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N. 22 - Marzo 2007

LA MONETAZIONE ‘D’IMPERO’ E ‘D’ALLEANZA’ DI CROTONE

Le monete e l'Impero - Parte II

di Antonio Montesanti

 

Cilone (prima rivolta contro i pitagorici 510-500 a.C.)

 

Allo stato attuale delle conoscenze, abbiamo conferma dalle fonti, scritte e numismatiche, che Crotone riunì a se il territorio sibarita, difatti, successivamente all’inglobamento del dell’impero sconfitto, si ebbe probabilmente una suddivisione delle terre tra gli oligarchi del circolo pitagorico che avevano avuto un ruolo fondamentale nella vittoria, tra cui Milone, duce e “martello” della schiera cotoniate.

 

Le fonti, nel periodo successivo alla presa di Sibari, considerano una Crotone retta da un sùnkletos (sorta di assemblea popolare) e da una gherousia (senato) (Diod. XII 9, 4; Val. Max. VIII 15 ext.; Dicearch., FrGHist II, p. 244 fr. 29 = Porphyr., Vita Pythag. 18 Nauck), mentre il territorio propriamente attinente alla città, è retto da un Subaritwn exarcoV (“Sybaritòn exarchos” - ‘governatore’ o ‘prefetto’ dei Sibariti) che rappresenta una figura fondamentale ai fini del nostro discorso.

 

Ignoriamo se tale carica nacque nel periodo immediatamente successivo alla presa della città oppure negli anni che poi seguirono la gestione del suo territorio e se si trattasse di un governatore militare più che civile dell’area della distrutta Sibari.

 

Giambico ci dice che venne nominato Cilone come magistrato tenuto a detenere la carica di governatore dei Sibariti e che, allorquando rivestiva tale ufficio prese le distanze dal movimento filosofico e addirittura intraprese un’azione antipitagorica guidata da lui stesso.

 

Permangono delle enormi lacune storiche sui meccanismi di causa-effetto, ma sappiamo che Cilone verrà espulso, perché indegno di far parte della setta (Jambl., V. Pyth. 74 Nauck) e per questo in opposizione a Pitagora sembra divenisse protagonista della rivolta come leader della grande coalizione, che rivendicava la ridistribuzione delle terre coltivabili del territorio sibarita; motivi che forse condurranno lo stesso Milone a prendere le distanze dal movimento, in seguito alle ingiustizie perpetrate durante la spartizione.

 

La sommossa ebbe come effetto principale la fuga volontaria o l’allontanamento di Pitagora e in seguito un lungo periodo di disordini, nella città e nel territorio e per risolvere la situazione fu chiesto l’intervento di moderazione a Tarantini, Metapontini e Cauloniati, fino all’ascesa di un governo radicale che s’instaurò con una serie di provvedimenti di tipo ‘anarchico’: abolizione dei debiti e ridistribuzione delle terre (Jambl. V. Pyth. 249).

 

In ogni caso l’istituzione di un’apposita magistratura per la organizzazione del territorio, ci dà una idea di quanto fu realmente complesso e delicato l’inglobamento della chora sibarita alla quale doveva fare eco tutta una serie di nuove cariche magistratuali in grado di controllare i nuovi territori.

 

Alla prima linea che vedrebbe i pitagorici eredi della seconda Sibari, si affianca una seconda linea dettata dalla testimonianza delle fonti. Infatti, non ci sarebbero grossi problemi nel confermare le ipotesi se la tradizione non confermasse la distruzione totale e duratura di Sibari (Strab. VI 1, 13 C 263 ; Diod. XII 10), anche se non dobbiamo escludere la possibilità della temporanea linea ‘pitagorica’.

 

La carica ricoperta da Cilone si collocherebbe nel periodo immediatamente successivo alla conquista, a cui avrebbe fatto seguito la costituzione di una linea pitagorica e poi successivamente la costituzione di una comunità sibarita. Poiché vi sono numerosi problemi per poter riscontrare una sopravvivenza di Sibari, non sembra, tutto sommato, potersi negare l’esistenza di un ridotto nucleo sibarita di stampo Crotoniate, che si sarebbe protratto almeno fino al 477/6 a.C.

 

Altro elemento che però non viene a supporto di questa ipotesi sono le cosiddette monete d’impero, con le leggende QPO-MY (SU) che, essendo molto limitate, non fanno propendere gli studiosi per un arco di tempo così lungo, per la sopravvivenza della seconda Sibari, nei luoghi della prima.

 

Per questo utilizziamo una ‘controfonte’ rispetto a quelle monetali, che si pone contro le ipotesi di una Sibari II: Erodoto, che conosce perfettamente i fatti di Sibari, dice esplicitamente che al tempo della distruzione di Mileto, i Sibariti “essendo stati privati della loro città abitavano Laos e Scidro” (Hdt. VI 21). In seguito a questa fonte c’è da chiedersi se l’esito della prima rivolta antipitagorica non abbia prodotto l’allontanamento dei superstiti rimasti gravitanti fino ad allora, cioè fino al 500 a.C. ca., nell’area ionica, verso le sedi delle colonie delle grande Sibari.

 

Quella zona sarebbe, a quel punto, divenuta sotto il totale e diretto controllo dei partigiani crotoniati di Cilone, che rivendicavano gli effetti della vittoria. Ma perché dunque ci rifacciamo al 477/6 a.C. per l’attribuzione di una probabile esistenza di una Sibari II?

 

Perché a questo periodo e a questa eventualità andrebbe riferita la coniazione di scarsa consistenza e durata, di serie a doppio rilievo, databili nel medesimo periodo delle precedenti emissioni Crotone-Sibari-Laos. L’ipotesi più comune che si è fatta è quella di vedere dei rapporti tra la Sibari II (ricostruita o comunque non ‘defunta’) e l’ormai autonoma Laos, anche se si scorgerebbe sempre nella moneta una dipendenza da Crotone.

 

Le monete QPO-MV potrebbero confermare la non distruzione della città, e l’entrata ufficiale di essa nel ‘neo-impero Crotoniate’, sotto la guida dei pitagorici, che tennero per loro l’area occupata. La breve durata dell’emissione assicurerebbe che solo in seguito alla rivolta ciloniana, Sibari sarebbe stata abbandonata, e i loro abitanti emigrati nelle subcolonie. Qui si sarebbe fermata la monetazione, che potrebbe definirsi la prima serie delle monete d’impero di Crotone.

 

Filottete

 

L’elemento più evidente del sinecismo o comunque dei rapporti tra Crotone e Sibari rimane la leggenda di Filottete.

 

Ci sarebbe stata, secondo alcuni, la volontà di Crotone di divenire la diretta erede di Sibari di cui l’atto simbolico più formale fu, senza ombra di dubbio, il trasferimento delle armi di Filottete da Sibari, appunto, a Crotone. Filottete era eroe sibarita, morto nei pressi della città dove sorgeva l’heroon (Ps. Aristot., Mir. 107), acquisito da Crotone al momento della vittoria; il mito dunque si spostava, e veniva ad operare nella Crotoniatide, tra Crimisa e l’Aisaros, tra Crimisa ed il Nauaithos (Lycophr., Alex. 911): secondo il mito Filottete moriva ad opera di Ausoni Pelleni, nei pressi del Neuaithos (Polyaen. VII 47; Apollod. In schol. Lycophr. 921 = Epit. VI 15c), dove diventa non un greco contro i barbari, ma un sopraffattore di achei.

 

I luoghi della geografia cotoniate, Petelia, Makalla e Chone, diventano di fondamentale importanza per capire, spiegare e definire i confini della sua chora, e dell’interazione dei territori sibarita e crotoniate, prima e dopo il Traente. La “sacra” Crimisa è sede del tempio di Apollo fondato da Filottete dove erano conservatele frecce e l’arco di Eracle (Lycophr., Alex. 919-921; Ps. Aristot., Mir. 107; Euphor. Fr. 49 Van Groningen).

 

L’oracolo legittima l’espansione di Crotone ai danni di Sibari riconoscendo nella “sacra Crimisa”, e quindi nella zona di fondazione di Filottete, il confine settentrionale. L’oracolo si colloca con una certa verosimiglianza negli anni post 510 a.C., quando si dovette legittimare una egemonia ormai pienamente acquisita. La figura di Eracle come ecista dovette essere utilizzata in un periodo ben specifico ed iniziarono ad essere utilizzate analogie consistenti tra Filottete ed Eracle, che si identificano in due serie monetali di Crotone (SNG, ANS, III, Bruttium-Sicily, I, New York, 1975, nn. 371-383 e nn. 334-335):

 

I) D/ Testa frontale di Era Lacinia

   R/ Leggenda KROTON ed Eracle seduto con coppa nella mano d., con arco e leontè e clava dietro di lui (Fig. 1)

 

(Fig. 1)

 

II) D/ Eracle seduto in qualità di ecista, ramoscello nella mano d. ed asta nella mano

   s.,  con arco e leontè e clava dietro di lui, in esergo due pesci

   R/ Apollo che saetta Python; nel mezzo tripode delfico (Fig. 2)

 

(Fig. 2)

 

A Crotone manca, secondo le proprie istituzioni, la legittimazione dell’impero acquisito, con la quale la città s’imporrebbe cronologicamente e topograficamente sui luoghi che appartenevano a Sibari e che probabilmente utilizzano spinte autonomistiche per divenire indipendenti.

 

In pratica i ‘luoghi’ cronologici si riducono essenzialmente a tre:

 

A) 1200-1150 a.C. – “I Greci infatti, a cominciare già dai tempi della guerra di Troia [cui si riferisce l’episodio di Filottete], si erano impadroniti sia di gran parte dell’entroterra, al punto da chiamare questa terra ‘Magna Grecia’, e sia della Sicilia” (Strab. VI 1, 2, 53 ; cfr. VI 1, 11, 262C).

 

B) 760-700 a.C. – Sibari e Crotone fondano le città ed occupano i rispettivi territori e utilizzano come eroe comune Filottete, stesso periodo in cui viene fondata l’ipotetica ‘Lega Italiota’.

 

C) 510-470 a.C. – Periodo che segue alla distruzione totale della città e che vede Crotone occupare i territori in modo chiaro ed evidente, anche e soprattutto a danno delle popolazioni locali, che pur sottostando a Sibari avevano un certo margine di libertà evidenziato dalla non soppressione dei nomi e dalle città, che dopo la disintegrazione dell’impero cercavano di crearsi un proprio territorio e una propria indipendenza.

 

In modo particolare quando Crotone non riuscirà più a reggere le fila del discorso ‘impero’; classico e chiaro è l’esempio di Pandosia e della sua monetazione.

 

Tramonto di una oligarchia

 

Dal 510 al 446 a.C. la Magna Grecia vive una delle più intense fasi di storia. Cambiamenti radicali avvengono nelle compagini delle città e inizia la riscossa delle classi che fino ad allora erano state compresse. In particolare alcuni fermenti si scorgono nei ceti indigeni delle campagne, mentre sui monti ed all’interno i Lucani o meglio i Sanniti, da una parte, si preparano ad attaccare le prospere città dei greci sulla costa. Dall’altra parte le popolazioni Messapiche e Daune si preparano ad attaccare le città nell’arco Ionico del Golfo di Taranto. All’interno di alcune città magno-greche come Locri, Crotone, Metaponto, Taranto, Reggio e Poseidonia, i reggimi oligarchici da tempo imperanti, ricevono conferma teoretica ed etica dal Pitagorismo, assurto quasi a dignità di suprema dottrina politica, negante la parità degli uomini ed il diritto di pochi sapienti a reggere le strutture politiche della città.

 

Il dopo Sibari

 

Ma qual’era dunque la situazione post-Sibari, all’interno della sua chora, e di quella crotoniate? Una cosa apparve, e appare chiara, Crotone non volle, non poté, non riuscì ad essere l’erede totale, e cioè ad acquisire in toto le prerogative che già erano state della sua più acerrima nemica. Tutto sembra sprofondare nella più assoluta anarchia, vi sono solo pochi timidi tentativi di mantenere per lo meno il controllo sul paese conquistato: una crisi regionale che condusse ad un ”vuoto” politico con un sicuro indebolimento ed impoverimento dell’area e che sicuramente favorì l’invasione lucana prima, e quella brettia poi, già dalla metà del V secolo.

 

Tra gli anni 460-450 a.C., periodo delle seconde rivolte pitagoriche, Crotone sembra perdere totalmente il proprio confronto nel tempo, con Sibari, la quale era riuscita ad avere sempre il pieno controllo dell’area.

 

Se “....alla caduta di Sibari aveva contribuito l’interesse di un mondo economico che non era solo quello cotoniate… che tese a spezzare il tentativo di costituzione unitaria di un mondo economico magno-greco...., che con Sibari e i suoi alleati aveva preso corpo per la prima, e forse per l’ultima volta...”, parimenti è altrettanto scontato che le stesse realtà non avrebbero consentito il ricostituirsi di un impero retto da Crotone.

 

Indiscutibilmente Crotone guadagnò non poco da questa situazione, lo dimostra che il suo stato, anzi la sua federazione, si allargò fino a comprendere centri urbani fino ad allora autonomi o rientranti nella giurisdizione di altre città, fino a controllare zone dell’entroterra non greco. Secondo le diverse ipotesi fornite dai diversi studiosi, le prove sarebbero fornite dalle monete crotoniati differenti che sembrano includere centri urbani all’interno di un’area molto estesa: Petelia, Macalla, Crimisa, Pandosia, Temesa, Caulonia, e forse Hipponion e Medma.

 

Ma Crotone non dovette realizzare appieno il suo scopo. È illuminante a tale proposito, il fatto che non solo Crotone, ma anche le altre città coniarono in quel periodo secondo moduli acheo-sibaritici. Dopo la distruzione di Sibari si inseriscono le emissioni con la doppia leggenda QPO-MV e QPO-PANDO che già venti anni prima di Perret, il Kahrstedt aveva definito come ‘monetazione d’impero’, e messo in rapporto con l’egemonia di Crotone in Magna Grecia.

 

Si intravedono tracce del fatto che non solo Crotone abbia rivendicato il diritto alla eredità politica e soprattutto economica di Sibari. Anche altre città partecipi e no alla coalizione cercarono di sostituirsi a Sibari e di assumere la funzione egemonica nell’area fra i mari Ionio e Tirreno.

 

Era così dimostrato che l’eredità di Sibari anziché andare perduta diveniva appannaggio di più realtà purtroppo frazionandosi, ma andando divisa tra diverse rivendicazioni sociali: Poseidonia, Reggio, Siracusa, la stessa Crotone ed addirittura Atene. La fine del commercio delle navi italiote fu la prima conseguenza della caduta di Sibari e quindi la fine dei rapporti economici e commerciali di ogni tipo e quindi anche di rapporti politici, portando al più catastrofico degli eventi per le città magnogreche: la discesa di genti locali in direzione della penisola calabra.

 

Dobbiamo, però, anche ammettere che Crotone in breve tempo abbia ripreso un posto eminente tra le città italiote, se in piena età romana se ne poteva parlare come di una città che aveva detenuto il potere in Italia (Cic., De inv. II 1, 1; Petr., Sat., 116, 2). Naturalmente un’affermazione del genere prima della distruzione di Sibari sarebbe inconcepibile; ma bene si concilia con il periodo successivo al 510.

 

La monetazione di Crotone post 510 a.C.

 

Tra la fine del VI e l’inizio del V sec. a.C., la società crotoniate rivela un certo interesse verso l’incremento degli scambi monetari tra le poleis italiote. In questo periodo si susseguono tre notevoli esperienze monetarie, secondo la suddivisione operata dagli studiosi moderni: la monetazione c.d. ‘d’impero’, quella ‘d’alleanza’ e ‘di scambio’ (o volgarmente ‘delle monetine’).

 

La prima è costituita da stateri incusi ed è limitata agli ultimi anni del VI sec. a.C.: unica eccezione è costituita dalle monete di Temesa che continuano ad essere coniate anche dopo quando la coniazione a doppio rilievo e che presentano delle frazioni. Essa riguarda le località della chora Sibarita passate sotto il possesso di Crotone: Sibari, Laos, Pandosia, Temesa.

 

In un secondo momento, ancora confuso ma più stabile rispetto al periodo delle coniazioni ‘d’impero’, è quello in cui la difficile gestione del territorio sembra mutare il sistema di interazione diplomatica, che non si basa su una forma di sudditanza ma piuttosto su un incontro cultural-economico, seguente alla gestione di un territorio più grande, basato su un sistema pseudo-federale e su una mole più elevata di scambi commerciali, adattandosi alle differenti esigenze a seconda delle poleis sottomesse che comunque si concretizza nella sua forma egemonica rintracciabile nella matrice simbolica del tripode delfico.

 

Pur nell’incapacità di gestire una situazione territoriale, così come aveva fatto Sibari, Crotone ne è obbligata a divenire sua erede, per lo meno commerciale. A fianco alle monete che riunifichino, o che servano a controllare, l’impero appena acquisito, la città pitagorea non molto tempo dopo inizia a coniare le c.d. monete ‘di scambio’, con la funzione da una parte di rinsaldare i rapporti politici e soprattutto economici con le città greche al di fuori dell’area di conquista, che forse si erano andati disperdendo. Crotone infatti rimane miope di fronte all’uniformarsi della monetazione ormai diventata ufficiale: quella euboico-attica. Invece di stravolgere il suo sistema monetale, rimane radicata al suo sistema non allineandosi al resto della Sicilia e della Magna Grecia (Taranto, Reggio), integrando la propria monetazione con un particolare sistema monetale.

 

Ma da circa il 475 a.c., qualcosa inizia a cambiare nel sistema monetale, e quindi probabilmente anche politico, di Crotone, a causa di alcuni problemi che cercheremo di analizzare che si instaurano all’interno ed all’esterno del precario equilibrio creato da Crotone.

 

Le monete ‘d’impero’

 

Gli studiosi di numismatica, ed in testa a tutti N.F. Parise, sono certi che Crotone coniò delle vere e proprie ‘monete d’impero’. Il caso più eclatante delle quali è dato dalle monete attribuite a Temesa il cui controllo da parte della città lacinia andrebbe posto al momento della caduta di Sibari (dando per scontato che Temesa appartenesse a Sibari).

Con la sconfitta patita avviene l’automatico accorpamento dei territori facenti capo a Sibari da e che possono raggrupparsi in 5 grandi aree:

 

1 - Piana di Sibari, foce del Crati e corolla dei centri minori sulle colline prospicienti alla piana medesima.

2 - Regioni settentrionali dell’impero sibarita, facenti capo all’area di Poseidonia, che vanno dal golfo di Policastro alla foce del Sele.

3 - Siritide, area già ‘conglobata’ da Sibari in precedenza e che comprende il corridoio Jonio-Tirreno, a cavallo dell’attuale confine tra Basilicata e Calabria, facente capo alla città di Laos.

4 - Area Enotria, comprendente l’entroterra calabro della zona montuosa tutt’oggi chiamata Sila Greca, che comprendeva l’altro corso del Crati e facente capo a Pandosia.

5 - Area tirrenica meridionale, fascia montuosa dalla foce del fiume Lao a quella del Savuto, con Temesa come città principale.

 

L’intera situazione è documentata dalle monete c.d. ‘d’impero’ : QPO-MV, QPO-PANDO, QPO-TE, che nel momento successivo al 510 a.C. si possono considerare controllate in questo periodo da Crotone. Le monete sarebbero quelle con la classica effigie deifica sul dritto, e quelle con il toro sibarita sul rovescio, con la leggenda MV e PAN (PANDO), oppure con la doppia leggenda QPO-TE, alle quali seguiranno quelle a doppio rilievo, D/ Tripode Crotoniate, R/ Elmo Temesano, monetazione che sembra persistere fino alla metà del V sec. a.C., quando presumibilmente Crotone perse il dominio sulla città tirrenica. Eppure queste monetazioni non sembrano toccare l’area del Golfo di Policastro, cioè Pixus, Laos, Poseidonia.

 

Delle aree indigene che si erano preservate, continuavano ad essere vive quelle nei pressi di Laos, comprese tra i fiumi Noce e Laos, quelle identificate con i nomi attuali di Maratea, Tortora e Petrosa di Scalea, dove probabilmente Crotone non poté arrivare, forse furono proprio questi nuclei che preservarono l’incolumità dei Sibariti e li ospitarono. Che Laos abbia in qualche modo conservato la propria autonomia rispetto a Crotone è evidente dalle sue emissioni di città libera.

 

Nell’ultima fase della monetazione incusa che si estende fino alla metà se non oltre del V sec. a.C., troviamo delle monete emesse a nome di altre città sempre però con il tipo del tripode: Crotone-Sibari, Crotone-Pandosia, Crotone-Temesa, Crotone-Laos.

 

Oltre alla principale moneta ‘d’impero’, Crotone-Sibari, di cui si è già detto:

 

D/ QPO a s.; tripode su linea perlinata

R/ Toro a d. retrospiciente incuso su linea d’esergo a tratto lineare (Fig. 3)

 

(Fig. 3)

 

Il Mangeri pone tali emissioni nella prima metà del V sec. a.C., soprattutto per lo spessore medio del tondello. Con tali monete si accrediterebbe la sopravvivenza di una piccola Sibari, confermata dalle fonti (Jambl., De Vita Pyt. 74; Diod. XI 48, 4) e da altri esemplari d’alleanza che non possono essere definiti come emissione celebrativa, vista la destinazione, attraverso le frazioni, alla circolazione. Sono comunque la conferma del controllo crotoniate sulla polis occupata.

 

Moneta testimoniante il dominio di Crotone su Temesa:

 

D/ Tripode delfico con piedi leonini, a s. Legg. QPO.

R/ Aulopode corinzio incuso a s. (Fig. 4)

 

(Fig. 4)

 

Questo esemplare di estrema rarità ha suscitato numerose discussioni. Uno dei primi studiosi di numismatica, il Minervini, come il Garrucci, stimavano che si dovesse trattare dell’alleanza di Crotone con Temesa, o comunque della commemorazione di un foedus. La mancanza della leggenda ha fatto però sorgere qualche dubbio proprio sull’attribuzione, che deriva dall’esistenza di un altro statere, stavolta non incuso, (datato dall’Attianese al 450 a.C.), anch’esso recante il tripode al dritto e l’elmo al rovescio, ma con la leggenda TE-TEM; dunque per analogia si è voluta vedere anche in questo caso un’alleanza di Crotone con la città tirrenica, poco a nord di Terina, massimo sbocco commerciale della polis sull’altra sponda.

 

Peculiare e complesso appare invece il rapporto tra Crotone e Pandosia :

 

D/ Tripode delfico con piedi leonini, a sin. leg. QPO

R/ Toro stante a d., retrospiciente in rilievo, circondato da bordo perlinato, il tutto all’interno di un rettangolo incuso; nel campo in alto PAN, in basso DO in rilievo (Fig. 5)

 

(Fig. 5)

 

Questi stateri di grande rarità dimostrano un’altra confederazione (sic!) tra Crotone e Pandosia. Allorquando Sibari fu distrutta dai Crotoniati, Pandosia passò sotto la loro egemonia e Crotone fu obbligata ad adottare una politica ‘morbida’, concedendo ai popoli sottomessi vari privilegi tra cui quello di battere moneta. Particolare è la forma che assume in questo caso il toro inserito in un quadrilatero incuso. Il toro retrospiciente è comune, nella seconda metà del VI secolo a.C. Alle emissioni SIRINOS-PICUOES, SO(ntia), AMI, oltre che a quelle di Sibari, per questo motivo viene definito Sibaritico. Il Mangeri data tale esemplare a cavallo tra la fine del VI e i primissimi anni del V sec. a.C.

 

Ma la loro funzione reale era sempre quella di essere subordinati alla città di Pitagora e sostanzialmente privi di una reale autonomia”. Il Babelon considera queste monete come monete d’alleanza, e le attribuisce all’anno 480 a.C., ritenendo che gli esemplari non furono battuti a Pandosia ma a Crotone. Il Kahrsedt aggiunge che è impossibile che tale alleanza si sia potuta concludere dopo il 480 a.C., mentre il Kraay la ritiene testimonianza del passaggio dall’incuso al doppio rilievo. Qui si vuole esprimere un rapporto tra città egemone, divenuta tale, e centro autonomo almeno con l’egemonia sibarita, che manifesta la propria “esistenza”, e ne dichiara la passata appartenenza a Sibari. In questo modo l’appartenenza è Crotoniate.

 

Altra moneta in rilievo riferibile a questo contesto:

 

D/ Tripode delfico su base perlinata; a sin. Legg. VM a des. Polpo.

R/ Toro in rilievo stante a sin., retrospiciente, su base perlinata, all’esergo la leggenda LAF (retrogrado) in rilievo (Fig. 6)

 

(Fig. 6)

 

 

QUINTA SERIE, CROTONE-SIBARI

 

DRITTO

ROVESCIO

V-I

Tripode delfico su linea semplice, QPO a s.

Toro retrospiciente stante a d., su base tratteggiata, incuso, in esergo, MV in rilievo. (fig. 3)

 

SESTA SERIE, CROTONE-TEMESA

 

DRITTO

ROVESCIO

VI-I

Tripode delfico su doppia linea, QPO a s.

Elmo corinzio incuso a s. (fig. 4)

 

SETTIMA SERIE, CROTONE-PANDOSIA

 

DRITTO

ROVESCIO

VII-I

Tripode delfico su linea perlinata, QPO a s.

Toro retrospiciente in rilievo entro rettangolo incuso (fig. 5), PAN sopra – OD sotto

 

OTTAVA SERIE, CROTONE-LAOS

 

DRITTO

ROVESCIO

VIII-I

Tripode delfico su linea perlinata;    VM a s., polpo a d.

Toro retrospiciente in rilievo stante a s., su base perlinata, all’esergo la leggenda FAL (LAV - retrogrado) (fig. 6)

 

Sulla base dei tipi e delle leggende si testimonia una confederazione tra Crotone, Sibari (ormai sottomessa) e Laos, che si liberò del giogo Sibarita, ma cadde in quello Crotoniate, almeno per un breve periodo. Manca in questo caso il nome di Crotone che fa pensare ad una mancanza dei rapporti tra essa e la città tirrenica, rapporto dopotutto attestato con Sibari e confermato dal solo simbolo per Crotone.

 

Le città sopraindicate definiscono i rapporti tra Crotone e le città che erano prima subordinate a Sibari e che essendo entrate nella sfera di potere crotoniate, riescono a mantenere, forse, un tipo di rapporto con la città Lacinia, simile a quello avuto con Sibari, di cui Crotone si pone come diretta erede.



 

 

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