla eredità politica e
soprattutto economica di Sibari. Anche altre
città partecipi e no alla coalizione
cercarono di sostituirsi a Sibari e di
assumere la funzione egemonica nell’area fra
i mari Ionio e Tirreno.
Era così dimostrato che
l’eredità di Sibari anziché andare perduta
diveniva appannaggio di più realtà purtroppo
frazionandosi, ma andando divisa tra diverse
rivendicazioni sociali: Poseidonia, Reggio,
Siracusa, la stessa Crotone ed addirittura
Atene. La fine del commercio delle navi
italiote fu la prima conseguenza della
caduta di Sibari e quindi la fine dei
rapporti economici e commerciali di ogni
tipo e quindi anche di rapporti politici,
portando al più catastrofico degli eventi
per le città magnogreche:
la discesa di
genti locali in direzione della penisola
calabra.
Dobbiamo, però, anche
ammettere che Crotone in breve tempo abbia
ripreso un posto eminente tra le città
italiote, se in piena età romana se ne
poteva parlare come di una città che aveva
detenuto il potere in Italia (Cic.,
De inv. II 1, 1; Petr.,
Sat., 116, 2).
Naturalmente un’affermazione del genere
prima della distruzione di Sibari sarebbe
inconcepibile; ma bene si concilia con il
periodo successivo al 510.
La monetazione di Crotone
post 510 a.C.
Tra la fine del VI e l’inizio
del V sec. a.C., la società crotoniate
rivela un certo interesse verso l’incremento
degli scambi monetari tra le poleis
italiote. In questo periodo si susseguono
tre notevoli esperienze monetarie, secondo
la suddivisione operata dagli studiosi
moderni: la monetazione c.d. ‘d’impero’,
quella ‘d’alleanza’ e ‘di scambio’ (o
volgarmente ‘delle monetine’).
La prima è costituita da
stateri incusi ed è limitata agli ultimi
anni del VI sec. a.C.: unica eccezione è
costituita dalle monete di Temesa che
continuano ad essere coniate anche dopo
quando la coniazione a doppio rilievo e che
presentano delle frazioni. Essa riguarda le
località della chora Sibarita passate
sotto il possesso di Crotone: Sibari, Laos,
Pandosia, Temesa.
In un secondo momento, ancora
confuso ma più stabile rispetto al periodo
delle coniazioni ‘d’impero’, è quello in cui
la difficile gestione del territorio sembra
mutare il sistema di interazione
diplomatica, che non si basa su una forma di
sudditanza ma piuttosto su un incontro
cultural-economico, seguente alla gestione
di un territorio più grande, basato su un
sistema pseudo-federale e su una mole più
elevata di scambi commerciali, adattandosi
alle differenti esigenze a seconda delle
poleis sottomesse che comunque si
concretizza nella sua forma egemonica
rintracciabile nella matrice simbolica del
tripode delfico.
Pur nell’incapacità di
gestire una situazione territoriale, così
come aveva fatto Sibari, Crotone ne è
obbligata a divenire sua erede, per lo meno
commerciale. A fianco alle monete che
riunifichino, o che servano a controllare,
l’impero appena acquisito, la città
pitagorea non molto tempo dopo inizia a
coniare le c.d. monete ‘di scambio’, con la
funzione da una parte di rinsaldare i
rapporti politici e soprattutto economici
con le città greche al di fuori dell’area di
conquista, che forse si erano andati
disperdendo. Crotone infatti rimane miope di
fronte all’uniformarsi della monetazione
ormai diventata ufficiale: quella
euboico-attica. Invece di stravolgere il suo
sistema monetale, rimane radicata al suo
sistema non allineandosi al resto della
Sicilia e della Magna Grecia (Taranto,
Reggio), integrando la propria monetazione
con un particolare sistema monetale.
Ma da circa il 475 a.c.,
qualcosa inizia a cambiare nel sistema
monetale, e quindi probabilmente anche
politico, di Crotone, a causa di alcuni
problemi che cercheremo di analizzare che si
instaurano all’interno ed all’esterno del
precario equilibrio creato da Crotone.
Le monete ‘d’impero’
Gli studiosi di numismatica,
ed in testa a tutti N.F. Parise, sono certi
che Crotone coniò delle vere e proprie
‘monete d’impero’. Il caso più eclatante
delle quali è dato dalle monete attribuite a
Temesa il cui controllo da parte della città
lacinia andrebbe posto al momento della
caduta di Sibari (dando per scontato che
Temesa appartenesse a Sibari).
Con la sconfitta patita
avviene l’automatico accorpamento dei
territori facenti capo a Sibari da e che
possono raggrupparsi in 5 grandi aree:
1 - Piana di Sibari, foce del
Crati e corolla dei centri minori sulle
colline prospicienti alla piana medesima.
2 - Regioni settentrionali
dell’impero sibarita, facenti capo all’area
di Poseidonia, che vanno dal golfo di
Policastro alla foce del Sele.
3 - Siritide, area già
‘conglobata’ da Sibari in precedenza e che
comprende il corridoio Jonio-Tirreno, a
cavallo dell’attuale confine tra Basilicata
e Calabria, facente capo alla città di Laos.
4 - Area Enotria,
comprendente l’entroterra calabro della zona
montuosa tutt’oggi chiamata Sila Greca, che
comprendeva l’altro corso del Crati e
facente capo a Pandosia.
5 - Area tirrenica
meridionale, fascia montuosa dalla foce del
fiume Lao a quella del Savuto, con Temesa
come città principale.
L’intera situazione è
documentata dalle monete c.d. ‘d’impero’ :
QPO-MV, QPO-PANDO, QPO-TE, che nel momento
successivo al 510 a.C. si possono
considerare controllate in questo periodo da
Crotone. Le monete sarebbero quelle con la
classica effigie deifica sul dritto, e
quelle con il toro sibarita sul rovescio,
con la leggenda MV e PAN (PANDO), oppure con
la doppia leggenda QPO-TE, alle quali
seguiranno quelle a doppio rilievo, D/
Tripode Crotoniate, R/ Elmo Temesano,
monetazione che sembra persistere fino alla
metà del V sec. a.C., quando presumibilmente
Crotone perse il dominio sulla città
tirrenica. Eppure queste monetazioni non
sembrano toccare l’area del Golfo di
Policastro, cioè Pixus, Laos, Poseidonia.
Delle aree indigene che si
erano preservate, continuavano ad essere
vive quelle nei pressi di Laos, comprese tra
i fiumi Noce e Laos, quelle identificate con
i nomi attuali di Maratea, Tortora e Petrosa
di Scalea, dove probabilmente Crotone non
poté arrivare, forse furono proprio questi
nuclei che preservarono l’incolumità dei
Sibariti e li ospitarono. Che Laos abbia in
qualche modo conservato la propria autonomia
rispetto a Crotone è evidente dalle sue
emissioni di città libera.
Nell’ultima fase della
monetazione incusa che si estende fino alla
metà se non oltre del V sec. a.C., troviamo
delle monete emesse a nome di altre città
sempre però con il tipo del tripode: Crotone-Sibari,
Crotone-Pandosia, Crotone-Temesa,
Crotone-Laos.
Oltre alla principale moneta
‘d’impero’, Crotone-Sibari, di cui si è già
detto:
D/ QPO a s.; tripode su
linea perlinata
R/ Toro a d. retrospiciente
incuso su linea d’esergo a tratto lineare
(Fig. 3)
(Fig.
3)
Il Mangeri pone tali
emissioni nella prima metà del V sec. a.C.,
soprattutto per lo spessore medio del
tondello. Con tali monete si accrediterebbe
la sopravvivenza di una piccola Sibari,
confermata dalle fonti (Jambl.,
De Vita Pyt. 74; Diod. XI 48, 4)
e da altri esemplari d’alleanza che non
possono essere definiti come emissione
celebrativa, vista la destinazione,
attraverso le frazioni, alla circolazione.
Sono comunque la conferma del controllo
crotoniate sulla polis occupata.
Moneta testimoniante il
dominio di Crotone su Temesa:
D/ Tripode delfico con piedi
leonini, a s. Legg. QPO.
R/ Aulopode corinzio incuso a
s.
(Fig. 4)
(Fig.
4)
Questo esemplare di estrema
rarità ha suscitato numerose discussioni.
Uno dei primi studiosi di numismatica, il
Minervini, come il Garrucci, stimavano che
si dovesse trattare dell’alleanza di Crotone
con Temesa, o comunque della commemorazione
di un foedus. La mancanza della
leggenda ha fatto però sorgere qualche
dubbio proprio sull’attribuzione, che deriva
dall’esistenza di un altro statere, stavolta
non incuso, (datato dall’Attianese al 450
a.C.), anch’esso recante il tripode al
dritto e l’elmo al rovescio, ma con la
leggenda TE-TEM; dunque per analogia si è
voluta vedere anche in questo caso
un’alleanza di Crotone con la città
tirrenica, poco a nord di Terina, massimo
sbocco commerciale della polis
sull’altra sponda.
Peculiare e complesso appare
invece il rapporto tra Crotone e Pandosia :
D/ Tripode delfico con piedi
leonini, a sin. leg. QPO
R/ Toro stante a d.,
retrospiciente in rilievo, circondato da
bordo perlinato, il tutto all’interno di un
rettangolo incuso; nel campo in alto
PAN,
in basso
DO
in rilievo
(Fig. 5)
(Fig.
5)
Questi stateri di grande
rarità dimostrano un’altra confederazione (sic!)
tra Crotone e Pandosia. Allorquando Sibari
fu distrutta dai Crotoniati, Pandosia passò
sotto la loro egemonia e Crotone fu
obbligata ad adottare una politica ‘morbida’,
concedendo ai popoli sottomessi vari
privilegi tra cui quello di battere moneta.
Particolare è la forma che assume in questo
caso il toro inserito in un quadrilatero
incuso. Il toro retrospiciente è comune,
nella seconda metà del VI secolo a.C. Alle
emissioni SIRINOS-PICUOES,
SO(ntia), AMI,
oltre che a quelle di Sibari, per questo
motivo viene definito SibariticoIl Mangeri data tale esemplare a
cavallo tra la fine del VI e i primissimi
anni del V sec. a.C.
Ma la loro funzione reale era
sempre quella di essere subordinati alla
città di Pitagora e sostanzialmente privi di
una reale autonomia”. Il Babelon considera
queste monete come monete d’alleanza, e le
attribuisce all’anno 480 a.C., ritenendo che
gli esemplari non furono battuti a Pandosia
ma a Crotone. Il Kahrsedt aggiunge che è
impossibile che tale alleanza si sia potuta
concludere dopo il 480 a.C., mentre il Kraay
la ritiene testimonianza del passaggio dall’incuso
al doppio rilievo. Qui si vuole esprimere un
rapporto tra città egemone, divenuta tale, e
centro autonomo almeno con l’egemonia
sibarita, che manifesta la propria
“esistenza”, e ne dichiara la passata
appartenenza a Sibari. In questo modo
l’appartenenza è Crotoniate.
Altra moneta in rilievo
riferibile a questo contesto:
D/ Tripode delfico su base
perlinata; a sin. Legg. VM a des. Polpo.
R/ Toro in rilievo stante a
sin., retrospiciente, su base perlinata,
all’esergo la leggenda LAF (retrogrado) in
rilievo
(Fig. 6)
(Fig.
6)
QUINTA SERIE,
CROTONE-SIBARI |
|
DRITTO |
ROVESCIO |
V-I |
Tripode delfico su linea semplice,
QPO a s. |
Toro retrospiciente stante a d., su
base tratteggiata, incuso, in
esergo, MV in rilievo. (fig. 3) |
SESTA SERIE,
CROTONE-TEMESA |
|
DRITTO |
ROVESCIO |
VI-I |
Tripode delfico su doppia linea, QPO
a s. |
Elmo corinzio incuso a s. (fig. 4) |
SETTIMA SERIE,
CROTONE-PANDOSIA |
|
DRITTO |
ROVESCIO |
VII-I |
Tripode delfico su linea perlinata,
QPO a s. |
Toro retrospiciente in rilievo entro
rettangolo incuso (fig. 5),
PAN
sopra –
OD sotto |
OTTAVA SERIE,
CROTONE-LAOS |
|
DRITTO |
ROVESCIO |
VIII-I |
Tripode delfico su linea perlinata;
VM a s., polpo a d. |
Toro retrospiciente in rilievo
stante a s., su base perlinata,
all’esergo la leggenda FAL
(LAV - retrogrado) (fig. 6) |
Sulla base dei tipi e delle
leggende si testimonia una confederazione
tra Crotone, Sibari (ormai sottomessa) e
Laos, che si liberò del giogo Sibarita, ma
cadde in quello Crotoniate, almeno per un
breve periodo. Manca in questo caso il nome
di Crotone che fa pensare ad una mancanza
dei rapporti tra essa e la città tirrenica,
rapporto dopotutto attestato con Sibari e
confermato dal solo simbolo per Crotone.
Le città sopraindicate
definiscono i rapporti tra Crotone e le
città che erano prima subordinate a Sibari e
che essendo entrate nella sfera di potere crotoniate, riescono a mantenere, forse, un
tipo di rapporto con la città Lacinia,
simile a quello avuto con Sibari, di cui
Crotone si pone come diretta erede.
|