N. 25 - Gennaio 2010
(LVI)
MONDO SENZA FINE
RECENSIONE DEL LIBRO DI KEN FOLLET
di Giulia Gabriele
Appena finito
di leggere questo capolavoro di 1370 pagine, sono
rimasta un attimo con lo sguardo fisso sulla
finestra della mia camera, con il libro chiuso
poggiato sulle gambe. Ho impiegato qualche istante
per realizzare quale sensazione mi avesse lasciato
questa appassionante lettura, ma poi ho capito:
perplessità.
“Mondo
senza fine” è una sorta di seguito del precedente
capolavoro di Ken Follet, “I pilastri della Terra”. Ci
troviamo ancora a Kingsbridge, 200 anni dopo, sempre
all’ombra dell’imponente cattedrale della città inglese.
I personaggi principali seguono le linee fondamentali
dei loro predecessori: alcuni sono brillanti e onesti,
altri mediocri ma potenti, altri ancora semplicemente
degli inetti oppure carismatici, ecc. Possiamo definirli
come il perfetto ritratto della società inglese di quel
tempo, che si barcamenava tra le lotte di potere dei re
come dei grandi feudatari o del clero, la peste,
l’inesorabile e spietata livella che dal 1347 al 1352
decimò la popolazione di mezza Europa e la vita di un
paese che cominciava a cambiare testa e rotta.
Incontriamo i protagonisti del romanzo da bambini, già
segnati da un pericoloso segreto. Le loro storie da lì
si intrecceranno, si perderanno e alla fine si
ritroveranno in una conclusione che cuce insieme tutti i
fili della matassa con la scoperta di quel segreto, che
ha viaggiato silenzioso nelle vite di Merthin, Caris,
Gwenda e Ralph per quasi 50 anni.
Dico
che la sensazione che mi ha lasciato dentro questo
romanzo è di perplessità, perché si conclude veramente
in modo positivo, rasentando quasi l’utopia. Alla fine
tutti i problemi sembrano risolversi magicamente, i
sogni realizzarsi e la luce tornare su Kingsbridge. È
vero che ci vorranno circa 50 anni per vedere il
compimento di tutto questo, ma è altresì vero che la
realtà, spesso e volentieri, è ben più cruda e cruenta.
Personalmente riesco anche a leggervi il sogno americano
della realizzazione di se stessi e dei propri sogni (un
po’ sull’onda di “The Pursuit of Happiness – La ricerca
della Felicità”, film campione d’incassi con Will Smith
e la regia del nostro Gabriele Muccino). Nonostante
manchino ancora 100 anni alla scoperta del Nuovo
Continente, già il germe dell’autodeterminazione della
propria vita e del proprio futuro comincia a diffondersi
a Kingsbridge e probabilmente in tutta Europa, forse
anche più velocemente della peste.
Il
mondo sembra cominciare a lasciarsi alle spalle le
superstizioni e la paura delle Colonne d’Ercole, grazie
alla scoperta del valore della propria vita e di ciò che
di più bello è concesso agli uomini: i sogni. È la
determinazione a realizzare un progetto, che sia bieco o
generoso, che spinge i nostri personaggi oltre la paura
della morte, dei dogmi o delle convenzioni.
Si ha
voglia di scoprire, sperimentare e cominciare ad essere
i soli padroni della propria vita: troppo breve per non
provare a saltare nel vuoto.
Ken
Follet trova una
miscela perfetta nel sogno utopistico del Bene
trionfatore assoluto e in una ricerca e realtà storica
disarmante quanto affascinante.
Dico
che rimango perplessa da questo capolavoro, perché sono
nata e cresciuta in una società che non ti vieta certo
di sognare, ma che troppo spesso e con troppa facilità
quel sogno te lo strappa dalle mani.
Questo
romanzo mi ha fatta emozionare e rabbrividire, mi ha
fatta volare in un mondo che sembra tanto lontano, in
cui un sogno riusciva a portarti sulla torre più alta
d’Inghilterra, sospesa tra cielo e terra, ad assaporare
il vento fresco e a guardare lontano, verso un altro
sogno. |